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Corte di Cassazione 16/11/2006

Giurisprudenza di legittimità - SANZIONI AMMINISTRATIVE - SOSPENSIONE DELLA PATENTE PER GUIDA IN STATO DI EBBREZZA

(Cass. Civ., sez. I, 28 agosto 2006, n. 18617)

Giurisprudenza di legittimità
CORTE DI CASSAZIONE CIVILE
Sezione I, 28 agosto 2006, n. 18617

 
SANZIONI AMMINISTRATIVE - SOSPENSIONE DELLA PATENTE PER GUIDA IN STATO DI EBBREZZA 

In caso di condotta contemplata dall’art. 186 del codice della strada, consistente nella guida di autoveicolo in stato di ebbrezza, che costituisce fatto penalmente rilevante, può conseguire, ai sensi della stessa disposizione normativa, la sospensione della patente di guida, a titolo di sanzione amministrativa accessoria in seguito all’accertamento del reato, e la stessa sospensione della patente ai sensi, però, dell’art. 223 di detto codice, nel qual caso, tuttavia, la misura, di carattere preventivo ed irrogabile dal Prefetto, ha natura cautelare e trova giustificazione nella necessità di impedire che, nell’immediato, prima ancora che sia accertata la responsabilità penale, il conducente del veicolo, nei cui confronti sussistano fondati elementi di un’evidente responsabilità in ordine ad eventi lesivi dell’incolumità altrui, continui a tenere una condotta che può arrecare pericolo ad altri soggetti. Pertanto, risulta diversa la natura della sanzione nell’uno e nell’altro caso, così come differente si prospetta la finalità perseguita dal legislatore con la previsione di una sanzione adottata dal Prefetto in via cautelare. Ai fini dell’irrogazione della sanzione disposta ai sensi dell’art. 223 del codice della strada, pur non essendo necessario che l’accertamento dello stato di ebbrezza sia risultato a seguito della rilevazione effettuata tramite etilometro, tuttavia, quando questa operazione sia stata eseguita, il giudice, investito della relativa opposizione, non può prescindere dall’inerente riscontro e, in virtù del principio del libero convincimento, disattenderlo. 

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 Svolgimento del processo

 Con ricorso in data 15 maggio 2001, R. N. proponeva opposizione avverso l’ordinanza con la quale il Prefetto di Salerno aveva disposto la sospensione della patente di guida per un mese, esponendo che agenti della Polizia stradale di Salerno gli avevano contestato la violazione dell’art. 186, comma 2, del codice della strada, con ritiro immediato della patente di guida; che tra la prima e la seconda misurazione con l’etilometro era stato registrato un sensibile divario (1,2711.14); che tale rilevante differenza induceva a ritenere che il funzionamento dell’apparecchio fosse difettoso; che non erano state inserite a verbale le sue dichiarazioni circa la insussistenza di un effettivo stato di ebbrezza; che tutto l’accertamento preventivo si era svolto con violazione delle garanzie della difesa, essendosi egli reso disponibile a sottoporsi a visita medica; che in data 16 aprile 2001, il Prefetto di Salerno aveva disposto la sospensione della patente per un mese.
L’adito Giudice di pace di Agropoli, con sentenza in data 13 ottobre 2001, accoglieva l’opposizione proposta da R. N.. I1 Giudice, in forza del principio del libero convincimento, riteneva che il risultato dell’accertamento dello stato di ebbrezza effettuato a mezzo etilometro, anche se le due misurazioni rilevate a distanza di cinque minuti fossero state concordanti, poteva essere disatteso, in quanto lo stato di ebbrezza alcolica del conducente del veicolo non era stato dimostrato anche attraverso dati sintomatici o dal comportamento di guida o dalla incapacità di soffiare nell’apparecchio rilevatore. In presenza quindi del solo dato desunto dall’accertamento strumentale e dal fatto che il conducente emanava alito alcolico, doveva escludersi la prova del contestato stato di ebbrezza alcolica. Inoltre, osservava il Giudice di pace, la sanzione amministrativa della sospensione della patente postula l’accertamento del reato di guida in stato di ebbrezza, con sentenza di condanna, tanto più che l’art. 2 18 codice della strada esclude chiaramente la possibilità di applicazione della sanzione accessoria che non sia ricollegata all’affermazione della colpevolezza del trasgressore. Ed ancora, il Giudice riteneva che, per il mancato inserimento delle dichiarazioni del trasgressore, fosse stato violato il suo diritto di difesa. Infine, il Giudice riteneva che la rilevante e anomala differenza di rilevazione della concentrazione alcolemica riferita a due controlli ravvicinati, rendeva dubbio il regolare funzionamento dell’apparecchio utilizzato, senza che la conoscenza diretta del trasgressore potesse integrare essa una prova completa e sufficiente.
Per la tassazione di questa sentenza ricorre il Prefetto di Salerno sulla base di due motivi; non ha svolto attività difensiva l’intimato.

 Motivi della decisione

 Con il primo motivo di ricorso, la ricorrente Amministrazione deduce violazione e falsa applicazione dell’art. 186, comma 2, del codice della strada. Contrariamente a quanto sostenuto dal giudice del merito, osserva 1’Avvocatura dello Stato, la sospensione della patente va adottata con esclusivo riferimento all’ipotesi in cui il soggetto sia positivo al test dell’etilometro, giacché il presupposto del provvedimento interdittivo del Prefetto deve essere identificato nella mera rilevazione dell’evento lesivo in quanto tale, a prescindere dalla rilevanza che esso è destinato ad avere sul piano del procedimento penale. In sostanza, l’autorità amministrativa può conoscere autonomamente dell’illecito e applicare la relativa sanzione.
Con il secondo motivo, la ricorrente deduce il vizio di omessa motivazione circa un punto decisivo della controversia, sotto diversi profili. In primo luogo, in quanto il giudice del merito ha ritenuto non probanti le risultanze dell’etilometro, laddove tale test. sia pure in forma succinta, appare supportato da valide ragioni, espresse sulla base di una valutazione tecnica contenuta nel rapporto di Polizia. Ed
è sufficiente ad integrare la motivazione del provvedimento sanzionatorio, che in esso si faccia riferimento al rapporto e alla contestazione dell’infrazione, giacché il richiamo a tali atti importa che, implicitamente, l’autorità procedente ha ritenuto sussistenti i fatti in esso esposti.
Sotto altro profilo, l’amministrazione rileva che il giudice dell’opposizione, in presenza di un illecito non depenalizzato, non poteva surrettiziamente valutare il fatto per giungere alla revoca del solo provvedimento amministrativo di sospensione della patente. trattandosi di misura cautelare efficace fino a quando sul merito dell’imputazione non si pronunci il giudice penale. La sospensione della patente, infatti, ha natura di sanzione amministrativa accessoria e non di pena accessoria, come erroneamente ritenuto dalla sentenza impugnata, sicché deve essere necessariamente disposta anche nel caso di definizione del procedimento penale.
Sotto un ulteriore profilo, il Prefetto rileva che erroneamente il giudice ha ritenuto che l’indagine strumentale e il fatto che il trasgressore emanava alito alcolico erano privi, da soli, di rilevanza probatoria, in quanto ai fini della prova della sussistenza dello stato di ebbrezza non
è necessario che l’accertamento strumentale trovi conferma anche in dati sintomatici, giacché l’art. 186 codice della strada e 379 del relativo regolamento di esecuzione richiedono soltanto che l’accertamento tecnico venga effettuato con le modalità prescritte e che la concentrazione alcolemica, superiore al limite massimo consentito, risulti da almeno due determinazioni concordanti eseguite ad intervalli.
Infine, l’amministrazione ricorrente censura la sentenza impugnata nella parte in cui viene posto in dubbio il funzionamento dell’apparecchio misuratore, in quanto la giurisprudenza di legittimità ha sul punto ripetutamente affermato che l’efficacia probatoria degli strumenti rilevatori dura fin quando non risulti accertato, nel caso concreto, il difetto di costruzione e sulla base di circostanze allegate e debitamente provate da parte dell’opponente.
Il ricorso, i cui due motivi possono essere esaminati congiuntamente,
è fondato.
Questa Corte ha già avuto modo di affermare che "La condotta contemplata dall’art. 186 del codice della strada. consistente nella guida di autoveicolo in stato di ebbrezza. costituisce un fatto penalmente rilevante, cui consegue, quale sanzione amministrativa accessoria, la sospensione della patente di guida.
Pertanto, esula dall’ambito del procedimento disciplinato dalla legge n. 689 del 1981, e dei relativi poteri del giudice di pace, l’annullamento del verbale di accertamento concernente tale condotta, redatto a fini penali, così come l’accertamento della esistenza del reato ipotizzato nel verbale stesso, essendo, invece, limitata la competenza del predetto giudice alla verifica della legittimità della sanzione amministrativa accessoria della sospensione della patente di guida, e, quindi, all’accertamento della sussistenza del fatto contestato solo nei limiti in cui tale accertamento sia funzionale alla valutazione della sussistenza dei presupposti per l’applicazione della sanzione amministrativa. Peraltro, a tale scopo, l’opposizione dell’interessato non può essere rivolta nei confronti del verbale di accertamento, che, al di fuori dell’ambito delle sanzioni amministrative pecuniarie
- in relazione alle quali è idoneo ad assumere valore di titolo esecutivo ed è perciò direttamente impugnabile ex art. 204 del codice della strada -, costituisce un mero atto interno nel procedimento di irrogazione di una sanzione amministrativa, e che, quanto alla contestazione del reato di guida in stato di ebbrezza, non potrebbe, attraverso la impugnazione innanzi al giudice di pace, essere privato della sua rilevanza. Ne consegue la inammissibilità della opposizione proposta avverso il verbale di accertamento del reato di cui all’art. 186 del codice della strada. implicante l’adozione della predetta sanzione amministrativa accessoria, opposizione proponibile invece, solo nei confronti del provvedimento prefettizio che abbia comminato tale sanzione" (Cass., 30 maggio 2005, n. 11369; nel senso della inammissibilità dell’opposizione ex art. 22 della legge n. 689 del 1981 avverso il verbale di accertamento della violazione dell’art. 186, comma 2, del codice della strada, v. anche Cass., 7 giugno 2005, n. 11797; Cass., 9 maggio 2005, n. 9557).
Con riferimento al rapporto tra i rimedi proponibili nel caso di violazioni del codice della strada integranti illecito penale al quale accede una sanzione amministrativa accessoria, questa Corte ha anche chiarito che "In tema di sanzioni amministrative per violazione delle norme del codice della strada, l’obbligo di contestazione immediata della violazione, imposto dagli artt. 200 di detto codice e dall’art. 385 del relativo regolamento
- disposizioni contenute nella sezione prima del capo primo del titolo sesto dei predetti codice e regolamento, espressamente riferite alle sanzioni pecuniarie conseguenti ad illeciti amministrativi - non è applicabile alle violazioni che integrino gli estremi di un reato, alle quali accede una sanzione amministrativa non pecuniaria (nella specie, guida in stato di ebbrezza, con conseguente provvedimento prefettizio di sospensione della patente di guida ex artt. 186 e 223, terzo comma, c.d.s.), la cui maggiore gravità, alla quale corrisponde generalmente anche una maggiore complessità ed una minore immediatezza nell’attività di accertamento, ha suggerito di non porre a carico degli organi deputati alla contestazione un onere analogo a quello previsto in caso di infrazioni rilevanti solo sul piano amministrativo e sanzionate solo pecuniariamente. Né tale scelta legislativa presta il fianco a dubbi di illegittimità costituzionale, avuto riguardo alla obiettiva diversità delle infrazioni di cui si tratta e tenuto conto che il diritto di difesa del preteso trasgressore è pienamente tutelato dalla necessità della contestazione della infrazione. ancorché non necessariamente immediata, e dalla possibilità dello stesso di esperire contro il provvedimento sanzionatorio i rimedi giurisdizionali previsti dalla legge" (Cass., 30 maggio 2005, n. 11367).
Per quanto riguarda, in particolare, il provvedimento di sospensione della patente di guida ex art. 223 del codice della strada, si
è chiarito che lo stesso ha natura cautelare e trova giustificazione nella necessità di impedire nell’immediato, prima ancora che sia accertata la responsabilità penale, che il conducente del veicolo, nei cui confronti sussistono fondati elementi di un’evidente responsabilità in ordine ad eventi lesivi dell’incolumità altrui, continui una condotta che può arrecare pericolo ad altri. E proprio in relazione alla funzione cautelare del provvedimento prefettizio di sospensione della patente di guida è sorto contrasto nella giurisprudenza di questa Corte circa la necessità che detto provvedimento debba essere adottato in tempi compatibili e coerenti con la funzione stessa. ovvero se possa essere adottato senza limitazioni di tempo (v. in proposito, l’ordinanza 20 ottobre 2005, n. 20328, con la quale la questione e stata rimessa al Primo Presidente per la eventuale assegnazione alle Sezioni Unite; questione che, peraltro, non rileva nel presente giudizio, non avendo la tempestività della adozione del provvedimento prefettizio formato oggetto di opposizione nel giudizio di merito e non essendo quindi la relativa problematica stata affrontata dalla sentenza impugnata).
E proprio in considerazione della finalità cautelare del provvedimento di sospensione o di revoca della patente ex art. 223 codice della strada, questa Corte, dopo aver rilevato che la citata disposizione, nel prevedere che il Prefetto possa adottare la sospensione provvisoria della patente di guida, richiede, ai fini della emissione di tale provvedimento, la sussistenza di "fondati elementi di una evidente responsabilità", ha affermato che in sede di opposizione si impone la valutazione in ordine alla presenza, nel caso di specie, di detti presupposti, cui il giudice del merito non può sottrarsi, limitando il proprio esame alla regolarità formale della misura adottata (Cass., 6 settembre 2004, n. 17972).
In considerazione della previsione normativa ora richiamata, si
è inoltre chiarito che il controllo sul provvedimento di sospensione non può essere contenuto nella verifica circa la presenza del fumus, ma richiede la concreta ed oggettiva sussistenza delle condizioni richieste dalla legge sulla base delle risultanze processuali (Cass., 23 ottobre 2003, n. 15906; Cass., n. 17972 del 2004, cit.).
Del resto, si
è osservato, il provvedimento provvisorio, proprio perché necessariamente preventivo rispetto all’applicazione della sanzione accessoria della sospensione della patente da parte del giudice penale o dello stesso Prefetto (in caso di estinzione o di improcedibilità del reato connesso alla violazione del codice della strada), conserva una sua autonomia sul piano della finalità in quanto volto a tutelare con immediatezza la incolumità e l’ordine pubblico, impedendo al conducente che si è reso responsabile di alcuni reati inerenti alla circolazione di continuare nella guida, ritenuta potenzialmente pericolosa. Si giustifica, conseguentemente. in tal modo la necessità di una altrettanta autonoma valutazione sulla presenza dei richiamati presupposti.
Ciò premesso, e rilevato che il giudizio di merito ha correttamente avuto ad oggetto il provvedimento con il quale il prefetto ha disposto la sospensione della patente nei confronti dell’intimato e non il verbale di accertamento della infrazione, ritiene il Collegio che il Giudice del merito abbia errato nel sostenere che l’adozione della sanzione amministrativa accessoria della sospensione della patente di guida postula l’accertamento, con sentenza definitiva di condanna, del reato di guida in stato di ebbrezza. Al contrario, come si
è visto, altro è la sanzione accessoria che il giudice penale, all’esito del relativo giudizio, può comminare al soggetto responsabile del reato di cui all’art. 186 codice della strada, altro è il provvedimento, con finalità cautelai, che il prefetto può adottare allorquando venga commesso un reato per il quale è prevista la sanzione accessoria amministrativa della sospensione o della revoca della patente di guida. Diversa è la natura della sanzione nell’uno e nell’altro caso, diversa la finalità perseguita dal legislatore con la previsione di una sanzione adottata dal Prefetto in via cautelare.
Ma il Giudice del merito
è altresì incorso in un errore di diritto nella valutazione delle prove, sotto due profili. In primo luogo, in quanto ha ritenuto di poter superare, ai fini dell’accertamento della sussistenza della infrazione, i risultati delle misurazioni effettuate con l’etilometro. Se è vero, infatti, che l’accertamento dello stato di ebbrezza non richiede necessariamente che tale stato risulti dalla misurazione attraverso etilometro, è altrettanto vero che, allorquando tale rilevazione avvenga, il giudice non può prescindere da tali accertamenti e, in virtù del principio del libero convincimento, disattenderli. E ciò tanto più deve essere affermato in una fattispecie, quale quella in esame, in cui, secondo quanto emerge dalla sentenza impugnata, alle risultanze dell’etilometro si accompagnava anche un dato sintomatico, e precisamente l’alito vinoso dell’opponente.
Sotto altro profilo, il giudice ha omesso di considerare che, ai sensi dell’art. 379, comma
1, del d.P.R. 16 dicembre 1992, n. 495, "l’accertamento dello stato di ebbrezza ai sensi dell’art. 186, comma 4, del codice, si effettua mediante l’analisi dell’aria alveolare espirata: qualora, in base al valore della concentrazione di alcol nell’aria alveolare espirata, la concentrazione alcolemica corrisponda o superi 0,8 grammi per litro (g/l), il soggetto viene ritenuto in stato di ebbrezza" (valore, questo, successivamente ridotto a 0,5 gll ad opera dell’art. 5 del decreto legge 27 giugno 2003, n. 151, convertito, con modificazioni, dalla legge 1 agosto 2003, n. 214, il quale ha sostituito l’art. 186, precisando altresì che l’accertamento di un valore pari a quello prima indicato comporta che il conducente deve ritenersi in stato di ebbrezza agli effetti dell’applicazione delle sanzioni di cui al comma 2). Va peraltro ricordato che, già prima delle modificazioni introdotte dal decreto-legge n. 151 del 2003, l’art. 186, nel testo applicabile ratione temporis, conteneva, al comma 5, una disposizione analoga, nel senso che l’accertamento di un tasso alcolemico pari a quello stabilito dal regolamento comportava che il conducente doveva ritenersi in stato di ebbrezza ai fini dell’applicazione delle sanzioni di cui al comma 2 del medesimo articolo.
Il medesimo art. 379 del regolamento di esecuzione, al comma 2, dispone poi che “la concentrazione di cui al comma 1 dovrà risultare da almeno due determinazioni concordanti effettuate ad un intervallo di tempo di cinque minuti”.
Orbene, il giudice del merito ha anche errato nell’apprezzare la portata dei risultati delle misurazioni effettuate a mezzo etilometro, giacché i risultati in relazione ai quali
è stata elevata la contestazione di guida in stato di ebbrezza ed è stata disposta la sospensione della patente di guida da parte del Prefetto recavano valori che. pur essendo tra loro diversi, si attestavano comunque su una soglia significativamente eccedente quella che, ai sensi dell’art. 379 del regolamento di esecuzione del codice della strada, integra lo stato di ebbrezza ai fini ivi considerati. Lo stesso giudice del merito dà infatti atto che nelle due misurazioni, regolarmente effettuate a cinque minuti di distanza l’una dall’altra, è stata rilevata una concentrazione di 1,27 e di 1,14 g7l, e cioè valori ampiamente al di sopra della soglia che, legalmente, integra lo stato di ebbrezza.
Il ricorso della Prefettura di Salerno deve dunque essere accolto e la sentenza impugnata deve essere cassata. Peraltro, non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, emergendo dagli accertamenti strumentali la sussistenza dello stato di ebbrezza e non essendo stati dedotti nel giudizio di opposizione, per quanto emerge dalla sentenza impugnata, profili ulteriori rispetto a quelli apprezzati erroneamente dal giudice di pace di Agropoli, in violazione delle norme sulla valutazione delle prove, la causa può essere decisa nel merito con il rigetto dell’opposizione proposta da R. N. Non vi
è luogo a provvedere sulle spese del giudizio di primo grado, in considerazione della mancata costituzione della Prefettura di Salerno in quel giudizio per il tramite dell’Avvocatura dello Stato, mentre l’intimato, in applicazione del principio della soccombenza, deve essere condannato al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, come determinate in dispositivo.

 Per questi motivi

La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, rigetta l’opposizione; condanna l’intimato al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, liquidate in euro 1.000,00 per onorari, oltre spese prenotate a debito.

Così deciso addì 26 gennaio 2006

 Deposita in Cancelleria il 28 agosto 2006


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Giovedì, 16 Novembre 2006
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