(ASAPS)
– Can che abbaia non... fa dormire? Si può ottenere il risarcimento. A stabilirlo
è stata la Settima Sezione Penale della Corte di Cassazione che ha accordato il
pagamento di mille euro a un signore di Catania. L’uomo è riuscito a
dimostrare, presentando anche certificati medici, che l’abbaiare incessante dei
cani del vicino di casa gli aveva impedito di riposare. La Suprema Corte ha
evidenziato che: “il ridotto ambito delle molestie non
esclude la sussistenza del reato potendo esso ravvisarsi anche nel caso in cui
rimanga leso l’interesse di una persona singola. Inoltre l’abbaiare di cani,
specialmente di notte, è un fatto potenzialmente idoneo a disturbare il riposo
o l’occupazione delle persone che risiedono nelle vicinanze della fonte del
rumore”. (ASAPS) LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SEZIONE VII PENALE ORDINANZA IN FATTO E IN DIRITTO Con sentenza del 1° lug. del 2005, il tribunale di
Catania condannava D.B. V. alla pena di euro 100,00 di ammenda, oltre al
pagamento delle spese processuali ed al risarcimento del danno nei confronti
della parte offesa costituitasi parte civile, liquidato nella misura di euro
1000,00 nonché al rimborso delle spese sostenute dalla stessa parte civile,
quale responsabile del reato di cui all’art. 659 c.p. perché, no impedendo
l’ininterrotto abbaiare, anche notturno dei due cani presenti nell’immobile del
quale aveva la disponibilità, disturbava il riposo e l’occupazione di P.R. A fondamento della decisione il tribunale osservava
che la responsabilità si fondava sulle dichiarazioni della persona offesa, la
quale più volte, anche per iscritto, aveva inviato il prevenuto a far cessare
lo strepitio degli animali; che le dichiarazioni della parte lesa erano
intrinsecamente attendibili ed erano state riscontrate sia pure in parte dalle
dichiarazioni dell’ispettore S.M., il quale era intervenuto due volte sui
luoghi ed aveva avuto modo di constatare, nel corso dei suoi accessi, che i due
cani abbaiavano in maniera ininterrotta; che il danno patito dalla parte civile
poteva essere liquidato equitativamente in euro 1000,00 avuto riguardo alla
certificazione medica prodotta ed alla durata del disturbo. Ricorre per cassazione l’imputato denunciando la
violazione della norma incriminatrice nonché dell’art. 521 c.p.p. e manifesta
illogicità della motivazione. Assume che la configurabilità del reato presuppone
che sia disturbata al quiete di un numero indeterminato di persone e non in una
sola persona, che nella fattispecie non era stato provato il superamento del
limite di tollerabilità; che era stata violata la norma di cui all’art. 521 per
aver il tribunale preso in considerazione anche l’abbaiare verificatosi di
giorno mentre la parte offesa aveva affermato che di giorno l’abbaiare non dava
fastidio; che il tribunale aveva liquidato il danno in mancanza di prove sul
suo ammontare. Il ricorso è inammissibile sotto diversi profili. In primo luogo perché sotto l’apparente deduzione
di vizi di legittimità si risolve in censure in fatto non consentite in questa
sede. In secondo luogo per la manifesta infondatezza dei
motivi. In proposito si osserva che non v’è alcun difetto
di correlazione tra il fatto contestato e quello ritenuto in sentenza in quanto
nel capo di imputazione si era fatto riferimento a strepitii che si
verificavano sia di giorno che di notte. Secondo l’orientamento di questa corte e della
dottrina prevalente oggetto della tutela penale preveduta dalla norma di cui
all’art. 569 c.p., è l’ordine pubblico considerato nel suo particolare aspetto
concernente la tranquillità pubblica. Tuttavia nel concetto di tranquillità pubblica
parte della giurisprudenza e della dottrina suole comprendere anche la quiete
privata, posto che anche quest’ultima deve essere inclusa nel concetto di
ordine pubblico. Da ciò consegue che anche il ridotto ambito delle
molestie non esclude la sussistenza del reato de quo potendo esso ravvisarsi
anche nel caso in cui rimanga leso l’interesse di una persona singola o di più
persone determinate (Cass. sez. V, 17 sett. 1987 n. 9862, Cancellier; Cass.
sez. I, 12 mar. 1997, n. 2355, Pulatti). Nella fattispecie però tale problema non si pone
perché l’abbaiare di cani specialmente di notte è fatto potenzialmente idoneo a
disturbare il riposo o l’occupazione delle persone che risiedono nelle
vicinanze della fonte di rumore. L’attitudine del rumore a disturbare il riposo
delle persone no va necessariamente accertata mediante perizia, ma può essere
desunta dal giudice anche in base a fatti notori o a testimonianze. In questa materia il danno non può essere provato
nel suo preciso ammontare per cui è legittimo il ricorso al criterio equitativo
utilizzato dal tribunale. D’altra parte la somma attribuita non appare
spropositata. Dall’inammissibilità del ricorso discende l’obbligo
di pagare le spese processuali e di versare una somma, che stimasi equo
determinare in euro 1000, 00, in favore della cassa delle ammende, non
sussistendo alcuna ipotesi di carenza di colpa del ricorrente nella
determinazione della causa di inammissibilità secondo l’orientamento espresso
dalla Corte Costituzionale con la sent. n. 186 del 2000. P.Q.M. La Corte letti gli artt. 610, coma 1, e 616
dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali ed al versamento della somma di euro 1000,00 in favore della
cassa delle ammende. Roma, 16 mag. 2006. Depositata in Cancelleria il 26 agosto 2006. |
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