(ASAPS) ROMA – L’altalena tra i sì ed i no, in materia di
alcol e guida sulla finanziaria, prosegue senza sosta. Nella seduta di ieri del
consiglio dei ministri (19 ottobre), il ministro Livia Turco è tornata
sull’argomento, reinserendo il divieto di vendita e somministrazione di
alcolici all’interno delle aree di servizio autostradali. Un provvedimento per
la sicurezza stradale, voluto con lo scopo di prevenire “una buona quota di
incidenti”. Ancora, certo, non è detta l’ultima parola, ma alcuni dati ci
sembrano chiari. Oggi – complice anche l’incursione delle Iene – è
oggettivamente cresciuta la consapevolezza degli effetti e dei rischi derivanti
dall’uso di alcol e droghe nella circolazione stradale. Proprio in questo
specifico campo, che è il nostro, l’assunzione di bevande alcoliche – siano
queste vino, birra o superalcolici – è senz’altro il principale problema, sia
dal punto di vista della quantità che della qualità. I più recenti studi
eseguiti presso i principali istituti del mondo (Italia compresa) hanno messo a
nudo – in tutta Europa – la necessità di far progredire l’interpretazione
statistica degli incidenti, introducendo lo specifico dovere da parte dei
protagonisti di eventi infortunistici di dimostrare la propria efficienza
psicofisica. Gli stessi istituti hanno ormai reso una certezza scientifica il
fatto che almeno il 20% dei morti sulla strada è vittima di eventi
alcol-correlati. Si tratta, per inciso, di una stima al ribasso. A bere e
guidare, soprattutto uomini, in moltissimi casi giovani. Studi austriaci hanno
evidenziato che un conducente in stato di ebbrezza – con tasso alcolico di 0.5
g/l – ha un rischio doppio d’incidente, mentre con un tasso di 1,2 g/l il
rischio è moltiplicato per 12. |
|
|
© asaps.it |