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Corte di Cassazione 12/10/2006

da Altalex - Furto in aeroporto è sempre aggravato

Cassazione, sez. II penale, sentenza 15 febbraio 2006 n° 31557

Nell’aggravante del furto di cui all’articolo 625 n. 6 cod. pen., il termine “stazione” (o scalo), indica un concetto che si estende, da “genus ad speciem”, a tutte le istallazioni e aree, locali di transito o di sosta, uffici e attrezzature adibite a servizi ausiliari e quant’altro esistente ricollegabile al viaggio delle persone che colà si recano con i propri bagagli.
Il principio è affermato dalla Suprema Corte in una pronuncia concernente la responsabilità penale di un imputato per il delitto di tentato furto aggravato, posto in essere nell’ufficio di un’agenzia collocata all’interno di una struttura aeroportuale.
La Suprema Corte respinge la tesi difensiva, secondo la quale, l’azione commessa in un ambiente fisicamente separato, seppure interno, ai luoghi enunciati all’art. 625, n. 6 cod. pen. non rientra in tale fattispecie normativa.
Secondo il Collegio, è, infatti, privo di fondamento logico-giuridico l’assunto, secondo il quale, la ratio della previsione di cui all’art. 625, n. 6 cod. pen. attiene alla maggiore difficoltà del viaggiatore di esercitare un controllo sul proprio bagaglio, a causa del sovraffollamento tipico delle stazioni, con la conseguenza che tale aggravante viene meno qualora il controllo del bagaglio sia reso più agevole dalla presenza del viaggiatore in un luogo ristretto, interno alla stazione. A tal proposito, il Collegio ha cura di precisare come la condizione di sovraffollamento non sia affatto contemplata dalla previsione di cui all’art. 625, n. 6 cod. pen. e che, pertanto, anche il furto posto in essere in una struttura interna alla stazione aeroportuale sia da qualificarsi in termini di furto aggravato.

(Nota di Cristina Ravera)


 

SUPREMA CORTE DI CASSAZIONE
SEZIONE II PENALE

Sentenza 15 febbraio-25 settembre 2006, n. 31557

Presidente Morelli – Relatore Conzatti

Svolgimento del processo

S. G., ritenuto colpevole dei delitti di tentato furto aggravato di un borsone di proprietà del cittadino americano J. G. Jr G. nell’ambito dell’aeroporto internazionale di Malpensa (capo A articoli 56, 624, 625 n. 6, 99 Cp), di ricettazione di patente di guida e falsità materiale commessa da privato (B- articoli 81 cpv 648, 482, 477, 99 Cp, in Somma Lombardo il 26 ottobre 2000) e condannato con sentenza 11 aprile 2002 dal Tribunale di Busto Arsizio, sezione distaccata di Gallarate, alla pena di mesi 9 di reclusione e 200 euro di multa per il reato sub A, di mesi 11 di reclusione ed euro 600 di multa per il reato sub B, ricorre per l’annullamento della sentenza 4 aprile 2003 della Corte di appello di Milano, confermativa della sentenza di primo grado, deducendo la violazione dell’articolo 606 lettera b) Cpp in relazione all’aggravante di cui all’articolo 625 n. 6 Cp (per la quale si procede di ufficio, non essendo stata sporta querela) che prevede l’ipotesi del fatto «commesso sul bagaglio dei viaggiatori in ogni specie di veicoli, nelle stazioni, negli scali o banchine, negli alberghi o in altri esercizi ove si somministrano cibi o bevande».

Sostiene il ricorrente, il quale riconosce che il fatto è avvenuto ai danni di un viaggiatore e che ha avuto oggetto il bagaglio di costui, che il tentativo di furto è avvenuto in un luogo diverso rispetto a quello contestato e ai luoghi indicati nella norma, vale a dire non nello scalo o stazione aeroportuale, ma nell’ufficio dell’agenzia "Hertz Autonoleggio" che, seppure collocato all’interno della struttura aeroportuale di Malpensa, è indipendente rispetto alla stessa per le sue caratteristiche strutturali e funzionali (è pacifico il dato che gli uffici della Hertz sono separati dal resto dell’area da un apposito ingresso, attraverso il quale "si entra e si esce").

Premettendo che la ratio della norma è riferita alla maggiore difficoltà per il viaggiatore di esercitare un controllo sul bagaglio, a causa del sovraffollamento tipico delle stazioni, tale interesse viene meno allorché il viaggiatore e il suo bagaglio si trovano in un luogo delimitato, seppure interno alla stazione, perché il controllo sulla res in uno spazio ristretto è logicamente più agevole rispetto a quello in cui si muove la massa dei viaggiatori.

In secondo luogo il ricorrente sostiene l’inconferenza del ragionamento del giudice di merito, che attribuisce rilevanza al fatto che lo S. si è dato alla fuga all’interno dell’aerostazione, inseguito da agenti di polizia, durante la quale ha abbandonato il bagaglio (un borsone) prima sottratto, dovendosi considerare ai fini dell’aggravante in parola il solo momento iniziale della condotta.

I motivi sono manifestamente infondati.

Il primo, perché si basa su una supposizione che non trova alcun riscontro nella norma in esame, dove non è affatto prevista la condizione di affollamento dei luoghi sottoposti alla specifica tutela penale.

Il secondo, perché presuppone che il tentativo di furto sia avvenuto in un locale diverso da quelli sottoposti alla specifica tutela in esame, sulla base di una interpretazione restrittiva della norma che non può essere condivisa.

La tesi difensiva, che l’azione commessa in un luogo fisicamente separato, seppure interno ad uno dei luoghi specificati dal n. 6 dell’articolo 625 Cp, non è compresa nella norma, non è parimenti riscontrabile nella fattispecie in esame.

Deve stabilirsi che, nell’aggravante del furto di cui all’articolo 625 n. 6 Cp, il termine "stazione" (o scalo, come definito l’aeroporto dal giudice di appello), indica un concetto che si estende, da "genus ad speciem", a tutte le istallazioni e aree, locali di transito o di sosta, uffici e attrezzature adibite a servizi ausiliari e quant’altro esistente ricollegabile al viaggio delle persone che colà si recano con i propri bagagli.

Il ricorso è, in definitiva, inammissibile e il ricorrente è condannato al pagamento delle spese processuali e della somma, equitativamente liquidata, di euro 600 in favore della Casa delle ammende, non ravvisandosi assenza di colpa nella proposizione del ricorso (articolo 616 Cpp).

PQM

La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro 600 alla Cassa delle ammende.

Così deciso in Roma, il 15 febbraio 2006.

Depositato in Cancelleria il 25 settembre 2006.

 


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Giovedì, 12 Ottobre 2006
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