Diego Cianti: impedire altre morti come la sua, è diventato l’unico
scopo di suo padre, Sergio.
(ASAPS) TERNI – Prima
raccontiamo la storia: è la sera del 7 agosto 2000, e due giovani – Marco
Vestrini e Marco Vittori – stano percorrendo il raccordo Terni-Orte. Al km
35+700, la loro Audi A3 sbanda e incorrono in un incidente, dal quale escono
illesi. Il sopraggiungere di altre auto ingenera panico. La loro Audi viene
speronata da un altro veicolo e allora decidono quello che avremmo deciso tutti
noi: di mettersi in salvo. L’unica via di salvezza è la carreggiata opposta,
che sembra lì ad un passo. Scavalcano il guardrail, ma quel piccolo passo
diventa un salto nel buio. I due “Marchi” muoiono così. Di loro abbiamo parlato in una lunga inchiesta
pubblicata ormai nel 2002 sulle pagine de “Il Centauro”, che Asaps realizzò
collaborando con uno dei simboli di queste tragedie: Sergio Cianti. Il trillo
tragico di una telefonata spezzò per sempre la sua vita in una notte di settembre,
nel 1998. Il comandante della Polizia Stradale di Pian del Voglio (BO), lo
informava della morte di suo figlio, Diego, caduto da un viadotto del tratto
appenninico della A1. insieme ad alcuni suoi amici, Diego era partito poco
prima da Campi Bisenzio (FI) per andare all’Oktober Fest di Monaco. Dopo un
banale incidente, scavalcò il guardrail per mettersi al riparo e precipitò nel
vuoto. Da allora l’impegno di Sergio Cianti, oggi dirigente dell’Associazione
Europea vittime della strada, è rivolto
ad unire le risorse di chi ha patito sofferenze come le sue, per fare in modo
che certi eventi non abbiano più ad accadere. Il 5 luglio di quest’anno – ci fa
sapere l’avvocato Federico Alfredo Bianchi, anche lui dell’associazione e che era
difensore di parte civile nel processo – il Giudice monocratico del tribunale di
Terni ha emesso una sentenza destinata a diventare una pietra miliare in questa
battaglia, che si snoda in una specie di eterna discussione tra quello che dice
e non dice la legge e quello che fanno e non fanno gli enti proprietari della
strada. Due dirigenti Anas, responsabili del tratto di strada nel quale
morirono Marco Venturi e Marco Vesprini, i “due Marchi” appunto, sono stati
ritenuti responsabili di omicidio colposo, in quanto autori di “reato omissivo
improprio”. Cosa vuole dire questo? Semplice: Il giudice ha stabilito che l’Anas
ha omesso – ci scrive l’avvocato Bianchi – di segnalare e/o prevenire con
idonei mezzi una precisa situazione di grave pericolo per l’incolumità
pubblica. In buona sostanza il viadotto, a livello strada, era suscettivo di
ingannare gli utenti, dando la consapevolezza che le due carreggiate fossero
continue. In realtà si tratta di due impalcature distinte, pertanto scavalcare
il guardrail, quale unica via di fuga, per accedere sull’altra carreggiata, una
volta rimasti in panne, comportava l’inevitabile conseguenza di cadere nel
vuoto, quanto meno in assenza di idonee reti di protezione”. Reti della
discordia, sulle quali in passato si è dibattuto fin troppo: da una parte i
familiari di gente caduta e morta davvero per niente, dall’altra enti che hanno
sempre invocato la perfetta linearità dei loro comportamenti rispetto a quanto
previsto dalla legge. Il giudice di Terni però, ha realmente minato tutto il
castello difensivo finora utilizzato come un paradigma da gente sempre assolta.
Nessuna omissione, se la legge non prevede interventi: ma ancora oggi,
nonostante molti viadotti siano protetti, percorriamo strade ed autostrade
sospese nel vuoto a decine di metri d’altezza, e tra noi che le percorriamo ed
il vuoto c’è solo una sottile lamiera – spesso senza nemmeno un metro di rete –
che non potrebbe in alcun modo contenere l’impatto di un veicolo, o che non
basterebbe a tenere in carreggiata un motociclista, se questo strisciasse
sull’asfalto dopo essere stato disarcionato. La sicurezza stradale è anche
questo: non ci sono soltanto obblighi, limitazioni e divieti da parte di chi
guida, ma precise responsabilità anche da parte di chi, la strada, deve tenerla
in sicurezza. Attendiamo di vedere il seguito di questa vicenda e la messa in
totale sicurezza di tutti i viadotti. E’ già facile morire sulla strada, non
lasciamo viadotti trappola sul percorso. (ASAPS)
Leggi gli articoli pubblicati su "il Centauro" n.70/2002
Un salto nel buio
I viadotti e la giurisprudenza
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