IMPORTANTE, PERICOLO VIRUS!!! Se vi arriva un messaggio, con le scritte più varie, che
vi rimanda all’apertura di un link che comincia per www.comunicazione...
CANCELLATELO SUBITO SENZA APRIRE IL LINK. E’ del tutto probabile che si tratti di un virus. Chiunque sia indicato come mittente del messaggio, in realtà non c’entra niente con il messaggio stesso, che sta girando a sua insaputa. IL GAZZETTINO GIOVANI & ALCOL Sergio Muniz "testimonial" in una fiction contro
il vizio della bottiglia Verona Dopo «Il cielo può attendere», realizzato per
sensibilizzare la donazione di organi, è la volta di una seconda produzione
cinematografica dedicata a temi sociali importanti, in questo caso quello dell’alcolismo
giovanile. Il nuovo progetto, prodotto da Media Italia di Michele Calì con il
sostegno delle Aziende Socio-sanitarie del Veneto e che vede come capofila
l’Ulss 20 di Verona, è stato presentato a Verona, alla presenza dell’assessore
alla Sanità del Veneto, Flavio Tosi, che assieme all’assessorato ai servizi
sociali e alle politiche giovanili ha assicurato il patrocinio all’iniziativa
assieme al Ministero della Salute e alle istituzioni locali. Il film si
intitolerà «I giorni perduti», per la regia di Bruno Gaburro. Interpreti
principali saranno Federica Andreoli e Sergio Muniz, ma avranno una parte anche
Franco Nero, Maurizio Mattioli, Enzo Iacchetti e Katia Ricciarelli. Le riprese cominceranno lunedì prossimo e dureranno quatto settimane per concludersi entro la fine di novembre. Il film sarà trasmesso su Rai Due in seconda serata e sarà proiettato in anteprima a febbraio in una serata di gala al Palazzo della Gran Guardia. Tanto per dare un esempio della gravità del problema alcol tra i giovani, basti dire che a Padova, tra i ragazzi dai 12 ai 24 anni, il 60,3\% beve vino, il 62\% birra, il 52,4\% superalcolici e l’età media di avvicinamento agli alcolici è 14 anni, con punte di 11. L’ARENA di Verona Nei prossimi giorni inizieranno le riprese del
lungometraggio voluto dalle Ulss del Veneto sulla dipendenza giovanile Alcol mania, un film per vincerla Anche l’assessore Tosi reciterà «I giorni perduti» del
regista Bruno Gaburro Dopo il successo
del primo lungometraggio sulla donazione degli organi (che sarà ritrasmesso da
Raidue il 21 novembre) iniziano domani, sempre a Verona e dintorni, le riprese
per un secondo film di tema sociale, prodotto da Media Italia e dalle Ulss del
Veneto, stavolta sul tema dell’alcool e i giovani. La squadra vincente è la
stessa, il regista Bruno Gaburro e lo sceneggiatore Gino Capone, cui si
aggiunge Sergio Rubini come direttore della fotografia, girando questa volta in
pellicola. Le riprese dureranno fino al 4 novembre e il film, che avrà una
durata di circa 55 minuti, sarà presentato ufficialmente a Verona all’inizio di
febbraio, per andare poi in onda in primavera su Raidue o forse in uno speciale
di «Porta a porta» su Raiuno. Il film, dal titolo definitivo «I giorni perduti», è stato
presentato ieri alla presenza di alcuni degli attori tra cui Sergio Muniz, la
veronese Federica Andreoli, già protagonista anche del primo film, Alessia
Fugardi che molti ricorderanno premiata col David di Donatello come migliore
attrice per «Il grande cocomero», Katia Ricciarelli, testimonial del precedente
film e ora con un ruolo, Beppe Convertini, Eleonora Vanni, Roberto Vandelli. A
loro nel cast si affiancano nomi di spicco del cinema come Franco Nero,
Agostina Belli, Maurizio Mattioli, Enzo Iacchetti, Deborah Caprioglio, tutti entusiasti
di partecipare gratuitamente a questo progetto così importante per la
prevenzione di una piaga in aumento tra i giovani. Anche il Ministero della
Salute, previa visione del film, ha dato il suo patrocinio. «Purtroppo il Veneto ha un primato nella diffusione
dell’alcool, segno di un problema sociale» ha detto l’assessore alla Sanità del
Veneto Flavio Tosi che anche questa volta comparirà come attore, «ma se una
volta il bere era una via di fuga da situazioni di degrado, oggi è figlio del
troppo benessere e della crisi dei valori. La nostra regione è quella che più
investe nella prevenzione, e anche un film può rientrare nello stesso
obiettivo, raggiungendo i giovani con un prodotto godibile». «La caratteristica del film, come il precedente, è infatti
il tono leggero, quasi da soap opera, ma con tutto il rigore possibile su un
tema così delicato, per il quale abbiamo la consulenza dell’Osservatorio
regionale sulle dipendenze e dell’Acat, l’associazione alcolisti in trattamento»,
ha spiegato il regista, che ha confermato le location a Verona, Desenzano, al
Polo Ospedaliero di San Bonifacio Ulss 20, al Parco Sigurtà, ai Movie Studios,
in Valcamonica e in Trentino. La storia racconta di un giovane di circa 35 anni
(Muniz) che beve senza sapere bene il perché, in conflitto perenne col padre
dal carattere duro. Viene fermato per guida in stato di ebbrezza e rischia la
vita per un’emorragia interna: questo gli fa capire che è lui a dover decidere
per se stesso ed entra in un club di alcolisti in trattamento. Lì conosce
un’infermiera (Andreoli) che gli starà vicina nelle numerose ricadute, dovute
anche all’incontro con un’attrice alcolizzata. Un incontro-scontro col padre
farà venire fuori le cose non dette, e alla fine il giovane riuscirà a parlare
al suo club Acat a tre anni dall’ultimo bicchiere. Il film, dopo il passaggio in Rai, verrà trasmesso dalle
principali televisioni del Veneto e diventerà un Dvd in distribuzione nelle
Ulss e nelle scuole, contenente anche altre informazioni sull’alcool e i suoi
danni non solo fisici. (*) Daniela Bruna Adami (*) Nota: ho avuto il privilegio di leggere in anteprima la sceneggiatura, e devo dire che mi sembra sia stato fatto un ottimo lavoro. L’ARENA di Verona - La statistica sul fenomeno Il primo «goto» a quattordici anni Si abbassa l’età dei
consumatori A 14 anni il primo
bicchiere di birra o vino, a 15 i superalcolici. Si abbassa l’età in cui i
giovani si avvicinano all’alcool, secondo una recentissima indagine
dell’Osservatorio regionale sulle Dipendenze della Regione Veneto, con un
consumo prevalente tra le ragazze. Il 51,5 per cento dei giovani tra 14 e 19
anni assume regolarmente alcool e il 41 per cento si ubriaca almeno una o due
volte al mese. «La cosa ancora più grave è che l’alcool viene assunto insieme a
sostanze stupefacenti» spiega il direttore dell’Osservatorio, Giovanni
Serpelloni, «soprattutto eccitanti come cocaina, anfetamine, exstasy, cannabis,
quindi il problema non riguarda solo l’alcool ma in generale tutte le dipendenze.
I giovani non percepiscono l’alcool come un pericolo vero, se non come causa di
incidenti stradali e purtroppo il Veneto è la seconda regione, dopo la
Lombardia, con la più alta percentuale di incidenti per guida in stato di
ebbrezza e il 35 per cento dei guidatori ha tra i 18 e i 30 anni. Nel 2005 in
Veneto i segnalati per guida in stato di ebbrezza alla Commissione medica
patenti sono stati 19.300, il 36,7 per cento dei controlli, e Verona è seconda
solo a Treviso». Alta è anche la richiesta di aiuto: l’Acat aiuta circa 20mila famiglie, mentre i Servizi per le tossicodipendenze e le Alcologie hanno in carico quasi 12mila persone, il 43 per cento delle quali ha meno di 40 anni. «Sulle droghe e in generale sulle dipendenze, è difficile arrivare ai giovani, nonostante le molte campagne di informazione» continua Serpelloni, «per questo abbiamo cercato strade diverse, come film, spot, attività artistiche quali il progetto Dream on». (d.b.a.) ALICE.IT Russia - Auto travolge colonna di
soldati: 6 morti e 19 feriti Nella città russa di Riazan, 200 chilometri a sud-est di Mosca, un giovane ubriaco alla guida di un’auto ha travolto una colonna si soldati che marciavano a bordo strada, uccidendone 6 e ferendone 19. Due dei feriti sono in fin di vita. IL GAZZETTINO (Treviso) Una trentina di agenti della Polizia ... Una trentina di agenti della Polizia municipale, una
ottantina di volontari della Protezione civile, e poi decine e decine di
addetti alla sicurezza privati, nelle vie del centro e in ciascun bar. Questi
gli "angeli" che vigileranno sulla sedicesima edizione dell’Ombralonga,
affinché oggi tutto avvenga in perfetta sicurezza. La tradizionale
manifestazione trevigiana, nella quale si rispecchia l’antica usanza dell’andar
per osterie, si apre alle 10 e 30 con la prima mescita. Secondo le stime
arriveranno in città oltre 20 mila visitatori. Un esercito di giovani e meno
giovani che, quasi tradizionalmente, ogni anno si dà appuntamento a Treviso per
un evento che ormai (molto tempo prima e anche molto tempo dopo la domenica
della festa vera e propria) domina in moltissimi forum sul web. Punto di
riferimento per tutti gli appassionati è il sito www.ombralonga.it
, che in questi giorni raggiunge il picco dei contatti. Le iscrizioni
inizieranno alle 10, con l’apertura degli stand. Con 5 euro si riceve il kit
per l’ombra: il "goto", il portabicchiere e la mappa delle tappe. Con
6 euro in più si può avere anche la "traversa". Il prezzo per l’ombra
è stato fissato a 1 euro e 50.Le pattuglie della polizia municipale saranno
sulle strade già dalla prima mattina, per l’organizzazione necessaria al corteo
storico che partirà alle 9 e 30 da piazza Vittoria. Gli agenti procederanno
alla chiusura delle strade del centro e resteranno a vigilare, a piedi, nelle
sei zone di festa della città. Lì ci saranno anche i numerosi volontari della
Protezione civile e gli uomini della security, previsti dall’organizzazione
Ombralonga. Quest’anno anche i pubblici esercizi hanno deciso di dotarsi di
addetti alla sicurezza. Un’ulteriore garanzia affinché tutto proceda nel
miglior modo possibile. Anche gli uomini della Annonaria saranno al lavoro, per
accertare la regolarità anche dal punto di vista commerciale. Sul kit Ombralonga una raccomandazione: "C’è un solo
modo di partecipare ad Ombralonga: con intelligenza, usando le più comuni norme
dell’educazione e del vivere civile". E così sembrano le intenzioni
dell’esercito di cultori di "ombre", almeno stando alle numerose prenotazioni
negli hotel cittadini, che hanno risentito della manifestazione. Insomma
bere sì, ma in sicurezza, ed è così che molti hanno deciso di fermarsi.
Altri invece, numerosissimi arriveranno e ripartiranno in treno. Tutto dovrebbe
tornare alla normalità intorno alle 19, con l’apertura delle strade, dopo
l’immediata pulizia. Olivia Bonetti WINENEWS.IT Torino - 15 Ottobre 2006 4-5 MILIONI DI EURO PER UNA CAMPAGNA CHE ... DOVREBBE
RILANCIARE LE VENDITE DI ASTI SPUMANTE! E’ partita la nuova campagna stampa dell’Asti Spumante (valore tra i 4 e i 5 milioni di euro). A fare da "testimonial", negli spot televisivi, non sarà un vip ma immagini del territorio, degli uomini e della storia del Piemonte. IL MESSAGGERO Accoltellato per un complimento “hard” Gli amici delle ragazza offesa si vendicano e aggrediscono
un diciannovenne. Il ferito è in prognosi riservata di MARCO DE RISI Un fendente alla schiena mentre passeggia con gli amici a notte fonda nel centro storico.
L’ennesima aggressione senza motivo. E’ stata sufficiente una semplice battuta
a una ragazza di un altro gruppo. Tanto è bastato per ridurre in ospedale un
diciannovenne le cui condizioni sono gravi, anche se i medici non disperano di
salvarlo. È accaduto verso le 2 di notte, in un vicolo a due passi
da piazza Campo dei Fiori, su via dei Baullari, a quell’ora ancora frequentata
da turisti e nottambuli. Sul caso indaga la polizia che ha ascoltato gli amici
del giovane aggredito e ricerca gli accoltellatori che sarebbero due e, più
o meno, coetanei della vittima. Teppismo, bullismo e probabilmente alto tasso alcolico. Stavolta il luogo c’entra poco
perché è stato un episodio circoscritto tra poche persone e non una delle risse
che hanno funestato molte volte Campo de’ Fiori. «Una cosa assurda - ha spiegato ai poliziotti l’amico del
ragazzo ferito – non abbiamo fatto nulla di male. Soltanto un apprezzamento nei
confronti di una ragazza che stava con altri ragazzi. Neanche tanto pesante.
Sono schizzati in due come molle picchiando il mio amico. Uno aveva un
coltello». A.B, 19 anni, incensurato, non ha avuto il tempo di
capire, di provare a organizzare una qualunque difesa. La coltellata l’ha
trafitto alla schiena, all’altezza di una spalla. A quel punto gli sono mancate
le forze, è caduto nel sangue sulla strada. Ovviamente gli aggressori, così
come hanno colpito in modo fulmineo, sono fuggiti altrettanto velocemente
imboccando uno dei tanti vicoli. Sul posto le pattuglie del commissariato Trevi
Campomarzio e anche gli agenti della Giudiziaria che si occupano delle
indagini. Il diciannovenne è stato trasportato su un’ambulanza a
sirene spiegate al pronto soccorso del Santo Spirito. I medici hanno capito che
non c’era tempo da perdere perché il fendente s’era fermato a pochi millimetri
dal polmone. Intervento chirurgico durato fino all’alba. Ora A.B. è ricoverato
in prognosi riservata ma, a meno di impreviste complicazioni, dovrebbe farcela.
Un’aggressione fotocopia di quelle capitate questa estate davanti ad alcune discoteche. Basta un niente, amplificato da qualche droga o dall’alcol, e partono le coltellate. IL MESSAGGERO (Ancona) Prende a morsi titolare del bar
Arrestato Prende a morsi il titolare del “Sole e Luna Cafè” di Bufarini e Gabbarini e viene arrestato dalla polizia per lesioni, violenza e resistenza a pubblico ufficiale. E’ successo ieri mattina, poco prima delle 7, a G.M., moldavo di 35 anni clandestino. Ubriaco, è entrato nel bar chiedendo un pacchetto di sigarette. Ma le sigarette il bar non le aveva. G.M., in preda ai fumi dell’alcol, di fronte alla risposta negativa ha perso il controllo. Si è avventato contro il titolare del bar, dandogli una testata. Poi l’ha morso all’addome in tre punti diversi. Poi è uscito dal locale, ma è stato arrestato dalla polzii in via Gigli. IL GAZZETTINO (Udine) I RADICALI «Alcol a scuola, niente agenti in bar» «No a spedizioni
punitive nei bar o controlli vicino alle scuole. Sarebbe il modo più sbagliato
per affrontare il problema del consumo di alcolici tra i ragazzi»: parola di
Gianfranco Lenarduzzi dei Radicali per la libertà. «È risaputo che il gusto del
"proibito" ecciterebbe ancor di più i giovani - afferma - e inoltre
li spingerebbe ad assaporare il fascino della trasgressione. Inservibile anche
l’idea di punire i gestori dei bar: sono idee anacronistiche, poiché oggi, per
chi lo volesse, la soluzione si trova al più vicino supermercato» (*). Secondo
Lenarduzzi, «sarebbe un grave errore cadere nell’antiproibizionismo, che in
tempi anche recenti ha provocato solo danni nella società. Oggi c’è il vino o
il Montenegro, ieri, nelle famiglie, come "additivo" c’era la crema
marsala o il vov e il vino conteneva ingredienti pericolosi». (*) Nota: riassumendo, si fa una legge, si verifica che
non viene rispettata, ma si pensa che non sia bene farla rispettare. Allora tanto varrebbe non fare leggi: nel nome della libertà si creerebbe il caos. IL GAZZETTINO (Treviso) UBRIACO SORPRESO AL VOLANTE DELLA VETTURA DI UN’AMICA IN
CORSO VITTORIO EMANUELE Guida contromano e non ha la patente, si imbatte nella
polizia Conegliano Senza patente e ubriaco, con l’amica in auto e soprattutto
contromano in corso Vittorio Emanuele. C’erano tutti gli ingredienti per una
serata alternativa per una coppia bellunese in trasferta venerdì sera in centro
città. E infatti i guai per i due a bordo di una Alfa 147 di proprietà della
donna sono iniziati verso le 23 quando dal senso contrario, quindi corretto,
stava arrivando da un giro di controllo una pattuglia del commissariato che ha
bloccato l’auto che rischiava di provocare un serio incidente. Sorpresi i
poliziotti quando hanno chiesto i documenti all’autista, M.D.B., 36 anni di
Belluno, e si sono visti consegnare solo la carta d’identità: l’uomo, in
evidente stato di ebbrezza, è risultato infatti essere privo di patente, non
avendola mai conseguita. Dal canto suo l’amica e concittadina, di 41 anni, lei
sì munita di patente, ha confessato di essere all’oscuro del fatto che l’amico
non avesse il documento e di avergli consentito di guidare l’auto, perchè non
conosceva la strada, salvo non avvisarlo che avevano imboccato il corso in
senso vietato. A lui infatti, che riusciva comunque a guidare bene pur non
avendo mai conseguito la patente, probabilmente poteva essere sfuggita la
segnaletica stradale. Tuttavia, sventata l’occasione di eventuali incidenti e
venuti a capo della situazione gli agenti hanno iniziato a stendere un lungo
verbale: a carico di M.D.B. la contravvenzione per guida senza patente, guida
contromano e guida in stato di ebbrezza, poichè il test alcolimetrico ha dato
un esito di 0,90 rispetto al massimo ammesso di 0,50. Per la donna verbale di
contravvenzione per aver consentito la guida ad una persona senza patente. Il
che ha comportato anche il fermo amministrativo e il sequestro dell’auto. Fulvio Fioretti IL TEMPO LATINA — Non si fermano all’alt e
i poliziotti sparano quattro colpi in aria. di STEFANIA
BELMONTE Scappano e, dopo mezz’ora, vengono rintracciati in via Persicara, da dove era scattato l’inseguimento intorno alle 16.30 di ieri. Tre ragazzi di età compresa tra i 22 ed i 25 anni, residenti nel capoluogo e già noti alle forze dell’ordine, sono stati fotosegnalati ed il proprietario dello scooter multato per oltre mille euro. I latinensi hanno chiesto a gran voce sicurezza e l’episodio di ieri pomeriggio a Borgo Piave mostra che la tolleranza zero assicurata dalla questura non è rimasta confinata nell’ambito dei buoni propositi. Alle 16.30 una pattuglia del secondo nucleo della squadra volante, diretto dall’ispettore Angelo Mocci, ha notato i giovani mentre viaggiavano in tre e senza casco a bordo di un T-Max 500, trasportando dei borsoni sportivi. Alla vista della volante, il conducente ha accelerato ed è fuggito, senza tenere conto dell’intimazione dell’alt, in direzione del capoluogo. L’inseguimento si è protratto per le vie del centro: i giovani, a folle velocità sfrecciavano contromano in via Vespucci, poi in via Po e poi prendendo, nuovamente in senso contrario, la rotatoria di Borgo Piave. È stato a quel punto che i quattro colpi sono stati esplosi in aria. Un gesto puramente intimidatorio: dentro ai borsoni poteva esserci qualsiasi cosa. Sospetto, questo, che avrebbe spinto i poliziotti a mettere mano alla pistola. Un gesto che però non è bastato a fermare i tre ragazzi, che intanto avevano preso di nuovo la direzione del capoluogo, verso via Kennedy, il centro commerciale «Latina Fiori», via Amaseno contromano fino a Piazza del Quadrato, dove l’ultimo dei tre è caduto dalla sella riportando qualche escoriazione. In un primo momento, i giovani sono riusciti a far perdere le proprie tracce, anche se la Polizia intanto aveva segnato la targa dello scooter ed era pronta a recarsi a casa del proprietario del mezzo. Nella piazza, i poliziotti hanno ritrovato uno zaino, pieno però soltanto di vestiario, che il giovane aveva perso nella caduta. Una decina di minuti dopo, poi, l’epilogo in via Persicara: i tre giovani, che intanto avevano nascosto lo scooter, sono stati riconosciuti e fermati a bordo della Citroen C2 gialla di un amico. Il motivo della misteriosa fuga è stato svelato in questura: il conducente dello scooter non si era fermato all’alt della Polizia per semplice paura. Il mese scorso, infatti, gli era stata sospesa la patente per guida in stato di ebbrezza. Un copione, quello di ieri pomeriggio, che ha ricalcato quello dell’altra sera, quando a sparare due colpi in aria era stato un poliziotto del quinto nucleo della volante, anche in quel caso perché un giovane in motorino, senza casco, non si era fermato all’alt ed aveva nascosto il volto agli agenti, girandosi dall’altra parte. Nessuna tolleranza verso le diverse manifestazioni di illegalità nel capoluogo pontino. Appare questa la nuova linea dettata dal questore Nicolò D’Angelo per riportare ordine in città. IL MESSAGGERO (Latina) Formia Ubriaco con il coltello in un circolo: denunciato In preda ad evidente ubriachezza, dà in escandescenze
all’interno di un circolo privato al centro di Formia litigando con altri
avventori e minacciandoli con un coltello. Ci sono stati momenti di tensione nel locale, dove
l’energumeno, D.L., 37 anni, di Formia, con vari precedenti penali sulle
spalle, continuava ad inveire e minacciare gli altri soci del circolo. Il gestore e qualche altro socio hanno tentato di
dissuaderlo dall’atteggiamento pericoloso per l’incolumità dello stesso
esagitato e delle altre persone presenti in quel momento. Ma è stato tutto
inutile. D.L. continuava a farfugliare frasi minacciose ed a roteare il
coltello. Qualcuno allora ha telefonato al commissariato segnalando quanto
stava accadendo nell’esercizio. Pochi minuti dopo una pattuglia di agenti è
piombata nel circolo bloccando D.L., che ha opposto resistenza, e disarmandolo.
Condotto al commissariato di via Olivastro Spaventola,
l’uomo è stato denunciato all’autorità giudiziaria per ubriachezza molesta,
detenzione abusiva di coltello e resistenza a pubblico ufficiale. S.Gion. LA GAZZETTA DEL MEZZOGIORNO All’esterno di un bar molto frequentato Aggrediscono poliziotti due giovani in manette I due erano in evidente stato di ebbrezza MONOPOLI Due monopolitani tratti in arresto per aggressione a pubblico ufficiale. E’ la sintesi dell’ennesima notte, presso un noto bar cittadino molto frequentato da giovani, trascorsa tra schiamazzi, alcool, segnalazioni dei vicini e interventi delle forze dell’ordine. Erano le prime luci dell’alba, quando a seguito di una richiesta di intervento, una volante è intervenuta in una zona più volte segnalata per schiamazzi dovuti alla copiosa presenza di giovani e per atti vandalici e di inciviltà il più delle volte dovuti all’alcool. Al loro arrivo gli agenti hanno cercato di rimettere ordine tra le auto parcheggiate selvaggiamente nella zona. L’intervento della volante ha messo in allarme gli avventori del locale tra cui i due giovani tratti in arresto: i due, maggiorenni ed incensurati, hanno dapprima attaccato verbalmente gli agenti. L’evidente stato di ebbrezza alcolica ha fatto il resto: al controllo dei documenti i ragazzi hanno reagito violentemente. Uno dei due ha strappato i documenti di mano agli agenti e tentato la fuga. Il tutto sotto gli occhi degli altri avventori. Il tentativo di fuga tuttavia è stato vano e la volante ha proceduto all’arresto per aggressione a pubblico ufficiale ed ebbrezza molesta. L’ADIGE Viveva per la strada, ora fa il sacrestano Umberto Morandini: era quasi un clochard, adesso dipinge e
aiuta a preparare la chiesa di RENZO M.
GROSSELLI Era un uomo in fuga, probabilmente da sempre. Anzi, ad un certo punto viveva come un barbone, alcol compreso. Anche il cuore aveva deciso di abbandonarlo, due infarti in successione. E quando pareva finita venne anche il consiglio che pareva sbagliato: vai in casa di riposo. E invece, per Picasso (così lo chiamano oggi in molti) venne il momento della rinascita. Ora, per varie ore al giorno lavora col suo pirografo e produce in qualche modo arte. Poi, quando è l’ora della messa prepara la chiesa, aiuta il prete nella vestizione e raccoglie anche le elemosine. «Mi chiamo Umberto Morandini e sono nato nel 1937. Ho 69 anni. Papà era della Valcamonica, mamma di Martignano. Lui era appuntato di Finanza, lei era casalinga. Carlo e Teresa si chiamavano. Io sono nato a Trento, eravamo sei fratelli». Umberto era certamente il preferito della mamma. Ed era vissuto con lei. «Sempre fatto lavori saltuari» La vita, in qualche modo gli faceva paura o, almeno, non gli andava di prenderla per le corna, di affrontala a muso duro. «Ho sempre fatto lavori saltuari. - dice - Da giovanissimo ha lavorato come operaio per le Ferriere, dopo alla Galtarossa. Poi ho fatto sempre il manovale, per varie imprese». Umberto, perché non ti sei mai trovato un lavoro fisso e durevole? « L’era i ani balordi, ciapàr en posto fiso l’era en tèrno al lòt! ». Ha gli occhi azzurri Umberto e si sta finalmente rilassando. Ha atteso il nostro incontro con impazienza, non sapeva darsi quiete. Lui non si è mai sentito importante e, forse, lo è stato per pochi nella sua vita, la mamma, la sorella. «Ho continuato a cambiare lavori, stagionali normalmente». E morose, Umberto? «Non ho trovato quella giusta. per molto tempo ho vissuto con mio fratello, dal 1960 al 1986. Fino a quando sono venuto a Villa Belfonte e la cosa mi ha salvato la vita». Calma, piano. Come sei arrivato a quel punto? «Mi sono trovato da solo. Avevo lasciato la casa. Non mi trovavo più. Poi nel 1985 mi sono preso due infarti, stavo in Bondone, aiutavo a fare un giardino. Era già tempo che non lavoravo più regolarmente». Cosa stava accadendo nella tua vita Umberto? «Non avevo una mia famiglia, mi sentivo solo». Deglutisce e ci guarda negli occhi, con quei suoi occhi azzurri e timorosi: «Mi ero messo a bere. All’inizio non era un bere per il vizio di bere. Io entravo nei bar per vedere la gente, per cercare un po’ di compagnia». Ancora uno sguardo intimidito: «Perché la solitudine è una brutta bestia. Se se trà nel béver, no se magna ». Era verso l’inizio degli anni ’80 e Umberto Morandini non aveva ancora 50 anni. Non aveva una donna, non aveva un lavoro. Girava per le strade e entrava nei bar per trovare un sorriso. Trovava il bicchiere di vino e la sua solitudine si acuiva ogni giorno di più. Uno, due bicchieri. Tre. Niente lavoro, niente amici. La disperazione. la strada pareva segnata. Ma nel 1985, in successione, ecco due infarti. I ricoveri, i recuperi. Poi su e giù, Trento-Arco, per la riabilitazione. «Finito il periodo degli ospedali mi sentii perduto. In quel momento ero un uomo alla deriva». Non ti aiutava nessuno? «Mi dava una mano mia sorella Camilla. Dormivo da mio fratello, ma stavo con lui solo alla sera. Non andavamo d’accordo». E quel fratello abitava al quarto piano di un edificio. Una prova quasi impossibile per un infartuato grave. Che fare? «Ho fatto domanda per avere un appartamentino pubblico al piano terra. Ma niente». Come avrebbe potuto fare, da solo, in un appartamento Umberto? «Le mie giornate erano brutte. Giravo senza meta». E come guadagnavi le due lire che ti servivano? «Non so... sfodegàvo , facevo qualche lavoretto, non cose pesanti». Hai mai pensato di farla finita? «La voglia di morire c’era, forte. Ma non ho mai pensato di togliermi la vita. Ti voglio dire una cosa però: non mi hanno mai portato a casa ubriaco, ci sono sempre arrivato da solo». Non gliela assegnavano quella casa al nostro uomo. «E allora andai dal vicesindaco. E lui mi disse di presentarmi qui, a Villa Belfonte, alla casa di riposo. Avevo 49 anni e la mia vita e ritornata a risplendere. Era l’11 novembre del 1986, il giorno in cui sono rinato. Un cambiamento! Tanta soddisfazione. Avevo la mia camera e una seconda famiglia. Loro mi hanno subito voluto bene. E quando ero più attivo, aiutavo in giardino ad esempio». Qualcuno a Villa Belfonte lo chiama Picasso, per quella sua somiglianza fisica col grande pittore. Sono sue, del resto, le immagini che rappresentano le tappe della Via Crucis nella chiesetta della casa. Per ogni stazione, un quadro di legno, inciso da lui col pirografo. Ecco Boris, un animatore di Villa Belfonte: «Umberto ha imparato qui a disegnare. Attacava sulla carta delle icone e disegnava il contorno col pennarello. Poi è partito, paesaggi, nature morte». Della serie: se la gente ha la possibilità di farlo, impara molte cose. «Adesso gli portano la tavola di legno e lui la incide col pirografo. Ne ha consumati due. E da quando si è dato alla produzione artistica ha anche calato di molto le sigarette fumate». Tu Umberto, cosa dici? «Fu la signora Edda Tamanini a invitarmi a dipingere coi pennarelli, un passatempo bellissimo». Umberto Morandini è vestito elegantemente di grigio, volto pulito. Ora è anche il sacrestano della casa. «Prima degli infarti non ero molto di chiesa. Sì, ci andavo alla domenica ma per abitudine. Poi me la sono vista brutta e mi sono riavvicinato alla religione. Arrivato qui ho cominciato a frequentare di più la chiesa. Lo avevo promesso: se me la fossi cavata... Allora la direttrice, signora Adelina, mi chiese di fare il sacrestano. Preparo l’altare, aiuto il sacerdote a vestirsi, raccolgo l’elemosina, accompagno il sacerdote a distribuire la comunione». Hai qualche soldo Umberto? «La pensione minima». La gente che vive una vita normale, stenta a capire gli irregolari. Quelli che la vita non l’hanno presa per le corna, oppure l’hanno presa troppo di petto. E comunque quelli che hanno perduto. Ma si tratta di persone buone, quasi sempre, che hanno molto da esprimere e che, se aiutate, possono dare molto. «Io adesso sono un signore» Umberto, cosa pensi della tua vita? «Avevo rischiato di diventare un barbone. Anzi, ero già praticamente un barbone. Adesso sono un signore. Questa casa mi ha salvato la vita». Cosa ti aspetti ancora dalla tua vita? «Quello che capita, vivo alla giornata. Ma ora vivo con ottimismo. Vieni con me, andiamo a prendere un caffè». Andiamo alla macchinetta. Lascia, Umberto, facciamo noi. «No, ti prego, lascia fare a me. Sono onorato di pagarti il caffè». No Umberto Morandini. Siamo onorati noi di vivere in una città che ha saputo recuperare i tuoi giorni. Che ha voluto darti la possibilità di ripartire. Per un giorno o per centomila. C’è la messa adesso e Umberto corre a preparare la chiesetta. Si tratta probabilmente del più bel «lavoro» della sua vita. Forse solo un poco meno bello del fare quadri. Perché lui aveva lavorato sempre saltuariamente, stagionalmente. Come operaio e poi come manovale. Ora si sente un signore ed è vestito come un bòmbo . Adios Picasso. IL TEMPO Cepagatti Terrorizza e tenta di aggredire
alcuni anziani in casa. Pregiudicato in manette UN pregiudicato di 39 anni, Giampiero Ferrone, di Cepagatti è stato arrestato dai Carabinieri della locale stazione su ordine di custodia cautelare per violazione di domicilio, minacce gravi, ingiuria, percosse e ubriachezza. L’episodio risale allo scorso 10 ottobre. L’uomo, dopo avere rotto la zanzariera di una finestra e rovesciato a terra i vasi posti sul davanzale, si era introdotto nell’abitazione di un’anziana di Cepagatti, che stava giocando a carte con altre persone anziane del posto. Il pregiudicato, in evidente stato di ubriachezza, ha impugnato una spranga metallica, minacciando i presenti: gli anziani scappavano nell’attigua cucina mentre Ferrone si è rivolto ad un anziano rimasto nella stanza, ingaggiando una colluttazione. Dopo essere stato disarmato, sia della spranga che di un coltello, l’uomo ha rovesciato il contenuto di alcuni barattoli di marmellata in corso di preparazione, sporcando e danneggiando l’abitazione, rivolgendo, nel contempo, frasi ingiuriose e minacciose agli anziani. All’arrivo dei militari, allertati dai vicini, Ferrone era fuggito. IL SECOLO XIX Vini, ok della Regione all’aumento della gradazione
alcolica aggiornate le regole per
l’impianto e l’espianto delle vigne l’autorizzazione include anche i prodotti doc Genova. Via libera della Regione all’aumento della gradazione alcolica per i vini prodotti in Liguria, compresi quelli con marchio Doc e Igt (Indicazione geografica tipica). Quest’anno, per la prima volta, la disciplina della produzione vitivinicola è passata di competenza regionale. Gli uffici dell’assessorato all’Agricoltura hanno così"ceduto" alle richieste dei produttori circa la possibilità di aumentare di un grado il «titolo alcolometrico naturale delle uve fresche, del mosto d’uva, del mosto d’uva parzialmente fermentato, del vino nuovo ancora in fermentazione e del vino da tavola». Secondo gli esperti, l’autorizzazione concessa dalla Regione non sarebbe stata necessaria «perché siamo in presenza di un’annata davvero eccezionale». La richiesta è stata avanzata dalle aziende poche settimane prima della vendemmia nel timore che la pioggia potesse "annacquare" il raccolto e, di conseguenza, ridurre la gradazione alcolica dei vini. E sotto un certo numero di gradi, le bottiglie non possono fregiarsi dei marchi di qualità, quali la Doc. Va ricordato, tuttavia, che la legge vieta tassativamente di creare vini più corposi con l’aggiunta di zucchero. Il risultato deve essere raggiunto in modo naturale, esclusivamente con l’aggiunta di mosti più"ricchi" spesso provenienti dal Sud. Nello stesso comparto, la Regione ha aggiornato di recente le regole per l’impianto e l’espianto di vigne. L’estensione di queste come di altre colture è contingentata dall’Unione europea. Dunque, nuove viti possono essere messe a dimora solo in sostituzione di altre espiantate e su specifica domanda. Unica eccezione: l’autoproduzione su appezzamenti non superiori ai 500 metri quadrati. L’ADIGE Pensavano che le pesanti minacce e
le botte fossero bastate…
Pensavano che le pesanti minacce e le botte fossero bastate per far tenere la bocca chiusa alla loro vittima. Credevano di farla franca perché erano in cinque contro uno. Ma l’alcol è sempre un cattivo consigliere e quando l’ebbrezza è passata i cinque militari dell’esercito di stanza alla caserma Pizzolato si sono resi contro di essere finiti in un mare di guai. L’accusa formulata nei loro confronti è di violenza privata, anche se avrebbero potuto esserci gli estremi per l’estorsione: hanno costretto un automobilista ad accompagnarli da Trento nord a via al Desert, dopo averlo coperto di insulti, minacciato e pure preso a botte. L’uomo, un trentacinquenne trentino, ha avuto solo la sventura di trovarsi all’alba di ieri nello stesso luogo del gruppetto di militari, che erano in borghese. Da poco aveva chiuso al pubblico il locale in cui erano rimasti per gran parte della serata, a Trento nord, ed i militari cercavano con insistenza un passaggio. Avrebbero potuto anche arrivare in caserma in taxi o a piedi, ma hanno fatto l’errore di prendere di mira uno sconosciuto cliente che stava salendo in auto per tornare a casa. L’hanno bloccato. In gruppo, probabilmente con la mente annebbiata dalla stanchezza e dall’alcol, hanno obbligato l’uomo ad accompagnarli in città sulla sua vettura, lo hanno insultato, minacciato, preso a botte come ha confermato il referto del pronto soccorso. In questo modo, con la violenza, hanno ottenuto il passaggio in auto. Il trantacinquenne non si è perso d’animo, nonostante le minacce, e ha dato l’allarme riuscendo a contattare le forze dell’ordine. Il racconto fatto dalla vittima ha trovato riscontri oggettivi. Pochissimi gli elementi che aveva in mano per riconoscere i suoi aggressori, che non aveva mai visto nel locale: ma sono stati proprio loro a tradirsi, facendosi sorprendere ancora in giro in città, all’alba, a combinare guai. I cinque militari, poco più che ventenni e ad inizio carriera, originari da fuori provincia, sono stati dunque identificati un paio d’ore dopo l’accaduto grazie alla collaborazione della vittima e denunciati per violenza privata. Una macchia, questa, che rimarrà nei loro curriculum. IL GAZZETTINO (Udine) ROVEREDO L’alloro della Cellina Domenica a Pordenone lo scrittore giuliano riceverà il
Premio Cavallini Quei due bimbi non avevano ereditato la sfortuna di un inizio
disattento, loro erano provvisti di ascolto e parola. Non avrebbero avuto
bisogno di difendersi dalla disperazione con gli isolamenti alcolici, perché
lui avrebbe fatto il possibile e l’impossibile per non farli assomigliare a lui.
No, quelle creature sarebbero cresciute per soddisfare il desiderio di una
rivincita, sarebbero diventate Campioni del mondo, Capi di governo e, senza
dover morire, persino Eroi nazionali. A interrompere quella corsa fantastica ci pensò la
curiosità dell’infermiera, che sollecitò il nome da dare ai due neonati per
trascriverli sulle cartelle. Il consulto famigliare, che si era accordato per
un Giuseppe, in memoria del nonno materno, si affidò all’istinto e alla fretta
per dar nome al secondo. Così, senza motivo e senza dedica, oltre al Giuseppe
uscì fuori un Guerrino, nomi che, per comodità, si potevano anche abbreviare in
Pino e Rino. I pensieri di quel genitore si rituffarono subito dopo
nell’ottimismo e decisero che, per dare un senso alla speranza di tutta quella
fantasia, bisognava assolutamente pagar pegno. «Per questa rivincita e per
questa felicità, giuro che da domani smetto di bere». Quell’uomo, mio padre Sisto, non smise mai di bere, perché
la sete assurda difficilmente si lascia convincere da un semplice e innocuo
giuramento. Sisto era nato in un paesino del Friuli, Montereale
Valcellina, terra di campagne verdi e sudore nero, un’atmosfera tanto diversa
dall’aria marina di Trieste, dove si era recato per una gita di piacere di due giorni,
organizzata dall’Associazione Sordomuti. Incontrò l’imprevisto, che aveva la
forma e il viso di mia madre Evelina e da Trieste non si mosse più per tutta la
vita. Nella sua terra friulana lasciò il pezzo di cuore che cercò di
riconquistare con il sogno fantastico di una lotteria o di un tredici al
totocalcio. Delirio dolce amaro, che lo illudeva con la visione di una grande
fattoria nella sua aria natale, dove la fatica faceva crescere la verdura più
buona del mondo. Io e il mio gemello Rino entrammo nella sua storia nel
millenovecentocinquantaquattro. Era ottobre e Trieste stava festeggiando, per la gioia del
popolo, la fine di un’invasione; le navi italiane stavano attraccando al molo,
davanti a piazza Unità. Dopo la nostra nascita, i miei cari abbandonarono il
vecchio domicilio costruito con assi di legno e precarietà, sito nel rione
"degli sfrattati", per trasferirsi in un piccolo quartiere sulle
alture della città. In cinque dividevamo una piccola cameretta. Mia sorella
dormiva nel letto matrimoniale, in mezzo ai miei genitori. Rino e io stavamo,
ben stretti e caldi, in un piccolo lettino a testa e piedi. Il resto della casa
comprendeva soltanto un piccolo cucinino e un minuscolo bagno. Nella ristrettezza di quello spazio regnava il silenzio
più assoluto. Lì dentro, le urla e i sussurri avevano il rumore dei gesti, lì
dentro le bocche servivano solo a mangiare. La gente che talvolta veniva a
trovarci guardava stupita quel comunicare, soprattutto quei due frugoletti che
parlavano con i gesti delle mani. Noi, guardandoli, eravamo più meravigliati
della loro meraviglia. Di quegli anni ricordo ben pochi giochi, impossibili per
le finanze della casa, ma bastava qualche vecchio mestolo, un cappello di carta
e, con l’aiuto dell
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