Giurisprudenza di legittimità CIRCOLAZIONE
STRADALE – ATTI DI ACCERTAMENTO – VERBALE DI CONTESTAZIONE – CONTENUTO
DELL’ATTO – INDICAZIONE DEL GIORNO E DELL’ORA, NATURA DELLA VIOLAZIONE, TIPO E
TARGA DEL VEICOLO – SUFFICIENZA. Svolgimento del processo Con sentenza 25 luglio 2001, il
giudice di pace dell’Aquila respinse l’opposizione proposta da I. M. avverso l’ordinanza
emanata il 10 gennaio 2001 dal locale Prefetto che le aveva ingiunto il
pagamento della somma di lire 256.900 a titolo di sanzione amministrativa per
la violazione dell’art. 158 del codice della strada, accertata in data 17
maggio 2000 dai vigili urbani con sommario processo verbale notificato il
successivo 31 agosto. A confutazione dei motivi dell’opposizione osserva detto
giudice che: il verbale, redatto su modulo prestampato, conteneva tutte le
indicazioni previste dalla norma e suggerite da consolidata giurisprudenza
anche ai fini della trasparenza degli atti amministrativi; la contestazione non
era generica perché l’autovettura era parcheggiata all’incrocio tra le vie
Castello e Zara, in prossimità di curva; lo stesso veicolo era ben identificato,
per tipo e targa, dacché i dati riportati nel verbale di accertamento
notificato alla I. corrispondevano a quelli riscontrati negli archivi della
Motorizzazione Civile. Di tale sentenza la I. ha
chiesto la cassazione con ricorso sostenuto da cinque motivi. Resiste con controricorso la
Prefettura dell’Aquila. Motivi della decisione Con il primo motivo la
ricorrente denunzia violazione e falsa applicazione degli artt. 200 d.lgs. 30
aprile 1992 n. 285 e 3 d.lgs. 12 febbraio 1993 n. 39. Diversamente da quanto
sembra opinare il giudice di pace, il verbale di accertamento notificato alla
contravventrice, sprovvisto della sottoscrizione autografa dell’agente
accertatore, non era redatto con sistema meccanizzato o di elaborazione dati,
ex artt. 383, comma 4, e 385, commi 3 e 4, del regolamento di esecuzione e
attuazione del codice della strada, e 3, comma 2, del d.lgs. n. 39 del 1993, ma
era costituito da un foglio dattiloscritto del quale non era individuato né
individuabile il soggetto firmatario, comunque diverso dall’agente accertatore
C. P., e nel quale il responsabile del procedimento C.P. risultava depennato e
sostituito con una sigla di diverso soggetto. Con il secondo motivo la
ricorrente denunzia violazione e falsa applicazione della legge 7 agosto 1990
n. 241, Capo II n. 5. 3. in quanto dal verbale di contestazione non risulta
chiaramente indicato il responsabile del procedimento, essendo stato depennato
il nominativo (C. P.), ivi indicato. Con il terzo motivo la
ricorrente denunzia “omessa, insufficiente e illogica motivazione circa un punto
decisivo della controversia”. La sentenza impugnata è carente di motivazione
nella parte in cui non vi risulta specificato se il verbale era redatto con
sistemi meccanizzati o elaborazione dati, unico caso in cui, per la
giurisprudenza richiamata dal giudice di pace, è consentito omettere la
sottoscrizione autografa da parte degli accertatori. Con il quarto motivo, la
ricorrente denunzia violazione e falsa applicazione dell’art. 158, lettera f, del codice della strada. Alla
ricorrente è stata contestata la sosta della propria autovettura “in
corrispondenza o in prossimità” di una curva. In tali termini, la contestazione
risulta generica poiché, se riferita a sosta in prossimità di una curva, da
parte dell’agente accertatore si sarebbe dovuto indicare la distanza
intercorrente tra la curva e l’autovettura, giusta il disposto della norma
rubricata, che vieta la sosta a meno di 5 metri dai punti ivi descritti. Con il quinto motivo la
ricorrente denunzia la violazione e la falsa applicazione degli artt. 383,
comma 1, Reg.to al C.d.S. e 14 legge n. 689/1981. Contrariamente a quanto
affermato dal giudice di pace, nel verbale manca l’indicazione del tipo del
veicolo. Dai dati effettivamente riportati (targa e marca dell’autovettura) non
si ricava con certezza che il veicolo cui la contestazione fa riferimento è
proprio quello della ricorrente, essendo possibile un errore materiale del
verbalizzante nella trascrizione del numero di targa. Il primo e il terzo motivo,
concernenti la forma e la redazione del verbale di accertamento dell’infrazione
notificato alla contravventrice, possono esaminarsi congiuntamente per
rilevarne la totale infondatezza. Essi si scontrano contro un
accertamento di fatto insindacabile in questa sede. Nel parlare di “modulo
prestampato”, il giudice di pace non ha potuto che riferirsi proprio alla
fattispecie, contemplata nelle disposizioni di legge richiamate dal ricorrente,
di verbale di accertamento redatto “con sistema meccanizzato o di elaborazione
dati" che, per conforme giurisprudenza di questa Corte, è legittimamente
notificato senza la sottoscrizione autografa degli accertatori, giusta il
disposto degli artt. 383, comma quarto, e 385, commi terzo e quarto, del
regolamento di esecuzione e di attuazione del codice della strada, nonché dell’art.
3, comma secondo, del d.lgs n. 39/1993, a mente del quale, nella redazione di
atti amministrativi, la firma autografa è sostituita, a tutti gli effetti,
“dall’indicazione a stampa, sul documento prodotto dal sistema automatizzato,
del nominativo del soggetto responsabile” e, quindi, nella specie, del
verbalizzante. Si è, invero, più volte affermato che in tema di violazioni al
codice della strada, anche ai sensi del generale disposto dell’art. 3 del
d.lgs. 12 febbraio 1993 n. 39, con riguardo ai verbali di accertamento delle
infrazioni al codice della strada redatti tramite sistema meccanizzato o di
elaborazione dati con la sola indicazione a stampa, sul documento prodotto dal
sistema automatizzato, delle generalità dell’accertatore, la sottoscrizione
autografa dell’agente non è configurabile quale elemento ontologicamente
essenziale per la validità giuridica del verbale di accertamento, in quanto i
dati estrinsecati nello stesso contesto del documento consentono di accertare
aliunde la sicura attribuibilità dell’atto a chi deve esserne l’autore secondo
le norme positive (cfr. sent. nn. 1752/2006, 1226/2005, 16417/2002, 1923/1999). Il secondo motivo è del tutto
privo di giuridico fondamento. Come già affermato da questa
Corte, la disposizione dell’art. 8 della legge n. 241 del 1990, che impone, tra
l’altro, la indicazione espressa, nel provvedimento amministrativo, del
responsabile del relativo procedimento, risponde a esigenze diverse da quelle
tutelate dall’art. 14 della legge n. 689 del 1981; sicché l’eventuale
omissione, nell’atto di contestazione di una infrazione amministrativa, delle
predette indicazioni non ne determina la nullità (cfr. Cass. n. 389/2006). Anche il quarto motivo è
infondato. Il giudice di pace ha ritenuto
comprensibile l’oggetto del divieto e della violazione; l’autovettura era
parcata in un crocevia, in prossimità di una curva. La ricorrente definisce vago e
generico l’accertamento, da parte dei vigili, della violazione di cui all’art.
158, lett. f, del codice stradale, non contenendo la misurazione prevista dal
legislatore in termini numerici. In tal modo, però, essa contesta solo le
modalità di illustrazione della infrazione e non specificamente la legittimità
del processo verbale sotto l’aspetto sostanziale, ovverosia l’identificazione
della fattispecie operata dall’organo di polizia procedente tenendo presente le
situazioni contingenti del caso, quali l’esatto crocevia, l’esistenza di una
curva e la posizione dell’auto in violazione della norma richiamata; nemmeno
eccepisce la I. che il processo verbale non recava gli estremi necessari a
individuare l’imputazione, con conseguente menomazione del di lei diritto di
difesa. Del resto, di fronte alla
generica contestazione dell’opponente la impugnata sentenza, con adeguata, ancorché
sintetica, motivazione ha sottolineato la sufficiente determinatezza del
verbale di accertamento, stante l’indicazione del crocevia formato dalle vie
Castello e Zara e della prossimità di una curva, dando per implicitamente
accertata la reale distanza dell’autovettura dal predetto tratto di strada. Siffatte indicazioni e la
specificazione del modello dell’autovettura, della relativa targa e del tipo di
infrazione, costituiscono, poi, elementi idonei a consentire alla parte
adeguato diritto di difesa. Si rileva, in proposito, che,
in relazione ad infrazione al codice stradale, il requisito della specificità
dell’atto di accertamento deve ritenersi osservato tramite l’indicazione del
giorno e dell’ora, della natura della violazione, del tipo e della targa del
veicolo, nonché della località del verificarsi del fatto, senza necessità di
ulteriori indicazioni non indispensabili ad assicurare il diritto di difesa
dell’incolpato (vedi Cass. nn. 5635/1990, 163/1973). Per vero, l’infrazione
deve essere contestata alla parte in breve periodo di tempo, entro il quale può
aversi ancora un collegamento mnemonico con il fatto ascritto, di modo che il
soggetto possa, anche con la semplice indicazione della via, sostenere, e
provare, che la sua vettura non si trovava affatto in detta località, ovvero
che si trovava in un settore nel quale non vigeva il divieto contestato; ciò è
sufficiente perché il diritto di difesa possa considerarsi tutelato. Il quinto motivo è
inammissibile. Il giudice a quo ha affermato
in sentenza che la contestazione era sufficientemente circostanziata,
riportando il tipo e la targa del veicolo. Secondo il ricorrente il tipo di
autovettura in realtà non era indicato. Con il motivo in esame si
prospetta, quindi, un travisamento del fatto processuale che - ove mai
corrispondente al vero - identificherebbe un vizio revocatorio da far valere
nelle forme di cui all’art. 395 c.p.c. In altri termini, ove effettivamente la
sentenza avesse supposto l’indicazione del tipo del veicolo in contrasto con le
risultanze degli atti del giudizio escludenti incontestabilmente siffatta
circostanza, la censura avrebbe finito per prospettare un errore di fatto
risultante dagli atti stessi della causa e integrante un vizio revocatorio
della sentenza impugnata ex art. 395 n. 4 c.p.c., non suscettibile di essere
dedotto in sede di legittimità sotto il profilo della violazione di legge o del
vizio di motivazione di cui all’art. 360 n. 3 e n. 5 c.p.c. (cfr. Cass. nn.
12807/2002, 3024/2002, 10122/2000, 1195/2000, 4310/1997, 6038/1995, 6086/1991). Peraltro, l’argomento alquanto
specioso del possibile errore nella trascrizione del numero di targa, trova
smentita nell’accertamento in fatto insidacabilmente operato dal giudice di
pace, secondo cui i dati del veicolo riportati nel verbale avevano trovato
piena corrispondenza in quelli tratti dagli archivi della motorizzazione
civile. Al rigetto del ricorso segue la
condanna della ricorrente alle spese del presente giudizio di legittimità. La Corte, rigetta il ricorso e
condanna la ricorrente alle spese del giudizio di cassazione, liquidate in euro
350,00, oltre spese prenotate a debito. |
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