Giurisprudenza di legittimità ************
Sentenza Svolgimento del processo R.N., con ricorso in data 1.9.1999
proponeva opposizione avverso l’ordinanza ingiunzione conseguente alla
violazione, accertata dalla Polizia Municipale di Verona, dell’ordinanza del
Sindaco di detta città n. 646/98, che vieta la contrattazione di prestazioni
sessuali a pagamento a bordo di veicoli circolanti sulla pubblica via; deduceva
l’opponente: a) “l’intenzione di offrire soltanto un passaggio sulla propria
autovettura ad una donna che l’aveva richiesto con il consueto segnale di
autostop e l’essersi fermato senza recare né intralcio né pericolo per la
circolazione stradale; b) l’invalidità dell’ordinanza 646/98 del Sindaco di
Verona, sulla quale si fonda la sanzione amministrativa comminata, per non
avere il Sindaco di Verona alcun legittimo potere di regolamentare con proprio
atto la circolazione stradale in modo difforme da quanto stabilito con legge
dello Stato; c) l’invalidità dell’ordinanza n. 646/98 per eccesso di potere, e
la conseguente disapplicabilità dello stesso da parte del Giudice di Ordinario
in base all’art. 4 della legge 20.3.1865, n. 2248, allegato E; d) l’inapplicabilità
dell’art. 7 del decreto legislativo n. 285/92 in quanto la c.d. strada
bresciana sulla quale veniva contestata la trasgressione si trova al di fuori
del centro abitato del Comune di Verona; e) l’inadempimento da parte dell’amministrazione
del proprio onere probatorio. L’adito Tribunale di Verona, in
composizione monocratica, con la sentenza in esame, accoglieva l’opposizione;
si affermava da parte di detto Giudice l’illegittimità dell’ordinanza n. 646/98
(con conseguente nullità del verbale di accertamento) per eccesso di potere in
quanto l’ambito di esercizio del potere di cui all’art. 7 del C.d.S. è quello
della regolamentazione della circolazione stradale (in particolare sia afferma
che "si ritiene illegittima detta ordinanza allorquando vieta la fermata
del veicolo al fine di contrattare prestazioni sessuali, e non al fine di non
arrecare intralcio alla circolazione stradale"). Ricorre per cassazione con un
unico articolato motivo il Comune di Verona; non ha svolto attività difensiva l’intimato. Motivi della decisione Con l’unico motivo di ricorso
si deduce violazione degli artt. 5, 6, 7 D. Lg.vo 30.4.1992 n. 285, anche in
relazione agli art. 4, 5 della legge 20.3.1865 n. 2248, All. E.; insufficiente
motivazione circa un punto decisivo della controversia, violazione degli artt.
2697, 2699 e 2700 c.c.. Si afferma che l’ordinanza in questione risponde al
fine delle “misure preordinate ad una
maggiore sicurezza stradale nonché ad un ordinario utilizzo del demanio
stradale”, di cui all’art. 7 C.d.S., e che detta ordinanza fa riferimento
all’attività di meretricio solo perché tale rilevante fenomeno costituisce
causa di intralcio al regolare flusso veicolare. Il ricorso è infondato e non
merita accoglimento. In tema di sanzioni
amministrative per violazioni del Codice della Strada, l’art. 7, primo comma,
lettera a, (che richiama i provvedimenti indicati nell’art. 6 C.d.S.) prevede
che, nei centri abitati, i Comuni possono, con ordinanza del Sindaco,
regolamentare la circolazione per motivi inerenti la sicurezza di quest’ultimo,
oltre che per altre esigenze (tra cui la sicurezza pubblica e la salute
pubblica). Nel caso in esame, sulla base
di tale richiamo normativo (oltre che dell’art. 36 della L. n. 142/1990 e della
L. n. 689/81), il Sindaco di Verona, con l’ordinanza n. 646 del 28.8.1998 ha,
in relazione al seguente oggetto: “Misure
preordinate ad una maggiore sicurezza stradale nonché ad un ordinario utilizzo
del demanio stradale. Divieti riguardanti la domanda e l’offerta di prestazioni
sessuali a pagamento svolte sul suolo pubblico”, stabilito che “in tutto il territorio comunale è fatto
divieto a chiunque di contrattare prestazioni sessuali a pagamento a bordo di
veicoli circolanti sulla pubblica via. La violazione si concretizza nella
fermata del veicolo, al fine di richiedere informazioni, ovvero contrattare,
ovvero concordare prestazioni sessuali a pagamento con soggetti che esercitano
l’attività di meretricio su strada...”, nonché “in tutto il territorio comunale è fatto divieto di indossare un
abbigliamento indecoroso e indecente, ovvero di mostrare nudità; detto divieto,
oltre che motivato dall’esigenza di tutelare il decoro e la decenza, trova
applicazione per coloro che esercitano la prostituzione...”, nonché ancora
“in tutto il territorio comunale è fatto
divieto a chiunque di soddisfare, in spazi ed aree pubbliche, bisogni
corporali...” Sulla base di quanto esposto
risultano in modo ampiamente evidente vizi di legittimità di detta ordinanza,
così come puntualmente rilevato dal Tribunale di Verona, sulla base del
consentito esame al giudice ordinario incidenter tantum, dei
provvedimenti amministrativi in virtù degli artt. 4 e 5 della L. 20.3.1865 n.
2248, allegato E, e del connesso potere di disapplicazione da parte di detto
giudice di provvedimenti e atti amministrativi risultanti non conforme alla
legge. In detta ordinanza,
correttamente ritenuta illegittima in sede di merito e disapplicata, si rileva
il vizio di eccesso di potere, avendo il Sindaco, sulla base delle facoltà
riconosciutegli dalla soprarichiamata normativa del Codice della Strada, emesso
un provvedimento riguardante, invece, l’ordine pubblico; in particolare, ha
fatto ricorso ad un provvedimento apparentemente finalizzato alla
regolamentazione della circolazione stradale di autoveicoli, per vietare il
meretricio sessuale, con estensione, e tale aspetto è ancor più decisivo, in
modo indiscriminato su tutto il territorio del Comune; ciò conferma che con
detto provvedimento non si è affatto voluto imporre il divieto di fermata agli
autoveicoli in relazione alle esigenze di tutela di una determinata strada o di
una determinata zona (così come “impone” il tenore letterale degli artt. 6 e 7
C.d.S. e come emerge dalla relativa ratio legis) ma si è voluto
sanzionare, in modo illegittimo per le ragioni esposte, l’attività riguardante
le prestazioni sessuali a pagamento in genere e, in modo indiscriminato, su
tutto il territorio comunale. Il mancato svolgimento di
attività difensiva da parte dell’intimato comporta il non doversi provvedere in
ordine alle spese della seguente fase. P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso. Roma, 4 luglio 2006. Depositata in
Cancelleria il 5 ottobre 2006 |
|
|
© asaps.it |