Giurisprudenza di legittimità
Svolgimento
del processo. – Il
Giudice di Biella, con sentenza del 16 ottobre 2001, ha respinto l’opposizione
di F. S. contro il verbale del 17 dicembre 2000, con cui la Polizia municipale
di Biella le aveva contestato che 7 dicembre precedente si era immessa con
l’autovettura targata VC… nell’intersezione a rotatoria tra la via Fecia di Cossato
e la via Lamarmora di Biella senza concedere la precedenza resa nota da
segnaletica verticale, ad altro veicolo con il quale entrava in collisione. Ha osservato al riguardo: a) che
la contestazione immediatamente non era stata nella specie possibile per la
necessità di compiere rilievi e contestazioni da parte degli agenti che
soltanto in esito agli stessi avevano potuto formulare le relative
contestazioni, notificate nel termine di cui all’art. 201 c.s.; b) che il
verbale conteneva tutti gli elementi prescritti dall’art. 385 reg. al c.s, ivi
compresa la motivazione dalla quale emergevano tutti gli elementi di fatto
posti a fondamento della violazione; c) che nel .merito vi era la prova di
detta violazione desunta dalle dichiarazioni dei conducenti interessati, da
quelle di un teste, nonché dalla posizione dei due autoveicoli e dei danni da
essi riportati. Per la cassazione della sentenza, la
S. ha proposto ricorso per cinque motivi. Il Comune di Biella non ha spiegato
difese. Svolgimento
della desisione. – Con
il primo motivo del ricorso, la S., deducendo violazione dell’art. 132 c.p.c.
eccepisce la nullità della sentenza impugnata per aver omesso l’indicazione
delle parti in causa provocando l’impossibilità di individuare in quanto il
decreto di fissazione di udienza era stato notificato al Comune di Biella; mentre
in giudizio si era costituita la polizia municipale che aveva delegato il suo
vice comandante a rappresentarla ed aveva svolto le proprie difese, senza
neppure essere menzionata dal giudice di pace. Il motivo è del tutto
inconsistente. Come ha infatti rilevato la
ricorrente ricordano la giurisprudenza di questa Corte al riguardo, l’omessa o
inesatta indicazione delle parti nell’intestazione della sentenza ne comporta
la nullità qualora da essa di deduca che non si è regolarmente costituito il
contraddittorio, ai sensi dell’art, 101 c.p., e quando sussiste una situazione di
incertezza, non eliminabile a mezzo della lettura dell’intera sentenza, in
ordine ai soggetti cui la decisione si riferisce (Cass. 8242/2003; 7451/2002;
9077/2001). Ma nel caso concreto l’originario
ricorso dalla S. ed il decreto di fissazione dell’udienza sono stati notificati
al Comune di Biella che era anche solo soggetto legittimato a resistere
all’opposizione della ricorrente, essendo l’autorità amministrativa di vertice
da cui dipendono gli agenti della polizia municipale che avevano redatto il
verbale di accertamento; e non avendo quest’ultimo organo o ufficio del comune
alcuna autonoma soggettività giuridica. E tanto era sufficiente ad
individuare con certezza l’altra parte del processo, che è peraltro la sola
menzionata dal giudice di pace con il riferimento alla polizia del Comune di Biella
ovvero agli agenti di polizia del Comune di Biella («Polizia municipale di
Biella») mentre il fatto che il funzionario intervenuto a rappresentarla come
consentito dal quarto comma dell’art. 23 della legge 689 del 1981 e dall’art.
204 bis del D. L.vo 285 del 1992, contrariamente a quanto accertato dalla
decisione, non fosse munito dall’apposita delega prevista dalla norma non
incide sulla legitimatio ad causam del COMUNE DI Biella, né sulla sua
identificazione nell’ambito della sentenza impugnata, ma soltanto sulla
validità degli atti compiuti dal suddetto delegato: in merito alla quale
peraltro nessuna eccezione risulta formulata dalla S. nel giudizio di merito. Con il secondo motivo,
quest’ultima, deducendo violazione degli artt. 201 del D. L.vo 285 del 1992 e
384 D.P.R. 495 del 1992 si duole della mancata contestazione immediata
dell’infrazione malgrado essa fosse presente sui luoghi e gli agenti avessero
nella circostanza acquisito tutti gli elementi poi indicati nel verbale
tardivamente notificatole il 13 gennaio 2001. addebita altresì alla sentenza
impugnata di aver giustificato la contestazione successiva in base a
considerazioni generiche e non rispondenti al caso concreto in cui gli stessi
agenti avevano escluso di aver compiuto successivamente all’illecito una
qualsiasi attività di accertamento. Anche questo motivo è infondato. Questa Corte ha ripetutamente
affermato che la disposizione generale sulle sanzioni amministrative dettata
dall’art. 14 della legge 24 novembre 1981, n. 689, secondo cui è priva di
effetto estintivo dell’obbligazione sanzionatorio la mancata contestazione
immediata della violazione qualora sia stata effettuata la tempestiva notifica
del verbale di accertamento della stessa, non trova applicazione in ordine alle
violazioni del codice della strada, per le quali gli artt. 200 e 2001 del
relativo codice stabiliscono una diversa disciplina speciale; e che l’accertata
omissione della immediata contestazione dell’addebito, nonostante la provata
possibilità della sua effettuazione, incide sulla legittimità del successivo
provvedimento sanzionatorio. La medesima giurisprudenza è del
apri consolidata nel ritenere; A) che è lo stesso art. 200 c.s. ad escutere il
carattere assoluto dell’obbligo di contestazione immediata limitandolo alle
ipotesi in cui risulti possibile («quando è possibile»); B) che l’art. 384 del
regolamento di esecuzione del codice della strada identifica, senza carattere
di esaustività, alcuni casi di impossibilità di contestazione immediata; e che
alcuni di essi sono tipizzati senza lasciare, ove ricorrano, alcun margine di
apprezzamento in sede giudiziaria circa la possibilità di contestazione
immediata, per cui la loro indicazione nel verbale di accertamento notificato
implica di per sé l’affermazione ex lege della impossibilità di contestazione
immediata; C) che in ogni altra fattispecie, invece, ove si verifichi l’ipotesi
della impossibilità della contestazione si rende necessario che nel verbale di
contravvenzione l’amministrazione provveda ad indicare concretamente e
specificamente i motivi della mancata contestazione diretta ed immediata della
violazione; per cui solo quando questa sia possibile ovvero allorquando il
verbale difetti della indicazione di detti motivi o sia corredato di una
motivazione meramente apparente, il giudice dell’opposizione deve annullare il
provvedimento sanzionatorio. Ora nel caso concreto non ricorre
alcuna di dette ipotesi avendo la stessa ricorrente trascritto la ragione
indicata dalla polizia municipale quale impeditivi della contestazione e cioè
che «la violazione era emersa a seguito di esame analitico del sinistro». Ed il
giudice di pace correttamente rilevato che tale attività della polizia
municipale trova giustificazione propria nell’art. 13 della legge 689 del 1981
secondo cui gli organi addetti al controllo sull’osservazione delle
disposizioni per la cui violazione è prevista la sanzione amministrativa del
pagamento di una somma di denaro, possono per l’accertamento della violazioni
di rispettiva competenza, assumere informazioni e procedere ad operazioni
tecniche. Va aggiunto che nella vicenda in esame detta
attività era imposta dalla natura peculiare della violazione che non si era
manifestata, come avviene per la velocità eccessiva rilevata attraverso
strumenti elettronici predisposti dagli
agenti, al momento stesso del passaggio dell’autovettura, ma in un momento
antecedente all’arrivo della Polizia municipale di Biella sul luogo della
collisione; con la conseguenza che gli agenti non ne avevano potuto seguire
direttamente la dinamica, ma questa avevano dovuto ricostruire con il rapporto
(pur esso trascritto dalla S.), utilizzando e quindi analizzando le
informazioni fornite dai conducenti e dal teste, la posizione delle due
autovetture, l’ubicazione dei danni in ciascuna di esse; e dovendo quindi
effettuare tutti i rilievi necessari richiesti dal caso concreto. Se è vero, infatti, che le
informazioni in questione furono assunte nell’immediatezza dei fatti è pur vero
che le stesse, come evidenziato dalla ricorrente, fornivano versioni
contrastanti sul momento di arrivo di ciascuna auto nella intersezione a
rotatoria tra le vie Fecia di Cossato e Lamarmora e sulla sua posizione
allorché nel medesimo tratto di strada si era inserita l’altra: perciò rendendo
necessari agli agenti, che non avevano assistito alla immissione di ciascuna
vettura nella rotatoria stessa, onde accertare quale di esse avesse violato le
norme sulla precedenza, propria l’esecuzione di quei rilievi tecnici consentiti
dal menzionato art. 13 e ricordati dal giudice di pace che avevano reso
impossibile la contestazione immediata della violazione e consentito soltanto
successivamente la compilazione del rapporto (Cass. 8692/2004; 7346/2004;
3254/2003). Con il terzo motivo, la S., deducendo
violazione dell’art, 3 della legge 241 del 1990 si duole che la sentenza
impugnata non abbia dichiarato la nullità del verbale di contestazione, privo
di motivazione e contenente la sola tautologica affermazione che essa
ricorrente aveva omesso di dare la precedenza resa nota da apposita segnaletica
verticale ed orizzontale. Con il quarto motivo addebita alla
sentenza impugnata di non aver considerato che le era stato notificato il
medesimo atto di contestazione, previsto dall’art. 383 reg. c.s. in caso di
contestazione immediata; laddove nel caso doveva trattarsi di un verbale di
accertamento di cui all’art. 385 reg. c.s., contenente tutti gli elementi di
tempo e di luogo, nonché di fatto potuti acquistare in relazione alla cui
mancanza nessuna motivazione era stata offerta dal giudice di pace. Entrambe le censure sono
infondate. Questa Corte in tema di violazione
al codice della strada, ha ripetutamente affermato che qualora, nelle ipotesi
previste dall’art. 384 del regolamento di esecuzione del predetto codice, non
sia stata eseguita la contestazione immediata dell’infrazione, l’organo
accertatore non deve compilare due distinti verbali – uno di accertamento ed
uno di contestazione dell’illecito –ma, ai sensi dell’art. 385 dello stesso
regolamento, compila un unico verbale, nel quale inserisce gli elementi di
tempo, di luogo e di fatto che ha potuto acquisire, specificando i motivi per i
quali non ha potuto procedere alla contestazione immediata, e lo trasmette al
comando da cui dipende, il quale procede alla notifica al trasgressore di uno
degli originali dello stesso atto (se redatto in più originali), ovvero di una
copia autentica o di un verbale diverso rispetto a quest’ultimo purchè in esso
siano comunque specificati gli elementi indispensabili a garantire la
completezza della contestazione e ad assicurare l’esercizio del diritto di
difesa; per cui soltanto l’inidoneità a questo fine delle indicazioni contenute
nel verbale può cagionare la nullità dell’ordinanza-ingiunzione. Ora, nel caso la sentenza
impugnata ha accertato che il verbale notificato alla S. conteneva gli elementi
indicati dalla menzionata norma, ed in particolare tutte le circostanze poste a
fondamento della violazione con particolare riguardo al fatto, rappresentato in
tutte le componenti essenziali indicate in modo completo e tale da consentire
alla S. l’esercizio del proprio diritto di difesa. Per cui, spettava a
quest’ultima indicare specificamente i dati individuati dalla norma, che
contrariamente a quanto ritenuto dal giudice di pace, erano stati omessi e
dimostrare che in conseguenza delle relative omissioni non aveva potuto
esercitare il diritto di difesa; ovvero che se le indicazioni fossero state più
complete e rispondenti al disposto dell’art. 385 del regolamento, il proprio
diritto di difesa si sarebbe articolato diversamente ed in modo più compiuto. Laddove la S. si è limitata a
dissentire dal giudizio del giudice di pace sulla motivazione del verbale di
accertamento, peraltro mediante la mera ripetizione dell’analogo motivo di doglianza formulato
nell’atto di opposizione: senza, neppure, tener conto delle considerazioni con
cui il giudice di pace lo aveva disatteso. Con il quinto, la ricorrente,
deducendo violazione degli artt. 2721 ss. c.c., 244 ss. c.p.c., 145 D.L.vo 285
del 1992, censura la sentenza impugnata per aver ritenuto provata la propria
responsabilità in ordine alla violazione contestata senza considerare: a) che
immissione della sua auto rotatoria ove era avvenuta la collisione
successivamente al motoveicolo, era esclusa perfino dalle dichiarazione del
conducente di questi, nonché dalle deposizione testimoniali; b) che nessuna
valenza potevano aver quelle di certo G. ascoltato nell’immediatezza dei fati
dalla polizia municipale, perché non confermata in questo giudizio; c) che
neppure la localizzazione dei danni senza alcun’altra indagine poteva valere ad
individuare la posizione dei due veicoli al momento della collisione, anche
perché risultava che entrambe si erano già immesse nella rotatoria; d) che all’interno
di essa riprendevano vigore le norme sulla precedenza, con la conseguenza che
il motoveicolo avrebbe dovuto cedere la precedenza alla sua auto, proveniente
da destra. Il motivo è parte inammissibile e
parte infondato. La più qualificata dottrina e la
giurisprudenza sono infatti fermissime nel ritenere: a) che la valutazione
delle risultanze probatorie rientra nei componenti istituzionali del giudice di
merito, il quale è libero di attingere il proprio convincimento da quelle prove
o risultanze di prove che ritenga più attendibili ed idonee alla formazione
dello stesso e di disattendere taluni elementi ritenuti incompatibili con la
decisione adottata; b) che nell’ordinamento processuale vigente, in forza del
principio di cui all’art. 116 c.p.c. detto giudice può legittimamente porre a
base del proprio convincimento anche prove cosiddette atipiche, purchè idonee a
fornire elementi di giudizio sufficienti, se ed in quanto non smentite dal
raffronto critico con le altre risultanze del processo; e che, d’altra parte,
non esiste una gerarchia di efficacia delle prove, nel senso che (fuori dai
casi di prova legale) esse, anche se hanno carattere indiziario, sono tutte
liberamente valutabili dal giudice di merito per essere poste a fondamento del
suo convincimento; c) che unico limite imposto al giudice è quello di dare
congrua motivazione dell’apprezzamento compiuto e che il relativo convincimento
si sia realizzato attraverso una valutazione dei vari elementi probatori
acquisti, considerati nel loro complesso, pur senza un’esplicita confutazione
degli altri elementi non menzionati o non accolti, anche se allegati, purchè
risulti logico e coerente il valore preminente attribuito, sia pure per
implicito, a quelli utilizzati (Cass. 4666/2003; 4373/2003; 6765/2002). Proprio a questi principi si è
uniformato il giudice di pace il quale è pervenuto al risultato che era stata
la S. ad immettersi nella rotatoria senza cedere la precedenza imposta dalla
segnaletica ricordata dal verbale al veicolo Suzuki che già l’impegnava, in
base alle stesse dichiarazione degli
interessati raccolte dai verbalizzanti (e trascritte dalla ricorrente), nonché
a quella di altro soggetto che seguiva i loro veicoli ed aveva potuto assistere
alla dinamica della collisione; e trovando n obiettivo riscontro alle stesse
proprio nella localizzazione dei danni subiti dai due mezzi coinvolti: il
Suzuki, nella parte posteriore destra e quello della S. nella sua parte
anteriore sinistra. Per cui, siffatta valutazione globale delle risultanze
istruttorie anche per essere stata compiuta nel quadro di una indagine unitaria
ed organica risulta immune da vizi di motivazione; e per converso si pone al di
fuori del disposto dell’art. 360 n. 5 c.p.c. il tentativo della ricorrente di
far valere la non rispondenza della ricostruzione dei fatti suddetti operata
dal giudice del merito alla sua opposta opinione in merito ad essi, ed, in
particolare, il prospettare un soggettivo preteso migliore e più appagante
coordinamento dei molteplici dati acquisti: atteso che tali aspetti del
giudizio, interni all’ambito della discrezionalità di valutazione degli
elementi di prova e dell’apprezzamento dei fatti, attengono al libero
convincimento del giudice e non ai possibili vizzi dell’iter formativo di tale
convincimento rilevanti ai sensi della norma in esame. Che altrimenti, si
risolverebbe in un’inammissibile istanza al giudice di legittimità di revisione
delle valutazioni effettuate dal giudice del merito. Nessuna pronuncia va emessa in
ordine alle spese processuali perché il Comune di Roma, cui l’esito del
giudizio è stato favorevole non ha spiegato difese. (Omissis). [RIV-0605P521] |
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