La permanenza abusiva dello straniero extracomunitario nello Stato dopo l’ingiunzione di allontanarsene è sanzionata penalmente dall’art. 14 comma 5 ter del Testo unico sull’immigrazione (D.Lgs 286/98):
Nessuna delle due ipotesi si verifica nel caso in cui il cittadino extracomunitario, regolarmente presente nel territorio dello Stato, abbia richiesto, ma non ottenuto, il rinnovo del permesso di soggiorno e, colpito da provvedimento di espulsione, abbia disatteso l’ordine di lasciare l’Italia. E’ questa la conclusione a cui è giunta la Prima Sezione Penale della Cassazione (sentenza n. 31426/2006) richiamando il principio di stretta legalità e il conseguente divieto di analogia in materia penale. (Altalex, 29 settembre 2006) SUPREMA CORTE DI CASSAZIONE SEZIONE I PENALE (cc) Sentenza 11 maggio 2006 - 21 settembre 2006, n. 31426 Presidente Gemelli – Relatore Bardovagni
Con il provvedimento in epigrafe il Tribunale monocratico di Palermo ha negato la convalida dell’arresto di Z. R.. Il Pm ricorre per cassazione, denunciando l’erronea esclusione del reato contestato (articolo 14 comma 5ter prima ipotesi, del D.Lgs 286/98). Va in proposito osservato che allo Z., cittadino del Marocco regolarmente presente nel territorio dello Stato, venne negato il rinnovo del permesso di soggiorno; conseguentemente, ne fu disposta l’espulsione, eseguita mediante ordine di lasciare l’Italia entro cinque giorni. Venne tratto in arresto in quanto inosservante all’ordine. Il giudice della convalida ha ritenuto che tale situazione non sia riconducibile alla norma incriminatrice di cui alla contestazione, in quanto la permanenza abusiva nello Stato dopo l’ingiunzione di allontanarsene è sanzionata penalmente dal citato articolo 14 comma 5ter, soltanto: 1) come delitto, quando l’espulsione è disposta per ingresso illegale nello Stato, omessa richiesta del permesso di soggiorno o revoca dello stesso; 2) come contravvenzione, quando l’espulsione consegue alla mancata richiesta di rinnovo del permesso di soggiorno entro 60 giorni dalla scadenza. Resta quindi estranea all’era del delitto l’ipotesi qui in esame, di permanenza dopo espulsione disposta per rifiuto di rinnovo del permesso di soggiorno, potendo semmai – secondo il giudice a quo – ravvisarsi l’ipotesi contravvenzionale, che non consente l’arresto. Il Pm ricorrente sostiene che la situazione in esame sarebbe sostanzialmente equivalente ad una revoca del permesso, e quindi riconducibile all’ipotesi delittuosa di cui all’articolo 14 comma 5ter, primo periodo. A tale conclusione ostano peraltro il principio di stretta legalità e il conseguente divieto di analogia. Né in contrario può invocarsi il disposto dell’articolo 5 comma 5 del D.Lgs 386/98, secondo il quale, in caso di rifiuto del rinnovo, il permesso di soggiorno è revocato. La norma, infatti, non può che intendersi riferita all’ipotesi in cui il rifiuto interviene prima della scadenza di validità del permesso, e comunque distingue nettamente il rifiuto di rinnovo dalla revoca (pur se consequenziale), provvedimento quest’ultimo che non risulta formalmente adottato nei confronti dell’imputato. Né, infine, può ritenersi contraria alla ratio del sistema repressivo la sottrazione all’area della condotta delittuosa della permanenza nello Stato dopo il rifiuto di rinnovo del permesso, poiché nei confronti del soggetto che ha ottenuto il permesso si soggiorno la legge adotta criteri di favore, sanzionando solo come reato contravvenzionale la mancata richiesta di rinnovo, sicché, quando il rinnovo sia stato invece richiesto, ma non ottenuto, sarebbe irragionevole punire più gravemente lo straniero. Il ricorso avverso il diniego di convalida va perciò respinto. P.Q.M. La Suprema Corte di Cassazione, Sezione prima penale, rigetta il ricorso. | |