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Pirateria 22/02/2005

In tredici anni il numero è cresciuto dieci volte Italiani, pirati della strada

da "Avvenire"
In tredici anni il numero è cresciuto dieci volte
Italiani, pirati della strada
Gianni Manghetti

Italiani, "brava gente"? A leggere il resoconto su una rissa che ieri l’altro, per futili motivi di traffico, ha provocato quasi la morte di un automobilista si direbbe di no. Anche a guardare le statistiche sugli incidenti causati ogni anno dalla circolazione stradale verrebbe da dubitarne. Tanti i sinistri: oltre tremilioni e seicentomila, nel 2004. Troppi, soprattutto, quelli che hanno prodotto alle persone lesioni più o meno permanenti: oltre settecentomila. Drammaticamente alto il numero dei morti: oltre seimila secondo i dati dell’Istat (che per di più sottostima quelli reali). Cifre che, pur in miglioramento negli ultimi due anni, rimangono eccessivamente elevate e che, ove rapportate al numero dei chilometri percorsi dal parco automobilistico nazionale, pongono il nostro Paese non certo ai primi posti al mondo quanto a sicurezza sulle strade. Le istituzioni responsabili per la circolazione possono avere precise responsabilità: ritardi nei piani di investimento per migliorare la viabilità, scarsa attenzione ai punti più critici del territorio, inefficienze ed incapacità di coordinamento tra i diversi enti preposti. Però, non tutto può essere attribuito al "governo ladro". Anzi, attribuirgli anche responsabilità non tutte sue - come ad esempio quelle di una nevicata che paralizza il traffico sulla autostrada Salerno-Reggio Calabria - di fatto può indebolire l’iniziativa politica tesa ad incalzare le istituzioni affinché esse provvedano a fare ciò che in effetti compete loro. Perché, a ben vedere, gli italiani, come del resto altri popoli, non sono tutti brava gente. E non ci sono solo le risse tra automobilisti e gli eccessivi sinistri a confermarlo. A questo fine, illuminanti appaiono le statistiche relative agli incidenti provocati da guidatori non identificati, cioè da coloro che vengono bollati - significativamente - come pirati della strada. Nel loro caso non ve ne sono solo troppi, ma - e questo è il punto più importante - essi sono per di più in terrib ile aumento. Nel 1992 non arrivavano a mille, oggi - occorre indicarlo con contabile precisione - sono pari a 11.062, oltre dieci volte di più. Nell’ultimo decennio il loro numero complessivo ha abbondantemente superato i cinquantamila. Si tenga conto che essi, di norma, hanno determinato danni gravi alle vittime, con costi crescenti a carico del Fondo di garanzia, cioè degli utenti. Anche se si sottrae la tara delle truffe connesse - altro capitolo che fa risaltare più la fantasia che la coscienza dei singoli guidatori - la sostanza rimane immutata. Perché i sinistri provocati da pirati della strada registrano siffatto aumento? Molti i fattori che spingono i guidatori alla fuga: forse prevale fra tutti la paura delle conseguenti responsabilità. Ma ciò non chiarisce ancora le cause dell’impressionante incremento del numero degli incidenti. Siamo di fronte ad un fenomeno che richiede, allora, una più approfondita riflessione sui valori condivisi collettivamente. È fondato il pericolo che tale abnorme crescita possa essere il sintomo rivelatore di una malattia più insidiosa? Indica forse che è in atto un decadimento dei valori legati alla pietà, alla giustizia, al rispetto della vita propria e degli altri? Si accompagna ad un parallelo impoverimento culturale se non anche morale? E ancora, più in generale: quali le responsabilità delle classi dirigenti, soprattutto politiche, nell’indicare, e percorrere, un sentiero coerente con l’affermazione di tali valori? Indubbiamente, non è facile dare risposte nette e in ogni caso esse porterebbero ad allargare il discorso collegandolo, almeno idealmente, alla importanza della battaglia per il rispetto della vita che su un altro fronte si sta combattendo a proposito della fecondazione artificiale. Per fortuna, almeno nel caso dei sinistri da automezzi non identificati c’è una condivisa chiarezza valutativa. L’espressione che li definisce non abbisogna di essere sorretta da alcuna razionalizzazione. Sono pirati: dell’Italia d i oggi, non della Malesia di ieri.


Gianni Manghetti

Martedì, 22 Febbraio 2005
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