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RESPONSABILITA’ AUTOMOBILISTICA Sentenze in materia di responsabilità civile, penale, amministrativa - Frangiluce danneggia auto: il capo cantoniere paga di tasca sua

a cura di Ugo Terracciano

RESPONSABILITA’ AUTOMOBILISTICA
Sentenze in materia di responsabilità civile, penale, amministrativa

FRANGILUCE DANNEGGIA AUTO:
IL CAPO CANTONIERE PAGA DI TASCA SUA

a cura di Ugo Terracciano*

(Asaps) Se un frangiluce si stacca dal muretto spartitraffico e colpendo il parabrezza dell’auto di passaggio provoca un incidente stradale, sarà il capo cantoniere addetto alla vigilanza di quel tratto di strada a pagare i danni di propria tasca. E’ questa la conclusione cui è giunta, con la sentenza 10 aprile 2006, n. 114 la Corte dei Conti dell’Umbria in un giudizio di responsabilità contabile intentato dall’ANAS nei confronti di tre suoi dipendenti. Il fatto era accaduto, in ore serali, sulla statale n. 75, tratto Tuoro-Perugia, in località Passignano. L’auto viene colpita improvvisamente sul parabrezza da un frangiluce staccatosi dal muretto spartitraffico e va a collidere. Ingenti i danni che ne conseguono. Il Tribunale civile di Perugina riconosce la colpa dell’ente e lo condanna al risarcimento. Così la vittima incassa, ma l’ANAS è costretta a sborsare una discreta sommetta di pubblico denaro. Il gioco delle responsabilità non finisce qui, poiché debitamente interessata, la Procura regionale della Corte dei Conti intenta una causa contabile per recuperare i soldi spesi dai cantonieri responsabili della manutenzione. Ne vengono citati, oltre al Capo cantoniere, due, ma uno esce subito di scena poiché in quel periodo stava godendo un periodo di ferie. Gli altri, in giudizio, portano quel che possono in ordine agli elementi di fatto e di diritto utili ad evitare la condanna. Tra gli argomenti di fatto il più importante è relativo alla presenza di raffiche di vento che avevano interessato la zona all’epoca del sinistro: il frangiluce si era staccato – secondo la difesa – causa il forte vento, per cui non si poteva concludere che vi fosse un nesso tra la mancata manutenzione e l’incidente provocato. Il tema è quello del caso fortuito, ossia uno specifico avvenimento inevitabile, che ha da solo creato le condizioni dell’evento dannoso. Che il vento spirasse era cosa accertata, ma che fosse tale da escludere il nesso tra la mancata manutenzione e l’evento non si palesava come argomento idoneo a convincere il giudice contabile. Secondo la Corte, quella è una zona battuta costantemente dal vento, pertanto ciò non esenta i cantonieri dalla vigilanza sulla tenuta degli impianti. Più interessante, sul piano del diritto, invece, la discussione sulla inferenza del giudicato civile nel rito contabile. Certo, a differenza che il giudicato penale, la sentenza civile non fa stato negli altri procedimenti, ma questo non toglie che il giudizio del Tribunale non possa valere per dare avvio ad un processo distinto e separato in tema di responsabilità contabile. Per il resto, vale la considerazione che, il verbale dei carabinieri intervenuti sul posto, il quale attestava che i frangiluce non erano ben saldi al muretto, ha un valore notevole sul terreno probatorio.

Superate, queste ed altre eccezioni in punto di diritto, la Corte è andata alla sostanza della causa e, Regolamento del Servizio di Manutenzione di Strade ed Autostrade Statali dell’ANAS (DPR 11 dicembre 1981, n. 1126) alla mano, ha tracciato una distinzione precisa tra i compiti del Capo cantoniere e quelli dell’addetto. Il primo deve “visitare con la frequenza ritenuta necessaria in relazione alle esigenze del servizio, i tronchi stradali facenti parte del nucleo eseguendo ispezioni ai manufatti stradali, agli edifici, ai depositi rientranti nell’ambito del nucleo, adottando i necessari provvedimenti”. Il secondo deve ispezionare anch’egli, ma non gli si può imputare la colpa grave (una colpa semplice o lieve non è fonte di responsabilità amministrativo-contabile), dal momento che, sostituendo anche il collega, nel periodo interessato doveva percorrere due tronconi, peraltro dovendo viaggiare a velocità sostenuta per non rallentare il traffico: ad una certa velocità, come avrebbe potuto avvedersi della condizione dei frangiluce? In conclusione, essendo trascurabile la colpa del cantoniere per lui la giustizia ha usato clemenza. Il capo cantoniere invece, avendo più responsabilità avrebbe dovuto vigilare con maggiore attenzione.

 

* Funzionario della Polizia di Stato e
Docente di Politiche della Sicurezza
Presso l’Università di Bologna


 

CORTE DEI CONTI

SEZIONE GIURISDIZIONALE REGIONALE DELL’UMBRIA

Sentenza n. 114/2006 del 10 aprile 2006

 

 
 

FATTO

Con citazione in data 20 giugno 2005, la Procura Regionale ha convenuto in giudizio il Signor M. G., Capo Cantoniere Sorvegliante ed il signor M. S., Capo Nucleo Geometri, dell’Ente Nazionale per le Strade, per il danno cagionato all’erario consistente nelle somme pagate dall’Ente ANAS a seguito della sentenza del Tribunale di Perugia di condanna a risarcire il danno alla s.r.l. Omissis, ed al signor B. R. pari alla somma totale di lire 57.589.876 pari ad € 29.742,68, del quale “ne devono rispondere in parti uguali non essendo prevalsa alcuna condotta illecita prevalente tra quelle esaminate”.
Riferisce la citazione che con nota n. 8469 del 22 aprile 2002, l’ANAS comunicava le somme pagate in ottemperanza alla sentenza n. 786 del 4 maggio 2001 del Tribunale di Perugia, pari a complessive lire 57.689.876 di cui lire 47.976.499 in favore della s.r.l. Omissis e lire 9.613.377 in favore del Sig. B. R..

Dette somme costituivano il risarcimento dei danni subiti in conseguenza dell’incidente stradale verificatosi il 22 dicembre 1994 alle ore 20,30 circa, lungo la SS 75 direzione Tuoro-Perugia in località Passignano Ovest, in quanto la responsabilità dell’incidente veniva dal giudice ordinario attribuita all’ANAS, in relazione all’avvenuto distacco di un elemento frangiluce del muretto spartitraffico che avrebbe colpito il parabrezza della vettura guidata da B. R. e con a bordo il passeggero L. R..
Sul luogo dell’incidente i rilievi di rito erano effettuati dai Carabinieri di Passignano e da quelli della Radiomobile di Città della Pieve, nonché da un funzionario dell’ANAS.

Con nota 8496 del 22 aprile 2002, l’ANAS comunicava che aveva provveduto a liquidare le somme indicate in sentenza dal Tribunale ed i nominativi dei dipendenti ritenuti responsabili, in quanto tenuti ad effettuare il servizio di vigilanza nel tratto di strada dove si era verificato il sinistro.
La Procura ha invitato gli odierni convenuti ed il capo cantoniere O. Pietro a dedurre, ai sensi dell’art. 5 della l. n°19/1994, come da atto del 17 febbraio 2005, ritualmente notificato.

Depositavano le deduzioni i convenuti O. P. e M. G., e quest’ultimo era sentito anche in audizione.

La Procura ha ritenuto di dover escludere dall’elenco dei soggetti responsabili l’O., in quanto estraneo ai fatti, poiché nel periodo antecedente e susseguente al sinistro era in congedo ordinario.
Quanto al M. la Procura afferma che le deduzioni depositate contrastano con le risultanze istruttorie del giudice ordinario, per il fatto che “i frangiluce non erano fissati bene o si erano allentati e chi doveva effettuare la vigilanza non lo ha fatto in modo corretto e non ha riscontrato le anomalie” e giudica ininfluente “l’imperversare di un forte vento al momento del sinistro, poiché in una zona come quella in esame, si deve ritenere abituale e normale la presenza di una situazione atmosferica avversa”. Quanto poi alla “circostanza che il sig. M. aveva sostituito il sig. O. è irrilevante perché al momento dell’incidente era in servizio e poteva evitare il danno che si è realizzato”.
Con l’atto introduttivo della causa, parte attrice fa presente di condividere le conclusioni del Giudice civile e di averle fatte proprie dopo una autonoma valutazione e specifica che i fatti materiali sono stati accertati dai Carabinieri intervenuti sul luogo del sinistro e non lasciano dubbi in ordine alla fenemonica dell’evento dannoso.
La Procura sostiene inoltre la bontà della testimonianza del trasportato L., il quale conferma la versione del distacco di un frangiluce e dichiara che il giorno successivo all’incidente ha notato alcuni dipendenti dell’ANAS che verificavano lo stato dei frangiluce e fissavano gli stessi al muretto. Nella tesi della Procura si sottolinea che i Carabinieri intervenuti sul luogo del sinistro, escussi nella causa civile, dichiaravano di aver rimosso tutti i frangiluce allentati e di aver individuato a terra - attraverso l’esame delle fotografie - quello responsabile del sinistro, attività spettante invece ai convenuti, quali responsabili della vigilanza in quel tratto stradale.
Il Procuratore Regionale si dichiara inoltre convinto del fatto - precisato pure dal giudice civile - che il forte vento non può essere ritenuto un fattore eccezionale idoneo a porsi quale causa esclusiva dell’evento dannoso, ma un evento prevedibile da parte dei convenuti.

In conclusione la Procura ribadisce gli addebiti mossi, e chiede la condanna alla predetta somma di € 29.742,68, per il danno patito dall’amministrazione dell’ANAS, del quale i convenuti devono rispondere in parti uguali, non essendo prevalsa alcuna condotta illecita tra quelle esaminate, oltre interessi, rivalutazione e spese di giudizio.

Con memoria depositata il 30 novembre 2005 si è costituito in giudizio il M., rappresentato dagli avvocati Eduardo Izzo e Alessandro di Baia, giusta delega a margine della comparsa di costituzione, il quale sottolinea:

1)la mancanza di nesso eziologico tra la condotta omissiva ed il sinistro nella tesi della Procura, che si limita a fare proprie le risultanze del giudizio civile;

2)la dubbia attendibilità di una testimonianza resa dal danneggiato e delle dichiarazioni del B. R., entrambi portatori di interessi propri, che non sarebbero utilizzabili nel giudizio di responsabilità amministrativa alla luce dei principi in materia di giusto processo, quali prove acquisite in un diverso giudizio, svoltosi tra parti diverse, contro una parte che non ha potuto legittimamente contraddire;

3)l’attribuibilità della responsabilità del sinistro al solo conducente il quale azzardando una manovra di sorpasso perdeva il controllo della vettura a causa del fortissimo vento e nell’urto provocava il distacco di alcuni elementi della barriera frangiluce;

4)il fatto che i controlli effettuati dai dipendenti dell’Anas il giorno dopo il sinistro non provano quale fosse lo stato della barriera prima dell’impatto con l’autovettura e sono sintomatici di una condotta diligente;

5)il fatto poi che detti elementi sono sparati sul calcestruzzo con apposite pistole sul muro spartitraffico e quindi inamovibili senza l’azione di una causa esterna;

6)che il rinvenuto filo di ferro non aveva nulla a che fare con la barriera frangiluce;

7)che al convenuto non può addebitarsi una grave negligenza degli obblighi di servizio - per non avere impedito un evento dipeso da una perturbazione imprevedibile ed eccezionale - e che semmai la negligenza avrebbe dovuto attribuirsi alla responsabilità dell’O., anche se momentaneamente assente;

Il M. chiede infine che sia chiamata in causa la Società assicuratrice RAS - la quale dovrebbe rispondere, in quanto tenuta in garanzia al ristoro di ogni danno - e venga ammessa prova per testi e disporre una CTU.

Sempre in data 30 novembre 2005 si è costituito in giudizio il M., rappresentato dall’avvocato Daniela Capponi di Perugia, giusta delega a margine, il quale eccepisce in primo luogo la tardività della notifica dell’atto di citazione, perfezionata il 13 ottobre 2005, oltre il termine di 120 giorni decorrente dalla scadenza del termine di cui all’invito a produrre deduzioni, ricevuto dal M. il 21 marzo 2005, tenuto conto della concessione di sessanta giorni per la difesa.

La difesa del M. sostiene nel merito l’insussistenza di qualsiasi responsabilità del convenuto, stante la modalità di apposizione dei frangiluce mediante chiodi sparati sul calcestruzzo, e ricorda il limite di velocità di 90 KM in quel tratto di strada e le cattive condizioni atmosferiche. Sottolinea inoltre la mancanza di nesso etiologico tra la condotta omissiva tenuta dal suo assistito, il quale non aveva obblighi di sorveglianza diretta, e l’evento danno, affermata sulla base delle sole risultanze del giudizio civile, insufficienti ed incomplete e la mancanza di dolo e colpa grave, in relazione alla condotta irreprensibile del convenuto sul lavoro ed alle condizioni atmosferiche avverse. Il M. eccepisce inoltre l’indeterminatezza della domanda, non avendo il Procuratore quantificato il danno per ogni singola posizione, in relazione alla quale chiede di graduare la relativa condanna.

All’udienza del 20 dicembre 2005, il PM ha confermato l’atto scritto ed ha ribadito la richiesta di condanna.

L’avvocato Capponi per il M. ha sottolineato l’esistenza di carenze istruttorie circa le condotte omissive dei dipendenti dell’ANAS e la mancanza di elementi certi su cui fondare il dolo o la colpa grave in capo al suo assistito. Ha evidenziato inoltre che in capo al M. non vi erano proprio le funzioni di controllo.

L’avvocato Di Baia si è riportato all’atto scritto, ed ha insistito sulle richieste istruttorie.

 
DIRITTO

  1. Premessa

 La questione all’esame del Collegio concerne la domanda risarcitoria del danno definito in € 29.742,68, azionata dal Procuratore regionale nei confronti dei convenuti - M. G., Capo Cantoniere Sorvegliante e M. S., Capo Nucleo Geometri, dell’Ente Nazionale per le Strade - e del quale gli stessi devono rispondere in parti uguali, asseritamente procurato all’Ente ANAS, a seguito della sentenza del Tribunale di Perugia di condanna a risarcire il danno cagionato per effetto della mancata esecuzione del servizio di vigilanza nel tratto di strada dove si era verificato il sinistro a causa del distacco di un elemento frangiluce del muretto spartitraffico che avrebbe colpito il parabrezza.

 2. Eccezione preliminare di nullita’ dell’atto di citazione per tardivita’ della notifica.

Con riferimento all’eccezione di nullità dell’atto di citazione sollevata dalla difesa del M., per violazione del termine stabilito dall’art. 5, 1° co., del decreto-legge 15 novembre 1993, n. 453, convertito in legge 14 gennaio 1994, n. 19, si osserva quanto segue.

Ai sensi della citata norma, l’atto di citazione deve essere emesso entro centoventi giorni dalla scadenza del termine (che non può essere inferiore a trenta giorni dalla notifica dell’invito a dedurre) concesso al presunto responsabile del danno per la presentazione delle proprie deduzioni.

Nel caso di specie, in data 21 marzo 2005, la Procura regionale ha notificato - al convenuto M. - l’invito a dedurre, con il quale è stato concesso ai convenuti termine di sessanta giorni per presentare le proprie controdeduzioni.

Dalla scadenza di tale termine (21 maggio 2005) è iniziato a decorre quello di centoventi giorni previsto per il deposito dell’atto di citazione.

Entro tale termine, la medesima Procura ha depositato (in data 21 giugno 2005) l’atto di citazione. Tenuto conto che per giurisprudenza pacifica ai fini del calcolo del termine si prende a riferimento la data di deposito dell’atto di citazione. L’eccezione preliminare pertanto deve essere rigettata.

 3. Violazione dei principi costituzionali in materia di giusto processo.

 Preliminarmente il Collegio ritiene opportuno rispondere all’eccezione formulata dalla difesa del M., circa il fatto che “è da escludersi che una prova acquisita in un altro giudizio, svoltosi tra parti diverse, possa essere utilizzata contro una parte che alla sua ammissione ed assunzione non ha potuto legittimamente contraddire”.

Al riguardo osserva il Collegio che, nel caso di specie, i privati danneggiati potevano promuovere il giudizio civile indifferentemente nei confronti del dipendente, dell’Amministrazione o di entrambi (articolo 28 Cost.).

Se il M. fosse stato citato davanti al giudice civile per responsabilità civile verso terzi, avrebbe potuto costituirsi ed essere mallevato dall’assicurazione, ma così non è stato, poiché i danneggiati hanno chiamato in causa direttamente l’ANAS.

Come già chiarito il presente giudizio ha ad oggetto una ipotesi di responsabilità indiretta del pubblico dipendente, per danno conseguente al pagamento da parte dell’Amministrazione di somme di denaro in esecuzione di una sentenza civile di condanna dell’Amministra-zione al risarcimento del danno.

Orbene il processo contabile è autonomo rispetto al processo civile, nel senso che in questa sede il danno accertato in un giudizio civile - che a differenza del penale non produce nessun effetto di giudicato ed al quale, si ripete, può essere anche estraneo il convenuto innanzi alla Corte dei conti (art. 28 Cost.; DPR 10/1/1957, n. 3; d.lgs. 3/2/1993, n. 29 e successive modificazioni) - costituisce il mero presupposto per iniziare un processo distinto e separato, nel quale tutto può essere rimesso in discussione ed esaminato.

Il giudizio contabile non investe i rapporti tra il convenuto e la sua assicurazione, ma attiene essenzialmente ai rapporti tra il pubblico dipendente e l’Amministrazione e quindi non ammette la chiamata in causa della compagnia assicurativa, soggetto privato con il quale il convenuto ha stipulato una polizza per la copertura dei rischi per responsabilità civile verso terzi.

Sempre con riguardo alla mancata partecipazione del M. al giudizio civile il Collegio ritiene opportuno ricordare che il principio della formazione della prova in contraddittorio, posto dal secondo comma dell’art 111 Cost. novellato, se può valere per le prove costituende, di certo mal si attaglia al verbale dell’organo di pubblica sicurezza intervenuto sul luogo dei fatti, prova documentale che costituisce la base dell’azione di responsabilità esperita nella specie dal Pubblico Ministero contabile.

Quanto poi alle richieste istruttorie il Collegio ritiene che i punti da provare siano pacifici allo stato degli atti, per cui non vi è necessità di sentire i testi né di chiedere la CTU.

 4. Danno

 Passando al merito della causa, il Collegio è tenuto, nella fattispecie concreta del presente giudizio, a verificare la reale sussistenza del danno erariale, la sua quantificazione, e ad accertare la sussistenza, in capo ai convenuti, della responsabilità amministrativa-contabile in presenza del nesso di causalità nella condotta illecita commissiva od omissiva tenuta dallo stesso ed in presenza dell’elemento soggettivo del dolo o della colpa grave, come richiesto dalla vigente normativa in materia, recata, da ultimo, dall’articolo 58 della legge 8 giugno 1990, n. 142 (ora art. 93 del T.U. n. 267 del 18 luglio 2000); dall’articolo 2 della legge 8 ottobre 1984, n. 658; dalla legge 14 gennaio 1994, n. 19; dalla legge 14 gennaio 1994, n. 20; e dalla legge 20 dicembre 1996, n. 639.

Quanto al profilo del danno nella presente controversia il Collegio rileva che la richiesta della Procura attiene al solo danno patrimoniale in senso stretto, dedotto dalla sentenza n. 786 del 4 maggio 2001 del Tribunale di Perugia di condanna dell’ANAS al risarcimento dei danni subiti da privati in conseguenza dell’incidente stradale verificatosi il 22 dicembre 1994 alle ore 20,30 circa, lungo la SS 75 direzione Tuoro-Perugia in località Passignano Ovest - quantificato in € 29.742,68 - in quanto la responsabilità dell’incidente è stata dal giudice ordinario attribuita appunto all’ANAS, in relazione all’avvenuto distacco di un elemento frangiluce del muretto spartitraffico.

 5. Condotta antidoverosa

 Il Collegio ritiene che nella specie vi sia condotta antidoverosa, integrata dalla omissione dell’attività di adeguata manutenzione del muro spartitraffico.

A questo riguardo però è tuttavia necessario distinguere preliminarmente la posizione del convenuto M. G., il quale svolgeva le funzioni di Capo Cantoniere Sorvegliante, da quella del convenuto M. S., il quale lavorava come Capo Nucleo Geometri.

In base a quanto disposto dal Regolamento del Servizio di Manutenzione di Strade ed Autostrade Statali dell’ANAS di cui al DPR 11 dicembre 1981, n. 1126, il Capo Nucleo Geometri (articolo 10) è tenuto, tra l’altro, a “visitare con la frequenza ritenuta necessaria in relazione alle esigenze del servizio, i tronchi stradali facenti parte del nucleo eseguendo ispezioni ai manufatti stradali, agli edifici, ai depositi rientranti nell’ambito del nucleo, adottando i necessari provvedimenti”.

Il Capo Cantoniere Sorvegliante invece, in base all’articolo 8 del medesimo DPR, “percorre il tronco di sua competenza non meno di una volta al giorno con l’automezzo dell’amministrazione posto a sua disposizione per constatare lo stato della strada e delle sue pertinenze”, eliminando le situazioni anomale e pericolose nei limiti delle sue possibilità ed avvalendosi se necessario delle squadre.

Ne deriva l’evidente insussistenza della responsabilità del M. il quale non era tenuto ad effettuare quelle operazioni manutentive che avrebbero potuto evitare il danno contestato e che invece sono tipiche della qualifica rivestita dal M..

 6. Nesso eziologico tra la condotta omissiva ed il sinistro.

 Al riguardo il Collegio ritiene di non poter condividere le osservazioni della difesa circa la mancanza di prova che il fatto dannoso sia effettivamente dipeso dal distacco dell’elemento frangiluce.

In disparte infatti le valutazioni dei difensori circa l’attendibilità delle testimonianze acquisite, è in atti il verbale dei Carabinieri (allegato n. 2 alla sentenza civile) della Compagnia di Città della Pieve, steso il giorno dell’incidente, nel quale si legge che il veicolo “entrava in collisione con uno degli elementi in plastica che dividono le due carreggiate, distaccatosi dalle sede dell’alloggiamento e perdeva il controllo”. Nel medesimo atto i Carabinieri rilevano che i descritti elementi sono in più punti assenti, che non sono incollati sulla parete divisoria in cemento e sono collegati tra loro esclusivamente con del filo “che non ne permette il saldo contatto d’unione”.

L’appena descritta situazione di fatto era talmente evidente che anche la stessa Amministrazione (vedi lettera dell’ANAS allegato n. 5 alla sentenza cit., pag. 18), pur negando la propria responsabilità, implicitamente ha ammesso la scarsa stabilità degli elementi divisori, almeno in alcuni punti.

Quanto al filo di ferro l’Amministrazione afferma che “era servito, molto probabilmente, per assemblare i vari elementi all’atto del montaggio”. Il Collegio tuttavia ritiene che - considerato come gli elementi venivano “sparati, con apposite pistole, sul calcestruzzo” - si faccia fatica ad attribuire una qualche utilità all’impiego del filo di ferro nella descritta installazione, mentre sembra verosimile che lo stesso venisse proprio utilizzato per fissare gli elementi divisori lenti.

Il giudicato civile trova quindi il suo fondamento nel citato verbale dei Carabinieri, la cui validità - anche a parere di questo Collegio - non è neanche messa in discussione né dall’Amministrazione nel corso del giudizio civile, né dai convenuti nel presente giudizio.

In questo giudizio quindi la sussistenza del nesso causale è dimostrata da prove precostituite, prove documentali che per loro natura si formano prima o, comunque, al di fuori del processo ed entrano nel processo per iniziativa delle parti o per ordine del giudice, le quali - come evidenziato dalla giurisprudenza della Corte di Cassazione - “fanno piena prova, fino a querela falso, oltre che della provenienza dei medesimi da chi li ha redatti, anche dei fatti attestati come avvenuti in presenza dell’autore del verbale o conosciuti dal medesimo in base alle dichiarazioni raccolte o all’esame di determinati documenti, senza peraltro che tale efficacia probatoria possa estendersi alla veridicità delle suddette dichiarazioni o del contenuto dei documenti esaminati, i quali possono essere contestati con qualsiasi mezzo di prova e senza ricorrere alla querela di falso” (Cassazione civile, sez. lav., 24 giugno 2004, n. 11751).

Il Collegio pertanto ritiene adeguatamente provata la sussistenza del nesso etiologico tra la condotta omissiva tenuta dal M. ed il danno cagionato.

7. Elemento psicologico.

L’elemento psicologico della colpa grave si ravvisa, in questo caso, nella natura stessa dell’omissione.

Le norme infatti che regolano le modalità di manutenzione della sede stradale e di tutti gli elementi finalizzati a garantire il sicuro svolgimento del traffico si pongono a tutela - tra l’altro - del superiore diritto alla salute dei passanti, per cui ogni omissione si connota - quantomeno - con l’elemento psicologico della colpa grave.

Tuttavia assume rilevanza, nella specie, la difficoltà obiettiva ad effettuare il controllo, in quanto la vettura del controllore al centro della carreggiata non può procedere a velocità troppo ridotta, per cui risulta difficile controllare scrupolosamente elemento per elemento.

Va inoltre dato il giusto risalto anche alla circostanza che il M. doveva, al momento dei fatti, controllare un percorso doppio rispetto a quello normale, in quanto sostituiva il collega che era in ferie, senza aver lasciato il proprio lavoro ordinario.

Da ultimo va considerata anche la brevità del periodo decorso dall’assunzione dell’incarico di sostituzione del collega in congedo ordinario, di soli 20 giorni, evidenziata dalla difesa . L’esiguità del periodo avuto a disposizione per effettuare i dovuti controlli se non esclude la responsabilità (stante l’obbligo previsto dal regolamento di ispezionare quotidianamente il tratto di strada di propria competenza) ha comunque un rilievo - a parere del Collegio - con riguardo alla colpa.

8. Quantificazione del danno imputabile al convenuto.

Il Collegio ritiene - alla luce delle osservazioni appena fatte con riguardo alla condotta omissiva colposa del convenuto M. - che il danno effettivamente imputabile al comportamento dello stesso debba essere quantificato in € 1.00,00 (mille/00) , restando il rimanente importo a carico dell’Amministrazione.

A tanto induce la necessità , nella specie, di ripartire il danno tra il dipendente e l’Amministrazione stessa, in relazione agli inevitabili rischi connessi allo svolgimento di attività amministrative complesse come quella della vigilanza su lunghi tratta stradali.

Sull’importo della somma dovuta dal convenuto M. vanno corrisposti, altresì, gli interessi legali (ex art. 1282, comma 1, c.c.) dalla data di pubblicazione della Sentenza fino all’effettivo soddisfo.

 9. Spese

 Ai fini del rimborso delle spese legali (previsto a favore del prosciolto sig. M. dall’articolo 3, comma 2-bis, del decreto-legge 23 ottobre 1996, n. 543, convertito, con modificazioni, dalla legge 20 dicembre 1996, n. 639 e dell’articolo 18, comma 1, del decreto-legge 25 marzo 1997, n. 67, convertito, con modificazioni, dalla legge 23 maggio 1997, n. 135, autenticamente interpretati dall’articolo 10-bis, comma 10, introdotto nel decreto legge 30 settembre 2005, n. 203 dalla legge di conversione 2 dicembre 2005, n. 248) si liquidano gli onorari ed i diritti, in complessivi € 1.000,00 (mille/00), calcolati in misura forfettaria, in assenza di apposita nota.

Le spese di giudizio seguono la soccombenza.

 

P. Q. M.

LA CORTE DEI CONTI

Sezione Giurisdizionale dell’Umbria

 
ASSOLVE

 
il convenuto signor M. S., Capo Nucleo Geometri, dell’Ente Nazionale per le Strade.

Gli onorari ed i diritti ai fini del rimborso al prosciolto sig. M., si liquidano in complessivi € 1.000,00 (mille/00).

 
CONDANNA

 il Signor M. G., Capo Cantoniere Sorvegliante dell’Ente Nazionale per le Strade al pagamento, a favore dell’Ente ANAS, della somma di € 1.000,00 (mille/00) come da motivazione, maggiorata dell’importo relativo agli interessi legali decorrenti dalla data della pubblicazione della sentenza fino al soddisfo.

Condanna, altresì, il predetto M. al pagamento, a favore dello Stato, delle spese di giudizio, che vengono liquidate, alla data del deposito della sentenza, in € 171,66 (centosettantuno/66).

Così deciso in Perugia, nella Camera di Consiglio del 20 dicembre 2005.

 

Depositata in Segreteria il 10 aprile 2006

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Lunedì, 11 Settembre 2006
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