(ASAPS) BERNA – Il periodico “Swiss Info”,
nella sua versione italiana – che riprende la notizia – titola “anziani più in
pericolo che un pericolo”: questo per sconfessare un’idea comune e
generalizzata ai tempi nostri, secondo la quale l’anziano al volante sarebbe
“un pericolo costante”. Ad affermare che i “volanti grigi” sarebbero in realtà
un’altra utenza debole della strada, insieme a pedoni, ciclisti e motociclisti,
l’associazione elvetica “Traffico e Ambiente” (ATA), che ha passato al setaccio
le statistiche più consolidate della Svizzera, quelle relative al 2004,
presentandole a Berna la scorsa settimana in occasione di un convegno. Ebbene, analizzando i dati della sinistrosità di
quell’anno, gli esperti sono riusciti a stabilire che 2 pedoni investiti ed
uccisi su tre, avevano oltre 65 anni. In tutta la Confederazione sono morti 122 utenti della strada
over 65, dei quali 59 a
piedi, 35 al volante, 17 in
bici e 6 in
sella ad un motoveicolo (scooter o motociclo tradizionale). Per 5 soggetti le
cause non sono state riconosciute. Il 62% delle vittime tra i pedoni ed il 40%
tra i ciclisti, facevano parte di questa categoria. Dal passato al futuro: secondo l’ATA, nel 2036 gli over 65
muniti di patente aumenteranno del 50%. Le soluzioni? Secondo Traffico e Ambiente la sicurezza
generale dovrà guardare sempre di più alla terza età, migliorando in modo
particolare il sistema complessivo delle infrastrutture e dei trasporti. Ma la ricerca non è stata caratterizzata solo da un
computo analitico: anche i sociologi sembrano averci messo del loro, e nel
corso dei lavori di illustrazione della ricerca è stato ben circostanziato il
fatto che l’intera società non perda occasione per attaccare la categoria dei
pensionati, quando qualcuno di loro sia coinvolto in eventi infortunistici.
Insomma, proprio come quando i centauri criticano l’abitudine dei cronisti a
definire sempre “potenti” le moto coinvolte in incidenti, anche quando la
potenza non c’entra assolutamente nulla; i ricercatori dell’ATA, infatti, non
hanno mancato di far notare come proprio la stampa crei spesso “mostri”,
rimarcando nei titoli la presenza del “pensionato”, che solo per il fatto di
essere citato diviene, tra il pubblico, il colpevole.
“Un immagine sbagliata”?
È certo una questione sulla quale vale la pena di
soffermarsi a ragionare, senza dimenticare che l’Asaps si è occupata più volte
dell’argomento. L’ultima volta grazie ad un articolo pubblicato sull’ultimo
numero de Il Centauro, nel quale il nostro Gianfranco Cecchi ha lavorato su
un’approfondita ricerca della NHTSA, l’agenzia federale americana di sicurezza
stradale. L’ATA sembra condividere la linea di pensiero proprio
della nostra associazione, che si misura ogni giorno con l’analisi dei dati e
che si è accorta del progressivo invecchiamento dei titolare di patenti. Insomma, le generazioni che per prime si sono misurate con
l’auto popolare (parliamo del dopoguerra) hanno saputo farsi da parte. Molti,
tra i nostri genitori o nonni, hanno infatti ammesso “di non essere più in
grado di guidare”, regalando la vecchia utilitaria ai nipoti… Alcuni, ancora oggi, smettono di guidare di notte, in
condizioni meteorologiche avverse, evitano l’autostrada e le ore più affollate. Col tempo, anche noi “giovani” mostreremo questa
responsabile maturità? Chi appartiene alle ultime generazioni, che a 14 anni è
salito di diritto in sella ad uno scooter, passando poi al 125 e quindi all’auto
appena compiuto il 18esimo, saprà spegnere il motore e fare altrettanto? Comprenderà quando adottare quella che in Svizzera viene
definita “strategia di compensazione”? Crediamo proprio di no, ed anzi riteniamo che quando
toccherà a noi, difenderemo il nostro “diritto alla mobilità” col pugnale tra i
denti (magari la dentiera). Nel complesso anche in Italia, salvo episodi sporadici che
hanno però grande risonanza (per esempio anziani finiti contromano o che
abbiano svoltato ad U in luoghi particolari), l’anziano è soprattutto vittima. Riprendendo i dati Istat relativi
alla sinistrosità stradale italiana (2004), possiamo constatare che sono i
giovani a pagare il prezzo più alto. Il valore massimo di mortalità è infatti
registrato nella fascia di età compresa tra 25 e 29 anni (481 decessi in valore
assoluto), seguito dalla fascia di età 30-34 anni (461 morti) e dalla fascia
21-24 anni (395 morti). Il bilancio è analogo per i feriti. I pedoni morti invece, e parliamo
dunque di investimenti, sono soprattutto anziani: la fascia di età compresa tra
i 75 ed i 79 anni presenta il valore massimo di mortalità (97 vittime), ma è
sufficiente dare un’occhiata alla tabella per comprendere che il rischio
aumenta proprio con l’anzianità.
Pedoni
morti e feriti per sesso e classe di età – Anno 2004
Classi
d’età
|
Morti
|
Feriti
|
0/5
|
9
|
472
|
6/9
|
6
|
523
|
10/13
|
-
|
742
|
14/15
|
8
|
425
|
16/17
|
2
|
336
|
18/20
|
6
|
502
|
21/24
|
12
|
707
|
25/29
|
29
|
1.044
|
30/34
|
24
|
1.131
|
35/39
|
35
|
1.119
|
40/44
|
32
|
1.019
|
45/49
|
31
|
953
|
50/54
|
33
|
966
|
55/59
|
39
|
1.015
|
60/64
|
36
|
1.126
|
65/69
|
47
|
1.304
|
70/74
|
75
|
1.420
|
75/79
|
97
|
1.336
|
80/84
|
91
|
994
|
85 ed
oltre
|
71
|
470
|
Non
indicata
|
27
|
681
|
Totale
|
710
|
18.285
|
Dati
Istat 2004
Ma quali sono le cause di tanta
mattanza tra i nonni a piedi? Secondo Angeline Fankhauser, presidente della
Federazione delle Associazioni dei Pensionati e d’ Autoaiuto in Svizzera
(FARES), intervistata da Swiss Info, la colpa principale è dovuta al fatto che
le città moderne non tengono in alcuna considerazione gli anziani. Anzi, se possibile, le moderne infrastrutture
li escludono del tutto. “Sarebbe meglio – dice Angeline
Fankhauser – che per ragioni di salute e per evitare l’isolamento, che le
persone anziane conservassero la propria mobilità. Ma ciò è in contraddizione
con le possibilità esistenti di spostarsi in tutta sicurezza nello spazio
pubblico”. Se le cose stanno così in
Svizzera, figuriamoci in Italia, dove in una qualsiasi città il movimento di un
pedone è critico anche solo per un giovane, nel pieno della propria forma
fisica, coi riflessi scattanti e tutti i sensi a posto. Lo dimostra il fatto
che ci sono comunque vittime tra tutte le classi d’età meno in avanti con gli
anni, e che il numero dei feriti è altissimo per ognuna di loro. La ricerca dell’ATA ha messo in
luce che la mobilità degli anziani è limitatissima, adottando un metodo
investigativo assolutamente inedito: gli investigatori hanno infatti utilizzato
bambini ed adolescenti “invecchiati” con un metodo del tutto particolare,
gravandoli di pesi e facendo loro indossare occhiali con lenti deformanti, che
hanno ridotto il loro campo visivo rendendolo simile a quello di un anziano. L’obiettivo era quello di rendere
i ragazzi coscienti della difficile condizione dei più anziani nel rapporto
quotidiano con le esigenze di mobilità che anche nella Terza Età sono
imprescindibili. Il risultato: poche, pochissime panchine per riposarsi,
ostacoli non visibili, gradini insormontabili, semafori pedonali velocissimi. Un inferno, che mette a
repentaglio la vita dei più deboli e che relega i “diversamente abili” in una
condizione di inferiorità non solo fisica: significa che non c’è più posto per
loro, e allora il problema si fa anche etico, oltre che fisico. È una considerazione che non
facciamo mai, e che mostra la nostra scarsissima lungimiranza. Tutti
invecchiamo, la popolazione invecchia. Aumenteranno gli anziani, saremo
noi a commettere domani gli errori dei nonni di oggi. Secondo Traffico e Ambiente, assisteremo alla diminuzione
di incidenti legati al consumo d’alcol o all’eccesso di velocità (vere e
proprie piaghe giovanili), a vantaggio di quelle provocate da errori tipici
della guida di anziani, come mancare una precedenza o non vedere un semaforo
rosso. Ma almeno in Svizzera, se ne parla…(Asaps)
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