Giurisprudenza di legittimità
M. F.
proponeva opposizione avanti al Giudice
di Pace di Torino avverso l’ordinanza- ingiunzione del Prefetto di
Torino del 22.6.2000 con cui gli veniva irrogata la sanzione amministrativa di lire 6.000.000 oltre alla
sospensione per sei mesi della patente di guida per la violazione dell’art.
176, 1 comma, lett. a) e C ) e n. 19 C.d.S., accertata il 6.6.2000
dalla Polstrada di Torino, che procedeva anche al fermo amministrativo
del veicolo. Contestualmente
il M. depositava istanza ex art.
22, ultimo comma, legge 689/81 per la sospensione del provvedimento
opposto ex art. 669 bis e ss.
C.P.C. I1 Giudice di Pace fissava udienza di comparizione delle parti al 9.11.2000. I1 25.8.2000 il M. depositava istanza per l’espressa pronuncia in
ordine al provvedimento cautelare. Il Giudice di Pace differiva l’udienza
originariamente fissata al 30.11.2000, non essendo stato rispettato il termine
minimo a comparire. Costituitasi
in giudizio la Prefettura di Torino e respinta dal Presidente del Tribunale
istanza di ricusazione del Giudice di Pace dott. Franco Corsi, con sentenza 14
maggio 2001 il Giudice di Pace rigettava l’0opposizione. Osservava
il Giudice di Pace, con riferimento alle conclusioni originariamente assunte
dall’opponente in ricorso (sul presupposto che le conclusioni rassegnate all’udienza
di discussione fossero tardive ed assunte in difetto di contraddittorio con
l’Amministrazione convenuta) , che il verbale di accertamento dell’infrazione
faceva stato sino a querela di falso dei fatti attestati dai Pubblici Ufficiali
roganti e che l’opponente non aveva indicato mezzi di prova in senso contrario
a tali risultanze. Il
giudice di pace dichiarava inoltre inammissibile la domanda di sospensione
cautelare del provvedimento di sospensione della patente, perch8 proposta
davanti a giudice privo di giurisdizione in materia di provvedimenti cautelari,
aggiungendo che essa era stata proposta in periodo di sospensione feriale dei
termini e che la sospensione del provvedimento impugnato corrispondeva ad una
facoltà discrezionale del giudice, avendo in ogni caso ammesso l’opponente di
aver commesso l’infrazione, sia pur qualificandola in termini di minor gravità
rispetto a quanta ritenuto dall’Amministrazione. Avverso la sentenza ha proposto ricorso per tassazione, anche nei
confronti del Ministero dell’Interno, il M. formulando cinque motivi di
ricorso. Resiste con controricorso l’ufficio territoriale del Governo di Torino. MOTIVI
DELLA DECISIONE 1. Con
il primo motivo il ricorrente deduce violazione degli artt. 101, 102 C.P.C.,
111, comma 2, Cost., 23, comma 2, legge 689/81, con conseguente nullità del procedimento per violazione del
principio del contraddittorio, nonché difetto di motivazione. Osserva
che l’opposizione riguardava anche il provvedimento di fermo amministrativo del
veicolo, disposto dalla Polizia stradale, sì che legittimato passivo
in proposito era il Ministero dell’Interno, nei cui confronti peraltro il
Giudice di Pace ometteva di estendere il contraddittorio. 2. Con
il secondo motivo il ricorrente deduce violazione degli artt. 23, commi 6 e 12,
legge 689/81 e dell’art. 2697 C.C. oltre che difetto
di motivazione. Si duole che il Giudice di Pace abbia ritenuto che egli non
avesse fornito e neppure dedotto prova contraria alle risultanze del verbale
redatto dalla Polstrada, in quanto in realtà egli non aveva mai contestato le risultanze
di tale verbale, ma soltanto
le conclusioni che ne erano state tratte sul piano sanzionatorio. Inoltre la
mancata deduzione di mezzi istruttori, neppure vera perché erano state prodotte
fotografie del luogo dell’infrazione era irrilevante perché sarebbe stato onere
del giudice ai sensi dell’art. 23 legge 689/81 disporre d’ufficio i mezzi di prova ritenuti necessari. 3 . Con il terzo motivo il ricorrente
deduce violazione dell’art. 23, comma 7, legge 689/81 e degli artt. 183 e 184 C.P.C. e difetto di motivazione in ordine ad un punto
decisivo della controversia. Lamenta che il Giudice di Pace non abbia preso in
esame le conclusioni assunte all’udienza del 24.4.2001 in ragione dell’assenza della Prefettura. Tali
conclusioni in realtà rappresentavano soltanto un chiarimento di quelle
originariamente assunte ed in ogni caso, ai sensi dell’art. 23, comma 7, legge 689/81 il giudice doveva invitare le
parti a precisare le conclusioni. Tanto
aveva fatto il ricorrente. 4 . Con il quarto motivo il ricorrente deduce falsa applicazione dell’art.
2700 C.C. e degli artt. 154, comma 7, 146, comma 1, 176, comma 1 lett. a) C.d.S.
nonché difetto di motivazione in ordine ad un punto decisivo della controversia. Il
giudice di pace infatti nell’affermare che il verbale di accertamento redatto
dagli agenti verbalizzanti ha efficacia probatoria privilegiata avrebbe
trascurato che tale efficacia probatoria non si estende alla qualificazione
giuridica dei fatti. Dal verbale poteva ritenersi accertato unicamente che il ricorrente
"effettuava manovra di inversione di marcia" e che "proveniente
da lato Torino impegnava lo svincolo Orbassano ed ivi invertiva la marcia per
tornare verso Torino - corso Orbassano". Secondo il ricorrente che ciò
fosse avvenuto in ambito autostradale e con violazione dell’art. 176, comma 1,
lett a) n. 19 C.d.S. era il frutto di un semplice apprezzamento personale degli
accertatori. Ai sensi dell’art. 2 C.d.S. lo svincolo non poteva essere
considerato autostrada perché non vi figuravano carreggiate indipendenti o separate
da spartitraffico invalicabile e perché non vi erano gli appositi segnali di
inizio e fine, che risultavano assenti sulla base delle fotografie prodotte dal
ricorrente. In loco esisteva soltanto un segnale di preavviso di autostrada,
che non poteva avere la funzione del segnale di inizio o fine autostrada. Occorreva
inoltre che la condotta illecita sanzionata integrasse l’inversione del senso
di marcia attraversando lo spartitraffico, laddove nella specie lo
spartitraffico era assente. 5. Con il quinto motivo il ricorrente deduce violazione dell’art. 22,
comma 7, legge 689/81, dell’art. 669 quaterdecies c.p.c., dell’art. 1 legge 742/69 nonché degli artt. 24, comma 2,
111, commi 2 e 6, 113, commi 1 e 2 Cost.,
dell’art. 5 legge 742/69 in relazione all’art. 360 n. 3
e 4 C.P.C. Si
duole il ricorrente che il Giudice di Pace abbia ritenuto inammissibile la
domanda di procedimento cautelare, sottolineando che il giudice investito della
competenza in materia cautelare è lo stesso giudice dell’opposizione, ai sensi
dell’art. 22, comma 7, legge
689/81. La disciplina dettata dagli artt. 669 bis e ss. C.P.C. potrà applicarsi in quanto compatibile. Lamenta inoltre
che il giudice di pace abbia ritenuto di non poter provvedere in ragione della
sospensione feriale dei termini in atto, trascurando che tale sospensione non
poteva incidere su un procedimento avente carattere cautelare. Poiché peraltro
il Giudice di Pace, nell’indicare i motivi di merito che lo avevano indotto a
non fissare udienza per la discussione dell’istanza cautelare, indica gli
stessi motivi posti poi a fondamento della reiezione nel merito della domanda principale,
ritiene il ricorrente di poterne argomentare che la ricusazione proposta fosse
fondata. Solleva
quindi eccezione d’illegittimità costituzionale dell’art. 22, comma 7, e
dell’art. 23 legge 689/81 in riferimento
all’art. 111 Cost. nella parte in cui attribuisce, in via provvisoria e
cautelare, ad un magistrato la facoltà di sospendere o meno l’esecutività di un
provvedimento sul quale egli sarà poi chiamato a pronunciare in via definitiva
in una fase successiva, ancorché nel medesimo grado di giudizio. 6. Il
primo motivo di ricorso è fondato. Esso denuncia la pretermissione di un
litisconsorte necessario che è
causa di nullità sulla quale la Corte deve comunque provvedere d’ufficio. Come
risulta dall’esame degli atti, il ricorso e il decreto di fissazione d’udienza
del Giudice di Pace sono stati comunicati anche al Ministero dell’Interno, ma
tale comunicazione non vale a integrare legittimamente il contraddittorio nei
confronti del Ministero stesso, atteso che l’art. 23, comma 2, legge 689/81 prevede che ricorso e decreto
siano notificati, a cura della cancelleria del giudice adito, all’opponente ed
all’autorità che ha emesso l’ordinanza. La
semplice comunicazione del provvedimento non sostituisce la notificazione
richiesta dalla legge, in ragione delle diverse formalità previste per la comunicazione
e la notificazione rispettivamente dagli artt. 136 e 137 e ss. C.P.C. In particolare la notificazione richiede la consegna al
destinatario di copia conforme all’originale dell’atto da notificarsi (cfr.
art. 137, comma 2, C.P.C.), adempimento che non è richiesto nel caso della
comunicazione, sì che deve ritenersi che la notificazione possa ritenersi validamente
sostituita dalla comunicazione soltanto quando l’atto abbia raggiunto il suo
scopo, circostanza che nel caso di specie non risulta. Va
sottolineato che, come risulta dalla sentenza impugnata il ricorrente aveva
chiesto l’annullamento dell’ordinanza-ingiunzione pronunciata dal Prefetto di Torino
e del provvedimento di fermo amministrativo. Ad avviso dell’Ufficio
Territoriale del Governo di Torino non si sarebbe di fronte ad una duplicità di
sanzioni irrogate da due soggetti distinti – la sospensione della patente da
parte del Prefetto e il fermo amministrativo da parte della Polizia stradale di
Torino, organo periferico facente capo ai Ministero dell’Interno, perché la sospensione
congiuntamente al fermo amministrativo del veicolo costituirebbero un’unica
sanzione amministrativa accessoria, ai sensi dell’art. 176, comma 22, C.d.S. che fa espresso riferimento
alla sanzione amministrativa accessoria della sospensione della patente di
guida e del fermo amministrativo del veicolo. Tale
tesi non può essere condivisa. L’art.
214 C.d.S. disciplina il fermo amministrativo del veicolo come una sanzione
accessoria. Nel
caso di specie l’ordinanza-ingiunzione emessa dal Prefetto applicava al M. la
sanzione amministrativa pecuniaria e la sospensione della patente, mentre il
provvedimento di fermo amministrativo trovava il suo fondamento direttamente nel
provvedimento adottato dalla Polizia stradale di Torino, con la conseguenza che
tale provvedimento era autonomamente impugnabile e che tale impugnazione è stata
ritualmente proposta dal M., contestualmente all’opposizione all’ordinanza
ingiunzione. Legittimato
passivo avverso la domanda di annullamento del provvedimento di fermo
amministrativo è l’organo di vertice da cui dipende l’Autorità che ha irrogato
il provvedimento di fermo, nella specie la polizia stradale di Torino, da
individuarsi dunque nel Ministero dell’Interno. Ai
sensi dell’art. 214, comma 4-6 C.d.S. la
restituzione del veicolo è subordinata all’accertamento in sede amministrativa o
giudiziaria dell’insussistenza dell’infrazione in virtù della quale è stata
irrogata la sanzione pecuniaria. Ne
deriva che, ove sia stato
impugnato anche il provvedimento di fermo amministrativo, il Ministero dell’Interno
è litisconsorte necessario nel procedimento relativo all’accertamento
dell’infrazione. Di
conseguenza la sentenza impugnata, che ha pronunciato senza che il Ministero fosse stato validamente
convenuto in giudizio, va cassata con rinvio al Giudice di Pace di Torino, in
diversa composizione anche per le spese del giudizio di cassazione. La Corte,
provvedendo d’ufficio, cassa la sentenza impugnata per difetto del
contraddittorio nei confronti del Ministero dell’Interno con rinvio al Giudice
di Pace di Torino, in diversa composizione, anche per le spese. |
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