Giurisprudenza di legittimità Corte di Cassazione Penale Sezione IV, 13 luglio 2006, n. 24202
Guida in stato di
ebbrezza – Accertamento – Modalità – Elementi sintomatici – Caratteristiche –
Gravità, precisione e concordanza – Desumibilità dello stato di ebbrezza da
alito vinoso ed arrossamento degli occhi - Esclusione.
Lo stato di ebbrezza
alcolica, ai fini dell’affermazione di penale responsabilità in ordine al reato
di cui all’art. 186 c.s., pur potendo essere desunto, indipendentemente
dall’accertamento strumentale previsto dall’art. 379 del Regolamento, da
elementi sintomatici, non può tuttavia ritenersi provato quando tali elementi
non abbiano caratteristiche di gravità, precisione e concordanza; il che non
può dirsi quando – come nella specie – essi siano costituiti, secondo quanto
riferito dai verbalizzanti, dal solo «alito vinoso», di per sé non indicativo
della quantità di bevande ingerite, unito ar arrossamento degli occhi .
Svolgimento
del processo e motivi della decisione. – L. G. propone ricorso per cassazione avverso la
sentenza del 18 marzo 2004 con la quale il Tribunale di Forlì, sezione
distaccata di Cesena, lo ha condannato alla pena di euro 800 di ammenda per il
reato di guida in stato di ebbrezza per assunzione di bevande alcoliche.
Fatto commesso in Cesenatico il 16
novembre 2001.
Deduce a sostegno
dell’impugnazione qualificata quale ricorso e non come appello l’errata
applicazione della norma penale, nonché la mancanza o illogicità della motivazione
precisando che lo stato di ebbrezza non poteva essere desunto sugli elementi
sintomatici descritti dal verbalizzante quali alito vinoso e «occhi rossi e
lucidi», non potendosi riconoscere a detti elementi, dichiarata la
inutilizzabilità degli esiti acquisiti a mezzo etilometro, la valenza di
indizi, precisi e concordanti ex art. 192, secondo comma c.p.p.. La doglianza è fondata essendo
evidente, ad avviso della Corte, la mancanza di motivazione in relazione al
ritenuto stato di ebbrezza. Se è vero, infatti, che lo stato
di alterazione fisico-psichico dell’agente può essere desunto aliunde, cioè al
di là dell’accertamento espletato ex art. 379 Reg. c.s., peraltro occorre fare
riferimento, per quanto riguarda gli elementi sintomatici, a fatti di per sé
obiettivi, che non si risolvano in meri apprezzamenti del verbalizzante e in
sue fallaci, anche se non volute, interpretazioni. Il che di certo il legislatore non
ha voluto pretendendo, per l’appunto, gravità, precisione e concordanza degli
indizi. Tali caratteri non rivestono
l’alito e gli occhi arrossati, come nel caso in esame prospettato dal
ricorrente. Ciò in quanto il c.d. «alito
vinoso», seppure è un sintomo della avvenuta ingestione di bevande alcoliche,
non ne indica assolutamente la misura e la quantità e, in particolare non dice
se questo ha superato o meno la soglia fissata dal legislatore in 0,60 mg. L’indizio raccolto, in mancanza di
più sicuro accertamento (a mezzo di etilometro), non può da solo ritenersi,
quindi, grave e preciso. Né soccorre l’altro sintomo
riscontrato dal verbalizzante quale «gli occhi arrossati», potendo questo, come
spiegato dal ricorrente, essere dipeso dalla permanenza del predetto, per
qualche ora, nell’esercizio pubblico, al chiuso e in aria viziata dal fumo. Il suddetto indizio non ha,
pertanto, valore univoco e come tale concordante con quello dell’alito vinoso,
in precedenza menzionato. Il giudizio di colpevolezza,
risulta quindi fondato su elementi fattuali del tutto inadeguati e rileva in
siffatto contesto che il verbalizzante non ha fatto riferimento alla
manifestazione di altri sintomi, di certo integrativi e significativi quali
eloquio sconnesso e barcollamento della persona. Dal che discende che nella
sentenza impugnata manca del tutto la motivazione in ordine allo stato di
ebbrezza del L. e la sentenza di condanna va annullata con rinvio al Tribunale
di Cesena. (Omissis).
|