Bocciato il regime italiano di detraibilità
dell’Iva per le vetture aziendali. Il Governo è corso ai ripari approvando il decreto legge n. 258 del 15
settembre 2006 per gli adempimenti conseguenti alla sentenza. Corte
di Giustizia delle Comunità Europee «Sesta direttiva IVA – Artt. 17, n. 7, e 29 –
Diritto alla detrazione dell’IVA assolta a monte» Nel procedimento C-228/05, avente ad oggetto la domanda di pronuncia
pregiudiziale proposta alla Corte, ai sensi dell’art. 234 CE, dalla Commissione
tributaria di primo grado di Trento, con ordinanza 21 marzo 2005, pervenuta in
cancelleria il 24 maggio 2005, nel procedimento tra Stradasfalti Srl e Agenzia delle Entrate – Ufficio di Trento, LA CORTE (Terza Sezione), composta dal sig. A. Rosas, presidente di sezione,
dai sigg. J. Malenovský, J.‑P. Puissochet (relatore), A. Borg Barthet e U.
Lõhmus, giudici, avvocato generale: sig.ra E. Sharpston considerate le osservazioni presentate: – per la Stradasfalti Srl, dall’avv. B. Santacroce; – per il governo italiano, dal sig. I.M. Braguglia,
in qualità di agente, assistito dal sig. G. De Bellis, avvocato dello Stato; – per la Commissione delle Comunità europee, dal
sig. A. Aresu e dalla sig.ra M. Afonso, in qualità di agenti, sentite le conclusioni dell’avvocato generale,
presentate all’udienza del 22 giugno 2006, ha pronunciato la seguente Sentenza 1 La domanda di pronuncia pregiudiziale verte
sull’interpretazione dell’art. 17, n. 7, della sesta direttiva del Consiglio 17
maggio 1977, 77/388/CEE, in materia di armonizzazione delle legislazioni degli
Stati membri relative alle imposte sulla cifra di affari – Sistema comune di
imposta sul valore aggiunto: base imponibile uniforme (GU L 145, pag. 1; in
prosieguo: la "sesta direttiva"). 2 Tale domanda è stata presentata nell’ambito di
una controversia tra la società a responsabilità limitata Stradasfalti Srl (in
prosieguo: la "Stradasfalti") e l’Agenzia delle Entrate – Ufficio di
Trento, in merito al rimborso dell’imposta sul valore aggiunto (in prosieguo:
l’"IVA") che la Stradasfalti sostiene di aver indebitamente versato
negli anni 2000-2004 per l’acquisto, l’uso e la manutenzione di veicoli da
turismo che non formano oggetto dell’attività propria di tale società. Contesto normativo La normativa comunitaria 3 L’art. 17 della sesta direttiva, intitolato
"Origine e portata del diritto a deduzione", dispone, al suo n. 2,
lett. a), che "[n]ella misura in cui beni e servizi sono impiegati ai fini
di sue operazioni soggette ad imposta, il soggetto passivo è autorizzato a
dedurre dall’imposta di cui è debitore (...) l’imposta sul valore aggiunto
dovuta o assolta per le merci che gli sono o gli saranno fornite e per i
servizi che gli sono o gli saranno prestati da un altro soggetto passivo".
4 L’art. 17, n. 6, della sesta direttiva prevede
quanto segue: "Al più tardi entro un termine di quattro anni
a decorrere dalla data di entrata in vigore della presente direttiva, il
Consiglio, con decisione all’unanimità adottata su proposta della Commissione,
stabilisce le spese che non danno diritto a deduzione dell’imposta sul valore
aggiunto. Saranno comunque escluse dal diritto a deduzione le spese non aventi
un carattere strettamente professionale, quali le spese suntuarie, di
divertimento o di rappresentanza. Fino all’entrata in vigore delle norme di cui
sopra, gli Stati membri possono mantenere tutte le esclusioni previste dalla
loro legislazione nazionale al momento dell’entrata in vigore della presente
direttiva". 5 Ai sensi dell’art. 17, n. 7, della sesta
direttiva: "Fatta salva la consultazione prevista
dall’articolo 29, ogni Stato membro può, per motivi congiunturali, escludere
totalmente o in parte dal regime di deduzioni la totalità o parte dei beni di
investimento o altri beni. Per mantenere condizioni di concorrenza identiche,
gli Stati membri possono, anziché rifiutare la deduzione, tassare i beni
fabbricati dallo stesso soggetto passivo o acquistati dal medesimo all’interno
del paese, oppure importati, in modo che questa imposizione non superi
l’ammontare dell’imposta sul valore aggiunto che graverebbe sull’acquisto di
beni analoghi". 6 L’art. 29, nn. 1 e 2, della sesta direttiva
dispone quanto segue: "1. È istituito un comitato consultivo
dell’imposta sul valore aggiunto [in prosieguo: il "Comitato IVA"],
in appresso denominato "comitato". 2. Il comitato si compone di rappresentanti degli
Stati membri e della Commissione. Il comitato è presieduto da un rappresentante della
Commissione. Il segretariato del comitato è assicurato dai servizi
della Commissione". Normativa nazionale 7 La normativa nazionale rilevante figura all’art.
19 bis 1, intitolato "Esclusione o riduzione della detrazione per alcuni
beni e servizi", del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre
1972, n. 633 (Supplemento ordinario alla GURI n. 292 dell’11 novembre 1972; in
prosieguo: il "DPR n. 633/72"), nella sua formulazione risultante
dall’art. 3 del decreto legislativo 2 settembre 1997, n. 313 (Supplemento
ordinario alla GURI n. 219 del 27 dicembre 1997). 8 Il detto art. 19 bis 1 dispone quanto segue: "In deroga alle disposizioni di cui
all’articolo 19: (…) c) l’imposta relativa all’acquisto o alla
importazione di ciclomotori, di motocicli e di autovetture ed autoveicoli
indicati nell’articolo 54, lettere a) e c), del decreto legislativo 30 aprile
1992, n. 285, non compresi nell’allegata tabella B e non adibiti ad uso
pubblico, che non formano oggetto dell’attività propria dell’impresa, e dei
relativi componenti e ricambi, nonché alle prestazioni di servizi di cui al
terzo comma dell’articolo 16 ed a quelle di impiego, custodia, manutenzione e
riparazione relative ai beni stessi, non è ammessa in detrazione salvo che per
gli agenti o rappresentanti di commercio; d) l’imposta relativa all’acquisto o all’importazione
di carburanti e lubrificanti destinati ad autovetture e veicoli, aeromobili,
navi e imbarcazioni da diporto è ammessa in detrazione se è ammessa in
detrazione l’imposta relativa all’acquisto, all’importazione o all’acquisizione
mediante contratti di locazione finanziaria, di noleggio e simili di dette
autovetture, veicoli, aeromobili e natanti". 9 L’efficacia di tale disposizione è stata limitata
al 31 dicembre 2000 dall’art. 7, terzo comma, della legge 23 dicembre 1999, n.
488 (Supplemento ordinario alla GURI n. 302 del 27 dicembre 1999). 10 La misura è stata poi prorogata e il suo campo
di applicazione modificato con l’art. 30, quarto comma, della legge 23 dicembre
2000, n. 388 (Supplemento ordinario alla GURI n. 302 del 29 dicembre 2000), a
termini del quale: "L’indetraibilità dell’imposta sul valore
aggiunto afferente le operazioni aventi per oggetto ciclomotori, motocicli,
autovetture e autoveicoli di cui alla lettera c) del comma 1 dell’articolo
19-bis 1 del [DPR n. 633/72], prorogata da ultimo al 31 dicembre 2000
dall’articolo 7, comma 3, della legge 23 dicembre 1999, n. 488, è ulteriormente
prorogata al 31 dicembre 2001; tuttavia limitatamente all’acquisto,
all’importazione e all’acquisizione mediante contratti di locazione
finanziaria, noleggio e simili di detti veicoli la indetraibilità è ridotta al
90 per cento del relativo ammontare ed al 50 per cento nel caso di veicoli con
propulsori non a combustione interna". 11 Tale testo è rimasto in vigore per effetto di
ulteriori provvedimenti annuali di proroga. La scadenza è stata infatti
modificata dall’art. 9, quarto comma, della legge 28 dicembre 2001, n. 448, poi
dall’art. 2, tredicesimo comma, della legge 27 dicembre 2002, n. 289, dall’art.
2, diciassettesimo comma, della legge 24 dicembre 2003, n. 350, e, infine,
dall’art. 1, comma 503, della legge 30 dicembre 2004, n. 311, che ne ha
prorogato gli effetti fino al 31 dicembre 2005. La controversia principale e le questioni
pregiudiziali 12 La Stradasfalti è una società a responsabilità
limitata di diritto italiano, con sede legale in provincia di Trento, che opera
nel settore delle costruzioni stradali. 13 Essa dispone di veicoli aziendali che non
formano oggetto dell’attività propria dell’impresa, e per il cui acquisto, uso,
manutenzione e rifornimento di carburante non ha potuto beneficiare della
detraibilità dell’IVA ad essi afferente, secondo quanto previsto dalla
normativa italiana. 14 Il 7 luglio 2004 la Stradasfalti, ritenendo tale
normativa incompatibile con le disposizioni della sesta direttiva relative alla
detraibilità dell’IVA, chiedeva all’Agenzia delle Entrate – Ufficio di Trento
la restituzione di circa EUR 31 340, a titolo di rimborso dell’IVA
indebitamente pagata dal 2000 al 2004 per l’acquisto, l’uso, la manutenzione ed
il rifornimento di carburante dei propri veicoli aziendali. 15 Con varie decisioni adottate il 15 luglio 2004,
l’Agenzia delle Entrate – Ufficio di Trento respingeva tale istanza. 16 Il 22 novembre 2004, la Stradasfalti proponeva
un ricorso alla Commissione tributaria di primo grado di Trento per ottenere
l’annullamento di tali decisioni ed il rimborso dell’IVA per i periodi
considerati. 17 In tale contesto, la Commissione tributaria di
primo grado di Trento ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre
alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali: "1) Se l’art. 17, n. 7, prima frase, della
sesta direttiva (…) in relazione al n. 2 dello stesso articolo (…) vada
interpretato nel senso che: a) il detto articolo si oppone a considerare
"consultazione del comitato IVA" di cui all’art. 29 della citata
direttiva, la semplice notifica da parte di uno Stato membro dell’adozione di
una norma di legge nazionale, come quella di cui all’attuale art. 19 bis 1
D.P.R. n. 633/72, lett. c) e d) e successive proroghe, che limita il diritto di
detrazione dall’IVA relativa all’impiego e manutenzione dei beni di cui al
paragrafo 2 dell’art. 17, sulla base di una semplice presa d’atto da parte del
comitato IVA; b) lo stesso si oppone egualmente a considerare
come misura ricadente nel suo campo di applicazione una qualsivoglia
limitazione del diritto a fruire della detrazione IVA connessa all’acquisto,
impiego e manutenzione dei beni sub a) introdotta prima della consultazione del
comitato IVA e mantenuta in vigore attraverso numerose proroghe legislative,
ripetutesi a catena e senza soluzione di continuità da oltre venticinque anni; c) in caso di risposta affermativa alla questione
sub 1 b) si chiede che la Corte indichi i criteri sulla scorta dei quali si
possa determinare l’eventuale durata massima delle proroghe, in relazione ai
motivi congiunturali presi in considerazione dall’art. 17, n. 7, della sesta
direttiva; ovvero che precisi se l’inosservanza della temporaneità delle
deroghe (ripetute nel tempo) attribuisca al contribuente il diritto a fruire
della detrazione; 2) qualora i requisiti e le condizioni della
procedura di cui all’art. 17, n. 7, sopra richiamato, non risultassero
rispettati, dica la Corte se l’art. 17, n. 2, della citata direttiva vada
interpretato nel senso che esso si oppone a che una norma di legge nazionale od
una prassi amministrativa adottata da uno Stato membro dopo l’entrata in vigore
della sesta direttiva (1º gennaio 1979 per l’Italia) possa limitare la
detrazione dell’IVA connessa all’acquisto, impiego e manutenzione di
determinati autoveicoli, in via oggettiva e senza limitazioni di tempo". Sulle questioni pregiudiziali Sulla prima questione, sub a) 18 Con la prima questione, sub a), il giudice del
rinvio chiede se l’art. 17, n. 7, prima frase, della sesta direttiva vada
interpretato nel senso che si oppone a che si consideri "consultazione del
comitato IVA" di cui all’art. 29 della citata direttiva, la notifica da
parte di uno Stato membro dell’adozione di una norma di legge nazionale che
limita il diritto di detrazione dell’IVA afferente all’impiego e alla
manutenzione dei beni di cui all’art. 17, n. 2, laddove il comitato IVA si è
limitato a prendere atto di tale notifica. Osservazioni presentate alla Corte 19 La Commissione sostiene che la consultazione del
comitato IVA prevista dall’art. 29 della sesta direttiva costituisce
un’imprescindibile condizione procedurale per l’esercizio delle deroghe
congiunturali relative all’IVA. La consultazione di tale comitato deve
permettere ai rappresentanti degli Stati membri e della Commissione di
esaminare congiuntamente le misure nazionali che derogano al principio della
detraibilità dell’IVA. Al riguardo, non basta a configurare una consultazione
la mera notifica al comitato IVA della normativa nazionale adottata o in via di
adozione, né una presa d’atto, da parte di tale comitato, della normativa
nazionale ad esso notificata. 20 Una conferma di tale interpretazione dell’art.
29 della sesta direttiva sarebbe offerta dalle varie versioni linguistiche della
formula usata dall’art. 17, n. 7, della sesta direttiva. Inoltre, nella
sentenza 8 gennaio 2002, causa C-409/99, Metropol e Stadler (Racc. pag. I‑81),
la Corte ha già statuito che la consultazione del comitato IVA era un
presupposto per l’adozione di qualsiasi misura basata sul detto art. 17, n. 7. 21 Per quanto riguarda la misura in questione nella
controversia principale, il governo italiano ha consultato il comitato IVA nel
1980 e ha illustrato, attraverso il proprio rappresentante, il contenuto e la portata
della misura nella riunione del comitato tenutasi in quell’anno. Esso ha
seguito la stessa procedura in occasione delle successive proroghe della
misura, consultando il comitato nel 1990, nel 1995, nel 1996, nel 1999 e nel
2000. 22 La Commissione riconosce che la consultazione
del comitato IVA ha avuto luogo dopo l’entrata in vigore della misura
derogatoria e che ci si può chiedere se l’art. 17, n. 7, della sesta direttiva
imponga questa consultazione prima di tale entrata in vigore. Tuttavia, la procedura
seguita dalle autorità italiane nel caso di specie sembra rispettosa delle
prerogative del comitato IVA e conforme alla prassi seguita dagli altri Stati
membri. La Commissione rimette quindi la decisione su tale questione alla
saggezza della Corte. 23 Il governo italiano, da parte sua, sostiene che
la procedura seguita nel caso di specie non ha violato l’obbligo di
consultazione del comitato IVA. Infatti, questo è stato investito di
un’espressa domanda del governo italiano, sulla base della quale i servizi
della Commissione hanno potuto elaborare un documento di lavoro, prima che il
fascicolo fosse sottoposto a tale comitato. Quella che il giudice del rinvio
chiama "una semplice presa d’atto" è in realtà la decisione
conclusiva della procedura di consultazione prevista dall’art. 17, n. 7, della
sesta direttiva, adottata dal comitato IVA. 24 In ogni caso, anche nell’ipotesi in cui la
procedura non fosse stata seguita alla lettera, il governo italiano ritiene che
non vi sia stata alcuna violazione dell’art. 17, n. 7, della sesta direttiva. 25 La Stradasfalti sostiene, innanzi tutto, che
l’art. 19 bis 1, lett. c) e d), del DPR n. 633/72, modificato, è incompatibile
con le disposizioni della sesta direttiva in quanto l’indetraibilità da esso
introdotta non rientra in alcuna delle categorie di deroghe lecite previste da
tale direttiva. La misura in questione violerebbe le disposizioni dell’art. 17,
n. 7, della medesima direttiva, per il fatto che il comitato IVA non è stato
previamente consultato dal governo italiano, che gli unici motivi che
potrebbero giustificare la deroga al diritto di detrazione dell’IVA, ossia i
motivi congiunturali, non sono mai sussistiti e che la misura di cui trattasi,
lungi dall’essere temporanea, si applica in maniera strutturale da più di
venticinque anni. 26 Relativamente alla prima questione, sub a), la
Stradasfalti sostiene che la normativa comunitaria prescrive una concertazione
effettiva nell’ambito del comitato IVA, in quanto unico mezzo che consente di
controllare come gli Stati membri si avvalgono della possibilità di deroga
offerta dall’art. 17, n. 7, della sesta direttiva. Tale disposizione osta
quindi all’introduzione di una deroga al diritto di detrazione dell’IVA previa
mera notifica di una disposizione legislativa nazionale di uno Stato membro o
previa semplice notifica dell’intenzione dello Stato membro di adottare tale
disposizione, seguita da semplice presa d’atto da parte del comitato IVA. Giudizio della Corte 27 L’art. 17, n. 7, della sesta direttiva prevede
una delle procedure di autorizzazione di misure derogatorie contemplate dalla
detta direttiva, accordando agli Stati membri la facoltà di escludere alcuni
beni dal regime delle detrazioni "fatta salva la consultazione prevista
dall’articolo 29". 28 Tale consultazione permette alla Commissione e
agli altri Stati membri di controllare l’uso da parte di uno Stato membro della
possibilità di derogare al regime generale delle detrazioni dell’IVA,
verificando, in particolare, se la misura nazionale di cui trattasi soddisfi la
condizione di essere stata adottata per motivi congiunturali. 29 L’art. 17, n. 7, della sesta direttiva prevede
così un obbligo procedurale che gli Stati membri devono rispettare per potersi
avvalere della norma derogatoria da esso stabilita. La consultazione del
comitato IVA risulta essere un presupposto dell’adozione di qualsiasi misura
basata su detta disposizione (v. sentenza Metropol e Stadler, cit., punti 61‑63).
30 L’obbligo di consultare il comitato IVA sarebbe
privo di senso qualora gli Stati membri si limitassero a notificare al medesimo
la misura nazionale derogatoria che intendono adottare senza corredare tale
notifica della minima spiegazione sulla natura e sulla portata della misura. Il
comitato IVA deve essere in grado di deliberare validamente sulla misura ad
esso sottoposta. L’obbligo procedurale previsto all’art. 17, n. 7, della sesta
direttiva presuppone quindi che gli Stati membri informino tale comitato del
fatto che intendono adottare una misura derogatoria e che gli forniscano
informazioni sufficienti per consentirgli di esaminare tale misura con
cognizione di causa. 31 Per contro, l’art. 17, n. 7, della sesta
direttiva non prevede alcun obbligo quanto al risultato della consultazione del
comitato IVA, e in particolare non impone a tale comitato di pronunciarsi
favorevolmente o sfavorevolmente sulla misura nazionale derogatoria. Nulla
impedisce quindi al comitato IVA di limitarsi a prendere atto della misura
nazionale derogatoria che gli viene comunicata. 32 Occorre dunque risolvere la prima questione, sub
a), nel senso che l’art. 17, n. 7, prima frase, della sesta direttiva impone
che gli Stati membri, per rispettare l’obbligo procedurale di consultazione di
cui all’art. 29 della medesima direttiva, informino il comitato IVA del fatto
che intendono adottare una misura nazionale che deroga al regime generale delle
detrazioni dell’IVA e che forniscano a tale comitato informazioni sufficienti
per consentirgli di esaminare la misura con cognizione di causa. Sulla prima questione, sub b) e c), prima parte 33 Con la prima questione, sub b) e c), prima
parte, il giudice del rinvio chiede sostanzialmente se l’art. 17, n. 7, prima
frase, della sesta direttiva debba essere interpretato nel senso che esso
autorizza uno Stato membro ad escludere taluni beni indicati all’art. 17, n. 2,
della medesima direttiva, dal regime delle detrazioni dell’IVA: – senza la previa consultazione del comitato IVA e – senza limitazioni temporali. Osservazioni presentate alla Corte 34 La Commissione ricorda che le disposizioni che
prevedono deroghe al principio del diritto alla detrazione devono essere
interpretate restrittivamente (v. sentenza Metropol e Stadler, cit., punto 59).
La Corte ha già dichiarato che l’applicazione dei provvedimenti previsti all’art.
17, n. 7, della sesta direttiva, il quale permette di introdurre, per
"motivi congiunturali", eccezioni alla regola della detraibilità,
dev’essere limitata nel tempo e che, per definizione, tali provvedimenti non
possono essere di natura strutturale (v. sentenza Metropol e Stadler, cit.,
punto 67). 35 A tale proposito, la misura in questione nella
causa principale è stata introdotta nella legislazione italiana nel 1979 come
norma permanente. Solo a partire dal 1980 è stato fissato un limite temporale
alla sua efficacia, limite da allora peraltro sistematicamente prorogato. In
realtà, la misura sembra essere stata adottata al fine di prevenire le frodi e
l’evasione fiscale, obiettivi questi riconducibili alla procedura e alle
condizioni particolari previste dall’art. 27 della sesta direttiva. 36 Del resto, sin dal 1980, il comitato IVA ha
costantemente segnalato al governo italiano come la deroga in questione non
potesse giustificarsi sulla base dell’art. 17, n. 7, della sesta direttiva.
L’atteggiamento più conciliante adottato da tale comitato nelle sue riunioni
del 1999 e del 2000 si spiega alla luce dell’impegno, assunto e non mantenuto
dalle autorità italiane, di riesaminare la misura a partire dal 1º gennaio
2001, e sulla base delle prospettive allora aperte dalla proposta della
Commissione di modificare la sesta direttiva per quanto concerne il regime del
diritto alla detrazione dell’IVA. 37 Ciò premesso, la Commissione ritiene la deroga
in questione nella causa principale incompatibile con le disposizioni dell’art.
17, n. 7, della sesta direttiva. 38 Il governo italiano sostiene che la prima
questione, sub b), non è pertinente ed è quindi irricevibile. 39 Infatti, la controversia di cui alla causa
principale riguarda solo l’IVA versata nel corso degli anni 2000-2004. Orbene,
nel 1999 e nel 2000 le richieste di consultazione del comitato hanno preceduto
l’adozione del provvedimento nazionale di proroga. In tale contesto, la
questione sottoposta alla Corte va al di là della normativa applicabile alla
controversia principale ed è pertanto irricevibile (v., da ultimo, sentenza 30
giugno 2005, causa C-165/03, Mathias Längst, Racc. pag. I‑5637). Ad ogni modo,
la Corte avrebbe dichiarato che l’art. 27 della sesta direttiva non esclude che
la decisione del Consiglio di autorizzare uno Stato membro a introdurre misure
particolari in deroga alla detta direttiva intervenga a posteriori (v. sentenza
29 aprile 2004, causa C‑17/01, Sudholz, Racc. pag. I‑4243, punto 23). Lo stesso
dovrebbe valere per la consultazione del comitato IVA prevista all’art. 17, n.
7, della medesima direttiva. 40 Per quanto riguarda la prima questione, sub c),
prima parte, essa sarebbe puramente ipotetica e quindi parimenti irricevibile. 41 Secondo la Stradasfalti, occorre risolvere la
prima questione, sub b), nel senso che l’art. 17, n. 7, della sesta direttiva
osta all’introduzione di una deroga al diritto alla detraibilità dell’IVA prima
della consultazione del comitato IVA, dato che la normativa comunitaria
richiede espressamente che tale comitato sia consultato in via preventiva. 42 Inoltre, l’art. 17, n. 7, della sesta direttiva
impone che la deroga conservi un carattere temporaneo, posto che, come statuito
dalla Corte, essa deve rispondere a motivi congiunturali. Tale articolo osta
quindi al mantenimento della deroga in questione da oltre venticinque anni,
sulla base di proroghe successive. 43 Per quanto riguarda la prima questione, sub c),
la Stradasfalti fa valere che, nella citata sentenza Metropol e Stadler, la
Corte ha già dichiarato che l’art. 17, n. 7, autorizza uno Stato membro a
discostarsi dal regime comunitario della detrazione dell’IVA solo per una
"durata limitata". Del resto, l’avvocato generale Geelhoed, nelle
conclusioni in tale causa, ha definito la politica congiunturale come diretta
ad influenzare "a breve termine" e su "un periodo di uno-due
anni" i dati macroeconomici del paese. Una deroga mantenuta per più di
venticinque anni manifestamente viola l’art. 17, n. 7, della sesta direttiva. Giudizio della Corte – Sulla ricevibilità delle questioni 44 Il procedimento ex art. 234 CE costituisce uno
strumento di cooperazione tra la Corte e i giudici nazionali, per mezzo del
quale la prima fornisce ai secondi gli elementi d’interpretazione del diritto
comunitario necessari per risolvere le controversie dinanzi ad essi pendenti
(v., segnatamente, sentenza 5 febbraio 2004, causa C‑380/01, Schneider, Racc.
pag. I-1389, punto 20). 45 Nell’ambito di tale cooperazione, spetta
esclusivamente al giudice nazionale cui è stata sottoposta la controversia e
che deve assumersi la responsabilità dell’emananda decisione giurisdizionale
valutare, alla luce delle particolari circostanze di ciascuna causa, sia la
necessità di una decisione pregiudiziale per essere in grado di pronunciare la
propria sentenza sia la rilevanza delle questioni che sottopone alla Corte. Di
conseguenza, se le questioni sollevate dal giudice nazionale vertono
sull’interpretazione del diritto comunitario, la Corte, in via di principio, è
tenuta a statuire (sentenza Schneider, cit., punto 21). 46 Tuttavia, la Corte ha parimenti affermato che,
in ipotesi eccezionali, le spetta esaminare le condizioni in cui è adita dal
giudice nazionale al fine di verificare la propria competenza. Il rifiuto di
statuire su una questione pregiudiziale sollevata da un giudice nazionale è
possibile solo qualora risulti manifestamente che la richiesta interpretazione
del diritto comunitario non ha alcuna relazione con l’effettività o con
l’oggetto della causa principale, qualora il problema sia di natura ipotetica
oppure qualora la Corte non disponga degli elementi di fatto o di diritto
necessari per fornire una soluzione utile alle questioni che le vengono
sottoposte (sentenza Schneider, cit., punto 22). 47 Infatti, lo spirito di collaborazione che deve
presiedere allo svolgimento del procedimento pregiudiziale implica che il
giudice nazionale, dal canto suo, tenga presente la funzione di cui la Corte è
investita, che è quella di contribuire all’amministrazione della giustizia
negli Stati membri e non di esprimere pareri a carattere consultivo su
questioni generali o ipotetiche (sentenza Schneider, cit., punto 23). 48 Nella fattispecie, dalle osservazioni presentate
alla Corte emerge che, sebbene la causa principale riguardi solo l’IVA versata
nel corso degli anni 2000-2004, anni per i quali le richieste di consultazione
del comitato IVA, secondo il governo italiano, hanno preceduto l’adozione del
provvedimento nazionale di proroga, quest’ultimo è in realtà entrato in vigore
prima di tale periodo e viene sistematicamente prorogato da molti anni. Non
appare quindi che la richiesta interpretazione del diritto comunitario non
abbia manifestamente alcuna relazione con l’oggetto della controversia o che
sollevi un problema di natura ipotetica. 49 Di conseguenza, va constatato che la prima
questione, sub b) e c), prima parte, è ricevibile. – Nel merito 50 Per quanto riguarda la prima questione, sub b),
con cui si chiede se l’art. 17, n. 7, della sesta direttiva autorizzi uno Stato
membro a escludere taluni beni dal regime di detrazione dell’IVA senza previa
consultazione del comitato IVA, la Corte ha già dichiarato, come è stato
osservato sopra al punto 29, che la consultazione di tale comitato è un
presupposto dell’adozione di qualsiasi misura basata su detta disposizione (v.
sentenza Metropol e Stadler, cit., punti 61‑63). 51 Contrariamente a quanto sostiene il governo
italiano, la risposta a tale questione non può essere dedotta dalla soluzione
elaborata dalla Corte nella citata sentenza Sudholz. Con tale sentenza, la
Corte ha dichiarato segnatamente che l’art. 27 della sesta direttiva non
imponeva al Consiglio di dare la sua autorizzazione a misure particolari
derogatorie prese dagli Stati membri, prima dell’adozione di tali misure.
Tuttavia, la procedura di consultazione prevista all’art. 17, n. 7, della sesta
direttiva, in questione nella fattispecie, non ha il medesimo oggetto della
procedura di autorizzazione prevista all’art. 27 della stessa direttiva. Non è
dunque fondata la tesi del governo italiano secondo cui dalla sentenza Sudholz,
citata, risulterebbe che la soluzione già fornita dalla Corte nella citata
sentenza Metropol e Stadler andrebbe esclusa nella fattispecie. 52 Quanto alla prima questione, sub c), prima
parte, con cui si chiede se l’art. 17, n. 7, della sesta direttiva autorizzi
uno Stato membro ad escludere taluni beni dal regime di detrazione dell’IVA
senza limitazioni temporali, va ricordato che tale articolo autorizza gli Stati
membri a escludere taluni beni dal regime delle detrazioni "per motivi
congiunturali". 53 Tale disposizione autorizza dunque uno Stato
membro ad adottare misure temporanee destinate ad ovviare alle conseguenze di
una situazione congiunturale in cui si trova la sua economia in un determinato
momento. Pertanto, l’applicazione delle misure a cui si riferisce tale
disposizione deve essere limitata nel tempo e, per definizione, le medesime non
possono essere di natura strutturale. 54 Ne consegue che l’art. 17, n. 7, prima frase,
della sesta direttiva non autorizza uno Stato membro ad adottare provvedimenti
che escludano beni dal regime delle detrazioni dell’IVA ove siano privi di
indicazioni quanto alla loro limitazione temporale e/o facciano parte di un
insieme di provvedimenti di adattamento strutturale miranti a ridurre il
disavanzo di bilancio e a consentire il rimborso del debito pubblico (v.
sentenza Metropol e Stadler, cit., punto 68). 55 Pertanto, la prima questione pregiudiziale, sub
b) e c), prima parte, va risolta dichiarando che l’art. 17, n. 7, prima frase,
della sesta direttiva dev’essere interpretato nel senso che esso non autorizza
uno Stato membro ad escludere alcuni beni dal regime delle detrazioni dell’IVA
senza previa consultazione del comitato IVA. La detta disposizione non
autorizza nemmeno uno Stato membro ad adottare provvedimenti che escludano
alcuni beni dal regime delle detrazioni di tale imposta ove siano privi di
indicazioni quanto al loro limite temporale e/o facciano parte di un insieme di
provvedimenti di adattamento strutturale miranti a ridurre il disavanzo di
bilancio e a consentire il rimborso del debito pubblico. Sulla prima questione, sub c), seconda parte, e
sulla seconda questione 56 Con tali questioni, il giudice del rinvio chiede
sostanzialmente se le autorità tributarie nazionali possano opporre ad un
soggetto passivo una disposizione derogatoria al principio del diritto alla
detrazione dell’IVA che non sia stata introdotta conformemente all’art. 17, n.
7, della sesta direttiva. Osservazioni presentate alla Corte 57 La Commissione sostiene che, secondo una
costante giurisprudenza della Corte (v., in particolare, sentenza 6 luglio
1995, causa C‑62/93, BP Soupergaz, Racc. pag. I‑1883, punti 16-18), il diritto
a detrazione costituisce parte integrante del meccanismo dell’IVA e, in linea
di principio, attribuisce al contribuente un diritto che può essere soggetto
alle sole limitazioni stabilite dalla direttiva stessa. 58 Nel caso in cui uno Stato membro abbia
introdotto una deroga nazionale al principio della detraibilità dell’IVA in
violazione delle disposizioni della sesta direttiva, il contribuente ha diritto
alla detrazione dell’IVA versata sui beni interessati dalla misura nazionale.
In tal senso, al punto 64 della citata sentenza Metropol e Stadler, la Corte ha
già dichiarato che, qualora un’esclusione dal regime delle detrazioni non sia
stata stabilita conformemente all’art. 17, n. 7, della sesta direttiva, che
impone agli Stati membri un obbligo di consultazione, le autorità tributarie
nazionali non possono opporre ad un soggetto passivo una disposizione che
deroga al principio del diritto alla detrazione dell’IVA enunciato dall’art.
17, n. 1, della stessa direttiva. 59 Il governo italiano sostiene che, per il periodo
2000-2004, il rispetto della procedura prevista dall’art. 17, n. 7, della sesta
direttiva, il parere favorevole emesso dalla Commissione sulle domande di
deroga e la situazione congiunturale in cui si trovava l’economia italiana
ostano a che la normativa nazionale sia disapplicata e, quindi, al riconoscimento
di un diritto di detrazione a favore del contribuente. 60 A parere del governo italiano, la seconda
questione sarebbe doppiamente irricevibile. Da un lato, essa fa riferimento a
periodi anteriori al 2000, che non sono oggetto della causa principale. 61 Dall’altro, tale questione, nella parte in cui
parla di una limitazione della detrazione "in via oggettiva e senza
limitazioni di tempo", sarebbe inconferente alla situazione in Italia tra
il 2000 e il 2004. Infatti, una prima deroga è stata stabilita fino al 31
dicembre 2000 in seguito a consultazione del comitato IVA e parere favorevole
della Commissione. La seconda deroga per tale periodo è stata chiesta con
efficacia a partire dal 1º gennaio 2001 ed era preceduta da un parere
favorevole della Commissione, che ha ritenuto che la misura fosse giustificata
fino all’adozione della nuova direttiva. 62 Ad ogni modo, il governo italiano sostiene che
il fatto che il comitato IVA prenda atto di una misura nazionale derogatoria
successivamente all’adozione di tale misura non consente di considerarla
illegittima, come statuito dalla Corte, in riferimento all’art. 27 della sesta
direttiva, al punto 23 della sentenza Sudholz, citata. 63 La Stradasfalti sostiene che, nel caso di una
violazione dell’art. 17, n. 7, della sesta direttiva, l’art. 17, n. 2, della
medesima direttiva osta ad una disposizione nazionale che impedisca ai soggetti
passivi di esercitare pienamente e immediatamente il loro diritto alla
detrazione in relazione all’imposta versata per l’acquisto, l’impiego e la
manutenzione di autoveicoli c.d. da turismo. Giudizio della Corte – Sulla ricevibilità della questione 64 Come è stato dichiarato al punto 46 della
presente sentenza, il rifiuto di statuire su una questione pregiudiziale
sollevata da un giudice nazionale è possibile solo qualora appaia in modo
manifesto che l’interpretazione del diritto comunitario chiesta da tale giudice
non ha alcuna relazione con l’effettività o con l’oggetto della causa
principale, qualora il problema sia di natura ipotetica o quando la Corte non
disponga degli elementi di fatto o di diritto necessari per fornire una
soluzione utile alle questioni che le vengono sottoposte (sentenza Schneider,
cit., punto 22). 65 Nella fattispecie, dalle osservazioni presentate
alla Corte emerge che, sebbene la causa principale riguardi solo l’IVA versata
nel corso degli anni 2000-2004, anni per i quali le richieste di consultazione
del comitato IVA, secondo il governo italiano, hanno sempre preceduto
l’adozione del provvedimento nazionale di proroga, questo in realtà è entrato
in vigore prima di tale periodo e viene sistematicamente prorogato da molti
anni. Non appare quindi che la richiesta interpretazione del diritto
comunitario non abbia manifestamente alcuna relazione con l’oggetto della
controversia. – Nel merito 66 In forza dell’obbligo generale sancito dall’art.
189, terzo comma, del Trattato CE (divenuto art. 249, terzo comma, CE), gli
Stati membri sono tenuti a conformarsi a tutte le disposizioni della sesta
direttiva (v. sentenza 11 luglio 1991, causa C‑97/90, Lennartz, Racc. pag.
I-3795, punto 33). Qualora un’esclusione dal regime delle detrazioni non sia
stata stabilita conformemente all’art. 17, n. 7, della sesta direttiva, le
autorità tributarie nazionali non possono opporre ad un soggetto passivo una
disposizione che deroga al principio del diritto alla detrazione dell’IVA
enunciato dall’art. 17, n. 1, della stessa direttiva (v. sentenza Metropol e
Stadler, citata, punto 64). 67 Nella controversia principale, anche se il governo
italiano sostiene che le richieste di consultazione del comitato IVA, nel 1999
e nel 2000, hanno preceduto l’adozione della misura nazionale di proroga della
disposizione derogatoria al principio del diritto a detrazione dell’IVA, è
pacifico che tale disposizione, salvo modifiche di esigua importanza, è stata
sistematicamente prorogata dal governo italiano a partire dal 1980. Essa non
può presentare quindi un carattere temporaneo e non può nemmeno essere
considerata motivata da ragioni congiunturali. Tale misura deve, di
conseguenza, essere considerata parte di un insieme di provvedimenti di
adattamento strutturale, non rientranti nell’ambito di applicazione dell’art.
17, n. 7, della sesta direttiva. Il governo italiano non può dunque invocare
tali misure a discapito di un soggetto passivo (v., in tal senso, sentenza
Metropol e Stadler, cit., punto 65). 68 Il soggetto passivo cui sia stata applicata tale
misura deve poter ricalcolare il suo debito IVA conformemente alle disposizioni
dell’art. 17, n. 2, della sesta direttiva, nella misura in cui i beni e i
servizi sono stati impiegati ai fini di operazioni soggette ad imposta. 69 Occorre dunque risolvere la prima questione, sub
c), seconda parte, e la seconda questione nel senso che, qualora un’esclusione
dal regime delle detrazioni non sia stata stabilita conformemente all’art. 17,
n. 7, della sesta direttiva, le autorità tributarie nazionali non possono
opporre ad un soggetto passivo una disposizione che deroga al principio del
diritto alla detrazione dell’IVA enunciato dall’art. 17, n. 1, della medesima
direttiva. Il soggetto passivo cui sia stata applicata tale misura derogatoria
deve poter ricalcolare il suo debito IVA conformemente alle disposizioni
dell’art. 17, n. 2, della sesta direttiva, nella misura in cui i beni e i
servizi sono stati impiegati ai fini di operazioni soggette ad imposta. Sulla richiesta di limitazione degli effetti nel
tempo della sentenza 70 Il governo italiano ha evocato la possibilità
che la Corte, nel caso in cui dovesse ritenere che le deroghe al diritto a
detrazione per gli anni 2000‑2004 non siano state introdotte conformemente
all’art. 17, n. 7, della sesta direttiva, limiti nel tempo gli effetti della
presente sentenza. 71 A sostegno di tale domanda, il governo italiano
invoca il grave danno per l’erario che può essere causato dalla sentenza della
Corte e la tutela del legittimo affidamento che esso poteva nutrire quanto alla
conformità al diritto comunitario della misura in questione. Esso osserva, a
tale riguardo, che la Commissione, nel 1999 e nel 2000, ha emesso un parere
favorevole alle misure da adottare in attesa dell’approvazione della direttiva
che doveva disciplinare in via organica la materia e che la Commissione non ha
mai formulato alcuna contestazione alla Repubblica italiana circa il
mantenimento della deroga. 72 Si deve rilevare che solo in via eccezionale la
Corte, applicando il principio generale della certezza del diritto inerente
all’ordinamento giuridico comunitario, può essere indotta a limitare la possibilità
per gli interessati di far valere una disposizione da essa interpretata onde
rimettere in discussione rapporti giuridici costituiti in buona fede. Per
stabilire se si debba limitare la portata di una sentenza nel tempo, è
necessario tener conto del fatto che, benché le conseguenze pratiche di
qualsiasi pronuncia del giudice vadano vagliate accuratamente, non ci si può
tuttavia spingere fino a sminuire l’obiettività del diritto e compromettere la
sua applicazione futura a motivo delle ripercussioni che la pronuncia può avere
per il passato (sentenze 2 febbraio 1988, causa 24/86, Blaizot, Racc. pag. 379,
punti 28 e 30, nonché 16 luglio 1992, causa C‑163/90, Legros e a., Racc. pag.
I-4625, punto 30). 73 Nella fattispecie, se è vero che la Commissione ha
avallato la domanda delle autorità italiane per gli anni in questione nella
controversia principale, dalle osservazioni presentate alla Corte risulta
tuttavia che il comitato IVA, fin dal 1980, ha costantemente segnalato al
governo italiano come la deroga in questione non potesse giustificarsi sulla
base dell’art. 17, n. 7, della sesta direttiva, e che l’atteggiamento più
conciliante adottato dal detto comitato nelle sue riunioni del 1999 e del 2000
si spiega alla luce dell’impegno assunto dalle autorità italiane di riesaminare
la misura a partire dal 1º gennaio 2001, nonché sulla base delle prospettive
allora aperte dalla proposta della Commissione di modificare la sesta direttiva
per quanto concerne il regime del diritto alla detrazione dell’IVA. 74 Ciò premesso, le autorità italiane non potevano
ignorare che una proroga sistematica, a partire dal 1979, di una misura
derogatoria che doveva essere temporanea e che, in virtù della lettera stessa
dell’art. 17, n. 7, della sesta direttiva, poteva essere giustificata solo da
"motivi congiunturali", non era compatibile con tale articolo. 75 Le autorità italiane non possono, di
conseguenza, far valere l’esistenza di rapporti giuridici costituiti in buona
fede per chiedere alla Corte di limitare nel tempo gli effetti della sua
sentenza. 76 Inoltre, il governo italiano non è riuscito a
dimostrare l’affidabilità del calcolo in base al quale ha sostenuto dinanzi
alla Corte che la presente sentenza rischierebbe, qualora i suoi effetti non
fossero limitati nel tempo, di comportare conseguenze finanziarie rilevanti. 77 Di conseguenza, non occorre limitare nel tempo
gli effetti della presente sentenza. Sulle spese 78 Nei confronti delle parti nella causa principale
il presente procedimento costituisce un incidente sollevato dinanzi al giudice
nazionale, cui spetta quindi statuire sulle spese. Le spese sostenute da altri
soggetti per presentare osservazioni alla Corte non possono dar luogo a
rifusione. Per questi
motivi, la Corte
(Terza Sezione) dichiara: 1) L’art.
17, n. 7, prima frase, della sesta direttiva del Consiglio 17 maggio 1977,
77/388/CEE, in materia di armonizzazione delle legislazioni degli Stati membri
relative alle imposte sulla cifra di affari – Sistema comune di imposta sul
valore aggiunto: base imponibile uniforme, impone che gli Stati membri, per
rispettare l’obbligo procedurale di consultazione di cui all’art. 29 della
medesima direttiva, informino il comitato consultivo dell’imposta sul valore
aggiunto istituito da tale articolo del fatto che essi intendono adottare una
misura nazionale che deroga al regime generale delle detrazioni dell’imposta
sul valore aggiunto e che forniscano a tale comitato informazioni sufficienti
per consentirgli di esaminare la misura con cognizione di causa. 2) L’art.
17, n. 7, prima frase, della sesta direttiva 77/388 dev’essere interpretato nel
senso che esso non autorizza uno Stato membro ad escludere alcuni beni dal
regime delle detrazioni dell’imposta sul valore aggiunto senza previa
consultazione del comitato consultivo dell’imposta sul valore aggiunto,
istituito all’art. 29 della detta direttiva. La detta disposizione non
autorizza nemmeno uno Stato membro ad adottare provvedimenti che escludano
alcuni beni dal regime delle detrazioni di tale imposta ove siano privi di indicazioni
quanto alla loro limitazione temporale e/o facciano parte di un insieme di
provvedimenti di adattamento strutturale miranti a ridurre il disavanzo di
bilancio e a consentire il rimborso del debito pubblico. 3) Qualora
un’esclusione dal regime delle detrazioni non sia stata stabilita conformemente
all’art. 17, n. 7, della sesta direttiva 77/388, le autorità tributarie
nazionali non possono opporre ad un soggetto passivo una disposizione che
deroga al principio del diritto alla detrazione dell’imposta sul valore
aggiunto enunciato dall’art. 17, n. 1, di tale direttiva. Il soggetto passivo
cui sia stata applicata tale misura derogatoria deve poter ricalcolare il suo
debito d’imposta sul valore aggiunto conformemente alle disposizioni dell’art.
17, n. 2, della sesta direttiva 77/388 nella misura in cui i beni e i servizi
sono stati impiegati ai fini di operazioni soggette ad imposta. Firme |
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