Abuso di alcol e alcolismo |
L’uso di alcol fa parte della nostra tradizione socio-alimentare da epoche remote, perciò nei suoi confronti si è sviluppato nella società un atteggiamento ambiguo, che per un verso condanna e disprezza i cosiddetti “alcolisti”, ma dall’altro invoglia al consumo di bevande alcoliche, come nelle forme di promozione pubblicitaria. Di conseguenza, classificare l’alcolismo una malattia non è stato un processo automatico, perchè “il bere” è stato a lungo considerato semplicemente un “vizio”, uno “stile di vita”, una forma di “debolezza del carattere”. Solo intorno agli anni quaranta, con la nascita dei primi gruppi di Alcolisti Anonimi, si è cominciato a delineare il quadro della dipendenza da alcool come una forma patologica, la cui causa andava ricercata in problemi relazionali, caratteriali ed in disordini comportamentali. Gli effetti dell’alcol sono differenti. Alcuni, per dosi moderate, possono essere positivi, come l’aumento di fiducia in se stessi, una sensazione di euforia o di rilassamento, il miglioramento dei processi digestivi e l’effetto protettivo nei confronti dell’aterosclerosi. È difficile, tuttavia, stabilire la dose giornaliera di alcol “innocua”, a causa dell’ampia variabilità individuale in dipendenza del volume e del peso del corpo, del sesso, dell’età, delle abitudini alimentari, dello stato psico-fisico, della modalità di assunzione, e dell’influenza di fattori ereditari che controllano la capacità di metabolizzazione ed il funzionamento dei centri nervosi di ricompensa e gratificazione. La dipendenza alcolica inizia quando la quantità di alcol assunta è maggiore di quella che l’organismo può normalmente metabolizzare; l’alcoldeidrogenasi del fegato ossida in un’ora 60-80 mg di alcool per chilogrammo di peso, liberando 600-700 calorie, la metà dei consumi basali dell’organismo. Così, nelle ventiquattro ore, un soggetto medio di 70 Kg. può tollerare una quantità di alcol di circa 100-120 g.. Per dosi maggiori, l’organismo mette in atto un meccanismo diverso di ossidazione che implica la distruzione di acidi nucleici ed aminoacidi della massa muscolare, provocando perdita proteica. L’alcol diventa, allora, una sostanza tossica per l’organismo, che distrugge le cellule e provoca gravi danni al fegato, al sistema nervoso, all’apparato cardiocircolatorio, all’apparato digerente, alla funzione sessuale, al metabolismo; modifica la personalità e riduce le difese. I danni che ne conseguono sono fisici, psichici, ed investono le relazioni sociali. L’intossicazione da alcol evolve in tre fasi: la fase iniziale o prealcolica, in cui la dipendenza è psicologica, con graduale aumento della tolleranza dell’alcol; la fase acuta, in cui le manifestazioni da intossicazione sono regolari, ed il soggetto si isola dagli altri (bevitore solitario); la fase cronica o finale, caratterizzata da un circolo vizioso in cui si beve per neutralizzare gli effetti dell’alcol, e compare il cosiddetto “craving”, cioè la necessità compulsiva di bere, con incapacità di controllarsi, tendenza ad aumentare la quantità di alcol assunta, e comparsa dei sintomi della dipendenza fisica (sindrome da astinenza). In Italia si è verificato negli ultimi decenni un importante incremento del consumo di alcol e delle patologie ad esso connesse, come la cirrosi epatica e la psicosi alcolica. Il fenomeno sta assumendo grande dimensione anche nel sesso femminile, perchè alle donne disoccupate, casalinghe, sole, depresse, che hanno iniziato a bere perché "incomprese", si stanno aggiungendo le donne in carriera e le professioniste. Tra i giovani, in particolare, l’abuso di sostanze alcoliche si è diffuso in maniera preoccupante, divenendo quasi un rituale l’assunzione in discoteca, magari assieme a sostanze stupefacenti. L’alcol dà un senso di maggior fiducia in se stessi e facilita la socializzazione attraverso meccanismi di disinibizione, ma questo effetto inizia e finisce rapidamente, provocando la tendenza a rinforzarlo con una nuova assunzione. L’alcol viene rapidamente assorbito dall’apparato digerente e passa poi nel sangue e nei liquidi organici, per cui l’alcolemia aumenta subito dopo l’ingestione di una bevanda alcolica, raggiungendo il livello massimo in circa 45 minuti, e ritornando a zero dopo 6-20 ore. A digiuno, l’ingestione di tre quarti di litro di vino fa salire il tasso alcolico a 0,50- 0,80 g/l. Così si arriva facilmente, e spesso senza rendersene conto, agli effetti negativi e pericolosi, come l’incoordinazione motoria, la sonnolenza, il rallentamento dei riflessi e l’aggressività, alla base, poi, di incidenti sulla strada, sul lavoro e di atti di criminalità. La mortalità correlata all’alcol è in genere sottovalutata, perchè di frequente attribuita ad altre cause; ma l’etilismo è al terzo posto tra le cause di decesso dopo le malattie cardiovascolari ed il cancro, comprendendo, oltre alla mortalità per patologie croniche degenerative e neoplastiche, anche quella da incidenti stradali, omicidi e suicidi. Negli Stati Uniti il 50% dei decessi sulla strada pare imputabile al consumo di alcolici, e negli altri Paesi la percentuale varia dal 30 al 55%; in una recente indagine condotta in Italia su 400 incidenti stradali, il tasso di alcol nel sangue si è rivelato superiore allo 0,05% nel 54% dei casi. Importanti, perciò, le disposizioni normative rivolte a prevenire incidenti per guida in stato di ebbrezza, tra cui, in Italia, la modifica al Codice della Strada che prevede l’abbassamento del tasso alcolico tollerato per i conducenti di veicoli da 0,8g/l a 0,5 g/l; in Croazia questo valore è stato portato addirittura a zero. È difficile stabilire con certezza le cause dell’alcolismo; sono stati individuati una serie di fattori di rischio: sociali (disoccupazione, precarie condizioni abitative, solitudine), familiari (disaccordo tra i coniugi, divorzio o separazione, abusi), occupazionali (operai, muratori, addetti alla ristorazione, casalinghe), psicologici (ansia, fobie, depressione, lutti), uso di droghe leggere e terapie psicofarmacologiche, precedenti episodi di abuso alcolico; hanno un ruolo determinante anche fattori genetici e costituzionali. La prevenzione è uno dei punti cardine della lotta all’alcolismo, e va attuata in forma primaria, agevolando i processi di crescita e maturazione dei giovani nella famiglia e nella scuola, e diffondendo informazioni sui rischi connessi con l’abuso di alcol; in forma secondaria con il riconoscimento della malattia in fase precoce, in modo da ridurre al minimo gli effetti patologici. La prevenzione terziaria è, invece, quella da compiere a malattia già iniziata con l’obiettivo di impedire la comparsa delle complicanze e di ridurre l’impatto sociale e le forme invalidanti a lungo termine, e comprende anche la riabilitazione ed il reinserimento sociale. Il trattamento può essere rivolto alle emergenze (intossicazione acuta e sindrome d’astinenza), alla disassuefazione, o alla cura delle patologie organiche prodotte dall’alcol; deve essere iniziato il più presto possibile per aumentare la percentuale delle guarigioni ed evitare postumi definitivi, e deve essere prolungato per anni a causa dell’elevata frequenza di ricadute. La psicoterapia, individuale, familiare e di gruppo, condotta da figure professionali (psichiatra, psicologo), rappresenta un irrinunciabile strumento nella cura dell’alcoldipendenza, ma molto importante è anche il semplice colloquio con il paziente e con la famiglia intrapreso dal medico di base come sostegno psicologico e mezzo per capire i problemi causa ed effetto dell’abuso alcolico. * Medico Capo Polizia di Stato |