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Articoli 30/10/2006

La moto dalla A alla Z

Consigli per cominciare bene e continuare meglio

 

Non vogliamo contribuire ad aumentare la divisione che c’è tra il mondo dei motociclisti e quello, più recente, degli scooteristi. Prendiamo però atto che una differenza sostanziale c’è: la filosofia con cui il centauro che sceglie la moto si differenzia da quello che sta invece in sella allo scooter. In questo pezzo diciamo la nostra sul mondo del motociclismo puro, lasciando ad un’esperienza giornalistica futura – insolita per Asaps – che si occuperà specificatamente dell’erede prediletto della Vespa.
Andare in moto è semplice: basta comprarne una, girare la chiave e saper andare in bicicletta. Il resto lo fanno la ciclistica, il motore, l’equilibrio acquisito fin dai primi anni dell’infanzia, quando dalle ruotine, smontate un bel giorno dal proprio papà, si è passati all’incredibile controllo del precario. Il passo è una tappa fondamentale della crescita, come la prima volta che il pargolo dice “mamma”, quando un bambino perde i denti di latte o quando arriva la pubertà. Il problema dunque, non è andare. Tocchiamo ferro e attributi, perché la questione vera, semmai, è “tornare”: raggiungere cioè una meta che spesso non c’è, quando si salta in sella, ci si inventa una boa immaginaria e la si sceglie come punto di ritorno verso casa, sani e salvi… Visiere, giubbotti e frontalini pieni zeppi di moscerini spiaccicati fanno parte del gioco. Condurre una moto fa crescere chi ci sta sopra, dunque, ma perché il processo sia il più indolore possibile, dovrebbe essere compiuto secondo una logica, rappresentata secondo noi dal passaggio progressivo da una cilindrata minore ad una più grossa, cosa che invece oggi accade di rado. Deciso il passo, si manda in pensione lo scooter 50 per andare in giro con belve da mille e più centimetri cubici, spinte da propulsori da centinaia di cavalli, gestite da una manopola assolutamente identica a quella di un motorino, con freni potentissimi e tecnologie in grado di farti sembrare i 250 orari una velocità assolutamente normale: con pochi accorgimenti, facilmente reperibili sul mercato, una moto “clienti” si trasforma in una Superbike da campionato mondiale. Ci si passa grazie ad una legislazione che lo consente e soprattutto grazie ai finanziamenti che rendono accessibili acquisti fino a poco tempo fa assolutamente proibitivi: un tanto al mese, Tan e Taeg compreso, ed il gioco è fatto. Tutti o quasi, infatti, conosciamo improvvisati centauri che devono pagare per dieci anni moto durate pochi giorni, se non poche ore, irrimediabilmente distrutte all’esordio in improbabili gran premi della montagna o alla partenza bruciante da qualche semaforo cittadino. Quali sono le regole per non farsi male? Difficile dirlo: capita che un motociclista prudente sia centrato in pieno da un incosciente o da un’automobile che viola una precedenza… le fattispecie sono infinite. Ci sono però alcune regole che possono essere seguite per evitare il peggio: in queste pagine ve ne forniamo alcune, sapendo che è difficile fare della guida in moto un protocollo assolutamente sicuro. L’unica certezza è che starci a cavalcioni è una delle sensazioni più belle che si possano provare.

La patente:

Sappiamo ormai tutti che i giovanissimi utenti della strada beneficiano oggi di un’iniziazione anticipata, in termini di regole, rispetto a quello che accadeva per le passate generazioni. Una volta i 14 anni costituivano il primo traguardo anagrafico oltre il quale il ragazzino o la ragazzina venivano introdotti – senza alcun supporto didattico – nella circolazione stradale. Oggi il patentino permette di fornire loro la conoscenza di base, un’infarinatura, per muoversi secondo le regole del codice, avviandoli alla performance della conduzione con gradualità ma senza doversi affidare all’improvvisazione: si insegna loro cos’è la segnaletica e come ci si comporta durante la progressione di marcia. Ci piacerebbe però che la didattica fosse diversa e che magari si facesse come in Francia, dove sono previste borse di studio per il conseguimento della patente di guida. Bello sarebbe se i 14enni potessero ottenere una specie di rimborso che restituisse loro una parte dei soldi spesi alla scuola guida, magari proprio dalle assicurazioni dopo un certo periodo trascorso senza aver provocato incidenti; bello sarebbe se oltre alle “autoscuole” avessimo anche delle “motoscuole”, dove il discente apprende e sperimenta concetti altrimenti lasciati alla sola sperimentazione su strada, le cui conseguenze purtroppo ne rendono tardivo l’apprendimento. Ci riferiamo alla guida in città, a quella in autostrada, alla conduzione di motoveicoli col passeggero a bordo, a come caricare di bagagli la propria dueruote, ma anche alle conoscenze sanitarie di base per sapere come evitare comportamenti pericolosi: se vedi cosa succede a chi impatta su un guardrail, probabilmente, impari ad andare più piano, quando sulla tua via di fuga c’è una ghigliottina arrugginita. Lo stesso dicasi per la manutenzione meccanica: una gomma usurata o indurita dal tempo deve essere sostituita. La pratica senza teoria non vale nulla, ma è anche vero il contrario: il conseguimento della patente A e dei sui vari livelli, restano legate alla pratica indispensabile per imparare i movimenti della normale circolazione, senza però offrire nulla più.

L’acquisto:

Motociclisti non si nasce, ma ci si diventa. Ovviamente non tutti possono essere dei Valentino Rossi, visto che il talento è genetico, che può essere innato o meno nell’uomo o nella donna che decidono di indossare il casco per vivere questa fantastica esperienza della circolazione, la più libera che la strada possa permettere. La prima questione, dunque, è quale moto acquistare. I maschi giovanissimi, quasi sempre, scelgono l’estremo: il supermotard o la moto sportiva. È quasi una scelta obbligata, mentre le femminucce – che di solito hanno maggior giudizio – optano per una moto stradale di piccola cilindrata, magari di seconda mano, per imparare gradualmente. Da quando gli scooter hanno soppiantato i motorini a marce, l’approccio ad una moto vera è quasi sempre traumatico, per cui ai genitori che vogliono accontentare i figli suggeriamo di regalare loro una moto tranquilla. Indifferente, secondo la nostra esperienza, un enduro o una tourer, ma l’importante è compiere con loro questo passo, mostrando che niente è impossibile ma che si deve per forza agire con gradualità e consapevolezza. Un giorno arriverà anche il cavallo cattivo, ma solo quando il cavaliere sarà in grado portarne a termine la doma. Meglio sarebbe stato averli introdotti fin da bambini alla guida sportiva, facendo loro capire che c’è una differenza tra una conduzione agonistica o antagonistica – tecnicamente possibile solo in tracciati chiusi – e quella della normale circolazione. Tirare una curva in velocità in montagna è bellissimo, lo sappiamo, ma bisogna saper trasmettere loro che la Futa non è un circuito, che non ci sono vie di fuga, che ci sono ostacoli ad ogni centimetro di strada e che c’è gente che ci viene incontro. È ovvio che, anche per investimenti di carattere sportivo oltre che di sicurezza, sarebbe meglio realizzare più circuiti, magari un paio per ogni regione, affidarli ad associazioni in grado di garantirne la funzionalità e permettere ai puledri d’acciaio di far sfogare in tutta sicurezza i propri padroni, magari a cifre accettabili per i portafogli dei comuni mortali. Allora la Futa tornerebbe ad essere il sentiero di una passeggiata, invece che un granducato della velocità come sull’Isola di Mann..

L’abbigliamento:

Easy Raider mostrava gente in sella senza casco, giubbotti smanicati, belle donne seminude. La vita vera insegna invece che il motociclista deve sapersi proteggere. Casco, giubbotto, pantaloni, guanti e stivali sono una spesa importante e spesso – quando la prima moto è già in garage – il primo viaggio lo si fa in maglietta, con un casco vecchio e magari in scarpe da tennis. Purtroppo però, chi rinuncia a vestirsi secondo necessità, corre rischi altissimi. Le ultime generazioni di abbigliamento, poco importa se specializzate in capi in pelle o in cordura, consentono infatti livelli di protezione eccezionali. Le articolazioni sono protette da conchiglie, ci sono rinforzi sulle caviglie e sugli avambracci, la schiena è tutelata da un robusto guscio di tartaruga, capace di ridurre il rischio di lesioni meliche del midollo. Non c’è poi da dimenticare ogni estremità: il casco, che dovrebbe essere scelto anche in base al costo (nel senso che generalmente più costa, maggiore il livello di protezione offerto), i guanti e gli stivali. Le fratture più comuni sono proprio quelle periarticolari: tibia e perone, radio ed ulna… E non scordiamo di scegliere capi che abbiano almeno una parte della propria superficie rifrangente, o almeno portiamo con noi un giubbetto o bretelle retroriflettente, soprattutto nei lunghi spostamenti o quando sia in previsione un tratto in autostrada.

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La strada e le sue insidie:

Una volta comprata la moto, una volta vestito di tutto punto, il centauro è pronto a partire. Solitamente, il motociclista punta dritto alla montagna, dove può ripararsi dall’afa, godersi per una volta la tortuosità di un percorso senza soffrire la macchina e mettere il cavalletto vicino agli altri, nell’arena statica del paddock improvvisato nel cortile del bar sulla sommità del passo. Ma in una strada tortuosa, le insidie sono tante, tutte diverse da quelle che ci troviamo davanti quando percorriamo in sella l’autostrada o la città. La gran parte degli incidenti stradali che vedono coinvolti i motociclisti, sono in realtà autonomi, e le conseguenze sono spesso dolorose. Tra le precauzioni che dobbiamo adottare percorrendo una strada di montagna, c’è quella di osservare l’ambiente: l’asfalto, innanzitutto, che spesso è sporco e scivoloso, ma anche la presenza di guardrail, l’insidia delle foglie cadute o della brina, di brecciolino e di traverse dalle quali potrebbe uscire qualcuno. Dovremmo consigliare anche di far caso alla manutenzione dell’infrastruttura, ma il livello è divenuto inaccettabile quasi ovunque: buche e cartelli arrugginiti la fanno da padrona dappertutto, a spese di chi è invece chiamato – quando la forza pubblica interviene – ad un rispetto rigido della norma. Uno dei maggiori rischi che si corrono è quello di mettere la ruota sulle tracce di pneumatici sporchi di fango, che lasciano sull’asfalto una patina che impedisce di fatto il grip della gomma, creando un effetto molto simile a quello dell’aquaplaning, o di incappare in macchie di gasolio spruzzate a terra da serbatoi di camion. Un pericolo letale, che spesso corre lungo la mezzeria e proprio nelle curve – per effetto dell’energia cinetica che ne spinge una quantità maggiore fuori dal contenitore – diventa maggiormente pericoloso. La scivolata sull’avantreno è quasi inevitabile, ma se la perdita di aderenza è sulla ruota posteriore, il rischio di venire disarcionati e di assumere ancor più velocità come se si fosse stati proiettati via da una catapulta aumenta a dismisura. Imparare ad osservare la qualità e la condizione dell’asfalto, è dunque una condizione di sopravvivenza: si tratta di un comportamento che gli automobilisti, per esempio, non sono soliti assumere, in quanto la stabilità delle quattro ruote è sufficiente a rendere superfluo, almeno generalmente, questo tipo di attenzione. Il motociclista esperto, invece, non interrompe mai questo tipo di osservazione. I nervi restano tesi, la soglia d’attenzione altissima ed anche una piccola macchia scura sul manto stradale induce il centauro navigato a togliere manetta, ad alzare il baricentro e ad usare il freno con grande delicatezza. In queste condizioni è essenziale, per la propria sicurezza, evitare di andare in piega mantenendosi ai margini della propria corsia (attenzione, diciamo corsia): questo perché anche se le ruote “mangiano” la direttrice di marcia giusta, lo spostamento del baricentro del corpo verso la tangente comporta l’occupazione di spazi che non fanno parte della propria corrente di traffico e che potrebbero essere occupati da altri veicoli, da corpi di altri motociclisti impegnati nella stessa azione – questo nelle curve verso sinistra - o per esempio da pedoni – nel caso di pieghe a destra. È frequentissimo l’impatto tra due motociclisti impegnati in pieghe opposte sulla stessa curva, perché provenienti da direzioni diverse: gli effetti sul corpo di questo scontro, sono devastanti. I più prudenti – anche tra gli smanettoni (non sempre è una contraddizione in termini) – sono attenti anche alla natura degli arredi e degli ostacoli fissi lungo il tracciato: questo perché chi ha già assaggiato l’asfalto, sa bene che c’è una netta distinzione tra la “causa di incidente” e la “causa di lesione o morte”. La scivolata banale, avrebbe poche conseguenze se il corpo non assumesse il moto (direzione e velocità) impresso dall’energia cinetica: e senza una bella via di fuga in sabbia o una pressa di paglia, l’impatto contro un lampione è terribile, e gli effetti aumentano con la velocità. Quindi, ragazzi, piano. Ben diversa, almeno sul piano delle cause, la situazione in autostrada. In uno scenario ostile come questo, la perdita di un semplice cartone vuoto da un’auto, il contatto lievissimo con uno specchio retrovisore o la manovra sconsiderata di un altro veicolo, costano carissimo: cadere in carreggiata, oltre che presentare gli stessi rischi dovuti all’impatto contro un ostacolo fisso, significa farsi investire da chi arriva a velocità elevata. Ne abbiamo raccolti tanti, lo sappiamo bene: anche per questo diciamo no ai 150… (finalmente archiviati). Per limitare al massimo questo spettro di insidie, dobbiamo assumere una guida lineare, segnalando sempre il sorpasso con gli indicatori di direzione, sia a destra che a sinistra in fase di rientro, e lampeggiando con l’abbagliante. Con la moto carica, evitiamo di stare eccessivamente sul margine destro della corsia, visto che chi sta al volante invece che in sella, potrebbe essere indotto a passarci vicino senza impegnare la corsia di sorpasso e senza sapere che noi siamo alle prese con i vortici della velocità, che impattano su di noi come il vento su una bandiera e che mantenere un andamento regolare, in certe condizioni, è impossibile. A chi sfreccia a cavallo delle corsie di marcia e sorpasso, in condizioni di traffico intenso, ricordiamo che alla guida degli altri veicoli ci sono persone che non si aspettano questo tipo di manovre… Occhio, perché se fate caso allo specchio, noterete che subito dopo il vostro passaggio, le auto sorpassate zigzagano: è l’effetto spavento-sorpresa e se viaggiate in gruppo metterete i vostri amici che vi seguono nella condizione di essere urtati. Non dovreste, ma se proprio volete, passate piano e quando il traffico è fermo, sappiate che percorrere la corsia di emergenza in moto costa caro esattamente quanto ai conducenti degli altri veicoli. Anche in questo caso non dovreste, ma se proprio volete, sfilate lentamente: non è questa una condizione per correre e se qualcuno apre lo sportello per scendere dall’auto, vi fareste davvero male. La città è un altro di quei luoghi in cui sarebbe meglio spostarsi in autobus, ma non sempre è possibile. Qui conta troppo il fattore umano (degli altri) e allora ci ripetiamo: occhio! Nelle strade urbane, l’imbarbarimento del traffico è più evidente che altrove: tutti vogliono passare per forza, e sembra esserci in atto una continua competizione per arrivare prima alla testa del semaforo successivo. In questo degrado – non dobbiamo aver paura di dirlo – il malcostume di chi sta in sella a moto e scooter (soprattutto scooter) incide tantissimo sulla negatività della sicurezza stradale. I semafori diventano solo consigli, quando sono rossi, o trampolini di lancio quando diventano arancioni; le soste degli autobus sono ignorate, esattamente come le strisce pedonali o le precedenze. Quante volte vediamo centauri immettersi da una strada laterale senza nemmeno guardare chi arriva, convinti che mantenersi per pochi metri il più a destra possibile sia sufficiente a definire rispettata la precedenza?


Abbiamo detto banalità?
  
Motociclisti

Il decalogo dell’Asaps

  1. La patente di guida per la moto dovrebbe essere “dedicata”, conseguita cioè con programmi didattici specifici sia teorici che pratici. ASAPS pensa all’istituzione di “motoscuole”, dotate di strutture su cui provare in prima persona le tecniche di guida, ed a borse di studio sul modello francese, che consentano ai candidati di recuperare le spese sostenute per il conseguimento del titolo alla guida, dopo un periodo trascorso (3-5 anni) senza aver provocato incidenti.

  2. La scelta della moto deve essere commisurata all’esperienza del futuro centauro: serve gradualità nel passaggio tra una cilindrata e l’altra, ma anche in relazione alla crescente potenza.
  3. Utilizzare sempre un abbigliamento di qualità, completo in tutte le sue parti: anche una tranquilla gita fuori porta, infatti, nasconde potenziali insidie. E allora servono caschi di ottima qualità, capi d’abbigliamento dotati di gusci interni di protezione articolare, dispositivi di protezione per la schiena, guanti e stivali. Una banale scivolata, con questi accorgimenti, provocherà solo danni materiali.
  4. Nelle strade miste, non si deve mai perdere d’occhio l’andamento della strada. Bisogna guardare lontano, perché i raggi di curva sono diversi da quelli in auto, e imparare a riconoscere insidie dell’asfalto come la sua scivolosità, la presenza di elementi estranei come foglie umide, brina, fanghiglia lasciata da veicoli pesanti o tracce di carburante, purtroppo frequentissime in itinerari montani e collinari. Occhio anche alle traverse e a non invadere mai la corsia opposta.
  5. Evitare di stare in piega sui margini della corsia, perché una piega verso sinistra – con le ruote in prossimità della mezzeria – comporta che quasi tutto il veicolo, da metà cerchione in su, ed ovviamente il corpo del suo conducente, occupino di fatto la corsia opposta. Una manovra di correzione in emergenza, in questo caso, è praticamente impossibile e comunque comporterebbe l’allungamento irreparabile della traiettoria.
  6. Controllare sempre la qualità dell’infrastruttura, valutare la qualità delle vie di fuga ed i potenziali ostacoli che ci troveremmo addosso in caso di caduta..
  7. In autostrada, tenere sempre una condotta di guida lineare, evitare di sfrecciare – specie se in gruppo – tra le auto incolonnate o di percorrere in velocità la corsia di emergenza: tali manovre, espressamente vietate dal codice, sono anche pericolosissime.
  8. In città valutare il comportamento degli altri, e pensiamo ad anticipane le mosse. Rispettare scrupolosamente la segnaletica e tenere sempre gli occhi aperti in prossimità di immissioni, incroci e fermate di autobus.
  9. Sostituire i componenti deteriorati sempre con prodotti omologati. In particolare, evitare di montare silenziatori non conformi, rumorosi e soprattutto fastidiosi nelle ore notturne e nell’attraversamento dei centri urbani.
Una corretta manutenzione del motoveicolo contribuisce a rendere più sicura ed efficace la marcia ed aiuta a compiere le manovre di emergenza con maggiore sicurezza. 

Da "il Centauro" n. 106
© asaps.it

Di Lorenzo Borselli

Lunedì, 30 Ottobre 2006
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