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Articoli 16/11/2006

Il raffronto tra i dati elvetici e quelli italiani conferma la veridicità di una ricerca elvetica, che ha focalizzato la condizione delle età senili grazie ad un esperimento condotto dai giovanissimi

I nonni sono un’utenza debole e le infrastrutture non tengono conto della loro “diversa abilità”

(ASAPS) BERNA – Il periodico “Swiss Info”, nella sua versione italiana – che riprende la notizia – titola “anziani più in pericolo che un pericolo”: questo per sconfessare un’idea comune e generalizzata ai tempi nostri, secondo la quale l’anziano al volante sarebbe “un pericolo costante”. Ad affermare che i “volanti grigi” sarebbero in realtà un’altra utenza debole della strada, insieme a pedoni, ciclisti e motociclisti, l’associazione elvetica “Traffico e Ambiente” (ATA), che ha passato al setaccio le statistiche più consolidate della Svizzera, quelle relative al 2004, presentandole a Berna la scorsa settimana in occasione di un convegno.
Ebbene, analizzando i dati della sinistrosità di quell’anno, gli esperti sono riusciti a stabilire che 2 pedoni investiti ed uccisi su tre, avevano oltre 65 anni.
In tutta la Confederazione sono morti 122 utenti della strada over 65, dei quali 59 a piedi, 35 al volante, 17 in bici e 6 in sella ad un motoveicolo (scooter o motociclo tradizionale). Per 5 soggetti le cause non sono state riconosciute. Il 62% delle vittime tra i pedoni ed il 40% tra i ciclisti, facevano parte di questa categoria.
Dal passato al futuro: secondo l’ATA, nel 2036 gli over 65 muniti di patente aumenteranno del 50%.
Le soluzioni? Secondo Traffico e Ambiente la sicurezza generale dovrà guardare sempre di più alla terza età, migliorando in modo particolare il sistema complessivo delle infrastrutture e dei trasporti.
Ma la ricerca non è stata caratterizzata solo da un computo analitico: anche i sociologi sembrano averci messo del loro, e nel corso dei lavori di illustrazione della ricerca è stato ben circostanziato il fatto che l’intera società non perda occasione per attaccare la categoria dei pensionati, quando qualcuno di loro sia coinvolto in eventi infortunistici. Insomma, proprio come quando i centauri criticano l’abitudine dei cronisti a definire sempre “potenti” le moto coinvolte in incidenti, anche quando la potenza non c’entra assolutamente nulla; i ricercatori dell’ATA, infatti, non hanno mancato di far notare come proprio la stampa crei spesso “mostri”, rimarcando nei titoli la presenza del “pensionato”, che solo per il fatto di essere citato diviene, tra il pubblico, il colpevole.

“Un immagine sbagliata”?

È certo una questione sulla quale vale la pena di soffermarsi a ragionare, senza dimenticare che l’Asaps si è occupata più volte dell’argomento. L’ultima volta grazie ad un articolo pubblicato sull’ultimo numero de Il Centauro, nel quale il nostro Gianfranco Cecchi ha lavorato su un’approfondita ricerca della NHTSA, l’agenzia federale americana di sicurezza stradale.
L’ATA sembra condividere la linea di pensiero proprio della nostra associazione, che si misura ogni giorno con l’analisi dei dati e che si è accorta del progressivo invecchiamento dei titolare di patenti.
Insomma, le generazioni che per prime si sono misurate con l’auto popolare (parliamo del dopoguerra) hanno saputo farsi da parte. Molti, tra i nostri genitori o nonni, hanno infatti ammesso “di non essere più in grado di guidare”, regalando la vecchia utilitaria ai nipoti…
Alcuni, ancora oggi, smettono di guidare di notte, in condizioni meteorologiche avverse, evitano l’autostrada e le ore più affollate.
Col tempo, anche noi “giovani” mostreremo questa responsabile maturità?
Chi appartiene alle ultime generazioni, che a 14 anni è salito di diritto in sella ad uno scooter, passando poi al 125 e quindi all’auto appena compiuto il 18esimo, saprà spegnere il motore e fare altrettanto?
Comprenderà quando adottare quella che in Svizzera viene definita “strategia di compensazione”?
Crediamo proprio di no, ed anzi riteniamo che quando toccherà a noi, difenderemo il nostro “diritto alla mobilità” col pugnale tra i denti (magari la dentiera).
Nel complesso anche in Italia, salvo episodi sporadici che hanno però grande risonanza (per esempio anziani finiti contromano o che abbiano svoltato ad U in luoghi particolari), l’anziano è soprattutto vittima.
Riprendendo i dati Istat relativi alla sinistrosità stradale italiana (2004), possiamo constatare che sono i giovani a pagare il prezzo più alto. Il valore massimo di mortalità è infatti registrato nella fascia di età compresa tra 25 e 29 anni (481 decessi in valore assoluto), seguito dalla fascia di età 30-34 anni (461 morti) e dalla fascia 21-24 anni (395 morti). Il bilancio è analogo per i feriti.
I pedoni morti invece, e parliamo dunque di investimenti, sono soprattutto anziani: la fascia di età compresa tra i 75 ed i 79 anni presenta il valore massimo di mortalità (97 vittime), ma è sufficiente dare un’occhiata alla tabella per comprendere che il rischio aumenta proprio con l’anzianità.

 Pedoni morti e feriti per sesso e classe di età – Anno 2004

Classi d’età

Morti

Feriti

0/5

9

472

6/9

6

523

10/13

-

742

14/15

8

425

16/17

2

336

18/20

6

502

21/24

12

707

25/29

29

1.044

30/34

24

1.131

35/39

35

1.119

40/44

32

1.019

45/49

31

953

50/54

33

966

55/59

39

1.015

60/64

36

1.126

65/69

47

1.304

70/74

75

1.420

75/79

97

1.336

80/84

91

994

85 ed oltre

71

470

Non indicata

27

681

Totale

710

18.285

Dati Istat 2004

Ma quali sono le cause di tanta mattanza tra i nonni a piedi? Secondo Angeline Fankhauser, presidente della Federazione delle Associazioni dei Pensionati e d’ Autoaiuto in Svizzera (FARES), intervistata da Swiss Info, la colpa principale è dovuta al fatto che le città moderne non tengono in alcuna considerazione gli anziani.
Anzi, se possibile, le moderne infrastrutture li escludono del tutto.
“Sarebbe meglio – dice Angeline Fankhauser – che per ragioni di salute e per evitare l’isolamento, che le persone anziane conservassero la propria mobilità. Ma ciò è in contraddizione con le possibilità esistenti di spostarsi in tutta sicurezza nello spazio pubblico”.
Se le cose stanno così in Svizzera, figuriamoci in Italia, dove in una qualsiasi città il movimento di un pedone è critico anche solo per un giovane, nel pieno della propria forma fisica, coi riflessi scattanti e tutti i sensi a posto. Lo dimostra il fatto che ci sono comunque vittime tra tutte le classi d’età meno in avanti con gli anni, e che il numero dei feriti è altissimo per ognuna di loro.
La ricerca dell’ATA ha messo in luce che la mobilità degli anziani è limitatissima, adottando un metodo investigativo assolutamente inedito: gli investigatori hanno infatti utilizzato bambini ed adolescenti “invecchiati” con un metodo del tutto particolare, gravandoli di pesi e facendo loro indossare occhiali con lenti deformanti, che hanno ridotto il loro campo visivo rendendolo simile a quello di un anziano.
L’obiettivo era quello di rendere i ragazzi coscienti della difficile condizione dei più anziani nel rapporto quotidiano con le esigenze di mobilità che anche nella Terza Età sono imprescindibili. Il risultato: poche, pochissime panchine per riposarsi, ostacoli non visibili, gradini insormontabili, semafori pedonali velocissimi.
Un inferno, che mette a repentaglio la vita dei più deboli e che relega i “diversamente abili” in una condizione di inferiorità non solo fisica: significa che non c’è più posto per loro, e allora il problema si fa anche etico, oltre che fisico.
È una considerazione che non facciamo mai, e che mostra la nostra scarsissima lungimiranza. Tutti invecchiamo, la popolazione invecchia.
Aumenteranno gli anziani, saremo noi a commettere domani gli errori dei nonni di oggi.
Secondo Traffico e Ambiente, assisteremo alla diminuzione di incidenti legati al consumo d’alcol o all’eccesso di velocità (vere e proprie piaghe giovanili), a vantaggio di quelle provocate da errori tipici della guida di anziani, come mancare una precedenza o non vedere un semaforo rosso.
Ma almeno in Svizzera, se ne parla…(Asaps)


© asaps.it

Di Lorenzo Borselli

Svizzera, anziani al volante? Sono loro in pericolo
Giovedì, 16 Novembre 2006
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