foto Blaco
Il gravissimo incidente della
A26 nel quale due carabinieri di scorta a una colonna hanno perso la vita a
seguito di un tamponamento di un veicolo commerciale, ripropone
drammaticamente alcuni aspetti legati alla mobilità autostradale. Innanzi tutto il problema
ancora irrisolto di velocità inadeguate anche per la categoria dei veicoli
adibiti al trasporto di merci. Troppo spesso le leggi
dell’economia prevalgono e soverchiano quelle della sicurezza. I tempi di
consegna in un sistema di mobilità soggetta a troppe variabili: quella del
traffico, delle interruzioni per cantieri e sinistri in itinerario, portano
alla tentazione del recupero dei tempi persi e quindi all’aumento delle
velocità e del rischio. Altrettanto grave è la
sistematica e abituale violazione della distanza di sicurezza, non rispettata
spesso da tutte le categorie di veicoli, ma dai trasportatori in particolare.
Norma che di fatto vede inapplicabile la sanzione da parte della Polstrada se
non dopo il sinistro. Non esiste nel nostro Paese una apparecchiatura
omologata per misurare e contestare la distanza di sicurezza. Alcune strumentazioni sarebbero
tecnicamente adeguate, ma inutilizzabili perché non omologate. Il camionista che per ore
viaggia a 10 metri (a volte anche meno) dell’autotreno che lo precede subisce
una sorta di "ipnotizzazione" per l’effetto schermo prodotto
dal posteriore del veicolo a cui sta in scia, che gli esclude sempre la
sufficiente visibilità anteriore con disastrosi effetti di
abitudine/stanchezza. Un semplice rallentamento è assorbito dai primi due o tre
veicoli in colonna e diventa rischioso e fatale per quelli successivi in coda. Su
questo aspetto la tecnologia deve soccorrere la polizia, così come è avvenuto
per i sistemi di rilevamento delle velocità come i Tutor. L’altro versante su cui ancora
non si è inciso adeguatamente è la frequente violazione dei tempi di guida e di
riposo. Troppi conducenti, molti stranieri, spesso extracomunitari, superano
regolarmente le ore previste per la guida, saltano i turni di riposo. In alcuni
casi, quelli che come Asaps definiamo conducenti "lumaca" non perché
vanno piano, ma perché vivono praticamente larga parte della loro vita (festivi
compresi) nella loro cabina come chiocciole nel loro guscio, elevano la soglia
del rischio. Quella del controllo dei mezzi
di trasporto industriali e commerciali, deve diventare una questione sul
tappeto del potenziamento delle condizioni di sicurezza. Si dovranno chiamare in
causa con severe sanzioni che portino al blocco del veicolo, anche i vettori e
i committenti. La Polizia Stradale deve essere
assolutamente potenziata in uomini e mezzi per affrontare questa vera e propria
emergenza. Non si inventino "formule
magiche" come quella dell’intervento di varie ausiliarità del traffico e
affini. Sulla strada, specie per il controllo dei mezzi pesanti e commerciali,
servono veri professionisti del codice e delle regole del trasporto. Il
sistema di verifiche su strada dei CMR - Centri Mobili di Revisione -
con l’impiego di personale del Ministero dei Trasporti insieme alla
Polizia Stradale che ha dato positivi risultati, va subito potenziato.
All’Arma e ai Carabinieri
che operano ogni giorno sulle strade, esprimiamo condoglianze e la totale
solidarietà dell’Asaps per la tragica morte dei due militari.
Forlì, 30 ottobre 2006
Giordano Biserni
Presidente Asaps
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