Il
Provida in funzione sulla macchina della Polizia Stradale
foto Coraggio
E’ una caldissima giornata romana, quando, alle 14.30,
saliamo sulla Subaru della Polizia Stradale dotata di Provida, per
vivere un pomeriggio in pattuglia.
Salvatore ed Emiliano, l’equipaggio che ci ospita, ci illustrano il
funzionamento delle complesse apparecchiature di bordo.
Il Provida non è solo un misuratore di velocità, ma ha anche altre importanti
funzioni. Ad esempio, se si sta seguendo un veicolo sospetto, è in grado
di zoomare la targa e di controllarla autonomamente con il database della
centrale, per verificare se si tratta di un mezzo rubato o segnalato. E poi,
può trasmettere in diretta alla sala operativa, le immagini riprese
dalla telecamera; cosa utile nelle perlustrazioni del territorio.
Poi, certo, è anche un misuratore di velocità, ma alla Polstrada
dichiarano di usarlo più con i camion che non con auto e moto.
Salvatore spiega che la nostra macchina, di solito, viene utilizzata per portare
i primi soccorsi e per fare i rilievi degli incidenti con feriti.
Una vita a vedere gente ferita o, peggio, morti. “Ci si fa il callo, anche
se a volte succedono cose che ti mandano in bestia. Poco tempo fa, ad esempio,
siamo stati chiamati per soccorrere un motociclista caduto. Aveva l’osso del
collo rotto, non riusciva a muoversi, ed era in mezzo alla carreggiata. Ci
abbiamo messo sette minuti ad arrivare, ed abbiamo trovato le auto che gli
scorrevano intorno. Nessuno che si fosse fermato a fare da scudo con la vettura
ferma al corpo di quel poveretto. Poi, magari, a volte, mentre si fanno i
rilievi in situazioni che fanno stringere il cuore, passa qualcuno che con il
telefonino fa le foto ricordo. E lì viene voglia di picchiare le persone”.
-Ma vi capita anche di stringere rapporti d’amicizia con le persone che
assistete?
“A volte si telefona in ospedale per sapere se certe persone si sono
salvate, altre volte ci vengono a cercare una volta dimessi. Fa piacere”.
Guai a prenderli per stupidi
Siamo fuori da un quarto d’ora, il traffico sul Grande
Raccordo Anulare è quasi fermo, d’un tratto, all’orizzonte, vediamo una
macchina che percorre la corsia d’emergenza. Acceleriamo per andarlo a fermare.
Lui ci vede e si infila bruscamente nella fila che marcia a 10 Km/h. Poi
salta due corsie, sperando di nascondersi alla nostra vista e di convincerci a
desistere.
Nulla da fare, ci accodiamo, un colpetto di clacson, la paletta e parte il
verbalone.
Dovrebbero mandarlo davanti al giudice, perché ce ne sono gli estremi, ma alla
fine se la cava con 347 euro di multa e due mesi senza patente. E
intanto, uno dei due mi dice: “Vedi, se avesse detto scusate, ho fatto una
cavolata, magari lo avremmo mandato via. Così invece ci sentiamo presi in giro”.
Maledetto foulard sulla targa
Ripartiamo, ora il traffico è più scorrevole. Una moto ci supera. Ha il foulard
che copre la targa, l’equipaggio decide di fermarlo. Ci accodiamo, ma lui
non guarda gli specchietti e non ci sente. Trova buchi, qua e là, per
infilarsi e si va sempre più veloce.
Dopo l’Ostiense la strada si allarga, e la velocità sale di molto. Non si parla
più in macchina. Emiliano, più di un corso di specializzazione nella guida in
autodromo, tiene giù il piede, ma deve stare attento a non creare situazioni di
pericolo con le altre auto. Non riusciamo ad affiancarlo, finché un
gruppo di auto che ci precede, si accorge del nostro arrivo e ci lascia strada.
E’ un attimo: un po’ di gas in più e affianchiamo la moto sulla destra. Paletta.
Le scuse sono un capitolo sul quale non si finisce mai di imparare. Si trovano
ancora molti signori “lei non sa chi sono io”, ci racconta
Salvatore, oppure persone che dicono che correvano dal gatto ammalato, persone
strafottenti che dichiarano che tanto faranno ricorso e lo vinceranno. Il
nostro motociclista si comporta bene, a parte quando dice che il foulard lo
tiene sulla moto per bellezza, e perché ce l’hanno tutti.
Tra l’altro, gli si fa notare che sotto due delle quattro viti del portatarga,
sono state infilate delle rondelle spesse, per inclinare la targa. Lui però ha
già in tasca un verbale, preso alla mattina, quando andava al lavoro, e ora
sta tornando a casa. Non è strafottente e sceglie le parole giuste. Bravo.
Guardate negli specchietti
Ripartiamo, il discorso va sulle corsie d’emergenza: “Qualche giorno fa
siamo stati chiamati per un incidente, ed abbiamo fatto 700 metri in corsia
d’emergenza a sirena accesa dietro uno scooterista che evidentemente non
ci sentiva. Un problema grave, perché se gli finiamo addosso, davanti al
giudice ci andiamo noi”.
-Ma succede spesso che non vi sentano?
“Purtroppo sì. Tra l’altro, in questo, i motociclisti sono diversi dagli
scooteristi, perché guardano negli specchi e si tolgono subito quando ci
vedono. Gli scooteristi invece continuano per chilometri”.
A un tratto la radio gracchia di un incidente sui primi chilometri della via
Pontina. C’è un motociclista a terra. I due si lanciano uno sguardo, non si
dicono una parola. Emiliano affonda il piede sul gas, Salvatore accende la sirena
e prende in mano il microfono della radio. Si riparte.