(ASAPS)
– Prima di commentare, facciamo una precisazione: non ce l’abbiamo con nessuno.
Né con l’articolista, che evidentemente non mastica appieno il linguaggio
giuridico, ma che giustamente racconta il fatto di cronaca, né con l’ebbro, che
fa il suo interesse, né con l’avvocato, che per farla passar liscia al proprio cliente
deve tentarle tutte. Anche render pubblica, forse, la causa che lo vede
difendere un giovane accusato di guida in stato di ebbrezza. (ASAPS)
Da “Sanremo News” Imperia: bere una birra non
basterebbe per essere ubriachi
Potrebbe non essere più
sufficiente per condannare, in sede penale, un automobilista che, dopo aver
bevuto una birra, ha visto l’etilometro superare i normali parametri, fissati a
0,50 mg. Dovrà, invece, essere necessario verificare altri parametri, in modo
da provare l’idoneità alla guida e l’eventuale pericolosità dell’automobilista
stesso. Si tratta di una serie di presupposti a cui è arrivato l’avvocato
imperiese Mario Leone, che ha chiesto l’assoluzione di un giovane 24enne che,
durante il controllo effettuato con l’etilometro dai Carabinieri, aveva 1,88 mg
di tasso alcolico. In quel caso i Carabinieri sequestrarono la patente del
giovane, poi affidato ad un amico che viaggiava al suo fianco, che lo
accompagnò a casa. Il 24enne, però, ha dichiarato al giudice monocratico che,
in quell’occasione, aveva bevuto solo una birra e che, sia lui che l’amico non
erano ubriachi, malgrado il tasso alcolico. L’avvocato Leone, quindi, dopo
essersi appellato ad alcune sentenze del tribunale, ha evidenziato come non
basterebbe superare i limiti per essere considerato pericoloso. Secondo
l’avvocato la pericolosità ci sarebbe nel caso in cui l’automobilista procede a
zigzag o altro, ma in questo caso non è avvenuto. Il giudice, Claudia Ardoino
ha ammesso la testimonianza, aggiornando il processo al 22 gennaio prossimo per
le conclusioni.
Il commento
(promemoria scientifico per tutti, anche per l’avvocato)
Come avete letto, l’avvocato sostiene che il proprio
cliente – che ha evidenziato un tasso alcolemico di 1,88 g/l – era
perfettamente in grado di guidare, e che avendo bevuto solo una birra, non ci
sarebbe stato nessun pericolo. Noi non vogliamo portare il dibattimento fuori
dell’aula del tribunale, però qualcuno sì, e noi accettiamo la provocazione. Ci
sono due bugie di fondo, oltre ad alcune inesattezze: una la dice proprio
l’ebbro, quando sostiene di aver bevuto una sola birra. Forse la birra era in
un boccale di 5 litri,
oppure abbiamo a che fare con l’organismo di un bambino di 5 anni. Le ricerche
dell’Istituto Superiore di Sanità (ISS), in perfetta sintonia con
l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS), hanno dimostrato che un uomo
normale deve berne almeno 3, di birre – e parliamo di boccali da 330 ml – per
raggiungere la soglia di ebrietà (0,5 g/l) e mantenerla per un certo periodo di
tempo. Altro che una, caro avvocato: il cliente si deve essere dato davvero da
fare per superare di 3 volte il limite massimo previsto dalla legge, che non è
solo italiano, ma che è di molti paesi occidentali. In molti altri il limite è
assai più basso o addirittura è vietato associare alcol alla guida. In ogni
caso, già a 0,2 g/l, è rilevato
dagli scienziati il primo segno di cedimento. Si abbassa la percezione di
rischio ed anche i riflessi sono lievemente disturbati. A 0,4 g/l, invece, le capacità di vigilanza e di
elaborazione mentale rallentano bruscamente; le percezioni ed i movimenti, o le
manovre, vengono eseguiti bruscamente con difficoltà di coordinazione. Ma veniamo al
sodo. Quando nel nostro
organismo raggiungiamo la soglia massima di alcol prevista dalla legge, in
materia di circolazione stradale, quali sono le conseguenze? In sostanza, in
che stato siamo? A 0,5 g/l, il campo visivo si riduce prevalentemente a causa della riduzione
della visione laterale. Diviene insomma difficile, se non impossibile, controllare
lo specchietto retrovisore o controllare le manovre di sorpasso; la percezione
degli stimoli sonori, luminosi ed uditivi si riduce del 30-40 %, e con essa capacità di reazione. Oltre, la condizione di ebbrezza
diviene davvero precaria: a 0,6 g/l, movimenti ed ostacoli vengono percepiti con
notevole ritardo e la facoltà visiva laterale è compromessa, mentre a 0,7g/l i tempi di reazione non sono più
compatibili con la guida. Non c’è più coordinamento nei movimenti, ed aumenta
la confusione. Vogliamo continuare? A 0,9
g/l l’adattamento all’oscurità, la capacità di valutazione delle distanze,
degli ingombri, delle traiettorie dei veicoli e delle percezioni visive
simultanee (per esempio di due autoveicoli se ne percepisce solo uno) sono un
blando ricordo. Al doppio della quantità legale, 1 grammo di alcol per litro di sangue,
l’ebbrezza è definita dall’ISS come “franca e manifesta”: c’è euforia ma ci
sono anche disturbi motori che rendono precario l’equilibrio. La capacità di
attenzione è inesistente, la capacità visiva ai livelli minimi ed i tempi di
reazione assolutamente inadeguati. L’ebbro si distrae, invade la corsia
opposta, si diverte a far sbandare l’auto, tende a guidare al centro della
carreggiata o semplicemente non riesce a valutarne la posizione. In queste
condizioni, basta un faro puntato negli occhi per far perdere al conducente in
stato di ebrietà il controllo dell’auto, in relazione al recupero molto lento
della visione dopo un accecamento transitorio. La stessa cosa avviene per gli
stimoli acustici: il clacson passa inosservato. Oltre la soglia dell’1 g/l, lo stato di euforia viene
sostituito da uno stato di confusione mentale e di totale perdita della
lucidità con conseguente sopore e sonnolenza molto intensa. E qualcuno vorrebbe far credere che
con una soglia alcolemica di 1,88, la guida non è un problema. Ci sembra di poter dire, insomma, che
la tesi dell’avvocato non regge. L’analisi della sinistrosità, consente oggi di affermare che
l’uso di alcol è una delle
principali cause di incidente stradale con esito mortale. Forse la prima, dopo
la velocità, ma comunque entrambi i fattori sono assolutamente legati tra
loro. Abbiamo parlato di uso, e non di abuso: questo perché la
scienza ci ha ormai chiarito che la correlazione tra alcol e incidenti stradali
è significativa anche quando l’assunzione di questa sostanza psicoattiva è in
quantità ridotte. Insomma, un bicchierino non incide sulla capacità di
condurre, ma riduce in chi è al volante la percezione del rischio, quella di
giudizio e di critica. La rapidità di riflessi è compromessa a causa
dell’allungamento del tempo di reazione del 38% per i segnali sonori, del 30%
per quelli luminosi e del 50% per la visione periferica. Se poi anche a modeste quantità di alcolici si associano farmaci
o psicofarmaci, l’effetto depressivo sul sistema nervoso centrale si accresce,
con tutti i rischi connessi. Una
ricerca elaborata in Spagna dalla
Direzione Generale del Traffico (DGT), ha dimostrato che l’alcol è responsabile
diretto di una percentuale tra il 30 ed il 50% della mortalità stradale. Lo
studio scientifico è stato realizzato dall’Istituto Nazionale di Tossicologia,
che nel 2004 ha
effettuato 1.389 autopsie su altrettanti conducenti uccisi in incidenti
stradali: tra questi, il 36,1% avevano alcol nel sangue, dei quali il 30,3%
evidenziava valori oltre il limite consentito dalla legge (0,5%). Un attento
analista del fenomeno capisce che anche sotto la soglia di legge nessuno può
garantire l’assenza di effetti incompatibili con la guida, peraltro
ampiamente dimostrati fin dallo 0,2%. A differenza di quanto accade
puntualmente in Italia, dove si continua a ritenere che il limite dello 0,5%
sia eccessivamente basso, in Spagna la percezione del rischio si è consolidata,
soprattutto in chi informa, previene e reprime. Uno studio analogo è stato effettuato in Canada, in Québec, dove l’alcol è
considerato – su dati statistici – la prima causa di incidente mortale sulle
strade: secondo le informazioni raccolte dal governo locale, infatti, nel solo
2003 l’assunzione di sostanze alcoliche ha causato 240 decessi, 1.100 invalidi
permanenti e 2.500 feriti. In Francia, la Prévention Routière stima che permanentemente
circa il 3% dei conducenti sia sotto l’effetto dell’alcol, fornendo anche un
profiling dell’ebbro: non si tratta di un etilista, ma di un “acuto”, che in
caso di incidente finisce 1 volta su 3 fuoristrada o contro un ostacolo fisso.
La percentuale di ebbri sulla strada aumenta però nelle notti del fine
settimana, quando i controlli della Gendarmeria e della Polizia Nazionale hanno
rilevato fino al 30% di positivi: in 1 caso su 2 si tratta di giovani appena
usciti dalle discoteche. Alcuni esperti transalpini ritengono che il rischio di
incidente stradale mortale sia doppio quando il conducente abbia una
percentuale di alcol nel sangue da 0,2 a 0,5% e si moltiplichi per dieci da 0,5 a 0,8%. C’è da riflettere
a pensare che per una persona con tasso alcolemico compreso tra 0,8 e 1,2 g/l
la possibilità di restare uccisa al volante è 35 volte superiore rispetto ad
una sobria. Su una cosa c’è comunque uniformità: 1 incidente mortale su 3, in Francia, è dovuto
all’alcol. Per questo le sanzioni sono durissime e in caso di
recidiva o di tasso alcolemico elevato si va in prigione per 3 anni, si pagano
4.500 euro di ammenda, si perde la patente e per tre anni non è possibile
ottenerla di nuovo: in più le assicurazioni non corrispondono rimborsi ai
propri assicurati (solo alle controparti pretendendo poi dal contraente la
restituzione di quanto dovuto), non pagherà loro l’avvocato difensore e una
volta definita la pratica subirà un aumento della polizza del 400%. Assolvere il giovanotto, che non era ebbro, ma
assolutamente ubriaco, ci sembrerebbe un’assurdità. E poi, si tratta di un
reato di pericolo, e non di danno. Ma tutto questo conta?
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