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Corte di Cassazione 23/08/2006

Giurisprudenza di legittimità - Depenalizzazione – Applicazione delle sanzioni amministrative – Contestazione – Verbale – Opposizione – Verbale redatto dalla polizia stradale – Opposizione – Legittimazione passiva

(Cass. Civ., sezione I, 8 febbraio 2006, n. 2819)

In tema di sanzioni amministrative per violazione del codice della strada, nel caso in cui venga proposta opposizione avverso il verbale di contestazione elevato dalla polizia stradale, la legittimazione passiva non spetta al Prefetto, ma al Ministero dell’interno, dal quale dipendono gli agenti che hanno accertato la violazione. Qualora peraltro, dinanzi al giudice di pace, la cancelleria abbia evocato in causa il Prefetto, che in qualità di organo periferico del ministero è normalmente privo di capacità di stare in giudizio, ma è legittimato a resistere in sede di opposizione all’ordinanza-ingiunzione, il ricorso per cassazione proposto dal Ministero dell’interno unitamente al Prefetto comporta la ratifica della condotta di quest’ultimo, sanando il difetto di legittimazione dell’ufficio periferico e l’attività difensiva da esso svolta nel merito.     

Svolgimento del processo. – Con la sentenza del 29 novembre 2005, il Giudice di pace di Vercelli ha accolto l’opposizione di A. C. alla cartella di pagamento emessa dal locale Servizio riscossione tributi, gestito dalla Sestri Spa, notificata il 25 luglio 2001, con iscrizione a ruolo della somma di lire 546.400, a titolo si sanzione pecuniaria, per violazione di norme del D.L.vo 30 aprile 1992 n. 285 (codice della strada, da ora c.s.).

L’opponente aveva dedotto la nullità e inefficacia della cartella, per violazione del D.M. 28 giugno 1999, non essendo la stessa conforme al modello di cui all’allegato 1 di tale decreto, per la omessa menzione del titolo a base della pretesa di pagamento; nella cartella era solo indicato che si trattava di ruoli emessi dalla Prefettura di Vercelli, senza consentire al destinatario nessuna difesa sulle ragioni della pretesa, in contrasto con quanto stabilito dagli artt. 1 e 2 del citato decreto ministeriale.

Il Carnevale aveva affermato nell’opposizione che mai gli era stata notificata un’ordinanza-ingiunzione della Prefettura e quindi che non gli era possibile alcuna seria difesa contro le pretese di cui alla cartella, pur essendo legittimato a contestare il credito da sanzione, del quale l’atto opposto non dava elementi sicuri di rilevazione, con l’effetto ulteriore di impedire il rispetto dei termini perentori per il ricorso all’autorità giudiziaria.

Il giudice adito ha accolto l’opposizione e annullato la cartella, ritenendo fondati entrambi i profili di opposizione, sia per i difetti formali della cartella di pagamento e il loro rilievo sui tempi di impugnazione, che per la carente indicazione dell’autorità alla quale ricorrere e del titolo esecutivo dell’iscrizione a ruolo.

Per la cassazione di questa sentenza propongono ricorso con tre motivi l’Ufficio territoriale del Governo di Vercelli e il Ministero dell’interno e resiste, con controricorso, il C., mentre la Sestri Spa non svolge attività difensiva.

Svolgimento del processo. – Pregiudizialmente va rilevato che il ricorso è ammissibile, in ordine ai termini per impugnare.

Esso, notificato il 6 dicembre 2002 con l’errata indicazione dell’autorità giudiziaria cui era rivolto (Tribunale amministrativo del Lazio invece che Cassazione), è stato nuovamente notificato a mezzo posta il 28 settembre 2002, senza la produzione degli avvisi di ricevimento, e infine risulta sostituito integralmente e rinotificato, a mezzo posta, ritualmente il 17 gennaio 2003.

L’impugnazione è quindi tempestiva, in quanto pervenuta ai destinatari entro un anno e quarantasei giorni dalla pubblicazione della sentenza impugnata.

1.1. – Sempre in via preliminare deve ritenersi legittimato al ricorso pure il Ministero dell’interno, che è di regola il solo soggetto legittimato passivo sostanziale in persona del Ministero, organo sovraordinato al Prefetto, che ha agito da solo nel merito in tale qualità, sussistendo quale titolo a base della sanzione un verbale della polizia stradale divenuto definitivo perché non impugnato e non una ordinanza-ingiunzione.

Sia in sede amministrativa che giurisdizionale, unica autorità legittimata a resistere è il Ministero da cui la Polstrada dipende e non la Prefettura, che la legge individua come autorità destinataria dell’opposizione solo nel caso la stessa abbia ad oggetto ordinanza-ingiunzione del Prefetto.

Essendo stato evocato in causa dalla cancelleria del giudice a quo solo un organo periferico del Ministero che è di regola privo di capacità di stare in giudizio per conto di esso anche se è legittimato a resistere nell’opposizione a ordinanza-ingiunzione, con il ricorso di questa sede deve presumersi che il Ministero degli interno abbia ratificato la condotta del suo ufficio periferico, cioè della Prefettura di Vercelli, ricorrendo con esso e sanando il difetto di legittimazione dello stesso e l’attività difensiva nel merito del suo organo territoriale (sulla impugnazione del legittimato a sanatoria del difetto di legittimazione processuale, cfr. di recente Cass. 9 dicembre n. 18743 e 19 novembre 2003 n. 17525, e 27 novembre 2001 n. 14970).

Il ricorso è quindi ammissibile per entrambi i soggetti che lo hanno proposto, anche se uno dei due, cioè il Ministero dell’interno, non ha partecipato al giudizio di merito.

1.3. - Deve infine essere respinta la richiesta del P.G. in udienza di disporre l’integrazione del contraddittorio nei confronti della S.C.C.I. Spa, indicata in sentenza come «opposta non costituita»; non risulta dagli atti la ragione per la quale è stata evocata in causa nel merito detta società.

Poiché la stessa decisione impugnata individua come «Concessionaria del Servizio riscossione tributi» soltanto la Sestri Spa, litisconsorte necessaria dell’autorità che ha emesso l’atto sanzionatorio, in difetto di una più precisa individuazione della S.C.C.I. Spa, della quale non risulta neppure la denominazione sociale costituita da più lettere dell’alfabeto e che non si è costituita nel merito, deve rigettarsi la richiesta del P.G.

Infatti, non emergendo con certezza le ragioni per le quali detta società sarebbe litisconsorte necessaria in una causa relativa a un credito che, come ogni altra obbligazione, determina di regola un processo scindibile ai sensi dell’art. 332 c.p.c., deve negarsi la necessità della chiesta intergrazione, in mancanza di più precise indicazione sulle ragione che imporrebbero la sua partecipazione alla causa.

2.1. - I primi due motivi di ricorso denunciano violazione dell’art. 18 della L. 24 novembre 1981 n. 869, e degli artt. 203, 204 e 205 del c.s. e omessa o insufficiente e contraddittoria motivazione, in rapporto all’art. 360 nn. 3 e 5 c.p.c., per essersi accolta l’opposizione, secondo i ricorrenti, in ragione del fatto che non vi era stata notifica della ordinanza-ingiunzione del Prefetto senza rilevare che invece era stato notificato, il 15 febbraio 2000, all’interessato, verbale di accertamento di violazione dell’art. 167 c.s. per il trasporto di carichi eccedenti quelli consentiti.

Pertanto il C. aveva avuto la facoltà di opporsi alla sanzione sia dinanzi all’autorità giudiziaria che di ricorrere contro di essa al Prefetto e, nella sua acquiescenza, il verbale stesso era divenuto titolo esecutivo sul quale si era validamente fondata la cartella di pagamento.

Nel caso l’impugnazione della cartella ha sostituito la tempestiva opposizione al verbale, quando questo era già divenuto titolo esecutivo in via definitiva e il giudice di merito ha erroneamente omesso di constatare che il verbale della polstrada non era ormai più impugnabile.

2.2. - Il terzo motivo di ricorso lamenta la violazione dell’art. 3 della L. 241/90 (7 agosto 1990 n. 241 n.d.e.) e degli artt. 18 e 22 della L. n. 689/81 (L. 24 novembre 1981 n. 689, n.d.e.), pure per insufficiente e contraddittoria motivazione sul punto decisivo della controversia, ex art. 360 nn. 3 e 5 c.p.c., avendo il giudice del merito erroneamente ritenuto che per la validità della cartella è indispensabile l’indicazione in essa dei termini per l’impugnazione e dell’autorità a cui proporla.

In sostanza, non potendo più l’interessato opporsi al verbale di contestazione divenuto titolo esecutivo, era inutile che fossero indicati gli estremi di esso; è irrilevante la mancata indicazione dei termini per impugnare, se non per giustificare la eventuale proposizione fuori termine dell’opposizione ed è da ritenere errata la sentenza oggetto di ricorso.

3. – Va anzitutto rilevato, sul piano processuale, che si può constatare l’ordinanza-ingiunzione o il verbale di accertamento di cui il destinatario ha avuto notizia per la prima volta con la cartella, ai sensi degli artt. 22 e 23, della L. 24 novembre 1989 n. 681 cui rinvia l’art. 204 bis c.s., così recuperando l’opposizione che non si è potuta espletare per tempo.

Il soggetto a carico del quale v’è stata iscrizione a ruolo può opporsi ex art. 615 c.p.c. all’esecuzione del credito di cui alla sanzione, se nega la legittimità dell’iscrizione per difetto di un titolo legittimo o per il sopravvenire di fatti esetintivi dell’obbligo come la prescrizione, dovendo proporre invece opposizione  agli atti esecutivi ex art. 617 c.p.c. se deduce vizi della cartella (Cass. 28 novembre 2003 n. 18207, 28 giugno 2002 n. 9498, 9 marzo 2001 n. 3450 e S.U. 9 novembre 2000 n. 1162, tutte fondate sulle due sentenze delle S.U. 13 luglio 2000 nn. 489 e 491).

Si è però chiarito (S.U. 12 marzo 2003 n. 3599), con riferimento a un caso analogo, che «l’identificazione del mezzo di impugnazione esperibile contro un provvedimento giurisdizionale, deve essere fatta, in base al principio dell’apparenza esclusivo alla qualificazione dell’azione proposta compiuta dal giudice, indipendentemente dalla sua esattezza».

Nel caso di specie, il giudice del merito ha qualificato la causa coma «opposizione a sanzione amministrativa» e il procedimento è stato introdotto con ricorso, mentre il rito seguito è stato quello di cui alla legge n. 689/81, concluso dalla lettura del dispositivo in udienza, come risulta dalla sentenza.

Deve quindi escutersi che quest’ultima sia impugnabile con l’appello e non direttamente con il ricorso per cassazione, trattandosi di provvedimento emesso a seguito dello speciale procedimento degli artt. 22 e 23 della L. 689/81, che si conclude con sentenza da impugnare solo per cassazione.

L’azione esercitata nel merito non può qualificarsi come opposizione all’esecuzione, per la quale sarebbe stato necessario il secondo grado di merito e un ordinario giudizio d’appello (per tale ipotesi cfr. Cass. 6 giugno 2003 n. 9087, S.U. 10 ottobre 2002 n. 14472, 10 agosto 2000 n. 562, 13 luglio 2000 n. 491) e quindi sul piano processuale il ricorso in questa sede è ammissibile.

3.1. – Il ricorso deve invece dichiararsi inammissibile perché censura la sentenza impugnata solo per una delle sue rationes decidendi e cioè per il rilievo che la decisione dà alla mancata indicazione dell’autorità nei confronti della quale poteva proporsi la opposizione, senza criticare validamente l’altra parte della motivazione contenuta nella sentenza che collega l’accoglimento del ricorso del C. alla disapplicazione dell’art. 1 del D.M. 28 giungo 1999, relativo alla «definizione delle modalità di pagamento delle somme iscritte a ruolo», rilevando la difformità della cartella impugnata rispetto al modello allegato a detto decreto, che ha impedito al destinatario dell’atto di conoscere lo stesso creditore dell’obbligazione sanzionatoria al quale doveva rivolgersi per evocarlo eventualmente in causa.

Afferma il Giudice di pace di Vercelli che «a p. 2 della cartella sotto il dettaglio degli addebiti non risulta menzionato alcun titolo sulla base si chiede il pagamento (verbale, ordinanza-ingiunzione, tipo di infrazione o articolo di legge violato, con la data dell’infrazione)…», mentre il decreto ministeriale citato impone di fornire «al debitore tutti gli elementi necessari ad evidenziare i motivi che hanno determinato l’iscrizione a ruolo delle somme di cui si chiede il pagamento»(p. 4 della sentenza).

Solo in rapporto alla mancata indicazione del titolo a base della cartella, la sentenza di merito rileva che la frase scritta sull’atto esattoriale «le modalità ed i termini di impugnativa potranno essere richiesti all’Ente creditore» non può avere effetto e assumere rilievo come causa giustificativa  della tardività dell’opposizione per errore scusabile.

In effetti anche il D.M. 3 settembre 1999 n. 321 che approva il Regolamento recante norme per la determinazione del ruolo, all’art. 6, prevede che «il contenuto minimo della cartella è costituito dagli elementi che ai sensi dell’art. 1, commi 1 e 2, devono essere elencati nel ruolo» e quindi che, «nel caso in cui l’iscrizione a ruolo consegna ad un atto precedentemente notificato, devono essere indicati gli estremi di tale atto e la relativa data di notifica», mentre nella fattispecie per cui è causa tale indicazione certamente manca.

La sentenza impugnata afferma l’invalidità della cartella per la mancata indicazione del titolo a base di essa e poi per le omissione dell’art. 2, comma 4, della L. 7 agosto 1990 n. 241 in ordine a modalità e termini di impugnazione, mentre le censure del ricorso appaiono rivolte solo a tale secondo omissione e quindi non colpiscono una delle due ratione decidendi della sentenza e devono, per tale profilo, ritenersi non sufficienti e quindi  inammissibili.

Le spese della presente fase seguono la soccombenza.. (Omissis). [RIV-07.08.06P730]


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Mercoledì, 23 Agosto 2006
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