La strada non nasconde solo le
insidie che conducono a un crash. Ve ne sono altre, meno frequenti ma
comunque ordinarie, soprattutto se ci si avventura in certi vicoli di certi
quartieri di certe grandi città. Alludiamo agli scippi in motorino. Non diciamo
anche in certe ore del giorno, perché in quei luoghi, rinomati ed elettivi per
questo tipo di scippi, la cosa può accadere in qualsiasi momento. Attenzione,
però. Non tutti gli scippi sono uguali sul piano giuridico. C’è una vera e
propria graduazione penale dello scippo, una scala con cui il
legislatore ha misurato questa criminalità spicciola ed estemporanea, che da
sempre è opera di guappi, diseredati, ubriaconi e perdigiorno.
Le conseguenze dipendono anche dalla bravura dello scippatore, se sa
farlo con eleganza, “senza colpo ferire”, oppure se lo fa con modalità
grossolane e, purtroppo, a volte anche pericolose. Ma non solo di bravura si
tratta.
Partiamo dall’ipotesi più benevola, quella del furto con destrezza (semplice
circostanza aggravante prevista dall’art. 625 n. 4 codice penale). Cos’è la destrezza?
Se guardiamo all’etimo, questa parola sembra derivare, con tutta probabilità,
dal greco dexòs, abile, pronto. Alcuni etimologisti, poi, ricollegano
questa parola alla radice daks (sanscrito), da cui il verbo daks-as,
daks-ami, che significa muoversi, affrettarsi, essere valido e attivo e,
guarda caso, anche colpire. D’altronde, “destra” è anche la mano che all’uomo, di
regola, è più congeniale per esprimersi e badare a sé (scrivere, mangiare e
tante altre cose). E ancora, guarda caso, la destra è anche la mano che sta
dalla parte del fegato. Sarà allora un’altra coincidenza il fatto che si dice
“avere fegato”? Non sono soltanto sottigliezze, queste. Osserviamo infatti che
anche la Cassazione si è spesa generosamente per interpretare questo dato
lessicale nudo e semplice, “destrezza”, e dargli il significato più calzante
alle modalità e al contesto in cui può maturare un furto particolare (alias,
scippo). “Destrezza” è stata quindi definita “una particolare abilità
dell’agente, anche espressa tramite astuzia e rapidità, tale da menomare
apprezzabilmente la capacità difensiva e la vigilanza del proprietario della
cosa”, per cui sussiste l’aggravante quando “la condotta di sottrazione e di
impossessamento del bene si realizzi mediante approfittamento, previo attento
studio dei movimenti della vittima, delle condizioni più favorevoli per cogliere
l’attimo del momentaneo distacco dal proprietario dalla borsa e, dunque, di
una condizione di attenuata difesa” (Cass. 15262/2005). Oppure, è stata
definita “particolare agilità o sveltezza, con mosse o manovre particolarmente
scaltre, tali da eludere la sorveglianza dell’uomo medio, impedendogli di
prevenire ire la
sottrazione delle cose in suo possesso” (Cass. 10184/2005).
All’“agilità” e “sveltezza” la Suprema Corte aveva già fatto riferimento in
epoca meno recente, parlando, contestualmente, anche di “callido artificio ed
atteggiamenti, mosse e manovre particolarmente scaltre ed ingannevoli, tali da
eludere la pur vigile attenzione dell’uomo medio impedendogli di prevenire la
sottrazione delle cose in suo possesso opponendovisi tempestivamente ed in
costanza di fatto” (Cass. 13491/1998). Più genericamente, la destrezza era stata
anche definita “quella condotta significativamente volta all’approfittamento di
una qualunque situazione di tempo e di luogo idonea a svisare l’attenzione
della persona offesa, distogliendola dal controllo e dal possesso della cosa”
(Cass. 3763/1998). La Corte, peraltro, aveva anche chiarito che per integrare
l’aggravante della destrezza, “non si richiede necessariamente l’uso di una
eccezionale abilità, per cui il derubato non possa in alcun modo accorgersi
della sottrazione; basta invece che si approfitti di una qualsiasi situazione
soggettiva od oggettiva, favorevole per eludere la normale vigilanza dell’uomo
medio, poiché ciò costituisce espressione già di quella maggiora criminosità,
in vista della quale la legge ha disposto un inasprimento della pena” (Cass.
919/1995).
Riassumendo, quindi, l’abilità qui in questione non è una peculiare dote del
reo, una bravura innata o acquisita nell’approfittare del momento o della
situazione favorevole (o anche nel propiziarla), ma è l’approfittamento in sé,
la condotta intesa a cogliere l’attimo, qualsiasi comportamento o atto
significativamente volto al carpe diem, indipendentemente dalla capacità
del soggetto di approfittare. D’altronde, sarebbe improponibile un’indagine, o
anche una semplice riflessione, tesa a chiarire se ci si trova di fronte a un
soggetto che, senza essere un acrobata, un saltimbanco o uno stuntman,
abbia comunque, di suo, riflessi particolarmente reattivi, prontezza e
quant’altro. Non occorre, in altre parole, che sia uno di quei borseggiatori
che operano su autobus e metropolitane affollate e operano come veri e propri
maghi a far scivolare il palmo della mano all’interno delle giacche per sfilare
i portafogli. Basta che il colpo riesca, anche solo per circostanze esterne,
oppure che sia stato ideato un colpo che presuppone l’attimo favorevole e
l’approfittamento. Siamo già nella destrezza.
La destrezza c’è anche in un furto consumato con una strategia precisa,
indipendentemente dalle doti di motorista, di equilibrista o di funambolo del
reo. Ipotizziamo che, per creare l’occasione, il reo, ad esempio, dica a una
signora seduta su una panchina: “Guardi che suo figlio si sta mettendo nei
guai, là su quell’altalena…”. La donna, allertata, si alza e momentaneamente
lascia incustodita la borsa sulla panchina, il ladro l’afferra e si allontana
correndo. Risultato: furto con destrezza. Qui prevale Ulisse su Achille.
Dunque, destrezza qui richiama, più correttamente, il concetto di avere il
destro per, ossia il momento buono per, non tanto la capacità o la bravura.
Se invece si causano danni (ad esempio, la borsa viene strappata,
determinandone una lacerazione), si realizza il delitto di furto con strappo,
figura autonoma di reato ai sensi dell’art. 624 bis cp (introdotta dall’art. 2
della legge 128/2001: prima lo strappo era previsto come circostanza aggravante , con l’azione traumatica, si
causano danni anche alla vittima, ricorre invece la rapina impropria (art. 628
cp). Ha specificato la Suprema Corte che si ha furto con strappo “se lo strappo
con violenza si esercita esclusivamente sulla cosa, anche se, a causa della
relazione fisica tra persona e cosa, può derivare una ripercussione indiretta e
involontaria sulla persona”, mentre invece, “se la cosa è particolarmente
aderente al corpo del possessore e costui, istintivamente o deliberatamente,
contrasta la sottrazione, sì che la violenza necessariamente si estende alla
persona, in quanto l’agente non deve superare soltanto la forza di coesione
inerente al normale contatto della cosa con la parte lesa, ma deve vincere la
resistenza di questa”, ricorre la rapina (Cass. 7386/1991, idem, in precedenza,
Cass. 615/1989 e Cass. 298/1990).
Sembra quindi di capire che, se vi è un accenno di colluttazione o di
resistenza da parte del possessore, si consuma una rapina, mentre invece il
semplice strappo che, per la sua fulmineità, causi, ad esempio, in modo
istantaneo, un’escoriazione o una lussazione alla vittima senza che questa
abbia accennato ad una reazione, realizza il furto con strappo e,
contestualmente, anche il reato di lesioni volontarie (magari aggravate dal
nesso teleologico riferibile al furto). Come pure si avranno furto con
destrezza e lesioni se, ad esempio, si preleva al volo una borsa dal cesto di
una bici, la bici si sbilancia e il ciclista cade e si fa male. Una vera e
propria escalation criminale, dunque, che molte volte si decide nella
concitazione e nelle circostanze del momento, e che, nello stesso momento
dell’azione, possono essere del tutto imprevedibili. Il ladro, quindi, dovrà
sperare anche nella fortuna, per cavarsela con la sola ipotesi, meno grave, di
furto con destrezza. Sfortuna che, però, a volte può essere anche madornale e
paradossale.
Come successe circa sei anni fa a un tizio che decise di afferrare al volo una
valigia che si trovava nell’atrio di un aeroporto e darsela gambe, così tanto
per fare qualcosa. Il proprietario della borsa era in quel momento impegnato in
un’intervista ed era un componente della squadra di atletica degli Stati Uniti,
appena sbarcata. Si trattava di Maurice Greene, allora primatista mondiale dei
centro metri con il tempo di 9”79. Greene deve aver detto all’intervistatore
qualcosa del tipo: “Scusate un attimo…”, in pochi metri rincorse e acciuffò il
ladro afferrandolo per la collottola. Giuridicamente, si trattò di tentato
furto con destrezza da parte del ladro più sf…ortunato del mondo.
* Gip presso il Tribunale di Forlì
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