RESPONSABILITA’
AUTOMOBILISTICA
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(Asaps) Se
un frangiluce si stacca dal
muretto spartitraffico e colpendo il parabrezza dell’auto di passaggio provoca
un incidente stradale, sarà il capo cantoniere addetto alla vigilanza di quel
tratto di strada a pagare i danni di propria tasca. E’ questa la conclusione
cui è giunta, con la sentenza 10 aprile 2006, n. 114 la Corte dei Conti
dell’Umbria in un giudizio di responsabilità contabile intentato dall’ANAS nei
confronti di tre suoi dipendenti. Il fatto era accaduto, in ore serali, sulla
statale n. 75, tratto Tuoro-Perugia, in località Passignano. L’auto viene
colpita improvvisamente sul parabrezza da un frangiluce staccatosi dal muretto spartitraffico e va a
collidere. Ingenti i danni che ne conseguono. Il Tribunale civile di Perugina
riconosce la colpa dell’ente e lo condanna al risarcimento. Così la vittima
incassa, ma l’ANAS è costretta a sborsare una discreta sommetta di pubblico
denaro. Il gioco delle responsabilità non finisce qui, poiché debitamente
interessata, la Procura regionale della Corte dei Conti intenta una causa
contabile per recuperare i soldi spesi dai cantonieri responsabili della
manutenzione. Ne vengono citati, oltre al Capo cantoniere, due, ma uno esce
subito di scena poiché in quel periodo stava godendo un periodo di ferie. Gli
altri, in giudizio, portano quel che possono in ordine agli elementi di fatto e
di diritto utili ad evitare la condanna. Tra gli argomenti di fatto il più
importante è relativo alla presenza di raffiche di vento che avevano interessato
la zona all’epoca del sinistro: il frangiluce
si era staccato – secondo la difesa – causa il forte vento, per cui non si
poteva concludere che vi fosse un nesso tra la mancata manutenzione e
l’incidente provocato. Il tema è quello del caso fortuito, ossia uno
specifico avvenimento inevitabile, che ha da solo creato le condizioni
dell’evento dannoso. Che il vento spirasse era cosa accertata, ma che fosse
tale da escludere il nesso tra la mancata manutenzione e l’evento non si
palesava come argomento idoneo a convincere il giudice contabile. Secondo la
Corte, quella è una zona battuta costantemente dal vento, pertanto ciò non
esenta i cantonieri dalla vigilanza sulla tenuta degli impianti. Più
interessante, sul piano del diritto, invece, la discussione sulla inferenza del
giudicato civile nel rito contabile. Certo, a differenza che il giudicato
penale, la sentenza civile non fa stato negli altri procedimenti, ma questo non
toglie che il giudizio del Tribunale non possa valere per dare avvio ad un processo
distinto e separato in tema di responsabilità contabile. Per il resto, vale la
considerazione che, il verbale dei carabinieri intervenuti sul posto, il quale
attestava che i frangiluce non erano ben saldi al muretto, ha un valore
notevole sul terreno probatorio. Superate,
queste ed altre eccezioni in punto di diritto, la Corte è andata alla sostanza
della causa e, Regolamento del Servizio di Manutenzione di Strade ed Autostrade
Statali dell’ANAS (DPR 11 dicembre 1981, n. 1126) alla mano, ha tracciato una
distinzione precisa tra i compiti del Capo cantoniere e quelli dell’addetto. Il
primo deve “visitare con la frequenza ritenuta necessaria in relazione alle
esigenze del servizio, i tronchi stradali facenti parte del nucleo eseguendo
ispezioni ai manufatti stradali, agli edifici, ai depositi rientranti
nell’ambito del nucleo, adottando i necessari provvedimenti”. Il secondo deve
ispezionare anch’egli, ma non gli si può
imputare la colpa grave (una colpa semplice o lieve non è fonte di
responsabilità amministrativo-contabile), dal momento che, sostituendo anche il
collega, nel periodo interessato doveva percorrere due tronconi, peraltro
dovendo viaggiare a velocità sostenuta per non rallentare il traffico: ad una
certa velocità, come avrebbe potuto avvedersi della condizione dei frangiluce?
In conclusione, essendo trascurabile la colpa del cantoniere per lui la
giustizia ha usato clemenza. Il capo cantoniere invece, avendo più
responsabilità avrebbe dovuto vigilare con maggiore attenzione. * Funzionario della
Polizia di Stato e CORTE DEI CONTI SEZIONE GIURISDIZIONALE REGIONALE DELL’UMBRIA Sentenza n. 114/2006 del 10 aprile 2006 FATTO Con citazione in data 20 giugno 2005, la Procura Regionale ha convenuto
in giudizio il Signor M. G., Capo Cantoniere Sorvegliante ed il signor M. S.,
Capo Nucleo Geometri, dell’Ente Nazionale per le Strade, per il danno cagionato
all’erario consistente nelle somme pagate dall’Ente ANAS a seguito della
sentenza del Tribunale di Perugia di condanna a risarcire il danno alla s.r.l.
Omissis, ed al signor B. R. pari alla somma totale di lire 57.589.876 pari ad €
29.742,68, del quale “ne devono rispondere in parti uguali non essendo prevalsa
alcuna condotta illecita prevalente tra quelle esaminate”. La Procura ha ritenuto di dover escludere
dall’elenco dei soggetti responsabili l’O., in quanto estraneo ai fatti, poiché
nel periodo antecedente e susseguente al sinistro era in congedo ordinario. In conclusione la Procura ribadisce gli addebiti mossi, e chiede la
condanna alla predetta somma di € 29.742,68, per il danno patito
dall’amministrazione dell’ANAS, del quale i convenuti devono rispondere in
parti uguali, non essendo prevalsa alcuna condotta illecita tra quelle
esaminate, oltre interessi, rivalutazione e spese di giudizio. Con memoria depositata il 30 novembre 2005
si è costituito in giudizio il M., rappresentato dagli avvocati Eduardo Izzo e
Alessandro di Baia, giusta delega a margine della comparsa di costituzione, il
quale sottolinea: 1)la mancanza di nesso eziologico tra la
condotta omissiva ed il sinistro nella tesi della Procura, che si limita a fare
proprie le risultanze del giudizio civile; 2)la dubbia attendibilità di una
testimonianza resa dal danneggiato e delle dichiarazioni del B. R., entrambi
portatori di interessi propri, che non sarebbero utilizzabili nel giudizio di
responsabilità amministrativa alla luce dei principi in materia di giusto
processo, quali prove acquisite in un diverso giudizio, svoltosi tra parti diverse,
contro una parte che non ha potuto legittimamente contraddire; 3)l’attribuibilità della responsabilità del
sinistro al solo conducente il quale azzardando una manovra di sorpasso perdeva
il controllo della vettura a causa del fortissimo vento e nell’urto provocava
il distacco di alcuni elementi della barriera frangiluce; 4)il fatto che i controlli effettuati dai
dipendenti dell’Anas il giorno dopo il sinistro non provano quale fosse lo
stato della barriera prima dell’impatto con l’autovettura e sono sintomatici di
una condotta diligente; 5)il fatto poi che detti elementi sono
sparati sul calcestruzzo con apposite pistole sul muro spartitraffico e quindi
inamovibili senza l’azione di una causa esterna; 6)che il rinvenuto filo di ferro non aveva
nulla a che fare con la barriera frangiluce; 7)che al convenuto non può addebitarsi una
grave negligenza degli obblighi di servizio - per non avere impedito un evento
dipeso da una perturbazione imprevedibile ed eccezionale - e che semmai la
negligenza avrebbe dovuto attribuirsi alla responsabilità dell’O., anche se
momentaneamente assente; Il M. chiede infine che sia chiamata in
causa la Società assicuratrice RAS - la quale dovrebbe rispondere, in quanto
tenuta in garanzia al ristoro di ogni danno - e venga ammessa prova per testi e
disporre una CTU. Sempre in data 30 novembre 2005 si è
costituito in giudizio il M., rappresentato dall’avvocato Daniela Capponi di
Perugia, giusta delega a margine, il quale eccepisce in primo luogo la
tardività della notifica dell’atto di citazione, perfezionata il 13 ottobre
2005, oltre il termine di 120 giorni decorrente dalla scadenza del termine di
cui all’invito a produrre deduzioni, ricevuto dal M. il 21 marzo 2005, tenuto
conto della concessione di sessanta giorni per la difesa. La difesa del M. sostiene nel merito
l’insussistenza di qualsiasi responsabilità del convenuto, stante la modalità
di apposizione dei frangiluce mediante chiodi sparati sul calcestruzzo, e
ricorda il limite di velocità di 90 KM in quel tratto di strada e le cattive
condizioni atmosferiche. Sottolinea inoltre la mancanza di nesso etiologico tra
la condotta omissiva tenuta dal suo assistito, il quale non aveva obblighi di
sorveglianza diretta, e l’evento danno, affermata sulla base delle sole
risultanze del giudizio civile, insufficienti ed incomplete e la mancanza di
dolo e colpa grave, in relazione alla condotta irreprensibile del convenuto sul
lavoro ed alle condizioni atmosferiche avverse. Il M. eccepisce inoltre
l’indeterminatezza della domanda, non avendo il Procuratore quantificato il
danno per ogni singola posizione, in relazione alla quale chiede di graduare la
relativa condanna. All’udienza del 20 dicembre 2005, il PM ha
confermato l’atto scritto ed ha ribadito la richiesta di condanna. L’avvocato Capponi per il M. ha
sottolineato l’esistenza di carenze istruttorie circa le condotte omissive dei
dipendenti dell’ANAS e la mancanza di elementi certi su cui fondare il dolo o
la colpa grave in capo al suo assistito. Ha evidenziato inoltre che in capo al
M. non vi erano proprio le funzioni di controllo. L’avvocato Di Baia si è riportato all’atto
scritto, ed ha insistito sulle richieste istruttorie.
La questione all’esame del Collegio
concerne la domanda risarcitoria del danno definito in € 29.742,68, azionata
dal Procuratore regionale nei confronti dei convenuti - M. G., Capo Cantoniere
Sorvegliante e M. S., Capo Nucleo Geometri, dell’Ente Nazionale per le Strade -
e del quale gli stessi devono rispondere in parti uguali, asseritamente
procurato all’Ente ANAS, a seguito della sentenza del Tribunale di Perugia di
condanna a risarcire il danno cagionato per effetto della mancata esecuzione
del servizio di vigilanza nel tratto di strada dove si era verificato il
sinistro a causa del distacco di un elemento frangiluce del muretto
spartitraffico che avrebbe colpito il parabrezza. 2. Eccezione preliminare di nullita’
dell’atto di citazione per tardivita’ della notifica. Con riferimento all’eccezione di nullità
dell’atto di citazione sollevata dalla difesa del M., per violazione del
termine stabilito dall’art. 5, 1° co., del decreto-legge 15 novembre 1993, n.
453, convertito in legge 14 gennaio 1994, n. 19, si osserva quanto segue. Ai sensi della citata norma, l’atto di
citazione deve essere emesso entro centoventi giorni dalla scadenza del termine
(che non può essere inferiore a trenta giorni dalla notifica dell’invito a
dedurre) concesso al presunto responsabile del danno per la presentazione delle
proprie deduzioni. Nel caso di specie, in data 21 marzo 2005,
la Procura regionale ha notificato - al convenuto M. - l’invito a dedurre, con
il quale è stato concesso ai convenuti termine di sessanta giorni per
presentare le proprie controdeduzioni. Dalla scadenza di tale termine (21 maggio
2005) è iniziato a decorre quello di centoventi giorni previsto per il deposito dell’atto di citazione. Entro tale termine, la medesima Procura ha
depositato (in data 21 giugno 2005) l’atto di citazione. Tenuto conto che per
giurisprudenza pacifica ai fini del calcolo del termine si prende a riferimento
la data di deposito dell’atto di citazione. L’eccezione preliminare pertanto
deve essere rigettata. 3. Violazione dei principi
costituzionali in materia di giusto processo. Preliminarmente il Collegio ritiene
opportuno rispondere all’eccezione formulata dalla difesa del M., circa il
fatto che “è da escludersi che una prova acquisita in un altro giudizio,
svoltosi tra parti diverse, possa essere utilizzata contro una parte che alla
sua ammissione ed assunzione non ha potuto legittimamente contraddire”. Al riguardo osserva
il Collegio che, nel caso di specie, i privati danneggiati potevano promuovere
il giudizio civile indifferentemente nei confronti del dipendente,
dell’Amministrazione o di entrambi (articolo 28 Cost.). Se il M. fosse
stato citato davanti al giudice civile per responsabilità civile verso terzi,
avrebbe potuto costituirsi ed essere mallevato dall’assicurazione, ma così non
è stato, poiché i danneggiati hanno chiamato in causa direttamente l’ANAS. Come già chiarito
il presente giudizio ha ad oggetto una ipotesi di responsabilità indiretta del
pubblico dipendente, per danno
conseguente al pagamento da parte dell’Amministrazione di somme di denaro in
esecuzione di una sentenza civile di condanna dell’Amministra-zione al
risarcimento del danno. Orbene il processo contabile è autonomo rispetto al
processo civile, nel senso che in questa sede il danno accertato in un giudizio
civile - che a differenza del penale non produce nessun effetto di giudicato ed
al quale, si ripete, può essere anche estraneo il convenuto innanzi alla Corte
dei conti (art. 28 Cost.; DPR 10/1/1957, n. 3; d.lgs. 3/2/1993, n. 29 e
successive modificazioni) - costituisce
il mero presupposto per iniziare un processo distinto e separato, nel quale
tutto può essere rimesso in discussione ed esaminato. Il giudizio
contabile non investe i rapporti tra il convenuto e la sua assicurazione, ma
attiene essenzialmente ai rapporti tra il pubblico dipendente e
l’Amministrazione e quindi non ammette la chiamata in causa della compagnia
assicurativa, soggetto privato con il quale il convenuto ha stipulato una
polizza per la copertura dei rischi per responsabilità civile verso terzi. Sempre con riguardo alla mancata
partecipazione del M. al giudizio civile il Collegio ritiene opportuno
ricordare che il principio della formazione della prova in contraddittorio,
posto dal secondo comma dell’art 111 Cost. novellato, se può valere per le
prove costituende, di certo mal si attaglia al verbale dell’organo di pubblica
sicurezza intervenuto sul luogo dei fatti, prova documentale che costituisce la
base dell’azione di responsabilità
esperita nella specie dal Pubblico Ministero contabile. Quanto poi alle
richieste istruttorie il Collegio ritiene che i punti da provare siano pacifici
allo stato degli atti, per cui non vi è necessità di sentire i testi né di
chiedere la CTU. 4. Danno Passando al merito della causa, il
Collegio è tenuto, nella fattispecie concreta del presente giudizio, a
verificare la reale sussistenza del danno erariale, la sua quantificazione, e
ad accertare la sussistenza, in capo ai convenuti, della responsabilità
amministrativa-contabile in presenza del nesso di causalità nella condotta
illecita commissiva od omissiva tenuta dallo stesso ed in presenza
dell’elemento soggettivo del dolo o della colpa grave, come richiesto dalla
vigente normativa in materia, recata, da ultimo, dall’articolo 58 della legge 8
giugno 1990, n. 142 (ora art. 93 del T.U. n. 267 del 18 luglio 2000);
dall’articolo 2 della legge 8 ottobre 1984, n. 658; dalla legge 14 gennaio
1994, n. 19; dalla legge 14 gennaio 1994, n. 20; e dalla legge 20 dicembre
1996, n. 639. Quanto al profilo
del danno nella presente controversia il Collegio rileva che la richiesta della
Procura attiene al solo danno patrimoniale in senso stretto, dedotto dalla
sentenza n. 786 del 4 maggio 2001 del Tribunale di Perugia di condanna
dell’ANAS al risarcimento dei danni subiti da privati in conseguenza dell’incidente stradale
verificatosi il 22 dicembre 1994 alle ore 20,30 circa, lungo la SS 75 direzione
Tuoro-Perugia in località Passignano Ovest - quantificato in € 29.742,68 - in quanto la responsabilità dell’incidente è
stata dal giudice ordinario attribuita appunto all’ANAS, in relazione
all’avvenuto distacco di un elemento frangiluce del muretto spartitraffico. 5. Condotta antidoverosa Il Collegio ritiene che nella specie vi
sia condotta antidoverosa, integrata dalla omissione dell’attività di adeguata
manutenzione del muro spartitraffico. A questo riguardo
però è tuttavia necessario distinguere preliminarmente la posizione del
convenuto M. G., il quale svolgeva le funzioni di Capo Cantoniere Sorvegliante,
da quella del convenuto M. S., il quale lavorava come Capo Nucleo Geometri. In base a quanto disposto
dal Regolamento del Servizio di Manutenzione di Strade ed Autostrade Statali
dell’ANAS di cui al DPR 11 dicembre 1981, n. 1126, il Capo Nucleo Geometri
(articolo 10) è tenuto, tra l’altro, a “visitare con la frequenza ritenuta
necessaria in relazione alle esigenze del servizio, i tronchi stradali facenti
parte del nucleo eseguendo ispezioni ai manufatti stradali, agli edifici, ai
depositi rientranti nell’ambito del nucleo, adottando i necessari
provvedimenti”. Il Capo Cantoniere
Sorvegliante invece, in base all’articolo 8 del medesimo DPR, “percorre il
tronco di sua competenza non meno di una volta al giorno con l’automezzo
dell’amministrazione posto a sua disposizione per constatare lo stato della
strada e delle sue pertinenze”, eliminando le situazioni anomale e pericolose
nei limiti delle sue possibilità ed
avvalendosi se necessario delle squadre. Ne deriva
l’evidente insussistenza della responsabilità del M. il quale non era tenuto ad
effettuare quelle operazioni manutentive che avrebbero potuto evitare il danno
contestato e che invece sono tipiche della qualifica rivestita dal M.. 6. Nesso eziologico tra la condotta
omissiva ed il sinistro. Al riguardo il Collegio ritiene di non
poter condividere le osservazioni della difesa circa la mancanza di prova che
il fatto dannoso sia effettivamente dipeso dal distacco dell’elemento
frangiluce. In disparte infatti
le valutazioni dei difensori circa l’attendibilità delle testimonianze
acquisite, è in atti il verbale dei Carabinieri (allegato n. 2 alla sentenza
civile) della Compagnia di Città della Pieve, steso il giorno dell’incidente,
nel quale si legge che il veicolo “entrava in collisione con uno degli elementi in plastica che dividono
le due carreggiate, distaccatosi dalle sede dell’alloggiamento e perdeva il
controllo”. Nel medesimo atto i Carabinieri rilevano che i descritti elementi sono in più punti
assenti, che non sono incollati sulla parete divisoria in cemento e sono
collegati tra loro esclusivamente con del filo “che non ne permette il saldo
contatto d’unione”. L’appena descritta
situazione di fatto era talmente evidente che anche la stessa Amministrazione
(vedi lettera dell’ANAS allegato n. 5 alla sentenza cit., pag. 18), pur negando
la propria responsabilità, implicitamente ha ammesso la scarsa stabilità degli
elementi divisori, almeno in alcuni punti. Quanto al filo di
ferro l’Amministrazione afferma che “era servito, molto probabilmente, per
assemblare i vari elementi all’atto del montaggio”. Il Collegio tuttavia
ritiene che - considerato come gli
elementi venivano “sparati, con apposite pistole, sul calcestruzzo” - si faccia
fatica ad attribuire una qualche utilità all’impiego del filo di ferro nella
descritta installazione, mentre sembra verosimile che lo stesso venisse proprio
utilizzato per fissare gli elementi divisori lenti. Il giudicato civile trova quindi il suo
fondamento nel citato verbale dei Carabinieri, la cui validità - anche a parere
di questo Collegio - non è neanche messa in discussione né dall’Amministrazione
nel corso del giudizio civile, né dai convenuti nel presente giudizio. In questo giudizio quindi la sussistenza del nesso causale è dimostrata
da prove precostituite, prove
documentali che per loro natura si formano prima o, comunque, al di fuori del
processo ed entrano nel processo per iniziativa delle parti o per ordine del
giudice, le quali - come evidenziato dalla giurisprudenza della Corte di
Cassazione - “fanno piena prova, fino a
querela falso, oltre che della provenienza dei medesimi da chi li ha redatti, anche
dei fatti attestati come avvenuti in presenza dell’autore del verbale o
conosciuti dal medesimo in base alle dichiarazioni raccolte o all’esame di
determinati documenti, senza peraltro che tale efficacia probatoria possa
estendersi alla veridicità delle suddette dichiarazioni o del contenuto dei
documenti esaminati, i quali possono essere contestati con qualsiasi mezzo di
prova e senza ricorrere alla querela di falso” (Cassazione civile, sez. lav.,
24 giugno 2004, n. 11751). Il Collegio pertanto ritiene adeguatamente
provata la sussistenza del nesso etiologico tra la condotta omissiva tenuta dal
M. ed il danno cagionato. 7. Elemento psicologico.
L’elemento
psicologico della colpa grave si ravvisa, in questo caso, nella natura stessa
dell’omissione. Le norme infatti che regolano le modalità
di manutenzione della sede stradale e di tutti gli elementi finalizzati a
garantire il sicuro svolgimento del traffico si pongono a tutela - tra l’altro
- del superiore diritto alla salute dei passanti, per cui ogni omissione si
connota - quantomeno - con l’elemento psicologico della colpa grave. Tuttavia assume rilevanza, nella specie, la
difficoltà obiettiva ad effettuare il controllo, in quanto la vettura del
controllore al centro della carreggiata non può procedere a velocità troppo
ridotta, per cui risulta difficile controllare scrupolosamente elemento per
elemento. Va inoltre dato il giusto risalto anche
alla circostanza che il M. doveva, al momento dei fatti, controllare un
percorso doppio rispetto a quello normale, in quanto sostituiva il collega che
era in ferie, senza aver lasciato il proprio lavoro ordinario. Da ultimo va considerata anche la brevità
del periodo decorso dall’assunzione dell’incarico di sostituzione del collega
in congedo ordinario, di soli 20 giorni, evidenziata dalla difesa . L’esiguità
del periodo avuto a disposizione per effettuare i dovuti controlli se non
esclude la responsabilità (stante l’obbligo previsto dal regolamento di
ispezionare quotidianamente il tratto di strada di propria competenza) ha
comunque un rilievo - a parere del Collegio - con riguardo alla colpa. 8.
Quantificazione del danno imputabile al convenuto. Il Collegio
ritiene - alla luce delle osservazioni appena fatte con riguardo alla condotta
omissiva colposa del convenuto M. - che il danno effettivamente imputabile al
comportamento dello stesso debba essere quantificato in € 1.00,00 (mille/00) ,
restando il rimanente importo a carico dell’Amministrazione. A tanto induce la necessità , nella specie,
di ripartire il danno tra il dipendente e l’Amministrazione stessa, in
relazione agli inevitabili rischi connessi allo svolgimento di attività
amministrative complesse come quella della vigilanza su lunghi tratta stradali. Sull’importo della somma dovuta dal
convenuto M. vanno corrisposti, altresì,
gli interessi legali (ex art. 1282, comma 1, c.c.) dalla data di pubblicazione
della Sentenza fino all’effettivo soddisfo. 9.
Spese Ai
fini del rimborso delle spese legali (previsto a favore del prosciolto sig. M.
dall’articolo 3, comma 2-bis, del decreto-legge 23 ottobre 1996, n. 543,
convertito, con modificazioni, dalla legge 20 dicembre 1996, n. 639 e
dell’articolo 18, comma 1, del decreto-legge 25 marzo 1997, n. 67, convertito,
con modificazioni, dalla legge 23 maggio 1997, n. 135, autenticamente
interpretati dall’articolo 10-bis, comma 10, introdotto nel decreto legge 30
settembre 2005, n. 203 dalla legge di conversione 2 dicembre 2005, n. 248) si
liquidano gli onorari ed i diritti, in complessivi € 1.000,00 (mille/00),
calcolati in misura forfettaria, in assenza di apposita nota. Le spese di
giudizio seguono la soccombenza. P. Q. M. LA CORTE DEI CONTI Sezione
Giurisdizionale dell’Umbria
Gli onorari ed i diritti ai fini del
rimborso al prosciolto sig. M., si liquidano in complessivi € 1.000,00
(mille/00).
Condanna, altresì, il predetto M. al
pagamento, a favore dello Stato, delle spese di giudizio, che vengono
liquidate, alla data del deposito della sentenza, in € 171,66
(centosettantuno/66). Così deciso in Perugia, nella Camera di
Consiglio del 20 dicembre 2005. Depositata in Segreteria il 10 aprile 2006 Copyright
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