Un interessante articolo pubblicato sulla Rivista Le Strade(1), ha suscitato in me l’interesse ad approfondire un argomento, peraltro già affrontato sulla Rivista Crocevia, ma con ben altre finalità. In certo qual modo, mi sono posto dalla parte del cittadino o, per meglio dire, dell’utente stradale: insomma, colui che ha diritto di fare uso della strada e di pretendere che l’organizzazione della circolazione stradale, anche in termini di tracciatura della segnaletica orizzontale, avvenga sì nel rispetto delle norme tecnico-giuridiche vigenti, ma sia sempre ispirata da criteri di razionalità. In tal senso, è utile ricordare che alla polizia stradale è affidato il compito – tra gli altri – di tutelare e controllare l’uso della strada (art. 11, comma 1, lett. e, c.d.s.), anche mediante segnalazione agli enti competenti, di quelle eventuali incongruità o inadempienze riscontrate durante il normale controllo delle strade e delle relative pertinenze (art. 38, commi 7 e 14, c.d.s.; art. 75, commi 1 e 2, reg.). Da qui discende un preciso obbligo giuridico relativamente al quale è opportuno soffermarci su alcuni di quei criteri tecnici (norme B.U. C.N.R.), divenuti cogenti in ragione del loro recepimento nella normativa che regola ed attua il nuovo codice della strada (art. 40 c.d.s.; artt. 137 ss. reg.). Nella comune
accezione del termine, è probabile che si associ al significato tecnico di segnaletica
orizzontale quello di segnaletica complementare; quasi che la prima,
vada a complemento ovvero, a completamento d’altra tipologia segnaletica
(sempre nella comune esperienza parlata, quella verticale). In realtà, la
segnaletica orizzontale gode di dignità giuridica propria, essendo disciplinata
in modo specifico dall’art. 40 del nuovo codice della strada (d. Lgs. 285/92 e
succ. modif.); ancora, la stessa segnaletica complementare risente, in
modo palese, di una vera e propria collocazione giuridica: quella riconducibile
all’art. 42 del predetto codice (2). Questa precisazione, pareva d’obbligo per dirimere ogni
possibile dubbio a riguardo. Venendo adesso all’argomento di cui si discute,
vediamo di distinguere le strisce di margine, da quelle di mezzeria.
Forse, ciò può apparire pleonastico e privo di un reale interesse per gli
operatori della polizia stradale; invece, ci accorgiamo subito di quanto tale
distinzione risulti di indubbia importanza. Non solo perché ci aiuta a meglio
capire l’utilità della segnaletica stradale, quale strumento di guida ottica
dell’utente stradale, ma vieppiù ed in ragione proprio di questa funzione
specifica, di poter riverberare anche nella causazione di un sinistro stradale;
non da meno, nel legittimo accertamento di una delle violazioni all’art. 40
citato. Dunque, una prima distinzione (ch’è poi quella più interessante, per il
tema trattato), va fatta in ordine alla funzione della segnaletica stradale,
nel suo sviluppo longitudinale (art. 40, comma 2, lett. a, c.d.s.): si
distingue quindi, la segnaletica di margine, dalla restante segnaletica.
Queste strisce, separano
i sensi o le corsie di marcia, delimitano la carreggiata ovvero
incanalano i veicoli in determinate direzioni. Ciò, soprattutto, quando
la visibilità è particolarmente ridotta e quindi l’unico riferimento degli
spazi stradali utili è garantito dalla presenza di queste strisce: distinte e
distinguibili o, per meglio dire, discriminabili. Tutto ciò, mediante una
tracciatura che, quanto alla larghezza minima delle singole strisce risulti
conforme alle prescrizioni indicate al comma 1 dell’art. 138 e al comma 4
dell’art. 141 del regolamento, come indicato nella tabella che segue a pagina
seguente. Una prima distinzione è data dal fatto che le strisce di margine
hanno una larghezza maggiore delle altre strisce; di modo che, non solo è
possibile individuare i margini della carreggiata ma, ciò che più conta, è
sempre possibile individuare concretamente la striscia di margine e quindi (e
non solo) la corretta posizione sulla carreggiata, riguardo al senso di marcia
considerato(3). Più
specificatamente e come abbiamo già detto, le strisce longitudinali diverse da
quelle di margine, separano i sensi di marcia (art. 139, reg.) e delimitano le
corsie di marcia (art. 140, reg.). 3. Strisce di
separazione dei sensi di marcia e moduli di corsia Quanto alle
strisce di separazione dei sensi di marcia, è stabilito che le stesse siano continue:
a) sulle carreggiate con una corsia per senso di marcia, allorché non si
voglia consentire l’occupazione, neppure momentanea, della corsia adiacente per
il sorpasso; b) in prossimità delle intersezioni a raso; c) nelle
zone di attestamento; d) in prossimità degli attraversamenti pedonali e
di quelli ciclabili; e) in prossimità di tratti stradali in cui la
visibilità è ridotta, come nelle curve e sui dossi; f) in prossimità dei
passaggi ferroviari a livello; g) in prossimità delle strettoie. Come
risaputo, le strisce continue indicano il limite invalicabile (eccezion
fatta per quelle che delimitano le corsie di emergenza) di una corsia di marcia
o della carreggiata (art. 40, comma 3, c.d.s.). Al fine poi di evidenziare
particolari condizioni della strada o del traffico, debbono essere utilizzate
due strisce affiancate continue: a) nelle strade a carreggiata unica a
due o più corsie per senso di marcia (fig. II.426); b) quando due o più
corsie nello stesso senso di marcia sono delimitate da strisce continue (fig.
II.426); c) quando la separazione dei sensi di marcia non coincide con
l’asse della carreggiata; d) quando si predispone uno spartitraffico,
anche senza apposito manufatto, per conferire maggiore sicurezza alla
circolazione distanziando i due sensi di marcia; in questo caso, se lo spazio
tra le due strisce è superiore a 50 cm, esso dovrà essere evidenziato con le
zebrature di cui all’articolo 150, comma 2 del regolamento. Proprio in ragione
della condizione di “invalicabilità” delle strisce longitudinali continue e, più
in particolare, di quelle che delimitano le corsie di marcia od individuano la
c.d. mezzeria, l’Ing. Sortino(1) evidenzia un esempio tutto italiano, di «abuso della striscia
continua». Questi, prosegue, affermando che «quello che dovrebbe essere un
segnale da usare con parsimonia, sulle nostre strade è ormai diventato
la prassi ordinaria, costringendo gli autisti alla trasgressione
delle regole della circolazione», imponendo «anche al più disciplinato dei
guidatori di non rispettare la segnaletica», quindi contribuendo «ad
ingenerare l’abitudine e l’assuefazione alla trasgressione
stessa» (sic!). L’Autore da poco citato, si riferisce proprio alla circostanza
in cui segnaletica orizzontale è utilizzata in modo irrazionale, ovvero, in
modo tale da imporre una manovra di guida, materialmente impossibile
da essere rispettata: quella, appunto, di non valicare la striscia
longitudinale continua. È il caso di ricordare che il legislatore, nel definire
genericamente la corsia(4) come la «parte longitudinale della strada di larghezza idonea
a permettere il transito di una sola fila di veicoli» (art. 3, comma
1, n. 12, c.d.s.), non ha specificato a quali, tra i veicoli indicati negli
artt. 46 ss. st. cod., va essere fatto riferimento. Peraltro, nell’indicare il
c.d. modulo di corsia (art. 140, comma 1, reg.) ovvero, la distanza tra
gli assi delle strisce che delimitano la corsia medesima, ha indicato dei
precisi parameri, da utilizzare in funzione della sua destinazione, del tipo
di strada, del tipo di veicoli e della sua regolazione. I
moduli di corsia, vanno scelti tra i seguenti valori: 2,75 m - 3,00 m - 3,25 m
- 3,50 m - 3,75(5); mentre per le
corsie di emergenza il modulo va scelto nell’intervallo tra 2,00 e 3,50 m. Ma
una lettura combinata dell’articolo da ultimo citato e dell’art. 61, comma 1,
lett. a) del codice stradale (Sagoma limite), porta a concludere che in
qualunque caso, ogni corsia, deve garantire il transito di almeno una fila di
veicoli di larghezza massima non eccedente 2,55 m; è fatta eccezione per le
corsie specializzate di attestamento delle intersezione urbane (art. 140, comma
2, reg.), ove è ammesso un modulo minimo di 2,50 m., a condizione però che le
stesse non siano percorse dal trasporto pubblico o dal traffico pesante. Una
precisazione questa, che non è stata fatta di certo per andare fuor di tema,
quanto piuttosto per meglio evidenziare la questione sollevata dall’Ing.
Sortino. Quella relativa al fatto che il dimensionamento dello spazio stradale,
realizzato a mezzo di segnaletica orizzontale, fin troppo spesso avviene senza
tenere minimamente conto dei limiti dimensionali precedentemente indicati.
Tanto che: - inevitabilmente, durante la marcia normale in centro abitato, il
solo sorpasso dei veicoli posti regolarmente in sosta o, addirittura, nell’area
di parcheggio, comporta il superamento della striscia continua; - durante
l’attraversamento di una curva(6) ad “ampia visibilità”, la presenza della striscia continua, non
permette il superamento di eventuali veicoli lenti, quando sia necessario oltrepassare
la striscia longitudinale continua durante il sorpasso. Giungiamo adesso a
concludere, che dinanzi all’accertamento di uno dei due comportamenti su
menzionati, che possono ben integrare la violazione all’art. 40, comma 8 del
codice stradale, pare altresì evidente l’inevitabilità della “violazione” (mi
sia consentito il gioco di parole) da parte del conducente e, dunque, l’inesistenza dell’elemento soggettivo previsto
dall’art. 3 l. 689/81. Certamente, sarebbe più corretto poter delimitare in
modo appropriato gli spazi stradali esistenti, sulla base dei suggerimenti
concreti che lo stesso organo di polizia stradale può (o deve?) fornire
all’ente proprietario o concessionario della strada: ne proponiamo alcuni. Una prima
situazione paradossale, si osserva spesso nell’ambito dei centri abitati. In
seguito ad urbanizzazione repentina, povera di una vera e propria e correlata
pianificazione del traffico, i nostri centri abitati sono caratterizzati dalla
presenza di strade strette, calibrate sulla base delle dimensioni dei veicoli,
riconducibili al boom economico (anni ’60). Per quanto in tempi assai
precedenti a quelli, esistessero già problemi d’organizzazione della
circolazione stradale e di tutela della c.d. utenza debole(7), in quegli anni -relativamente recenti- poche
sono state le preoccupazioni che si sono date gli amministratori pubblici
nell’organizzazione dell’urbis. Gli errori o, per meglio dire, la
mancanza di lungimiranza di ieri, riverbera dunque sulla realtà di oggi e le
nostre strade risultano prive, non solo delle fasce di rispetto, ma neppure di
fasce di pertinenza, relativi arredi, banchine, marciapiedi, ecc. Ancora, ci
troviamo dinanzi a vere e proprie strade-parcheggio o carreggiate-parcheggio,
ovverosia, spazi di uso pubblico strutturalmente omogenee, ove quote-parte di
carreggiata, sono destinate a parcheggio(8). Peraltro, proprio per il centro abitato, è (ovviamente) più
alta la domanda di sosta. Da qui l’esigenza di “sfruttare” al massimo gli spazi
stradali disponibili, finanche a restringere ulteriormente la carreggiata, al
fine di destinarla anche a parcheggio. È abbastanza evidente -per le strade a
doppio senso di circolazione, in particolare- che una carreggiata già di per sé
poco più ampia del minimo modulo di corsia previsto, comporta la tracciatura di
una striscia longitudinale continua di mezzeria, che è destinata ad essere
superata da qualsivoglia autoveicolo; anche laddove manchi la delimitazione del
parcheggio, ma sia ammessa in concreto la sosta, l’inconveniente predetto non
può essere in alcun modo evitato. {foto4c} * Ufficiale della
Polizia Municipale Note a margine: (1) A. Sortino, Quando avremo strisce tracciate all’europea?, Le Strade, 1-2/2003, pagg. 78 ss., CASA EDITRICE LA FIACCOLA – MILANO (2) La segnaletica orizzontale serve per regolare la circolazione, per guidare gli utenti e per fornire prescrizioni od utili indicazioni per particolari comportamenti da seguire quando, la segnaletica complementare (che può essere realizzata anche mediante quella orizzontale integrata) è destinata ad evidenziare o a rendere noto il tracciato stradale, particolari curve o punti critici, ostacoli posti sulla carreggiata o ad essa adiacenti. (3) Si pensi, ad esempio, un transito notturno in assenza di illuminazione ovvero con nebbia o pioggia intensa: la striscia di margine sarà sempre alla nostra destra e fungerà da vera e propria guida ottica. (4) Nelle definizioni riportate all’App. 4-A4 (Elementi costitutivi dello spazio stradale) del d.M. 1 giugno 2001, recante le «Modalità di istituzione e aggiornamento del catasto delle strade», si distingue: (a) corsia di
marcia: corsia facente parte della carreggiata,
destinata alla normale percorrenza o al sorpasso; (b)corsia riservata: corsia di marcia destinata alla circolazione esclusiva di una
o solo di alcune categorie di veicoli; c) corsia specializzata: corsia destinata ai veicoli che
si accingono ad effettuare determinate manovre, quali svolta, attraversamento,
, sorpasso, decelerazione, accelerazione, manovra per la sosta o che presentino
basse velocità (corsia di arrampicamento) o altro; d) corsia di emergenza: corsia, adiacente alla carreggiata,
destinata alle soste di emergenza, al transito dei veicoli di soccorso ed,
eccezionalmente, al movimento dei pedoni. (5) Secondo quanto stabilito
nelle «Norme funzionali e geometriche per la costruzione delle strade»,
approvate con d.M. 5 novembre 2001, la scelta del modulo di corsia non è
discrezionale ma è funzione del tipo di strada e, per il tipo di strada
considerato, funzione del ciclo urbano od extraurbano (tab. 3.4.a inerente la composizione
della carreggiata) (6) (6) Secondo il n. 20), del comma 1, dell’art. 3 del codice stradale, due sono gli elementi idonei ad individuare una curva: - il raccordo
longitudinale fra due tratti di strada rettilinei; - la limitata visibilità.
(7) Giovenale, nel 100 d.C.
scrive: «A me, pieno di fretta, fa ostacolo l’onda della folla che mi
precede; quella che mi segue mi preme, come una falangia compatta, alle reni;
uno mi pianta il gomito nel fianco, un altro mi colpisce rudemente con una
stanga, quello mi sbatte in testa una trave, quell’altro una botte. Ma ecco un
lungo abete arrivare traballando su un carro, e poi un secondo carro con un
pino. Se si rompesse l’asse di uno di quei carri che portano i macigni di
Liguria, mi dici che cosa succederebbe?». (8) È interessante far mente locale sul fatto, che alla definizione riportata al n. 34), del comma 1, dell’art. 3 del codice stradale, il parcheggio è definito come l’area o l’infrastruttura posta fuori della carreggiata destinata alla sosta regolamentata e non dei veicoli. (9) In tal caso, potrebbe essere interessante istituire una zona a velocità limitata (c.d. zone 30), nei termini di cui all’art. 135, comma 14 reg. (9-bis) Qui si ricorda che il tracciamento delle strisce longitudinali è obbligatorio su tutti i tipi di strade, ad eccezione delle strade non dotate di pavimentazione idonea alla posa delle strisce, mentre è facoltativo su quelle locali (art. 138, comma 6, reg.). (10) Il dato, si riferisce qui alla segnaletica di indicazione. Quanto alla segnaletica di informazione di pericolo, anche quest’ultima risente di una eccessiva ed inutile collocazione (soprattutto nelle strade urbane dove il pericolo è solitamente percettibile di per sé, in ragione della ridotta velocità locale predominante), come evidenziato dal Min. Nesi nella Sua dir. 24 ottobre 2000. (11) La tabella che segue, è tratta dal Manuale della Circolazione Stradale di Maggioli, Banca Dati su CD (12) Basti pensare ad un tratto di strada curvilineo ubicato in aperta campagna. |
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