In tema di sanzioni
amministrative per violazione del codice della strada, nel caso in cui venga
proposta opposizione avverso il verbale di contestazione elevato dalla polizia
stradale, la legittimazione passiva non spetta al Prefetto, ma al Ministero
dell’interno, dal quale dipendono gli agenti che hanno accertato la violazione.
Qualora peraltro, dinanzi al giudice di pace, la cancelleria abbia evocato in
causa il Prefetto, che in qualità di organo periferico del ministero è
normalmente privo di capacità di stare in giudizio, ma è legittimato a resistere
in sede di opposizione all’ordinanza-ingiunzione, il ricorso per cassazione
proposto dal Ministero dell’interno unitamente al Prefetto comporta la ratifica
della condotta di quest’ultimo, sanando il difetto di legittimazione
dell’ufficio periferico e l’attività difensiva da esso svolta nel merito. Svolgimento
del processo. – Con
la sentenza del 29 novembre 2005, il Giudice di pace di Vercelli ha accolto
l’opposizione di A. C. alla cartella di pagamento emessa dal locale Servizio
riscossione tributi, gestito dalla Sestri Spa, notificata il 25 luglio 2001,
con iscrizione a ruolo della somma di lire 546.400, a titolo si sanzione
pecuniaria, per violazione di norme del D.L.vo 30 aprile 1992 n. 285 (codice
della strada, da ora c.s.). L’opponente aveva dedotto la
nullità e inefficacia della cartella, per violazione del D.M. 28 giugno 1999, non
essendo la stessa conforme al modello di cui all’allegato 1 di tale decreto,
per la omessa menzione del titolo a base della pretesa di pagamento; nella
cartella era solo indicato che si trattava di ruoli emessi dalla Prefettura di
Vercelli, senza consentire al destinatario nessuna difesa sulle ragioni della
pretesa, in contrasto con quanto stabilito dagli artt. 1 e 2 del citato decreto
ministeriale. Il Carnevale aveva affermato
nell’opposizione che mai gli era stata notificata un’ordinanza-ingiunzione
della Prefettura e quindi che non gli era possibile alcuna seria difesa contro
le pretese di cui alla cartella, pur essendo legittimato a contestare il
credito da sanzione, del quale l’atto opposto non dava elementi sicuri di
rilevazione, con l’effetto ulteriore di impedire il rispetto dei termini
perentori per il ricorso all’autorità giudiziaria. Il giudice adito ha accolto
l’opposizione e annullato la cartella, ritenendo fondati entrambi i profili di
opposizione, sia per i difetti formali della cartella di pagamento e il loro
rilievo sui tempi di impugnazione, che per la carente indicazione dell’autorità
alla quale ricorrere e del titolo esecutivo dell’iscrizione a ruolo. Per la cassazione di questa
sentenza propongono ricorso con tre motivi l’Ufficio territoriale del Governo
di Vercelli e il Ministero dell’interno e resiste, con controricorso, il C.,
mentre la Sestri Spa non svolge attività difensiva. Svolgimento
del processo. – Pregiudizialmente
va rilevato che il ricorso è ammissibile, in ordine ai termini per impugnare. Esso, notificato il 6 dicembre
2002 con l’errata indicazione dell’autorità giudiziaria cui era rivolto
(Tribunale amministrativo del Lazio invece che Cassazione), è stato nuovamente
notificato a mezzo posta il 28 settembre 2002, senza la produzione degli avvisi
di ricevimento, e infine risulta sostituito integralmente e rinotificato, a mezzo
posta, ritualmente il 17 gennaio 2003. L’impugnazione è quindi
tempestiva, in quanto pervenuta ai destinatari entro un anno e quarantasei
giorni dalla pubblicazione della sentenza impugnata. 1.1. – Sempre in via preliminare
deve ritenersi legittimato al ricorso pure il Ministero dell’interno, che è di
regola il solo soggetto legittimato passivo sostanziale in persona del
Ministero, organo sovraordinato al Prefetto, che ha agito da solo nel merito in
tale qualità, sussistendo quale titolo a base della sanzione un verbale della
polizia stradale divenuto definitivo perché non impugnato e non una
ordinanza-ingiunzione. Sia in sede amministrativa che
giurisdizionale, unica autorità legittimata a resistere è il Ministero da cui
la Polstrada dipende e non la Prefettura, che la legge individua come autorità
destinataria dell’opposizione solo nel caso la stessa abbia ad oggetto
ordinanza-ingiunzione del Prefetto. Essendo stato evocato in causa
dalla cancelleria del giudice a quo solo un organo periferico del Ministero che
è di regola privo di capacità di stare in giudizio per conto di esso anche se è
legittimato a resistere nell’opposizione a ordinanza-ingiunzione, con il
ricorso di questa sede deve presumersi che il Ministero degli interno abbia
ratificato la condotta del suo ufficio periferico, cioè della Prefettura di
Vercelli, ricorrendo con esso e sanando il difetto di legittimazione dello
stesso e l’attività difensiva nel merito del suo organo territoriale (sulla
impugnazione del legittimato a sanatoria del difetto di legittimazione
processuale, cfr. di recente Cass. 9 dicembre n. 18743 e 19 novembre 2003 n.
17525, e 27 novembre 2001 n. 14970). Il ricorso è quindi ammissibile
per entrambi i soggetti che lo hanno proposto, anche se uno dei due, cioè il
Ministero dell’interno, non ha partecipato al giudizio di merito. 1.3. - Deve infine essere respinta
la richiesta del P.G. in udienza di disporre l’integrazione del contraddittorio
nei confronti della S.C.C.I. Spa, indicata in sentenza come «opposta non
costituita»; non risulta dagli atti la ragione per la quale è stata evocata in
causa nel merito detta società. Poiché la stessa decisione
impugnata individua come «Concessionaria del Servizio riscossione tributi» soltanto
la Sestri Spa, litisconsorte necessaria dell’autorità che ha emesso l’atto
sanzionatorio, in difetto di una più precisa individuazione della S.C.C.I. Spa,
della quale non risulta neppure la denominazione sociale costituita da più
lettere dell’alfabeto e che non si è costituita nel merito, deve rigettarsi la
richiesta del P.G. Infatti, non emergendo con certezza
le ragioni per le quali detta società sarebbe litisconsorte necessaria in una
causa relativa a un credito che, come ogni altra obbligazione, determina di
regola un processo scindibile ai sensi dell’art. 332 c.p.c., deve negarsi la necessità
della chiesta intergrazione, in mancanza di più precise indicazione sulle
ragione che imporrebbero la sua partecipazione alla causa. 2.1. - I primi due motivi di
ricorso denunciano violazione dell’art. 18 della L. 24 novembre 1981 n. 869, e
degli artt. 203, 204 e 205 del c.s. e omessa o insufficiente e contraddittoria
motivazione, in rapporto all’art. 360 nn. 3 e 5 c.p.c., per essersi accolta
l’opposizione, secondo i ricorrenti, in ragione del fatto che non vi era stata notifica della
ordinanza-ingiunzione del Prefetto senza rilevare che invece era stato
notificato, il 15 febbraio 2000, all’interessato, verbale di accertamento di
violazione dell’art. 167 c.s. per il trasporto di carichi eccedenti quelli
consentiti. Pertanto il C. aveva avuto la
facoltà di opporsi alla sanzione sia dinanzi all’autorità giudiziaria che di
ricorrere contro di essa al Prefetto e, nella sua acquiescenza, il verbale
stesso era divenuto titolo esecutivo sul quale si era validamente fondata la
cartella di pagamento. Nel caso l’impugnazione della
cartella ha sostituito la tempestiva opposizione al verbale, quando questo era
già divenuto titolo esecutivo in via definitiva e il giudice di merito ha
erroneamente omesso di constatare che il verbale della polstrada non era ormai
più impugnabile. 2.2. - Il terzo motivo di ricorso
lamenta la violazione dell’art. 3 della L. 241/90 (7 agosto 1990 n. 241 n.d.e.)
e degli artt. 18 e 22 della L. n. 689/81 (L. 24 novembre 1981 n. 689, n.d.e.),
pure per insufficiente e contraddittoria motivazione sul punto decisivo della
controversia, ex art. 360 nn. 3 e 5 c.p.c., avendo il giudice del merito
erroneamente ritenuto che per la validità della cartella è indispensabile
l’indicazione in essa dei termini per l’impugnazione e dell’autorità a cui
proporla. In sostanza, non potendo più
l’interessato opporsi al verbale di contestazione divenuto titolo esecutivo,
era inutile che fossero indicati gli estremi di esso; è irrilevante la mancata
indicazione dei termini per impugnare, se non per giustificare la eventuale proposizione
fuori termine dell’opposizione ed è da ritenere errata la sentenza oggetto di
ricorso. 3. – Va anzitutto rilevato, sul
piano processuale, che si può constatare l’ordinanza-ingiunzione o il verbale
di accertamento di cui il destinatario ha avuto notizia per la prima volta con
la cartella, ai sensi degli artt. 22 e 23, della L. 24 novembre 1989 n. 681 cui
rinvia l’art. 204 bis c.s., così recuperando l’opposizione che non si è potuta
espletare per tempo. Il soggetto a carico del quale v’è
stata iscrizione a ruolo può opporsi ex art. 615 c.p.c. all’esecuzione del
credito di cui alla sanzione, se nega la legittimità dell’iscrizione per
difetto di un titolo legittimo o per il sopravvenire di fatti esetintivi
dell’obbligo come la prescrizione, dovendo proporre invece opposizione agli atti esecutivi ex art. 617 c.p.c. se
deduce vizi della cartella (Cass. 28 novembre 2003 n. 18207, 28 giugno 2002 n.
9498, 9 marzo 2001 n. 3450 e S.U. 9 novembre 2000 n. 1162, tutte fondate sulle
due sentenze delle S.U. 13 luglio 2000 nn. 489 e 491). Si è però chiarito (S.U. 12 marzo
2003 n. 3599), con riferimento a un caso analogo, che «l’identificazione del
mezzo di impugnazione esperibile contro un provvedimento giurisdizionale, deve
essere fatta, in base al principio dell’apparenza esclusivo alla qualificazione
dell’azione proposta compiuta dal giudice, indipendentemente dalla sua
esattezza». Nel caso di specie, il giudice del
merito ha qualificato la causa coma «opposizione a sanzione amministrativa» e
il procedimento è stato introdotto con ricorso, mentre il rito seguito è stato
quello di cui alla legge n. 689/81, concluso dalla lettura del dispositivo in
udienza, come risulta dalla sentenza. Deve quindi escutersi che
quest’ultima sia impugnabile con l’appello e non direttamente con il ricorso
per cassazione, trattandosi di provvedimento emesso a seguito dello speciale
procedimento degli artt. 22 e 23 della L. 689/81, che si conclude con sentenza
da impugnare solo per cassazione. L’azione esercitata nel merito non
può qualificarsi come opposizione all’esecuzione, per la quale sarebbe stato
necessario il secondo grado di merito e un ordinario giudizio d’appello (per
tale ipotesi cfr. Cass. 6 giugno 2003 n. 9087, S.U. 10 ottobre 2002 n. 14472,
10 agosto 2000 n. 562, 13 luglio 2000 n. 491) e quindi sul piano processuale il
ricorso in questa sede è ammissibile. 3.1. – Il ricorso deve invece
dichiararsi inammissibile perché censura la sentenza impugnata solo per una
delle sue rationes decidendi e cioè per il rilievo che la decisione dà alla
mancata indicazione dell’autorità nei confronti della quale poteva proporsi la
opposizione, senza criticare validamente l’altra parte della motivazione
contenuta nella sentenza che collega l’accoglimento del ricorso del C. alla
disapplicazione dell’art. 1 del D.M. 28 giungo 1999, relativo alla «definizione
delle modalità di pagamento delle somme iscritte a ruolo», rilevando la
difformità della cartella impugnata rispetto al modello allegato a detto
decreto, che ha impedito al destinatario dell’atto di conoscere lo stesso
creditore dell’obbligazione sanzionatoria al quale doveva rivolgersi per
evocarlo eventualmente in causa. Afferma il Giudice di pace di
Vercelli che «a p. 2 della cartella sotto il dettaglio degli addebiti non
risulta menzionato alcun titolo sulla base si chiede il pagamento (verbale,
ordinanza-ingiunzione, tipo di infrazione o articolo di legge violato, con la
data dell’infrazione)…», mentre il decreto ministeriale citato impone di
fornire «al debitore tutti gli elementi necessari ad evidenziare i motivi che
hanno determinato l’iscrizione a ruolo delle somme di cui si chiede il
pagamento»(p. 4 della sentenza). Solo in rapporto alla mancata
indicazione del titolo a base della cartella, la sentenza di merito rileva che
la frase scritta sull’atto esattoriale «le modalità ed i termini di impugnativa
potranno essere richiesti all’Ente creditore» non può avere effetto e assumere
rilievo come causa giustificativa della
tardività dell’opposizione per errore scusabile. In effetti anche il D.M. 3 settembre
1999 n. 321 che approva il Regolamento recante norme per la determinazione del
ruolo, all’art. 6, prevede che «il contenuto minimo della cartella è costituito
dagli elementi che ai sensi dell’art. 1, commi 1 e 2, devono essere elencati
nel ruolo» e quindi che, «nel caso in cui l’iscrizione a ruolo consegna ad un
atto precedentemente notificato, devono essere indicati gli estremi di tale
atto e la relativa data di notifica», mentre nella fattispecie per cui è causa
tale indicazione certamente manca. La sentenza impugnata afferma
l’invalidità della cartella per la mancata indicazione del titolo a base di
essa e poi per le omissione dell’art. 2, comma 4, della L. 7 agosto 1990 n. 241
in ordine a modalità e termini di impugnazione, mentre le censure del ricorso
appaiono rivolte solo a tale secondo omissione e quindi non colpiscono una
delle due ratione decidendi della sentenza e devono, per tale profilo,
ritenersi non sufficienti e quindi inammissibili.
Le spese della presente fase
seguono la soccombenza.. (Omissis). [RIV-07.08.06P730] |
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