di
GIUSEPPE CAPORALE
PESCARA - Mancavano solo due mesi alla sua laurea in psicologia.
Aveva preparato con tanta fatica la tesi su "Watson e lo studio
dell’ottimismo". Silvia Luciani, 24 anni, con i suoi studi, sognava di
aiutare i bambini in difficoltà. Lei e la sua aspirazione, all’appuntamento con
la commissione d’esame, non sono mai arrivati. Silvia è morta in un incidente
stradale. Al suo posto, il giorno previsto per la discussione della tesi,
l’ultima giorno utile della sessione estiva, si è presentata la madre.
Lidia, 49 anni, casalinga, ex operaia tessile con licenza elementare, si è
seduta davanti alla commissione con una relatrice ed ha consegnato ed
illustrato ai docenti, lo studio preparato dalla figlia. Dopo la relazione,
attimi di commozione e l’annuncio del presidente: "Complimenti signora,
oggi sua figlia si è laureata". A seguire, la consegna della pergamena con
una dedica della docente più legata alla ragazza: "Silvia, hai superato
con successo il tuo curriculum accademico, la prova finale dedicata a un tema
originale. Ti piaceva e avevi già svolto la parte generale. Mi auguro che il
tuo lavoro possa essere continuato e dare frutti: penserò sempre a te con
grande affetto. La tua professoressa. Claudia Casadio". Una laurea
simbolica ma con tutto il crisma dell’ufficialità. Un’ora dopo, amici e
parenti, si sono ritrovati davanti alla sua tomba, per una insolita festa di
laurea. Tra la gioia e il dolore. Tanti confetti sparsi su quella tomba bianca.
Erano in cinque, sulla Opel Zafira che, la notte del 25 maggio, sbandò in una
curva e finì contro un palo della luce. Tutti ragazzi. Silvia fu l’unica
vittima. Lo schianto avvenne sul fianco sinistro, lato posteriore, il posto
occupato da Silvia che, forse, aveva il finestrino semiaperto. Per lei non ci
fu nulla da fare. Morì sul colpo. Gli amici stavano accompagnandola a
riprendere la macchina, che aveva lasciato parcheggiata dall’altra parte del
paese, Cugnoli, in provincia di Pescara.
La laurea, raccontano, era il suo scopo principale. Aveva ultimato
gli esami diverse settimane prima e stava lavorando a una tesi sperimentale, un
progetto innovativo: l’ottimismo come medicina. Questo deve aver spinto la
madre, ad un mese dalla morte, a presentarsi alla segreteria dell’università.
"Voglio capire se è possibile assegnare la laurea a mia figlia"
chiede. Ma la legge non lo consente. "Spiacenti, si può solo in caso di
guerra" la risposta.
Lidia, però, non si dà per vinta. Chiede aiuto alla relatrice della tesi,
Claudia Casadio, docente di Logica. Coinvolge anche Rossella Santoro, una delle
migliori amiche della figlia, anche lei laureanda. Ottengono il sostegno della
commissione d’esame. La tesi, in via eccezionale e in forma speciale, si può
discutere.
Quando, il giorno stabilito, è entrata nella sala stracolma, coi laureandi
emozionati e i parenti in attesa della discussione delle tesi, mamma Lidia ha
sentito le gambe tremare. "Non sono riuscita a restare in piedi, mi sono
dovuta sedere. Ma sono uscita dall’aula con una forza da leone. Sentivo Silvia
dentro di me. Spero che questa storia sia di stimolo alle altre mamme che
soffrono il mio stesso dolore, perché reagiscano piuttosto che rinchiudersi in
casa".
Queste le parole del presidente di commissione alla fine dell’esame.
"Facciamole un grande applauso: Silvia è una dottoressa, curerà i pazienti
dal cielo". Lidia ringrazia. "Mi sento come la mamma di una figlia
che ha avuto 110 e lode. Adesso ho in casa questa pergamena, che per me è molto
importante".
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