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Corte di Cassazione 29/08/2006

Giurisprudenza di legittimità - Depenalizzazione – Accertamento delle violazioni amministrative – Contestazione – Non immediata – Motivo – Necessità di atti di accertamento ex art. 13 della legge n. 689 del 1981 – Inclusione

(Cass. Civ., sezione I, 21 settembre 2005, n. 18585)

Giurisprudenza di legittimità
Corte di Cassazione Civile
Sez. I, 21 settembre 2005, n. 18585

 
Depenalizzazione – Accertamento delle violazioni amministrative – Contestazione – Non immediata – Motivo – Necessità di atti di accertamento ex art. 13 della legge n. 689 del 1981 – Inclusione.

 
In tema di sanzioni amministrative per infrazioni al codice della strada, fra i motivi che hanno reso impossibile la contestazione immediata, da indicarsi – in base alla disciplina speciale di cui agli artt. 200 e 201 c.s. – nel verbale di accertamento a pena di illegittimità del medesimo e dei atti del procedimento, va ricompressa l’ipotesi in cui gli organi addetti al controllo accertino la violazione dopo avere assunto informazioni e proceduto ad operazioni tecniche, in base all’art. 13 della legge 24 novembre 1981.

 

Svolgimento del processo. – Il Giudice di Biella, con sentenza del 16 ottobre 2001, ha respinto l’opposizione di F. S. contro il verbale del 17 dicembre 2000, con cui la Polizia municipale di Biella le aveva contestato che 7 dicembre precedente si era immessa con l’autovettura targata VC… nell’intersezione a rotatoria tra la via Fecia di Cossato e la via Lamarmora di Biella senza concedere la precedenza resa nota da segnaletica verticale, ad altro veicolo con il quale entrava in collisione.

Ha osservato al riguardo: a) che la contestazione immediatamente non era stata nella specie possibile per la necessità di compiere rilievi e contestazioni da parte degli agenti che soltanto in esito agli stessi avevano potuto formulare le relative contestazioni, notificate nel termine di cui all’art. 201 c.s.; b) che il verbale conteneva tutti gli elementi prescritti dall’art. 385 reg. al c.s, ivi compresa la motivazione dalla quale emergevano tutti gli elementi di fatto posti a fondamento della violazione; c) che nel .merito vi era la prova di detta violazione desunta dalle dichiarazioni dei conducenti interessati, da quelle di un teste, nonché dalla posizione dei due autoveicoli e dei danni da essi riportati.

Per la cassazione della sentenza, la S. ha proposto ricorso per cinque motivi. Il Comune di Biella non ha spiegato difese.

Svolgimento della desisione. – Con il primo motivo del ricorso, la S., deducendo violazione dell’art. 132 c.p.c. eccepisce la nullità della sentenza impugnata per aver omesso l’indicazione delle parti in causa provocando l’impossibilità di individuare in quanto il decreto di fissazione di udienza era stato notificato al Comune di Biella; mentre in giudizio si era costituita la polizia municipale che aveva delegato il suo vice comandante a rappresentarla ed aveva svolto le proprie difese, senza neppure essere menzionata dal giudice di pace.

Il motivo è del tutto inconsistente.

Come ha infatti rilevato la ricorrente ricordano la giurisprudenza di questa Corte al riguardo, l’omessa o inesatta indicazione delle parti nell’intestazione della sentenza ne comporta la nullità qualora da essa di deduca che non si è regolarmente costituito il contraddittorio, ai sensi dell’art, 101 c.p., e quando sussiste una situazione di incertezza, non eliminabile a mezzo della lettura dell’intera sentenza, in ordine ai soggetti cui la decisione si riferisce (Cass. 8242/2003; 7451/2002; 9077/2001).

Ma nel caso concreto l’originario ricorso dalla S. ed il decreto di fissazione dell’udienza sono stati notificati al Comune di Biella che era anche solo soggetto legittimato a resistere all’opposizione della ricorrente, essendo l’autorità amministrativa di vertice da cui dipendono gli agenti della polizia municipale che avevano redatto il verbale di accertamento; e non avendo quest’ultimo organo o ufficio del comune alcuna autonoma soggettività giuridica.

E tanto era sufficiente ad individuare con certezza l’altra parte del processo, che è peraltro la sola menzionata dal giudice di pace con il riferimento alla polizia del Comune di Biella ovvero agli agenti di polizia del Comune di Biella («Polizia municipale di Biella») mentre il fatto che il funzionario intervenuto a rappresentarla come consentito dal quarto comma dell’art. 23 della legge 689 del 1981 e dall’art. 204 bis del D. L.vo 285 del 1992, contrariamente a quanto accertato dalla decisione, non fosse munito dall’apposita delega prevista dalla norma non incide sulla legitimatio ad causam del COMUNE DI Biella, né sulla sua identificazione nell’ambito della sentenza impugnata, ma soltanto sulla validità degli atti compiuti dal suddetto delegato: in merito alla quale peraltro nessuna eccezione risulta formulata dalla S. nel giudizio di merito.

Con il secondo motivo, quest’ultima, deducendo violazione degli artt. 201 del D. L.vo 285 del 1992 e 384 D.P.R. 495 del 1992 si duole della mancata contestazione immediata dell’infrazione malgrado essa fosse presente sui luoghi e gli agenti avessero nella circostanza acquisito tutti gli elementi poi indicati nel verbale tardivamente notificatole il 13 gennaio 2001. addebita altresì alla sentenza impugnata di aver giustificato la contestazione successiva in base a considerazioni generiche e non rispondenti al caso concreto in cui gli stessi agenti avevano escluso di aver compiuto successivamente all’illecito una qualsiasi attività di accertamento.

Anche questo motivo è infondato.

Questa Corte ha ripetutamente affermato che la disposizione generale sulle sanzioni amministrative dettata dall’art. 14 della legge 24 novembre 1981, n. 689, secondo cui è priva di effetto estintivo dell’obbligazione sanzionatorio la mancata contestazione immediata della violazione qualora sia stata effettuata la tempestiva notifica del verbale di accertamento della stessa, non trova applicazione in ordine alle violazioni del codice della strada, per le quali gli artt. 200 e 2001 del relativo codice stabiliscono una diversa disciplina speciale; e che l’accertata omissione della immediata contestazione dell’addebito, nonostante la provata possibilità della sua effettuazione, incide sulla legittimità del successivo provvedimento sanzionatorio.

La medesima giurisprudenza è del apri consolidata nel ritenere; A) che è lo stesso art. 200 c.s. ad escutere il carattere assoluto dell’obbligo di contestazione immediata limitandolo alle ipotesi in cui risulti possibile («quando è possibile»); B) che l’art. 384 del regolamento di esecuzione del codice della strada identifica, senza carattere di esaustività, alcuni casi di impossibilità di contestazione immediata; e che alcuni di essi sono tipizzati senza lasciare, ove ricorrano, alcun margine di apprezzamento in sede giudiziaria circa la possibilità di contestazione immediata, per cui la loro indicazione nel verbale di accertamento notificato implica di per sé l’affermazione ex lege della impossibilità di contestazione immediata; C) che in ogni altra fattispecie, invece, ove si verifichi l’ipotesi della impossibilità della contestazione si rende necessario che nel verbale di contravvenzione l’amministrazione provveda ad indicare concretamente e specificamente i motivi della mancata contestazione diretta ed immediata della violazione; per cui solo quando questa sia possibile ovvero allorquando il verbale difetti della indicazione di detti motivi o sia corredato di una motivazione meramente apparente, il giudice dell’opposizione deve annullare il provvedimento sanzionatorio.

Ora nel caso concreto non ricorre alcuna di dette ipotesi avendo la stessa ricorrente trascritto la ragione indicata dalla polizia municipale quale impeditivi della contestazione e cioè che «la violazione era emersa a seguito di esame analitico del sinistro». Ed il giudice di pace correttamente rilevato che tale attività della polizia municipale trova giustificazione propria nell’art. 13 della legge 689 del 1981 secondo cui gli organi addetti al controllo sull’osservazione delle disposizioni per la cui violazione è prevista la sanzione amministrativa del pagamento di una somma di denaro, possono per l’accertamento della violazioni di rispettiva competenza, assumere informazioni e procedere ad operazioni tecniche.

Va  aggiunto che nella vicenda in esame detta attività era imposta dalla natura peculiare della violazione che non si era manifestata, come avviene per la velocità eccessiva rilevata attraverso strumenti elettronici predisposti  dagli agenti, al momento stesso del passaggio dell’autovettura, ma in un momento antecedente all’arrivo della Polizia municipale di Biella sul luogo della collisione; con la conseguenza che gli agenti non ne avevano potuto seguire direttamente la dinamica, ma questa avevano dovuto ricostruire con il rapporto (pur esso trascritto dalla S.), utilizzando e quindi analizzando le informazioni fornite dai conducenti e dal teste, la posizione delle due autovetture, l’ubicazione dei danni in ciascuna di esse; e dovendo quindi effettuare tutti i rilievi necessari richiesti dal caso concreto.

Se è vero, infatti, che le informazioni in questione furono assunte nell’immediatezza dei fatti è pur vero che le stesse, come evidenziato dalla ricorrente, fornivano versioni contrastanti sul momento di arrivo di ciascuna auto nella intersezione a rotatoria tra le vie Fecia di Cossato e Lamarmora e sulla sua posizione allorché nel medesimo tratto di strada si era inserita l’altra: perciò rendendo necessari agli agenti, che non avevano assistito alla immissione di ciascuna vettura nella rotatoria stessa, onde accertare quale di esse avesse violato le norme sulla precedenza, propria l’esecuzione di quei rilievi tecnici consentiti dal menzionato art. 13 e ricordati dal giudice di pace che avevano reso impossibile la contestazione immediata della violazione e consentito soltanto successivamente la compilazione del rapporto (Cass. 8692/2004; 7346/2004; 3254/2003).

Con il terzo motivo, la S., deducendo violazione dell’art, 3 della legge 241 del 1990 si duole che la sentenza impugnata non abbia dichiarato la nullità del verbale di contestazione, privo di motivazione e contenente la sola tautologica affermazione che essa ricorrente aveva omesso di dare la precedenza resa nota da apposita segnaletica verticale ed orizzontale.

Con il quarto motivo addebita alla sentenza impugnata di non aver considerato che le era stato notificato il medesimo atto di contestazione, previsto dall’art. 383 reg. c.s. in caso di contestazione immediata; laddove nel caso doveva trattarsi di un verbale di accertamento di cui all’art. 385 reg. c.s., contenente tutti gli elementi di tempo e di luogo, nonché di fatto potuti acquistare in relazione alla cui mancanza nessuna motivazione era stata offerta dal giudice di pace.

Entrambe le censure sono infondate.

Questa Corte in tema di violazione al codice della strada, ha ripetutamente affermato che qualora, nelle ipotesi previste dall’art. 384 del regolamento di esecuzione del predetto codice, non sia stata eseguita la contestazione immediata dell’infrazione, l’organo accertatore non deve compilare due distinti verbali – uno di accertamento ed uno di contestazione dell’illecito –ma, ai sensi dell’art. 385 dello stesso regolamento, compila un unico verbale, nel quale inserisce gli elementi di tempo, di luogo e di fatto che ha potuto acquisire, specificando i motivi per i quali non ha potuto procedere alla contestazione immediata, e lo trasmette al comando da cui dipende, il quale procede alla notifica al trasgressore di uno degli originali dello stesso atto (se redatto in più originali), ovvero di una copia autentica o di un verbale diverso rispetto a quest’ultimo purchè in esso siano comunque specificati gli elementi indispensabili a garantire la completezza della contestazione e ad assicurare l’esercizio del diritto di difesa; per cui soltanto l’inidoneità a questo fine delle indicazioni contenute nel verbale può cagionare la nullità dell’ordinanza-ingiunzione.

Ora, nel caso la sentenza impugnata ha accertato che il verbale notificato alla S. conteneva gli elementi indicati dalla menzionata norma, ed in particolare tutte le circostanze poste a fondamento della violazione con particolare riguardo al fatto, rappresentato in tutte le componenti essenziali indicate in modo completo e tale da consentire alla S. l’esercizio del proprio diritto di difesa. Per cui, spettava a quest’ultima indicare specificamente i dati individuati dalla norma, che contrariamente a quanto ritenuto dal giudice di pace, erano stati omessi e dimostrare che in conseguenza delle relative omissioni non aveva potuto esercitare il diritto di difesa; ovvero che se le indicazioni fossero state più complete e rispondenti al disposto dell’art. 385 del regolamento, il proprio diritto di difesa si sarebbe articolato diversamente ed in modo più compiuto.

Laddove la S. si è limitata a dissentire dal giudizio del giudice di pace sulla motivazione del verbale di accertamento, peraltro mediante la mera ripetizione  dell’analogo motivo di doglianza formulato nell’atto di opposizione: senza, neppure, tener conto delle considerazioni con cui il giudice di pace lo aveva disatteso.

Con il quinto, la ricorrente, deducendo violazione degli artt. 2721 ss. c.c., 244 ss. c.p.c., 145 D.L.vo 285 del 1992, censura la sentenza impugnata per aver ritenuto provata la propria responsabilità in ordine alla violazione contestata senza considerare: a) che immissione della sua auto rotatoria ove era avvenuta la collisione successivamente al motoveicolo, era esclusa perfino dalle dichiarazione del conducente di questi, nonché dalle deposizione testimoniali; b) che nessuna valenza potevano aver quelle di certo G. ascoltato nell’immediatezza dei fati dalla polizia municipale, perché non confermata in questo giudizio; c) che neppure la localizzazione dei danni senza alcun’altra indagine poteva valere ad individuare la posizione dei due veicoli al momento della collisione, anche perché risultava che entrambe si erano già immesse nella rotatoria; d) che all’interno di essa riprendevano vigore le norme sulla precedenza, con la conseguenza che il motoveicolo avrebbe dovuto cedere la precedenza alla sua auto, proveniente da destra.

Il motivo è parte inammissibile e parte infondato.

La più qualificata dottrina e la giurisprudenza sono infatti fermissime nel ritenere: a) che la valutazione delle risultanze probatorie rientra nei componenti istituzionali del giudice di merito, il quale è libero di attingere il proprio convincimento da quelle prove o risultanze di prove che ritenga più attendibili ed idonee alla formazione dello stesso e di disattendere taluni elementi ritenuti incompatibili con la decisione adottata; b) che nell’ordinamento processuale vigente, in forza del principio di cui all’art. 116 c.p.c. detto giudice può legittimamente porre a base del proprio convincimento anche prove cosiddette atipiche, purchè idonee a fornire elementi di giudizio sufficienti, se ed in quanto non smentite dal raffronto critico con le altre risultanze del processo; e che, d’altra parte, non esiste una gerarchia di efficacia delle prove, nel senso che (fuori dai casi di prova legale) esse, anche se hanno carattere indiziario, sono tutte liberamente valutabili dal giudice di merito per essere poste a fondamento del suo convincimento; c) che unico limite imposto al giudice è quello di dare congrua motivazione dell’apprezzamento compiuto e che il relativo convincimento si sia realizzato attraverso una valutazione dei vari elementi probatori acquisti, considerati nel loro complesso, pur senza un’esplicita confutazione degli altri elementi non menzionati o non accolti, anche se allegati, purchè risulti logico e coerente il valore preminente attribuito, sia pure per implicito, a quelli utilizzati (Cass. 4666/2003; 4373/2003; 6765/2002).

Proprio a questi principi si è uniformato il giudice di pace il quale è pervenuto al risultato che era stata la S. ad immettersi nella rotatoria senza cedere la precedenza imposta dalla segnaletica ricordata dal verbale al veicolo Suzuki che già l’impegnava, in base alle stesse  dichiarazione degli interessati raccolte dai verbalizzanti (e trascritte dalla ricorrente), nonché a quella di altro soggetto che seguiva i loro veicoli ed aveva potuto assistere alla dinamica della collisione; e trovando n obiettivo riscontro alle stesse proprio nella localizzazione dei danni subiti dai due mezzi coinvolti: il Suzuki, nella parte posteriore destra e quello della S. nella sua parte anteriore sinistra. Per cui, siffatta valutazione globale delle risultanze istruttorie anche per essere stata compiuta nel quadro di una indagine unitaria ed organica risulta immune da vizi di motivazione; e per converso si pone al di fuori del disposto dell’art. 360 n. 5 c.p.c. il tentativo della ricorrente di far valere la non rispondenza della ricostruzione dei fatti suddetti operata dal giudice del merito alla sua opposta opinione in merito ad essi, ed, in particolare, il prospettare un soggettivo preteso migliore e più appagante coordinamento dei molteplici dati acquisti: atteso che tali aspetti del giudizio, interni all’ambito della discrezionalità di valutazione degli elementi di prova e dell’apprezzamento dei fatti, attengono al libero convincimento del giudice e non ai possibili vizzi dell’iter formativo di tale convincimento rilevanti ai sensi della norma in esame. Che altrimenti, si risolverebbe in un’inammissibile istanza al giudice di legittimità di revisione delle valutazioni effettuate dal giudice del merito.

Nessuna pronuncia va emessa in ordine alle spese processuali perché il Comune di Roma, cui l’esito del giudizio è stato favorevole non ha spiegato difese. (Omissis). [RIV-0605P521]


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Martedì, 29 Agosto 2006
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