COMUNICATO
STAMPA Tel. e fax 0522/826830 LA STAMPA Il ministro risponde alle critiche
e spiega le ragioni della norma
Turco: “Proibizionismo? No, Scelta
responsabile”
Intervista
Sergio Miravalle Il ministro della Salute Livia Turco è stata chiamata in
causa da più parti per la norma inserita nella Finanziaria che estende il
divieto di somministrazione degli alcolici agli under 18. I produttori di vino
non hanno gradito, ma lei da tenace piemontese intende convincerli. C’era già un divieto a 16 anni? Perché alzarlo di
altri due anni?
“L’abbiamo esteso a 18 anni in linea con l’Europa.
Consumare alcol è un atto da compiere responsabilmente, conoscendo i rischi per
la salute di un consumo eccessivo e incontrollato. Questo non è proibizionismo,
ma prevenzione ed educazione sanitaria. Sarebbe proibizionismo rendere illegale
l’alcol, cosa che nessuno ha in mente ritengo senza senso e del tutto
sbagliata. La nuova norma vieta solo la vendita nei locali pubblici, non il
consumo individuale”. Come giudica le
reazioni dei produttori di vino, molti dei quali lamentano il rischio di
demonizzazione del loro prodotto? “Posso rassicurarli convenendo con loro sulle proprietà
nutrizionali e sul valore storico e sociale del vino nella cultura e nelle
abitudini di vita del nostro Paese. Vogliamo anzi che si creino i presupposti
per una conoscenza consapevole del vino e degli altri prodotti alcolici della
nostra tradizione, birra compresa. Non nascondiamoci però la realtà della
crescita di un allarmante fenomeno di precoce alcolismo proprio in età
giovanile, come già avvenuto negli anni passati in molti Paesi del Nord Europa
che, non a caso, sono stati i primi a introdurre dei limiti per la vendita
all’alcol ai giovani”. Ci sono state delle consultazioni con le categorie interessate prima di
adottare il provvedimento? “Il limite di 16 anni esisteva già. L’averlo portato a 18
è per armonizzazione con le norme a livello europeo e per frenare la crescita
del consumo in età giovanile. Ma il divieto esisteva già e non penso che i due
anni in più possano costituire un terreno di scontro con le categorie
interessate con le quali mi piacerebbe senz’altro aprire il confronto proprio
per costruire insieme a loro una buona comunicazione sullo “stile del bere” che
sia corretto e sano. Quanto costa alla
collettività in termini di incidenti stradali e spese sanitarie il fenomeno
dell’alcolismo? Costa molto, moltissimo. In denaro, ma soprattutto in vite
e salute. Tra i giovani gli incidenti sono tra le prime cause di morte e molti
di questi incidenti sono dovuti ad un consumo eccessivo di alcol. Per gli
adulti vale lo stesso discorso. Senza parlare delle patologie correlate di cui
molte croniche e molto gravi”. Ritiene che ci sia un’emergenza tra i giovani e crede che
anche il consumo di vino contribuisca ad alimentarla? “L’emergenza tra i giovani c’è. Il problema non sono il
vino o la birra. Lo voglio ripetere: è il modo e lo stile di consumo sul quale
dobbiamo lavorare tutti insieme per evitare gli eccessi”. C’è contraddizione tra gli aiuti che il Governo da al
mondo del vino tramite il Ministero dell’Agricoltura e del Commercio estero e
la norma che ne limita il consumo ai soli maggiorenni? “Non vedo alcuna contraddizione. Noi operiamo per
promuovere una corretta alimentazione e in questo ambito anche una corretta
assunzione di alcol. Non c’è contraddizione con quanto fanno i ministeri
dell’Agricoltura e del Commercio estero per promuovere e sostenere qualità e
mercati del prodotto italiano”. Molti nutrizionisti sostengono che il vino bevuto a pasto
e con moderazione è benefico anche in organismi in sviluppo da 16 anni in su.
Che ne pensa? “Pienamente d’accordo e infatti il punto è proprio quello
di un’assunzione moderata e corretta che può essere promossa, anche in
famiglia”. Lei personalmente, da
piemontese beve vino o è astemia?
“Amo la cucina piemontese anche quella un po’ pesante, ma
il vino, non lo bevo, con grande disappunto di mio padre”. Ha intenzione di venire nelle zone di produzione di Langa,
Roero e Monferrato per spiegare le ragioni della norma? “Non mancherò”. È favorevole a scritte e avvertimenti sulle etichette
delle bottiglie di alcolici come già avviene per le sigarette e anche per il
vino in altri Paesi? “No. Perché non sono sostanze di per sé nocive come nel caso del fumo. Il problema è come e quanto si beve. Il mio obbiettivo è convincere gli italiani a farlo bene. Non a caso, qui da noi, quando si brinda si dice “salute!”. Vorrà significare qualcosa o no?” L’OPINIONE Giusto vietare l’alcool ai minori
di Davide Giacalone Non è del tutto chiaro cosa c’entri l’alcool con la legge
finanziaria, ma l’idea di proibirne la vendita ai minorenni e sulle autostrade
la trovo giusta. Anzi, giustissima. Negli Stati Uniti, tanto per fare un
esempio, è già così e ai minorenni non può essere venduto e neppure servito
nessun tipo d’alcolico neanche se accompagnati dai genitori. Naturalmente
questo non blocca il fenomeno dell’alcolismo giovanile, ma lo disincentiva
parecchio. A taluni, forse, potrà sembrare strano, anche a causa di
tutte le corbellerie che si sono dette e scritte sul proibizionismo, ma anche
quando, sempre negli USA, si abolì la legge che proibiva l’alcool per tutti
l’alcolismo aumentò. Il che, a pensarci bene, è del tutto ovvio. In altre parti
del mondo, penso all’Europa, e in particolare alla Francia e all’Italia, esiste
un millenario e positivo rapporto con il vino, tanto che un “goccino” lo diamo
volentieri anche ai nostri figli, senza per questo sentirci dei criminali o
volerli rovinare. Ma questo non ha nulla a che vedere con il consumo di alcool
in più alta quantità e a più alta gradazione, che ha effetti devastati sul
fegato dei più giovani e può indurre pericolose dipendenze. Certo, è sempre
meglio educare che proibire, indurre consapevolezza anziché timore, ma anche
proibire è un modo per educare, per segnalare come un piacere può divenire
pericolo. Giudicare inutili le proibizioni (come subito hanno protestato in
diversi, all’interno della stessa maggioranza di governo), magari sostenendo
che sono proprio queste a indurre le trasgressioni, è un non senso logico,
perché così procedendo si arriva a considerare inutile il legiferare. Piuttosto,
c’è un punto che m’incuriosisce: se ai minori è proibito consumare alcool, deve
essere proibito consumare anche le droghe, o si vuol far valere un diverso
regime? (*) Se da noi, che abbiamo la richiamata e positiva tradizione e
abitudine al consumo, può essere, ed effettivamente è, pericoloso l’alcool, a
maggior ragione lo sono sostanze che non compaiono nella nostra storia. Si
dovrebbe, dunque, chiarire ai ragazzi che non si toglie loro nulla, ma, semmai,
si offre la consapevolezza che disporre della propria vita è cosa buona e giusta,
nella più assoluta libertà da ogni dipendenza. (*) Nota: la nuova normativa sugli alcolici contenuta nella finanziaria non proibisce ne punisce il consumo di alcolici da parte di minorenni, ma la somministrazione e le vendita agli stessi. Analogamente il T.U. sugli stupefacenti punisce la cessione e la detenzione, non l’uso degli stupefacenti. VARESENEWS Varese - Convince ma senza entusiasmare la norma che vieta
la vendita di alcolici ai minori. «È ingenuo pensare che basti una legge» Vietare ed educare per impedire
l’abuso di alcolici
Alcolici vietati ai minori di 18 anni: nei locali pubblici
e in autostrada. Una regola che suona di "proibizionismo" ma che non
viene bocciata dagli "addetti ai lavori". «Una legge è buona se serve a mandare un segnale -
commenta Don Luca Violoni, responsabile della Pastorale Giovanile di Varese -
ma a questo segnale devono seguire politiche di formazione e prevenzione
specifiche. Altrimenti rimane un divieto fine a sé stesso. Sarebbe molto
ingenuo pensare che basta una legge. Dobbiamo, invece, insistere
sull’educazione agli stili di vita. C’è il ragazzo che si beve una birra in
compagnia degli amici, c’è chi eccede per l’euforia di un momento, chi si
ubriaca per dimenticare un problema serio che non riesce a superare. Non si
possono mettere sullo stesso piano i tre casi distinti, ma si può investire
sull’educazione, sulla cultura per aiutare ciascuno a "gestire" il
suo bicchiere». Condivide l’idea generale del fine salutista Franco del
Balthazar, locale del centro di Varese supergettonato dai giovani: «Anche se io
gli nego un alcolico, il ragazzo se lo va a comprare in un supermercato. Io non
faccio l’assistente sociale, ma sicuramente questo bar permette ai ragazzi di
socializzare, di stare insieme, ridere, scherzare, passare il tempo in
compagnia. Non credo che il divieto di vendere alcolici ai minorenni inciderà
sul numero dei clienti, ma qualche incasso in meno lo comporterà». Cultura, quindi, educazione e formazione sono necessari perchè un divieto non venga visto solo come una nuova occasione di trasgredire. L’Azienda Sanitaria locale, deputata a promuovere la cultura della salute, da tempo è impegnata in progetti di sensibilizzazione: «Operiamo su tre livelli - spiega il dottor Vincenzo Marino, responsabile del Dipartimento della Prevenzione - esistono i consultori dove il singolo caso trova assistenza e supporto. C’è il camper informativo che posizioniamo fuori dai locali più a rischio come le discoteche e poi abbiamo una serie di progetti per la promozione degli stili di vita che portiamo avanti, per esempio, nelle scuole. Ora stiamo studiando una forma di " marketing preventivo". I consumatori comprano "sogni" : auto, vestiti, case per apparire in modo differente. Anche la droga promette sogni e così il vino. Noi dobbiamo far aprire gli occhi alla gente e riportarla alla realtà con una "propaganda contraria". L’alcol per gli adolescenti è micidiale e può avere effetti devastanti sul cervello: iniziare a vietare e creare poi una cultura è un’ottima L’ARENA.IT Niente alcol sotto i 18 anni.
Reazioni tra i giovani e gli esercenti
«Continueremo a bere, chi controlla?» Nicolò, liceale: «Nessuno si è mai
rifiutato di servirmi». «Divieto aggirabile» «Non siamo autorizzati a chiedere
la carta d’identità» Stop alla vendita di sostanze alcoliche agli under 18. Tra
le più discusse novità della Finanziaria targata Prodi il divieto per i locali
pubblici (tra cui bar, ristoranti e discoteche) di somministrare al banco o
vendere birra, vino e superalcolici a chi ha meno di 18 anni. Due in più
rispetto a quanto previsto dalla normativa vigente. E se finora per aggirare il
"blocco" bastava che il minore entrasse in un supermercato, dal
gennaio 2007 non sarà più così. Un modo, nelle intenzioni del Governo, per arginare il
preoccupante aumento del consumo di alcolici tra i giovani in Italia, dove,
secondo un’indagine dell’Istituto Superiore di Sanità, si comincia a bere già a
12 anni: l’età più bassa in Europa. E dove gli habitué dell’alcol con meno di
16 anni sono più di 800mila, molti dei quali di sesso femminile. Soddisfatti dell’iniziativa, anche nella nostra città,
soprattutto adulti e genitori. Pollice verso, invece, da parte dei diretti
interessati, che nella maggior parte si dichiarano a favore della birra del
sabato sera ma assolutamente alieni dalle sbronze gratuite. «Per noi non credo cambierà molto - sostiene Nicolò, terza
liceo, iscritto al Messedaglia -. Anche prima che avessi 16 anni nessuno si è
mai rifiutato di servirmi da bere. Al limite il gestore ci invita a finire in
fretta e a uscire dal locale, per evitare problemi con eventuali controlli.
Penso proprio che continuerà così». Scetticismo anche da parte di Mattia e Germano, coetanei:
«Se facessero problemi basterà mandare a ordinare degli amici maggiorenni»,
confermano tranquillamente. «Non penso che con i divieti si ottengano buoni
risultati - aggiunge Enrico Martelletto, 17 anni -. Spesso i ragazzi li
disattendono proprio in quanto tali». «Moltissimo dipende anche dal gestore del locale - spiega
Silvia Cherchi, quinta liceo -. Pur di vendere credo che molti continueranno a
lasciar correre, come succede già con le sigarette». «La procedura di verifica dell’età del ragazzo è
certamente laboriosa - afferma Claudio Silvestrini, presidente della sezione
veronese della Silb, associazione che riunisce i locali da ballo italiani - ma
il problema è che non siamo autorizzati a richiedere un documento di identità.
(*) E se interveniamo con iniziative personali per il bene del minore, magari
chiamando i genitori, rischiamo addirittura una denuncia. Noi non abbiamo gli
strumenti per poter intervenire, forse il problema va risolto più a monte,
proprio con l’aiuto delle famiglie». E il problema di una formazione più approfondita sui danni
che può causare l’alcol in termini di salute e di rischi per la guida è
sollevato anche da Fernando Morando, presidente provinciale Confcommercio: «Il
divieto, anche se allargato ai minorenni, è facilmente superabile - afferma - e
il proibizionismo contribuisce solo a spostare il problema nell’ombra,
spingendo i ragazzi ad agire di nascosto. Penso invece - continua - che serva
un cambio di mentalità, che passa attraverso campagne formative continue e
un’educazione al problema che parte sin dai piccoli, nelle scuole e con i genitori».
Elisa Pasetto (*) Nota: in merito alla possibilità di richiedere un documento comprovante l’età la situazione dei gestori dei locali da ballo non dovrebbe essere molto diversa da quella dei gestori di cinema. IL GAZZETTINO (PADOVA) ALCOLICI Confesercenti, no a nuovi
controlli
«Costringere gli
esercenti a compiere controlli anagrafici a ogni consumazione o acquisto di
alcolici rappresenta un problema». (*) Lo sostiene Mauro Cinefra commentando
l’innalzamento da 16 a 18 anni del divieto di vendita e somministrazione di
bevande alcoliche. (*) Nota: è difficile giustificare le resistenze dei commercianti di fronte all’esigenza di controllare l’età dei loro clienti. Forse sono così abituati a dichiarare di meno che crea loro sconcerto chi tende a dichiarare di più. AVVENIRE (ONLINE) Città del Vino chiede
stralcio
“Fuori l’alcol dalla
Finanziaria”
Perché il tema dell’alcol e dei giovani è finito in
Finanziaria? E che legame c’è tra il consumo moderato di alcol – principio
sacrosanto – con la necessità di mettere a posto i conti dello Stato? E’ forse
vero quanto ha dichiarato lo scorso 29 settembre a Roma, in una conferenza
stampa di Città del Vino, il professor Alberto Bertelli, grande esperto della
materia, consulente Mipaf e vicepresidente della commissione Sicurezza e Salute
Oiv? Ovvero che “l’Italia sta subendo pressioni internazionali
legate a motivi economici, in particolare da parte dei Paesi non produttori di
vino, le cui abitudini alimentari sono diverse dalle nostre”, come è stato
ripreso in una nota Ansa del 2 ottobre scorso. E ancora, ha sottolineato
l’esperto Bertelli, “nell’ambito di questa aggressione sta passando la falsa
equazione vino uguale alcol, uguale droga. (*) Invece – ha puntualizzato
Bertelli – il vino è un prodotto salubre che ha almeno quattro incidenze
positive per l’azione frenante delle malattie cardiovascolari, tumorali,
dell’invecchiamento, ed è utile in menopausa”. (**) “Ma cosa c’entra il vino con la legge finanziaria? – si
chiede Floriano Zambon, presidente delle Città del Vino -. Possibile che un
argomento così delicato venga inserito in una discussione sui conti dello
Stato? Troviamo assurda questa ondata proibizionista che si sta alimentando.
Per una riflessione serena sul vino, sul rapporto vino e giovani, e vino e
salute, chiediamo che il tema venga stralciato dalla Finanziaria. Anziché
alimentare un’ondata proibizionista indiscriminata sarebbe opportuno stimolare
un vero approccio educativo al vino, un prodotto che non può certo essere messo
sullo stesso livello delle altre bevande a contenuto alcolico”. Il rapporto vino & salute è uno dei principali punti
di distinzione del vino dalle altre bevande a contenuto alcolico. Proprio sui
benefici che il consumo moderato di vino può arrecare alla salute delle persone
il 13 e 14 ottobre a Montalcino, presso il Teatro degli Astrusi, le
associazioni Città del Vino e Vino&Salute hanno organizzato un grande
convegno con la presenza di esperti internazionali. Si parlerà di genetica del
gusto, un filone tutto da esplorare, di vino e menopausa, di lieviti di
fermentazione e altro ancora. A Montalcino saranno inoltre presentati in
dettaglio i risultati sulla scoperta di un potente antiossidante come
l’idrossitirosolo nei vini bianchi. Per il giorno 13 ha annunciato la sua presenza a
Montalcino il ministro per la Solidarietà Sociale, Paolo Ferrero. (*) Nota: in
questo periodo vanno molto di moda le teorie del complotto: dallo sbarco sulla
luna all’attentato alle Twin Towers. Servono a rendere accettabile quello che
non si riesce a capire. L’idea che il vino è causa di enormi sofferenze è per
molti difficile da accettare. La convivenza con il vino ed una cultura che ne
nega qualsiasi aspetto negativo creano delle convinzioni così radicate che idee
diverse vengono vissute come irrazionali. La teoria del complotto le rende
accettabili dando loro un significato diverso. (**) Nota: difendere la somministrazione di alcolici ai minorenni sostenendo che ha una azione frenante nelle malattie dell’invecchiamento e che è utile alla menopausa mi sembra proprio un arrampicarsi sui vetri. LA GAZZETTA DI PARMA Niente alcolici ai minorenni
Niente alcolici ai minorenni Esercenti e associazioni di categoria: « Impossibile controllare la carta d’identità a tutti » La lotta all’alcol passa per le carte d’identità under diciotto. Il nuovo provvedimento previsto dalla Finanziaria 2007 vieta le bevande alcoliche ai minorenni. E anche agli autogrill. Già nascono riflessioni, difese e polemiche. Politici e commercianti sono divisi, anche al loro interno, però con un intento comune: combattere una piaga sanitaria e anche sociale che sempre più colpisce la nostra città. « è un provvedimento discriminante attacca Stefano Cantoni, segretario provinciale di Fiepet Confesercenti. Bar e ristoranti dovrebbero controllare le carte d’identità dei clienti, mentre i circoli privati no ». REDATTORE SOCIALE TERZO SETTORE Abolito il 5 per mille: ancora
critiche dal volontariato
Save the Children auspica che il Governo decida di
reintrodurre la misura fiscale. Aicat: ’’Noi del non profit eravamo contenti’’ ROMA – Malgrado le parole rassicuranti del Ministro Ferrero che ha parlato di "errore tecnico”, non si placano le critiche delle associazioni per la mancata riconferma nella legge finanziaria della misura del 5 per mille. Si è detta preoccupata Save the Children. “Apprendiamo con disappunto della non riproposizione del 5 per mille nella legge finanziaria di quest’anno. - commenta Valerio Neri, Direttore Generale di Save the Children - Si tratta di un passo indietro rispetto ad una misura che, pur perfezionabile, andava nella direzione di favorire una più diretta e responsabile partecipazione dei cittadini allo sviluppo e benessere sociali in ambiti di fondamentali importanza, quali, per esempio, la difesa e tutela dei diritti dei bambini. Ci auguriamo - conclude il Direttore Generale di Save the Children Italia - che, in virtù del ruolo significativo del terzo settore e dei vitali bisogni di cui le associazioni e organizzazioni non profit si fanno carico, il Governo decida di reintrodurre il 5 per mille". ”Sembra che la Finanziaria voglia sopprimere la misura fiscale del 5 per mille. – commenta l"Associazione Italiana dei Club degli Alcolisti in Trattamento - Noi del non profit eravamo contenti del 5 per mille, che prometteva di dare una boccata di ossigeno alle nostre esauste casse, e già ce lo vogliono togliere. Già mettere le mani nelle tasche dei contribuenti non è simpatico, ma metterle in quelle del volontariato è...... senza commenti”, denuncia il presidente Ennio Palmesino. L’ARENA.IT Inviati al Pontefice, in vista del convegno ecclesiale, i
risultati di un sondaggio dell’Osservatorio sulle tossicodipendenze Allarme droga, appello al Papa
Lettera aperta a Benedetto XVI: «Nelle famiglie con
valori forti il rischio è inferiore» Vi chiedo di non lasciarvi soggiogare
dalle illusioni di questo mondo. In questo periodo è necessario impegnarsi per
dare ai giovani orizzonti sani di Alessandra Vaccari Una lettera aperta al santo Padre e ai vescovi. Un
documento che evidenzia un dato importante di una ricerca effettuata
dall’Osservatorio regionale sulle tossicodipendenze: chi crede in Dio è meno
soggetto alla dipendenza dalla droga. In occasione del IV Convegno ecclesiale nazionale, che si
terrà tra qualche giorno nella nostra città, il dottor Giovanni Serpelloni
direttore dell’Osservatorio regionale sulle dipendenze e gli operatori del
dipartimento delle dipendenze di Verona hanno voluto dare un simbolico
benvenuto al Papa e a tutti i partecipanti al convegno sottolineando questo
dato. L’osservatorio si occupa, su mandato della Giunta della Regione del
Veneto, dei gravi problemi collegati all’uso di droghe ed alcol e incontra
quotidianamente la sofferenza che questa piaga comporta soprattutto per i
giovani, che forse poco guidati e molto spesso disorientati, si avvicinano a
questa "anticultura", a questa realtà di morte, rinunciando a operare
scelte di vita realmente libere. «Ci hanno confortato e rassicurato molto le parole del
Pontefice rivolte ai giovani che hanno assistito alla messa conclusiva della
sua visita il 28 maggio scorso a Cracovia e che promettevano e dichiaravano (in
un libro donatogli per l’occasione) di non usare droghe e di voler restare
liberi da esse», si legge nella lettera, ««il santo Padre rivolgendosi a loro
disse "vi chiedo come padre: siate fedeli a questa parola. Qui si tratta
della vostra vita e della vostra libertà. Non lasciatevi soggiogare dalle
illusioni di questo mondo" e subito dopo, in san Pietro, affermava "
la droga è una grande illusione". Noi ci auguriamo che queste parole
vengano ascoltate e riprese ancora all’interno del convegno oltre che da tutti
coloro che possono incidere su questi problemi, prima di tutto i giovani
stessi, ma anche i loro genitori e soprattutto tutti coloro che, come tanti di
noi, hanno responsabilità di tutelare la salute delle persone e di dirigere
strutture ed amministrazioni pubbliche». La lettera riporta i risultati di un’importante e complessa
ricerca sull’uso delle droghe nella nostra Regione, da sempre in prima linea e
seriamente impegnata nella lotta alla droga, potendo vedere che purtroppo molti
giovani (anche se non la maggioranza) ne sono attratti e qualcuno anche già
vittima infelice. Nella ricerca è stato constatato che tale uso non è
infrequente anche nei genitori che forse, in grave difficoltà e crisi di
valori, a volte ricorrono a queste sostanze che non possono portare comunque ad
alcuna soluzione ma solo ad aggiungere ulteriori problemi a quelli già
esistenti. «Nel rilevare questo preoccupante fenomeno e
nell’elaborare i dati abbiamo potuto oggettivamente notare anche che in quei
giovani o genitori che si dichiarano "credenti e praticanti", dove
cioè sono presenti dei valori di base forti ed una attenzione alla spiritualità
magari vissuta anche concretamente nel quotidiano, il rischio droga è molto
minore. Tutto questo a significare che molto dell’attecchimento di tale piaga
può essere prevenuto con una sana e permanente educazione al rispetto dei
valori assoluti dell’uomo meglio se attraverso il vivere la propria
spiritualità ed una fede religiosa». Gli esperti auspicano che si possa affrontare ed
approfondire all’interno del convegno stesso anche questo tema cruciale. «Siamo stimolati e confortati dalle parole del Pontefice al riguardo e sempre di più si rafforza in noi il convincimento che mai come in questo periodo sia necessario che le persone di buona volontà, in ogni settore e campo professionale in cui si trovano a operare, debbano unirsi ed impegnarsi a trasmettere ai propri figli e ai giovani valori sociali e spirituali forti e sani. Pertanto formuliamo questo augurio accompagnato da questo appello affinché tutti noi possiamo trovare un sempre maggior impegno nella lotta alla droga attraverso la proposizione di orizzonti che dicano "si" alla vita e alla famiglia, spaziando ben oltre a quelli che queste sostanze sono in grado, in modo effimero, dannoso ed illusorio di generare», conclude la lettera. REDATTORE SOCIALE DROGHE Tossicodipendenza: ’’I cattolici
praticanti sono meno a rischio’’ Veneto, il Dipartimento dipendenze scrive al Papa in vista
del congresso eucaristico di Verona. I dati: è la cannabis la sostanza più
diffusa (il 25% l’ha provata e il 15% l’ha usata nell’ultimo mese); genitori
poco preparati VERONA - L’occasione di una profonda riflessione sulla
diffusione delle droghe nella regione del Veneto è data dall’imminente presenza
del Papa a Verona (il 19 ottobre) in occasione del IV Convegno Ecclesiale Nazionale.
Alla luce delle riflessioni sull’utilizzo delle sostanze
stupefacenti fatte dal Papa nel maggio del 2006 a Cracovia, il direttore
dell’Osservatorio regionale sulle dipendenze, dottor Giovanni Serpelloni, e gli
operatori del Dipartimento delle Dipendenze di Verona hanno deciso di inviare
direttamente al Santo Padre una lettera aperta. Una missiva nella quale si
auspica un nuovo intervento in materia a opera del Pontefice durante il
convegno veronese e nella quale si coglie l’opportunità di illustrare i dati di
una recente ricerca a cura dell’Osservatorio. Ma perché inoltrare tali dati
proprio a Benedetto XVI? Soprattutto perché dalla relazione finale si evince
che “in quei giovani e genitori che si dichiarano praticanti – dove cioè sono
presenti dei valori di base forti e una attenzione alla spiritualità magari
vissuta anche concretamente nel quotidiano - il rischio droga è molto minore”. Tutto questo, secondo i mittenti della lettera, sta a
significare che molto dell’attecchimento di tale piaga “può essere prevenuto
con una sana e permanente educazione al rispetto dei valori assoluti dell’uomo
meglio se attraverso il vivere la propria spiritualità e una fede religiosa”. Ma vediamoli, nel dettaglio, questi dati emersi dalla
ricerca dell’Osservatorio: sul versante dei giovani sono stati coinvolti 4917
soggetti di età compresa tra i 12 e i 24 anni di entrambi i sessi e di tutte le
province venete. Secondo quanto emerso, più dell’80% ha bevuto almeno una volta
alcolici e il 65% nell’arco dell’ultimo
mese. Per quanto riguarda i superalcolici, ne ha bevuti almeno una volta il
68%; il 52% negli ultimi 30 giorni. Tra le droghe è la cannabis la sostanza più diffusa (il
25% l’ha provata e il 15% l’ha usata nell’ultimo mese); fortunatamente
inferiore, ma comunque significativo, il dato d’incidenza della cocaina,
sperimentata dal 4% dei soggetti e nell’ultimo mese dall’1,8%. Positiva, si diceva, l’influenza religiosa, ma per quanto
riguarda la politica si scopre che il 43% dei giovani di sinistra ha fumato
marijuana almeno una volta nella vita, contro il 30% dei simpatizzanti di
destra. L’analisi indaga anche la “percezione del rischio” da
parte dei giovani, che è alta per l’eroina, le anfetamine e la cocaina
(rispettivamente 92%, 91% e 90%), inferiore per l’alcol, che si ferma all’80%,
e per la cannabis (76%). Fanalino di coda gli steroidi (68%) e il tabacco, che
arriva solo all’1%). Secondo le stime, inoltre, ci sarebbe una carenza di
informazione sugli effetti delle sostanze e un’opinione favorevole sul libero
uso di hashish e alcolici. Sul fronte della prevenzione, bassa è la percentuale di
chi conosce e considera il Ser.T (25%), più della metà (65%) ha visto le
campagne di sensibilizzazione regionali e un alto numero (78%) ritiene utile il
dialogo. Ma se i giovani sono i principali destinatari e soggetti
della ricerca, non sono stati trascurati nemmeno i genitori (intervistati in
975), gli amministratori e i direttori dei servizi sociali. Interpellati sul grado di conoscenza delle sostanze e dei
loro effetti e rischi, i genitori non hanno raggiunto risultati lodevoli: si
aggira sempre intorno al 50% il grado di conoscenza delle più svariate
sostanze, dall’alcol alla droga, dalla cocaina all’eroina, dall’hashish
all’ecstasy. Segno che una maggiore informazione è necessaria. Ma almeno sul fronte dell’utilizzo delle sostanze le
figure genitoriali sono promosse: i dati faticano a raggiungere l’1%. Questa la
situazione nel dettaglio: la cannabis è stata provata una volta nella vita dal
25% degli intervistati (nell’ultimo mese dal 6,3%), le anfetamine provate dal
3% e nell’ultimo mese utilizzate dallo 0,3%, la cocaina si ferma al 4,2% di chi
l’ha provata almeno una volta (0,5% nell’ultimo mese) e infine l’eroina ha un
grado di uso nella vita dell’1% e di uso attuale dello 0,2%. La ricerca è on line all’indirizzo www.veneto.dronet.org., IL GAZZETTINO (NORDEST) Treviso È una condanna che verrà citata
come esempio ... È una condanna che verrà citata come esempio quella emessa
ieri a Treviso, dopo due ore di riflessione, dal giudice dell’udienza
preliminare Gianluigi Zulian, per l’incidente che avvenne il 5 agosto del 2005
alle 22.30 in centro ad Arcade. L’accusa, sostenuta dalla dott.ssa Francesca
Torri per il pubblico ministero, a carico di Stefano Girardi, 32 anni, di
Volpago del Montello (Treviso), era di omicidio colposo, guida in stato di
ebbrezza e velocità eccessiva. Due anni e 8 mesi la condanna, un anno di
sospensione della patente, 500 mila euro già risarciti alla famiglia e 60 mila
euro stabiliti ieri "iure ereditario" per le ore di sofferenza di
Melania Grassedonio, 10 anni, finchè rimase in vita. Revocati a Girardi i
benefici che aveva ottenuto dopo la condanna a nove mesi, ugualmente per omicidio
colposo, in cui morì l’amico che gli viaggiava a fianco. Durante la sagra di San Lorenzo ad
Arcade venne travolta la piccola, che morì dopo strazianti ore in ospedale;
rimase ferita, e rischia un’invalidità permanente, la sorellina Daiana, che ora
ha 8 anni; venne ferito Bryan, di 8 mesi, guarito completamente, e un amico di
famiglia, Fabrizio Musa, di 37 anni, che riportò la frattura degli arti
inferiori. Girardi si era appena mosso dal bar nel centro della
piccola località che era piena di gente in occasione della sagra; la Bmw era
uscita dal controllo del proprietario, aveva fatto testacoda ed era piombata
sulla famiglia che si trovava ferma sul lato della strada. La condanna di ieri a 2 anni e 8 mesi si sommerà ai 9 mesi
senza condizionale per l’omicidio colposo precedente, per un totale di 3 anni e
5 mesi; tre anni li cancella automaticamente il recente indulto concesso dal
Governo, ma i 5 mesi rimarranno sulla testa del conducente come monito. Magari
l’Appello o la Cassazione li cancelleranno, ma intanto la lezione è arrivata,
durissima, dopo che precedentemente, nel Trevigiano, era avvenuto che un uomo
avesse ucciso in incidenti stradali diversi tre persone e per il terzo omicidio
colposo venisse condannato a sei mesi. Su questa condanna (del 2003) è ancora
pendente il ricorso in Cassazione presentato dal pubblico ministero Antonio De
Lorenzi. Recentemente la severità per questi reati si è rafforzata:
del resto la recente legge sulla recidiva (cioè sulla ripetizione di un reato
commesso volontariamente) ha dovuto escludere l’omicidio colposo che - proprio
perchè commesso senza dolo - non può essere "previsto" da chi lo
commette. Girardi non era in aula: il suo stato di salute dopo la
seconda tragedia è precipitato e la sua famiglia ha sempre detto che la
coscienza del giovane sarà per sempre ben più punitiva di qualunque sentenza:
quando accadde il fatto, il giudice Valeria Castagna accolse la richiesta del
Pm Torri degli arresti domiciliari, che durarono 19 giorni e che furono
un’assoluta novità proprio come conseguenza di un reato involontario. Antonella Federici IL GAZZETTINO (NORDEST) Il legale: «Una volta tanto la
giustizia è stata davvero dalla parte delle vittime» TREVISO - (A. Fed.) «In Italia non accade spesso,
purtroppo, che la giustizia sia davvero al fianco delle vittime, ma oggi è
accaduto». L’osservazione è venuta dal giovane ma brillante avvocato che ha
sostenuto la famiglia Grassedonio nel lungo calvario dall’agosto 2005 ad oggi,
Nicola Canestrini, di Rovereto (Trento). La signora Grassedonio, quando avvenne il fatto, risiedeva
ad Arcade con il suo compagno Fabrizio Musa, 37 anni; aveva con sè i sei figli
avuti dal marito Michele che invece abitava a Rovereto, in provincia di Trento.
Dopo le molte sofferenze per la salute dei piccoli, la signora e il marito si
sono riappacificati e la famiglia è tornata a risiedere in Trentino. L’avvocato Canestrini ha commentato l’abbraccio tra la madre di Melania e il Pm Francesca Torri dopo la lettura della sentenza, con le lodi per il comportamento della pubblica accusa «che ha condotto fin dall’inizio questa vicenda con una forza e una determinazione eccezionali». «Sia la dottoressa Torri che la dottoressa Castagna, il Gip che dispose gli arresti domiciliari malgrado si trattasse di un omicidio colposo (in virtù del fatto che era il secondo causato dal Girardi in stato di ebbrezza, ndr), non avrebbero potuto fare di meglio». La Procura di Treviso è all’avanguardia nel tentare di stroncare questi comportamenti che causano ogni anno più morti delle guerre ed è noto che è stato il procuratore Antonio Fojadelli, che presiede l’Osservatorio regionale sul fenomeno, a introdurre il sequestro del mezzo per chi reitera la guida in stato di ebbrezza. A Girardi hanno dato un anno di sospensione della patente. «Spero per il suo bene che abbia il buon senso di non guidare più», commenta l’avvocato Canestrini. Quando è stata letta la sentenza Canestrini ha spiegato ai familiari che si trattava di una pena altissima. Ma non è arrivato alcun sorriso: una condanna, in una tragedia che ha colpito tutti, non è una gioia. ASAPS
UBRIACO ALLA GUIDA? NIENTE BAR PER UN ANNO
La sentenza innovativa di un giudice aostano nei confronti
di un automobilista recidivo alla positività dell’alcoltest di Maria Teresa Zonca Asaps) Accade ad Aosta. Un uomo di 50 anni, sorpreso più
volte dalla Polizia Stradale mentre guidava in stato di ebbrezza, dovrà
scontare una singolare condanna: niente pub, niente bar, nessuna possibilità
per un anno di entrare in locali in cui si vendono alcolici. Il provvedimento è
del giudice Eugenio Gramola, noto alle cronache per aver condannato Anna Maria
Franzoni a 30 anni di reclusione per l’omicidio del figlioletto Samuele, a
Cogne. Un giudice che sino ad oggi si è dimostrato particolarmente inflessibile
di fronte alla volontarietà di commettere reati. Tant’è che non solo ha accolto
la tesi del pubblico ministero, che chiedeva per l’uomo un mese e due giorni di
arresto oltre ad una multa di mille e duecento euro: ha aumentato la pena a 40
giorni di arresto e la multa a 1.365 euro. Gramola deve di certo aver pensato
che non fosse abbastanza come deterrente, che in qualche modo bisognava
prevenire questa recidività all’abuso di alcolici: il cinquantenne, infatti,
per ben tre volte è stato “beccato” con un tasso alcolico nel sangue superiore
di diversi punti rispetto allo 0,5 g/l consentito dalla legge. Da qui, l’idea
di metterlo il più possibile nella condizione di stare lontano dall’alcol, di
costringerlo a restare sobrio per tutelare non solo la su
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