Giurisprudenza di legittimità Depenalizzazione –
Pluralità di violazione amministrative – Violazione compiute con una sola
azione od omissione – Artt. 23 e 25 c.d.s . Concorso formale – Sussistenza. La violazione, con
un’unica condotta, dell’art. 23 del codice della strada, che vieta la
collocazione sulla sede stradale e sulle sue pertinenze, o in prossimità della
stessa, di «insegne, cartelli, manifesti, impianti di pubblicità o propaganda,
segni orizzontali reclamistici, sorgenti luminose, visibili dai veicoli
transitanti sulle strade, che per dimensioni, forma, colori, disegno e
ubicazione possono ingenerare confusione con la segnaletica stradale, ovvero
renderne difficile la comprensione o ridurne la visibilità o l’efficacia, ovvero
arrecare disturbo visivo agli utenti della strada o distrarne l’attenzione, con
conseguente pericolo per la sicurezza della circolazione», e del successivo
art. 25, che vieta, invece, di utilizzare «con proprio impianti ed opera»,
senza autorizzazione dell’ente proprietario, la sede stradale e le relative
pertinenze, integra un’ipotesi di concorso formale di illeciti amministrativi,
la quale è configurabile ogni qual volta le singole disposizione di legge
violate, essendo rivolte a tutelare interessi giuridici obiettivamente diversi,
non siano tra loro in rapporto di specialità. Svolgimento del processo. – La Polizia Municipale di
Firenze contestò a M. A. R., che, nelle circostanze di luogo e di tempo nel
dettaglio specificate, aveva «installato un impianto pubblicitario» in una
pertinenza stradale, senza l’autorizzazione del Comune, la violazione sia
dell’art. 23, sia dell’art. 25 del codice della strada. Il prefetto rigettò, il 22 maggio
2001, il ricorso proposto da M. A. R. il 5/6 febbraio 2001 contro il secondo
dei due verbali a lei notificati. Con la sent4enza indicata in
epigrafe il Giudice di pace di Firenze ha rigettato l’opposizione proposta da
M. A. R. contro l’ordinanza prefettizia. Ha in particolare affermato che
tale opposizione era stata tempestivamente emessa, e che tra due norme del
codice della strada innanzi indicate non è configurabile il rapporto di
specialità affermato dalla ricorrente, per la diversità degli interessi
protetti. M. A. R. chiede la cassazione di
tale sentenza, per tre motivi. La Prefettura di Firenze non si è
costituita. Svolgimento
della decisione. –
Con il primo motivo del suo ricorso M. A. R. censura la sentenza impugnata per
aver affermato che la sua opposizione è stata proposta contro il primo dei due
anzidetti verbali, mentre invece è stata proposta contro il secondo; e dunque
che la statuizione con cui il Giudice di pace di Firenze ha confermato
l’ordinanza prefettizia relativa al primo verbale non risponde alla sua
domanda. La ricorrente sostiene che la sentenza impugnata è, per tale ragione
nulla, e denunzia violazione dell’art. 112 del codice di rito. La censura è inammissibile. L’errore che si sostiene essere
stato commesso dal giudice di pace è, tenuto conto della sua pronunzia (il cui
momento esenziale è l’affermato concorso formale delle due norme innanzi dette,
e dell’esclusione di un rapporto tra di esse), un mero ed evidente errore
materiale, che non può essere denunziato con il ricorso per cassazione. Con il terzo motivo del suo
ricorso M. A. R. censura la sentenza impugnata per aver apoditticamente
affermato che l’ordinanza prefettizia è stata tempestivamente (ossia nel
rispetto dei termini previsti dall’art. 204 del codice della strada) emessa; e
denunzia al riguardo omessa motivazione. Anche tale censura è
inammissibile, perché da quanto riferito dalla ricorrente nel suo ricorso,
relativamente alla data in cui propose ricorso al prefetto e alla data in cui
quest’ultimo emise la sua ordinanza, risulta all’evidenza il rispetto del detto
termine; e perché nulla al riguardo la ricorrente ha argomentato nel suo
ricorso, o riferito di aver argomentato nella sua opposizione proposta innanzi
al giudice di pace. Con il secondo motivo del suo
ricorso M. A. R. censura la sentenza impugnata per aver affermato che con
un’unica sua azione ella ha violato entrambi i divieti sanciti dalle norme del
codice della strada di cui le è stata contestata la violazione, escludendo che
tra di esse esista un rapporto di specialità; e denunzia violazione dell’art. 9
della legge n. 689 del 1981, sostenendo che tale rapporto invece esiste, e
ponendo l’accento sulla circostanza che le due violazioni sarebbero conseguenza
del «medesimo fatto». La censura è infondata. Il concorso formale di due
violazioni si caratterizza per il fatto che le due o più violazioni di legge
sono commesse con un unico comportamento. E tale concorso è configurabile tutte
le volte in cui tra le norme incriminatrici non esiste un rapporto di
specialità. Tale rapporto è da escludere
quando sia diversa l’obiettività giuridica degli interessi protetti dalle
diverse norme (cfr. in particolare la sentenza di questa Corte n. 5047-2005),
come per l’appunto nel caso di specie, essendo evidente, dalla lettura
dell’art. 23 e dall’art. 25 del codice della strada, che con il primo si vieta
la collocazione (sulla sede stradale e sue pertinenze, ma anche in prossimità
delle stesse) di «insegne, cartelli, manifesti, impianti di pubblicità o
propaganda, segni orizzontali reclamistici, sorgenti luminose, visibili dai
veicoli transitanti sulle strade, che per dimensioni, forma, colori, disegno e
ubicazione possono ingenerare confusione con la segnaletica stradale, ovvero
possono renderne difficile la comprensione o ridurne la visibilità o
l’efficacia, ovvero arrecare disturbo visivo agli utenti della strada o
distrarne l’attenzione, con conseguente pericolo per la sicurezza della
circolazione»; mentre con il secondo di
far «uso della sede stradale e relative pertinenze (e soltanto di queste)… con
propri impianti ed opera», senza autorizzazione dell’ente pubblico
proprietario. Nulla sulle spese, perché
l’intimata non ha svolto attività difensiva. (Omissis). [RIV-0605P616] |
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