La Corte di Cassazione, quarantadue anni fa, affermava che la fattispecie contravvenzionale di omessa custodia di animali prevista dall’art. 672 del codice penale “si riferisce all’incolumità pubblica, e non all’incolumità delle persone nella circolazione stradale, per la cui tutela esiste, quanto alle contravvenzioni, un’apposita legge speciale che comunemente è indicata con il nome di codice stradale” (terza sezione penale, sentenza 19.11.1963, n. 2438). Non risultando altre pronunce di legittimità da parte della Cassazione penale sull’ipotesi in cui l’omessa custodia di animali determini danni nella circolazione stradale, questa massima è quindi, ancora, l’unico precedente in materia. Sulla sua scorta, sembrerebbe che chi è rimasto coinvolto in un incidente a causa dell’apparizione improvvisa di un animale (domestico o comunque detenuto da qualcuno) non possa richiedere alcuna tutela, nemmeno risarcitoria, perché, alla fonte, non sarebbe ravvisabile una responsabilità ex art. 672 cp. Sembrerebbe quasi che all’animale debba essere rimproverata una violazione del codice della strada perché si possa parlare di risarcimento del danno. Se così fosse, però, qualcosa stride. Innanzitutto perché all’animale non può rimproverarsi alcuna violazione in quanto animale, né al suo proprietario o detentore può rimproverarsi alcuna responsabilità personale di quel tipo, in quanto egli risponde comunque a titolo di omissione colposa di un dovere di vigilanza. Peraltro, sulla individuazione dell’incolumità pubblica come bene oggetto della tutela ex art. 672 cp, nulla quaestio. La stessa Corte Costituzionale lo ha ribadito in una sua sentenza (30.12.1991, n. 514). Occorre tuttavia intendersi sulla nozione di incolumità pubblica, o meglio, di pericolo per l’incolumità pubblica, essendo l’illecito sanzionato dall’art. 672 cp una fattispecie di pericolo. Come poi, però, ci si deve intendere sulla singolarità del danno che può derivare dal fatto pericoloso posto in essere. Innanzitutto, l’incolumità, se deve essere pubblica, ossia diffusa, molteplice, deve riguardare un numero indeterminato di persone, ossia un contesto potenzialmente indiscriminato. E’ chiaro che un animale sulla strada costituisce un pericolo inconsulto e imprevedibile per chiunque si trovi a passare in quel luogo in quel momento, e quindi è un fatto pericoloso per la massa degli utenti della strada che, solo per pura fatalità, possono esserne coinvolti. Sotto questo profilo si può rilevare un riflesso pubblicistico, nel senso, appunto, di diffuso. Una volta che si è verificato un incidente a seguito della presenza di un animale, però, vi è un singolo individuo (o vi sono singoli individui) che hanno subito un danno, e quindi la fattispecie non si fonda più soltanto sul pericolo generico posto in essere, ma anche sul danno specifico causato. E quindi sulla responsabilità eventualmente disattesa da chi doveva custodire l’animale, che si può costituire la fonte dell’obbligo risarcitorio. Il fatto che, rispetto alla sentenza dianzi citata, la fattispecie ex art. 672 cp non sia più un reato contravvenzionale ma sia stata depenalizzata, poi, nulla aggiunge né modifica, in quanto si tratta comunque e sempre di un illecito sanzionabile a titolo colposo, come detto, per omissione. Né si può applicare al proprietario o detentore dell’animale, in quanto tale, l’art. 6 della legge 689/1981 in tema di responsabilità solidale con l’autore della violazione in quanto, come detto, l’animale non può essere considerato l’autore della violazione. Posto quindi che l’animale non è rimproverabile per aver disatteso le norme sulla circolazione stradale, e che il suo proprietario o detentore neppure è responsabile a tale titolo, in quanto non ha commesso alcuna violazione di quel tipo, occorre rifarsi ad un’altra norma generale, per identificare la fonte dell’obbligo risarcitorio, ossia l’art. 2052 del codice civile, che concerne la responsabilità del proprietario di un animale o di chi se ne serve per il tempo in cui lo ha in uso (con il limite del caso fortuito). Qui la Cassazione in sede civile ha costantemente affermato che si tratta di una responsabilità non fondata sulla colpa effettiva, ma su una presunzione di colpa (eliminabile, come detto, solo con la prova liberatoria del caso fortuito), e quindi, in sostanza, di una responsabilità oggettiva (Cass. 4742/2001, 200/2002), alias sul rapporto di fatto con l’animale (Cass. 12307/1998). E’ chiaro, quindi, che si tratta di un respiro assai più ampio di quello contemplato dall’art. 672 cp, norma che, come detto, concerne ipotesi fondate sulla colpa effettiva (per omissione). Non solo. La Cassazione civile ha anche aggiunto un’altra lettura della ipotesi di danno cagionato da animale sulla strada, laddove ha stabilito che anche in questo caso, laddove non sia identificabile una responsabilità esclusiva da parte dell’automobilista nella produzione dell’evento, o l’esclusione della sua responsabilità, si possa ricorrere alla presunzione ex art. 2054 codice civile, essendo questa una norma di carattere generale applicabile a tutti i soggetti che subiscano danni dalla circolazione (Cass. 200/2002, confermativa di altre precedenti pronunce, Cass. 2615/1970, 778/1978, 2717/1983, 13016/1992). Tirando le fila del discorso, quindi, esclusa la possibilità di riferirsi all’art. 672 cp, ma dovendo invece basarsi sulla norma generale di cui all’art. 2052 del codice civile, sul piano giuridico (e metagiuridico), si deve concludere che se l’animale non è rimproverabile come soggetto della circolazione stradale, è però assimilabile a un veicolo, in particolare a uno strano veicolo, di cui il conducente ha perso il comando, e che procede ugualmente a distanza, come una scheggia impazzita, per suo conto. Veicolo, nel senso latissimo, di oggetto semovente sulla strada. *Gip presso il Tribunale di Forlì.
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