Le armi antiche, anche se risalenti a più di un secolo fa,
devono essere denunciate alla pubblica autorità, altrimenti si rischia una
denuncia penale. Lo ha stabilito la Prima Sezione Penale della Corte di
Cassazione confermando la condanna per detenzione abusiva di armi inflitta dal
Tribunale di Teramo ad un signore che aveva ereditato dal padre un fucile
doppietta ad avancarica di vecchia fabbricazione risalente al XIX secolo,
omettendo di denunciarlo, e per questo era stato condannato a pagare 350° euro
di multa. La Suprema Corte, confermando la condanna, ha sottolineato che,
premesso che si trattava di arma antica, in quanto costruita anteriormente al
1890, “peraltro funzionante”, la contravvenzione prevista dall’art.697 del
codice penale si applica a tutti i casi di detenzione abusiva di armi, in
quanto la legge ha continuato a sanzionare come contravvenzione tutti i fatti
di detenzione abusiva di armi non rientranti nella nuova previsione normativa,
o perché colposi ovvero perché relativi a munizioni ovvero ad armi non
immediatamente qualificabili come armi comuni da sparo. (02 novembre 2006) LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SEZIONE I PENALE SENTENZA SVOLGIMENTO DEL PROCESSO Con sentenza in data 12 apr. 2005 il giudice monocratico
del tribunale di Teramo, sezione distaccata di Giulianova ha dichiarato P.P.
colpevole delle contravvenzioni agli artt. 20, co. 3, della legge n. 110 del
1975, per aver omesso di denunciare lo smarrimento di un fucile marca Boyard
calibro 22 e di una pistola automatica marca Bowling calibro 7,65 (capo 2
dell’imputazione) e 697 c.p., per aver detenuto senza farne denuncia
all’autorità, ai sensi degli artt. 38 e 39 del TULPS, un fucile doppietta ad
avancarica di vecchia fabbricazione marca Sabatti, nonché cinque cartucce
Winchester calibro 30/30 (capo 3 dell’imputazione) e lo ha condannato alla pena
di euro 500,00 di ammenda per il reato di cui al capo 2 e di euro 350 di
ammenda per il reato di cui al capo 3, assolvendolo dagli altri reati contestati. Il tribunale, quanto al reato di cui all’art. 20, co. 3,
della legge n. 110 del 1975, ha rilevato che si tratta di due armi di cui
l’imputato aveva presentato denuncia di possesso in data 3/10/1996, avendole
ricevute in eredità dal padre, ma che poi non erano state trovate in sede di
verifica eseguita il 23/12/2003, mentre invece era stato trovato un altro
fucile marca Mavi di Salvinelli, già denunciato dal padre del P. e non
ricompreso nella denuncia di detenzione delle armi ricevute in eredità, per cui
doveva ritenersi provato che le avesse in effetti smarrite senza peraltro
provvedere e presentare denuncia di smarrimento, il che integrava la
contravvenzione contestata. Quanto poi al reato di cui al capo 3, il tribunale ha
ritenuto corretta la qualificazione ai sensi dell’art.
697 c.p. [1], trattandosi della detenzione di un’arma antica
perfettamente funzionante, alla stregua della perizia eseguita, di cui era
stata omessa la denuncia di smarrimento, il che integrava la contravvenzione
contestata. Quanto poi al reato di cui al capo 3, il tribunale ha
ritenuto corretta la qualificazione ai sensi dell’art. 697 c.p., trattandosi
della detenzione di un’arma antica perfettamente funzionante, alla stregua
della perizia eseguita, di cui era stata omessa la denuncia ai sensi del TULPS
e della detenzione di cinque cartucce Winchester, oggetto di contestazione ai
sensi dell’art. 516 c.p.p., ugualmente mai denunciate. Ha proposto sia appello che ricorso per cassazione la
difesa dell’imputato lamentando: mancata valutazione dell’elemento psicologico
per non aver il tribunale considerato che il P. aveva presentato la denuncia
delle armi già possedute dal defunto genitore senza verificare dove si
trovassero, tanto è vero che il fucile marca Boyard, allorché era stato
ritrovato, era stato consegnato all’autorità; il fucile marca Sabatti era arma
antica in quanto ad avancarica e fabbricato anteriormente al 1890 per cui la
sua detenzione era sprovvista di sanzione, non essendo stato emanato il
regolamento previsto dal TULPS relativo alle armi antiche ed artistiche; il
reato di mancata denuncia di cinque cartucce non era stato contestato e non era
stato comunque ritenuto tale dal tribunale, mancanza di prova circa la
effettività del possesso da parte dell’imputato della pistola marca Bowling,
non equivalendo la denuncia alla prova del possesso. Il procuratore generale presso questa corte ha concluso
per il rigetto del ricorso. MOTIVI DELLA DECISIONE Con il primo motivo il ricorrente lamenta la mancanza
dell’elemento psicologico in ordine al reato di omessa denuncia delle armi già
possedute dal suo defunto genitore, posto che aveva presentato la denuncia di
possesso in buona fede, senza verificarne la effettiva presenza ed in seguito,
quando aveva ritrovato il fucile marca Boyard, lo aveva consegnato
all’autorità, così evidenziando l’assenza di qualsiasi volontà di sottrarsi
agli obblighi di denuncia in materia di armi. Occorre però considerare che il reato contestato
all’imputato è contravvenzione per la cui sussistenza no è necessario il dolo e
cioè la volontà di sottrarre le armi alla conoscenza ed al controllo
dell’autorità, bensì la semplice colpa (art. 42, co. 3, c.p.) e cioè la
negligenza ovvero la trascuratezza, come nel caso in esame in cui il
ricorrente, dopo aver presentato la denuncia delle armi già detenute dal suo
genitore, da cui le aveva ereditate, ha poi omesso di verificare la permanenza
delle stesse nel luogo in cui si trovavano e quindi di denunciare all’autorità
la loro successiva sparizione. Non rileva quindi l’eventuale buona fede dell’imputato il
quale aveva dei precisi obblighi in relazione alle armi ereditate dal padre,
che andavano ad aggiungersi a quelle già di sua proprietà, e non li ha
rispettati. Non è poi vero che l’imputato non avesse controllato la
presenza fisica delle armi ereditate dal padre al momento della loro denuncia
all’autorità, limitandosi a presentare la denuncia sulla base dei documenti,
poiché non ha denunciato, ad esempio, il fucile Mavi che documentalmente
proveniva dall’eredità del padre, mentre invece ne ha denunciate altre,
evidentemente sulla base del loro riscontro fisico dopo il decesso del padre. Il primo motivo è quindi infondato. È infondato anche il secondo motivo attinente alla
detenzione senza denuncia del fucile antico marca Sabatti, che, ad avviso del
ricorrente, costituirebbe fatto non sanzionato penalmente. Premesso che si trattava di arma antica, in quanto
costruita anteriormente al 1890, peraltro funzionante, come accertato
attraverso consulenza tecnica, la sua detenzione senza denuncia integrava
certamente un reato, che, in relazione all’art. 697 c.p., invece che nel più
grave delitto di cui all’artt. 2 e 7 della legge n. 865 del 1967, modificati
dagli artt. 10 e 14 della legge n. 497 del 1974, pur astrattamente
prospettabile posto che l’arma era perfettamente funzionante (v. Cass. sez. I
n. 9898 del 1983). Non può pertanto il ricorrente lamentarsi della
qualificazione del fatto ascritto come contravvenzione ai sensi dell’art. 697
c.p., il quale, anche dopo le innovazioni di cui alla legge n. 497 del 1974,
che punisce come delitto la detenzione abusiva di armi, ha continuato a
sanzionare come contravvenzione tutti i fatti di detenzione abusiva di armi non
rientranti nella nuova previsione normativa, o perché colposi ovvero perché
relativi a munizioni ovvero ad armi non immediatamente qualificabili come armi
comuni da sparo (v. Cass. sez. I n. 6064 del 1984; Cass. sez. I n. 9958 del
1984). Quanto al terzo motivo di ricorso, non è vero che la
contravvenzione di omessa denuncia di cinque cartucce non sia stata contestata
e ritenuta tale in sentenza, poiché a pag. 7 della sentenza impugnata è
espressamente riferito che la detenzione di cinque cartucce marca Winchester è
stata oggetto di contestazione ai sensi dell’art. 516 c.p.p., posto che non
risultavano denunciate alla competente autorità di PS e della stessa l’imputato
è stato ritenuto responsabile. È infine pretestuoso anche l’ultimo motivi di ricorso. Il ricorrente sostiene che non vi sarebbe prova del
possesso da parte sua della pistola Bowling per cui l’omessa denuncia di
smarrimento non sarebbe sanzionabile in assenza della prova della detenzione
effettiva che ne costituirebbe il presupposto. È stato però l’imputato personalmente a denunciare il
possesso dell’arma, ben sapendo che cosa denunciava, tanto è vero che altre
armi pure già denunciate dal defunto padre non sono poi state denunciate
dall’attuale imputato, per cui non si vede quale altra prova del possesso
avrebbe potuto e dovuto dare l’accusa una volta che si trattava di armi
provenienti dal padre dell’imputato, che si trovavano nella sua casa e che
l’imputato ha denunciato di avere ricevuto in eredità dal padre. Il ricorso dell’imputato deve essere pertanto respinto
perché infondato sotto tutti i profili addotti, con le conseguenze di legge in
punto di spese (art. 616 c.p.p.). P.Q.M. rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese
processuali. Roma, 13 gen. 2006. |
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