Infrazione non contestata dagli agenti su strada? Verbale
nullo. A smentire questa equazione favorevole all’automobilista che, incappando
nell’autovelox, riceve il verbale per posta piuttosto che direttamente, a mano,
dagli agenti, è intervenuta ancora una volta la Cassazione con la sentenza
7107/2006, che ha ribadito la validità della multa spedita al domicilio per
mezzo del servizio postale. Vita difficile, dunque, per gli impenitenti della
velocità: fino a qualche anno fa era invalsa l’idea, sulla sponda delle
decisioni dei giudici territoriali e della stessa Cassazione, che tutto quello
che non venisse contestato al momento, su strada, rendeva invalida la multa.
Così, quando a casa arrivava la sgraditissima cartolina gialla, con tanto di
notifica della sanzione, spesso i trasgressori non si davano per vinti e,
davanti ai giudici, ne tentavano di tutte pur di vedere cestinato l’odiato
verbale. Chi se la prendeva con l’autovelox, inteso come strumento meccanico,
mettendone in dubbio la precisione; chi ne riteneva invalida l’omologazione;
chi sosteneva di non aver certezze sulla taratura; chi contestava le modalità
del servizio (l’autovelox era troppo nascosto, oppure c’erano solo due agenti,
se fossero stati quattro o sei avrebbero potuto fermare il trasgressore senza
problemi); chi infine lamentava che il codice prevede che gli agenti diano
l’alt e contestino immediatamente, altrimenti, il trasgressore, come si può
difendere? Così, se l’automobilista aveva la fortuna di non essere fermato
immediatamente, pazienza, la multa perdeva di efficacia ed era legittimo
pretenderne l’annullamento. Del resto, proprio su questo ultimo problema,
quello della contestazione immediata, la migliore giurisprudenza della
Cassazione incoraggiava a fare ricorso. L’art. 200 del codice della strada
stabilisce testualmente: “la violazione, quando è possibile, deve essere
immediatamente contestata”. Non si tratta solo di una norma procedurale, ma
di una pietra angolare del diritto di difesa: il trasgressore deve avere la
possibilità di giustificarsi immediatamente, introducendo addirittura le
proprie dichiarazioni nel verbale redatto dagli agenti. Data l’importanza della
prescrizione sulla questione è nata una interessante disputa giurisprudenziale:
si trattava, in buona sostanza di stabilire il significato dell’espressione
“quando è possibile” contenuta nell’art. 200, e cioè di circoscrivere i casi in
cui la contestazione immediata può essere legittimamente omessa. Secondo un
consolidato indirizzo, l’omissione della contestazione, avrebbe rilevanza solo
sul piano disciplinare, nei confronti degli agenti che non avevano contestato, senza
comportare l’illegittimità dell’atto. Certo, il giudice chiamato a decidere su
un eventuale ricorso avrebbe potuto far rilevare l’omissione, ma valutandola
assieme a tutti gli altri elementi in causa. In altri termini, la mancata
contestazione, secondo questo indirizzo giurisprudenziale, non comporterebbe
l’automatico annullamento del verbale, ma solo un elemento negativo sulla
bilancia della giustizia (si sono espresse in questo senso, Cass. Sez. I,
6527/1992; Cass. Sez. I, 8024/1992; Cass. Sez. I, 11176/1992; Cass. Sez. I, 8768/1994; Cass. Sez. I,
4973/1995; Cass. Sez. I,
6674/1995; Cass. Sez. I, 7331/1995, nonché la circolare del Dipartimento della
P.S. 300/A342222/144/5/20/3 del 20 giugno 1992). Del resto, questa
giurisprudenza si collegava a quella più datata della Cassazione penale che, in
tema di reati previsti dal codice della strada, aveva già chiarito che la
mancata contestazione immediata non poteva mai tradursi in una causa di
improcedibilità dell’azione penale, quando in ogni caso era intervenuta la
notificazione del verbale nel termine previsto (Cass. Sez. IV Pen. 624/1988;
Cass. Sez. IV Pen. 1490/1970; Cass. Sez. IV Pen. 209/1969). Un altro indirizzo
della Cassazione, sviluppatosi più di recente e più caro agli automobilisti,
dava invece peso essenziale alla contestazione immediata. Secondo i giudici
dell’alta Corte, seguiti a ruota dalla quasi generalità dei giudici di pace, la
mancata contestazione su strada estingueva la sanzione (Cass. Sez. III,
6123/1999). Ancora di più si considerava valido questo principio, quanto più la
tecnologia utilizzata si riteneva avanzata. Per i radar muniti di monitor,
l’infrazione era rilevata a subito, per cui si poteva procedere a contestazione
immediata dando l’alt o inseguendo il trasgressore (Cass. Sez III, 10107/2000).
Ed è proprio su questo che con l’ultima pronuncia, la Corte di Cassazione, ha
mutato orientamento: con la sentenza 7107 del 28 febbraio 2006, l’alto collegio
ha ricordato come il principio secondo cui la contestazione deve essere immediata,
valido in generale per le violazioni amministrative, sia stato dalla legge
temperato, con le modifiche al codice della strada. Così, deve ritenersi
legittima la contestazione non contestuale delle violazioni stradali, tutte le
volte in cui, nel verbale, siano indicati i motivi che hanno impedito la
contestazione immediata, tra cui quelli enumerati a titolo esemplificativo
dall’art. 384 del regolamento di esecuzione (DPR n. 495 del 1992) e, per
l’appunto, costituiti anche dalla impossibilità, da parte della polizia di
raggiungere un veicolo lanciato ad eccessiva velocità e dall’accertamento
dell’eccesso di velocità a mezzo di "autovelox". E non è facoltà del
multato, né del giudice, recriminare che, se il servizio fosse stato
diversamente organizzato, la polizia avrebbe avuto più facilità a raggiungere
il veicolo: infatti, come aveva già ricordato la Cassazione nella sentenza n.
9222/2005 “resta esclusa la possibilità di censurare le scelte
dell’amministrazione in ordine alle modalità di organizzazione del servizio di
rilevazione ed accertamento delle violazioni, configurandosi altrimenti una
inammissibile ingerenza nel "modus operandi" della stessa
amministrazione, in linea di principio non sindacabile dal giudice ordinario”.
Un po’ di chiarezza, dunque, ed anche di pragmaticità. Velocità, autovelox,
contestazione immediata: Cassazione “indietro tutta”. Sbaglia chi non rispetta
i limiti ed il verbale resta valido al di là dei cavilli bizantini che
avvantaggiano il trasgressore, anche quando è certo e provato che ha
trasgredito.
*Funzionario
della Polizia di Stato e
Docente di Politiche della Sicurezza
presso l’Università di Bologna
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