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Articoli 26/10/2006

Guida in stato di ebbrezza, avanti la confusione…

Da un articolo di giornale, il polso di quanta incertezza c’è in Italia in materia di circolazione stradale (e di sicurezza…)



(ASAPS) – Prima di commentare, facciamo una precisazione: non ce l’abbiamo con nessuno. Né con l’articolista, che evidentemente non mastica appieno il linguaggio giuridico, ma che giustamente racconta il fatto di cronaca, né con l’ebbro, che fa il suo interesse, né con l’avvocato, che per farla passar liscia al proprio cliente deve tentarle tutte. Anche render pubblica, forse, la causa che lo vede difendere un giovane accusato di guida in stato di ebbrezza. (ASAPS)


Da “Sanremo News”
Imperia: bere una birra non basterebbe per essere ubriachi

Potrebbe non essere più sufficiente per condannare, in sede penale, un automobilista che, dopo aver bevuto una birra, ha visto l’etilometro superare i normali parametri, fissati a 0,50 mg. Dovrà, invece, essere necessario verificare altri parametri, in modo da provare l’idoneità alla guida e l’eventuale pericolosità dell’automobilista stesso. Si tratta di una serie di presupposti a cui è arrivato l’avvocato imperiese Mario Leone, che ha chiesto l’assoluzione di un giovane 24enne che, durante il controllo effettuato con l’etilometro dai Carabinieri, aveva 1,88 mg di tasso alcolico. In quel caso i Carabinieri sequestrarono la patente del giovane, poi affidato ad un amico che viaggiava al suo fianco, che lo accompagnò a casa. Il 24enne, però, ha dichiarato al giudice monocratico che, in quell’occasione, aveva bevuto solo una birra e che, sia lui che l’amico non erano ubriachi, malgrado il tasso alcolico. L’avvocato Leone, quindi, dopo essersi appellato ad alcune sentenze del tribunale, ha evidenziato come non basterebbe superare i limiti per essere considerato pericoloso. Secondo l’avvocato la pericolosità ci sarebbe nel caso in cui l’automobilista procede a zigzag o altro, ma in questo caso non è avvenuto. Il giudice, Claudia Ardoino ha ammesso la testimonianza, aggiornando il processo al 22 gennaio prossimo per le conclusioni.

Il commento (promemoria scientifico per tutti, anche per l’avvocato)

Come avete letto, l’avvocato sostiene che il proprio cliente – che ha evidenziato un tasso alcolemico di 1,88 g/l – era perfettamente in grado di guidare, e che avendo bevuto solo una birra, non ci sarebbe stato nessun pericolo. Noi non vogliamo portare il dibattimento fuori dell’aula del tribunale, però qualcuno sì, e noi accettiamo la provocazione. Ci sono due bugie di fondo, oltre ad alcune inesattezze: una la dice proprio l’ebbro, quando sostiene di aver bevuto una sola birra. Forse la birra era in un boccale di 5 litri, oppure abbiamo a che fare con l’organismo di un bambino di 5 anni. Le ricerche dell’Istituto Superiore di Sanità (ISS), in perfetta sintonia con l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS), hanno dimostrato che un uomo normale deve berne almeno 3, di birre – e parliamo di boccali da 330 ml – per raggiungere la soglia di ebrietà (0,5 g/l) e mantenerla per un certo periodo di tempo. Altro che una, caro avvocato: il cliente si deve essere dato davvero da fare per superare di 3 volte il limite massimo previsto dalla legge, che non è solo italiano, ma che è di molti paesi occidentali. In molti altri il limite è assai più basso o addirittura è vietato associare alcol alla guida. In ogni caso, già a 0,2 g/l, è rilevato dagli scienziati il primo segno di cedimento. Si abbassa la percezione di rischio ed anche i riflessi sono lievemente disturbati. A 0,4 g/l, invece, le capacità di vigilanza e di elaborazione mentale rallentano bruscamente; le percezioni ed i movimenti, o le manovre, vengono eseguiti bruscamente con difficoltà di coordinazione.
Ma veniamo al sodo.
Quando nel nostro organismo raggiungiamo la soglia massima di alcol prevista dalla legge, in materia di circolazione stradale, quali sono le conseguenze? In sostanza, in che stato siamo?
A 0,5 g/l, il campo visivo si riduce prevalentemente a causa della riduzione della visione laterale. Diviene insomma difficile, se non impossibile, controllare lo specchietto retrovisore o controllare le manovre di sorpasso; la percezione degli stimoli sonori, luminosi ed uditivi si riduce del 30-40 %, e con essa capacità di reazione.
Oltre, la condizione di ebbrezza diviene davvero precaria: a 0,6 g/l,  movimenti ed ostacoli vengono percepiti con notevole ritardo e la facoltà visiva laterale è compromessa, mentre a 0,7g/l i tempi di reazione non sono più compatibili con la guida. Non c’è più coordinamento nei movimenti, ed aumenta la confusione. Vogliamo continuare? A 0,9 g/l l’adattamento all’oscurità, la capacità di valutazione delle distanze, degli ingombri, delle traiettorie dei veicoli e delle percezioni visive simultanee (per esempio di due autoveicoli se ne percepisce solo uno) sono un blando ricordo.
Al doppio della quantità legale, 1 grammo di alcol per litro di sangue, l’ebbrezza è definita dall’ISS come “franca e manifesta”: c’è euforia ma ci sono anche disturbi motori che rendono precario l’equilibrio. La capacità di attenzione è inesistente, la capacità visiva ai livelli minimi ed i tempi di reazione assolutamente inadeguati. L’ebbro si distrae, invade la corsia opposta, si diverte a far sbandare l’auto, tende a guidare al centro della carreggiata o semplicemente non riesce a valutarne la posizione. In queste condizioni, basta un faro puntato negli occhi per far perdere al conducente in stato di ebrietà il controllo dell’auto, in relazione al recupero molto lento della visione dopo un accecamento transitorio. La stessa cosa avviene per gli stimoli acustici: il clacson passa inosservato. Oltre la soglia dell’1 g/l, lo stato di euforia viene sostituito da uno stato di confusione mentale e di totale perdita della lucidità con conseguente sopore e sonnolenza molto intensa.
E qualcuno vorrebbe far credere che con una soglia alcolemica di 1,88, la guida non è un problema.
Ci sembra di poter dire, insomma, che la tesi dell’avvocato non regge.
L’analisi della sinistrosità, consente oggi di affermare che l’uso di alcol è una delle principali cause di incidente stradale con esito mortale. Forse la prima, dopo la velocità, ma comunque entrambi i fattori sono assolutamente legati tra loro. Abbiamo parlato di uso, e non di abuso: questo perché la scienza ci ha ormai chiarito che la correlazione tra alcol e incidenti stradali è significativa anche quando l’assunzione di questa sostanza psicoattiva è in quantità ridotte. Insomma, un bicchierino non incide sulla capacità di condurre, ma riduce in chi è al volante la percezione del rischio, quella di giudizio e di critica. La rapidità di riflessi è compromessa a causa dell’allungamento del tempo di reazione del 38% per i segnali sonori, del 30% per quelli luminosi e del 50% per la visione periferica.
Se poi anche a modeste quantità di alcolici si associano farmaci o psicofarmaci, l’effetto depressivo sul sistema nervoso centrale si accresce, con tutti i rischi connessi.
Una ricerca elaborata in Spagna dalla Direzione Generale del Traffico (DGT), ha dimostrato che l’alcol è responsabile diretto di una percentuale tra il 30 ed il 50% della mortalità stradale. Lo studio scientifico è stato realizzato dall’Istituto Nazionale di Tossicologia, che nel 2004 ha effettuato 1.389 autopsie su altrettanti conducenti uccisi in incidenti stradali: tra questi, il 36,1% avevano alcol nel sangue, dei quali il 30,3% evidenziava valori oltre il limite consentito dalla legge (0,5%). Un attento analista del fenomeno capisce che anche sotto la soglia di legge nessuno può garantire l’assenza di effetti  incompatibili con la guida, peraltro ampiamente dimostrati fin dallo 0,2%. A differenza di quanto accade puntualmente in Italia, dove si continua a ritenere che il limite dello 0,5% sia eccessivamente basso, in Spagna la percezione del rischio si è consolidata, soprattutto in chi informa, previene e reprime.
Uno studio analogo è stato effettuato in Canada, in Québec, dove l’alcol è considerato – su dati statistici – la prima causa di incidente mortale sulle strade: secondo le informazioni raccolte dal governo locale, infatti, nel solo 2003 l’assunzione di sostanze alcoliche ha causato 240 decessi, 1.100 invalidi permanenti e 2.500 feriti.
In Francia, la Prévention Routière stima che permanentemente circa il 3% dei conducenti sia sotto l’effetto dell’alcol, fornendo anche un profiling dell’ebbro: non si tratta di un etilista, ma di un “acuto”, che in caso di incidente finisce 1 volta su 3 fuoristrada o contro un ostacolo fisso. La percentuale di ebbri sulla strada aumenta però nelle notti del fine settimana, quando i controlli della Gendarmeria e della Polizia Nazionale hanno rilevato fino al 30% di positivi: in 1 caso su 2 si tratta di giovani appena usciti dalle discoteche. Alcuni esperti transalpini ritengono che il rischio di incidente stradale mortale sia doppio quando il conducente abbia una percentuale di alcol nel sangue da 0,2 a 0,5% e si moltiplichi per dieci da 0,5 a 0,8%. C’è da riflettere a pensare che per una persona con tasso alcolemico compreso tra 0,8 e 1,2 g/l la possibilità di restare uccisa al volante è 35 volte superiore rispetto ad una sobria. Su una cosa c’è comunque uniformità: 1 incidente mortale su 3, in Francia, è dovuto all’alcol.
Per questo le sanzioni sono durissime e in caso di recidiva o di tasso alcolemico elevato si va in prigione per 3 anni, si pagano 4.500 euro di ammenda, si perde la patente e per tre anni non è possibile ottenerla di nuovo: in più le assicurazioni non corrispondono rimborsi ai propri assicurati (solo alle controparti pretendendo poi dal contraente la restituzione di quanto dovuto), non pagherà loro l’avvocato difensore e una volta definita la pratica subirà un aumento della polizza del 400%.
Assolvere il giovanotto, che non era ebbro, ma assolutamente ubriaco, ci sembrerebbe un’assurdità. E poi, si tratta di un reato di pericolo, e non di danno. Ma tutto questo conta?


© asaps.it

Di Lorenzo Borselli

Giovedì, 26 Ottobre 2006
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