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Articoli 28/11/2006

Tutto cambia, ma il risultato è lo stesso

L’evoluzione del contrasto al furto di auto: dagli antifurto meccanici, ai satellitari, all’immobilizer, al Datatag

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Come di solito accade tutto cambia e si evolve, così è successo anche per il fenomeno criminale del furto e riciclaggio dei veicoli, ma a quanto sembra, leggendo le recenti statistiche, il risultato è rimasto lo stesso. Che nostalgia di quei mitici e ruspanti ladri d’auto di una volta, quelli che li fermavi in piena notte per un semplice controllo e in macchina avevano una vera e propria ferramenta ambulante, si chiamavano “attrezzi atti allo scasso”, ora sono in fase di estinzione, nella migliore delle ipotesi si trattava di spadini, false chiavi, piedi di porco, frutto della migliore tradizione artigianale, ma c’erano anche i più disperati che utilizzavano grossi cacciavite con i quali massacravano le serrature fino alla loro apertura. I più apatici, o forse concreti, trovavano più semplice infrangere uno dei cristalli, perché fare tanta fatica quando non c’è bisogno. Poi, introdotti all’interno del veicolo, bastava strappare e collegare i fili poco prima del blocco delle messa in moto, e via a tutta velocità dal taroccatore di turno. Nessuna fatica e professionalità tanto che i nomadi slavi avevano fatto del furto d’auto una delle loro più redditizie attività, con il frutto del loro disonesto lavoro sono cresciute intere generazioni. Persino io, naturalmente al solo scopo didattico, con qualche piccolo attrezzo, ero riuscito ad acquisire la tecnica riuscendo ad aprire più di una marca di autovettura, per essere sincero non feci una grossa fatica ad apprendere. La verità è che all’epoca era semplicissimo rubare un’auto, poi sono arrivate le nuove serrature, gli antifurti e soprattutto gli immobilizer e altre sicurezze e così altri metodi sono stati adottati, nuovi ladri e soprattutto altre organizzazioni criminali. L’abbiamo gia detto la vera svolta si sintetizza in una parola “IMMOBBILIZER”. Era l’ormai lontano 1995, quando sulla maggior parte della produzione furono montati gli immobilizer, cioè di un dispositivo elettronico che blocca la centralina dell’iniezione del motore se nel blocchetto di avviamento non si inserisce la chiave originale. Chiave che si fa riconoscere dal sistema perché ha al proprio interno un piccolo trasmettitore (il cosiddetto transponder), che invia un segnale cifrato non appena viene a contatto col blocchetto. Una rivoluzione rispetto agli antifurti elettronici precedenti, che non bloccavano la centralina: più semplicemente, interrompevano i circuiti elettrici che portavano a essa, ma i ladri avevano ormai imparato ad aggirare queste interruzioni. Ricordo che in quegli anni sembrò di aver risolto il problema, basta guardare la statistica di allora.
Poi nel 1995 con 277.433 furti un’inversione di tendenza e soprattutto l’impennata del 1996 che riportò i furti a 305.036. Molto semplicemente voleva dire che i vecchi ladri erano stati messi in “pensione” e che i nuovi avevano imparato a violare il nuovo dispositivo IMMOBBILIZER, sostanzialmente in due modi: copiando il segnale in codice trasmesso dalla chiave, oppure sostituendo alla centralina originale del motore un’altra priva di blocco, che si procuravano con una certa facilità soprattutto per le vetture di fabbricazione italiana. Poi, intorno al ’97, i costruttori hanno cominciato a montare immobilizer più sofisticati, che rendono estremamente difficile qualsiasi copiatura, così i furti sono diminuiti, mantenendosi sempre sotto ai 300.000, ma i ladri più abili, per fortuna non tanti, hanno già pronta la contromossa. Manomettono la centralina dell’iniezione, attivando il programma di funzionamento d’emergenza che esclude l’intervento dell’immobilizer. Il problema grosso per le organizzazioni criminali è che per svolgere queste operazioni ci vuole personale specializzato, attrezzatura sofisticata e soprattutto tempo, così si doveva pur trovare altri metodi meno complicati. Sempre in quegli anni, a complicare la vita ai ladri, facevano la loro comparsa i sistemi antifurto con localizzazione satellitare, anche questi una vera rivoluzione. In sostanza nell’automobile viene montato un sistema che consente la localizzazione satellitare del veicolo. Ogni volta che l’auto è utilizzata, il sistema chiede al conducente di inserire un codice di sblocco. Se questo codice non è inserito non esiste modo di spostare l’auto all’insaputa del sistema. Il sistema dispone di sensori in grado di rilevare il sollevamento e lo spostamento della vettura, nonché la manomissione dell’impianto elettrico. Se l’auto viene rimossa con un carro attrezzi, il sistema entra in funzione. Il problema, tuttora, è il costo elevato del sistema che scoraggia una applicazione di massa così che, secondo me, senza nulla togliere all’efficacia del sistema, non si può dire che questo abbia inciso in modo determinante nel calo dei furti. Sta di fatto che tra immobilizer e satellitari la musica era cambiata, bisognava assolutamente trovare altri metodi per rubare una autovettura, sì perché le organizzazioni criminali, soprattutto quelle estere, non potevano fare a meno di un’attività così lucrativa, anzi l’attività criminale di cui parliamo non è solo molto redditizia, ma non ha rivali se si valuta il rapporto tra guadagno e rischio. Il grosso guadagno al minimo rischio ha presto interessato non solo grosse organizzazioni di mezzo mondo, ma anche balordi d’ogni risma che dovevano però risolvere il problema degli immobilizer più sofisticati. Per questo oggi ci troviamo di fronte a tecniche di furto più semplici ma cruente che destano grave allarme sociale, i veicoli sottratti con violenza destano preoccupazione ormai in tutta Europa. Il vantaggio per le organizzazioni criminali che adottano queste nuove tecniche è evidente, si ottiene con molta facilità il veicolo di cui si ha bisogno compreso di chiavi originali. Nessun danno al veicolo che mantiene integri ed originali tutti i suoi componenti, nessun tecnico basta un qualunque balordo. Una di queste è una tecnica “corsara”, ovvero servendosi di un’altra vettura si costringe la preda a fermarsi a seguito di un banale urto, ed ecco che improvvisamente all’arrembaggio, il ladro si impossessa della super car e si dilegua. Si registrano anche casi, per fortuna pochi, di vere e proprie rapine in cui, una volta indotto ad arrestare la marcia, il proprietario del veicolo oggetto delle attenzioni dei delinquenti ridotto all’impotenza dietro minaccia, ed in alcuni frangenti subendo lesioni, viene derubato della propria auto. In tale ambito vanno ad inquadrarsi anche tutti i casi di vetture sottratte a seguito del triste fenomeno delle rapine nelle ville, dove spesso l’obiettivo delle bande di criminali non è solo l’argenteria di famiglia ma anche e soprattutto ciò che è parcheggiato nel vialetto o dentro al box auto. I veicoli sottratti con queste tecniche, ma meglio sarebbe definirle azioni criminali in cui il delinquente ha accettato fin dal primo momento di mettere in gioco l’incolumità e la vita delle persone, sono solitamente autovetture di consistente valore economico, immatricolate quasi sempre da non più di dodici mesi, super accessoriate e disponibili nei colori più richiesti dal mercato, illecito s’intende! A capo di queste organizzazioni soprattutto albanesi che in poche ore dal furto imbarcano il veicolo per il loro paese, come si è detto si tratta di veicoli integri e con tutti i componenti originali. Per fortuna rimangono ancora tecniche meno cruente, infatti, in più casi vetture di consistente valore economico sono state sottratte ai legittimi proprietari che si erano allontanati per non più di qualche istante dall’auto per acquistare un giornale o un pacchetto di sigarette, lasciando imprudentemente la vittima inerme, con le chiavi inserite nel quadro d’accensione. Ci sono anche organizzazioni nostrane che si sono specializzate nei furti presso le concessionarie, si tratta di una sorta di furto con destrezza, in sostanza batterie di ladri formata da non meno di tre persone, si presenta presso la concessionaria in normale orario di vendita. Qui, di solito uno rimane in auto, gli altri fingono di interessarsi all’acquisto di un veicolo, mentre uno distrae il venditore l’altro si introduce nell’ufficio ove sono custodite le chiavi di tutte le auto nel piazzale. Qui sottrae la chiave che gli interessa ed il gioco è fatto, non basta che aspettare il momento buono per rubare l’auto, con un po’ di fortuna il malcapitato si accorgerà del furto anche con parecchi giorni di ritardo. In fine c’è quella che io definisco la vera spina nel fianco, ossia le truffe in danno delle compagnie di assicurazioni o lising, ossia il veicolo sottratto dallo stesso proprietario che dopo averlo esportato ne denuncia falsamente il furto, o quello che dopo averlo seriamente danneggiato non trova di meglio da fare che farlo sparire e denunciare falsamente il furto. Come si è potuto notare, cruente o no, sono tutte tecniche adottate al solo scopo di aggirare i sistemi antifurto che oggi rendono praticamente impossibile il furto. Ma facciamo un passo indietro, se diamo per scontato che l’andamento decrescente dei furti dal 1996 al 2004 è dovuto sostanzialmente all’utilizzo di efficienti antifurto e se le organizzazioni criminali si sono evolute cercando di aggirare questi sistemi, nel 2005, dopo sei anni, si inverte la tendenza, con 188.540 furti rispetto ai 182.470 del 2004, si torna a salire del 3,32%, è evidente che bisogna insistere su questa strada e auspicare che le case costruttrici utilizzino nuovi sistemi che rendono più difficile il furto ma soprattutto antieconomico l’intervento di riciclaggio degli stessi. In sostanza bisogna lavorare su due fronti:
• Scoraggiare il furto  
• Agevolare le forze di polizia nell’identificazione del veicolo

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una serie di chiavi usate dai ladri di auto

Purtroppo non vedo un grande entusiasmo da parte delle case costruttrici specialmente in un periodo di crisi come questo, con una produzione attorno ai sessanta milioni di pezzi all’anno, tra vetture e veicoli pesanti, e l’impiego di milioni di lavoratori nel mondo, l’industria dell’auto occupa tuttora un posto di tutto rilievo nelle economie dei paesi sviluppati, attorno al 10 per cento del prodotto interno lordo, e svolge un ruolo importante anche sotto il profilo sociale e politico. Ma quest’attività, nata all’inizio del 1900 e che è stata capace di superare le diverse temperie del capitalismo occorse nel ventesimo secolo, oggi mostra la corda. I margini di profitto medio appaiono in discesa irrefrenabile, passati da più del 20 per cento all’epoca della sua giovinezza, negli anni Venti, a valori attorno al 10 per cento durante il boom del secondo dopoguerra (anni Sessanta) fino a scendere attualmente a meno del 5 per cento, con bilanci che per alcune grandi case continuano a rimanere in rosso. Nuovi sistemi per meglio proteggere i veicoli dai furti sarebbero già pronti, ma in questa situazione le casa costruttrici non hanno il coraggio di affrontare nuovi investimenti. Ad esempio credo tantissimo nel DATATAG, un sistema particolarissimo che può essere classificato tra i sistemi dissuasori, inoltre consente l’esatta identificazione del veicolo nonostante a questi siano stati sostituiti i dati di identificazione. Come le invenzioni e le idee migliori, Datatag è semplice nel concetto, ma utilizza le tecnologie avanzate dell’identificazione permanente per proteggere ogni tipo di veicolo, il concetto è quello di rendere sicuro il veicolo con una serie di marcatori che lo renderanno facilmente individuabile. Da anni le forze di polizia di tutto il mondo auspicano maggiore collaborazione da parte delle case costruttrici alle quali viene chiesto di istallare sul veicolo diversi sistemi che consentano in fase di controllo l’identificazione veloce e certa. Ora la tecnologia esiste ed è efficiente si tratta di istallarla sul numero maggiore di veicoli. Prenderemo in considerazione il prodotto della ditta DATATAG,
in quanto è quella che ha fornito alle forze dell’ordine in Italia e all’estero gli scanner che consentono di "leggere" il sistema. In sostanza si tratta di diverse marchiature sia di carattere dissuasivo che identificativo che di seguito analizziamo in particolare. La storia del Sistema Datatag, comincia circa 13 anni fa in Inghilterra. La Yamaha Motor U.K. - interamente posseduta dalla Mitsui & Co. - per fronteggiare la crisi delle vendite dei motoveicoli negli anni novanta (determinata anche all’aumento delle polizze assicurative contro il furto, in funzione del crescente numero dei furti), decise di progettare un sistema che rendesse il motoveicolo “non conveniente” da rubare per il ladro, identificandone il maggior numero di pezzi possibile, rendendolo difficilmente riciclabile. Lo Scanner Datatag, poiché lavora con emissione di segnali a breve distanza e trasmette in linguaggio “cripto”, è in grado di garantire l’assoluta assenza d’errore durante la fase di rilevamento e lettura dei codici contenuti nei transponders (microchip): i codici contenuti nei transponders Datatag non possono essere modificati, alterati o rimossi in nessun modo, se non danneggiando irrimediabilmente la componente sulla quale sono stati istallati. Qualora l’Operatore di Polizia, durante un controllo, riscontrasse che uno dei codici rilevati su un pezzo di un motoveicolo o di un’autovettura fosse rubato, può procedere al fermo del sospettato: se nella banca dati Datatag è stato assegnato il “fattore furto” a quel preciso codice, significa che chi ha eseguito tale assegnazione, ha precedentemente ricevuto una copia della denuncia di furto sporta dal proprietario del veicolo, presso l’Autorità competente. Semplice vero, semplice e poco costoso, sarà per questo che nessuna casa costruttrice di moto e autovetture in Italia utilizza questo sistema, l’inverosimile si ha quando PIAGGIO il più grande fornitore di scooter d’Europa ci fa sapere che monta su tutti gli scooters di Piaggio, Gilera e Vespa il sistema Datatag, si ma solo per quelli destinati al mercato del Regno Unito, e in Italia ?????. Ovviamente la Polizia inglese ha già plaudito all’iniziativa definendola una pietra miliare per la lotta al furto di questi veicoli, beati loro. Da noi invece prosegue lo stillicidio, nonostante l’impegno di tutte le squadre investigative continua l’incremento anche nel 2005 con 38.043 motocicli rubati, +8,45% rispetto al 2004. I furti sono addirittura raddoppiati rispetto ai 18.890 del 2000, anche se si deve considerare il sensibile aumento del parco. Lazio in testa con 9.051, seguono Campania con 6.314 (ma in calo) e Lombardia 5.301. Per i ciclomotori invece va meglio e prevedo che le cose continueranno a migliorare dato le recenti introduzione normative su cui dirò in un prossimo articolo. Noi comunque rimaniamo in fiduciosa attesa, gli Scanner li abbiamo, anche la voglia di usarli non ci manca, aspettiamo solo che qualche costruttore si faccia avanti, ma in questa situazione mi sa che ci dobbiamo mettere il cuore in pace, e istallare questi sistemi a nostre spese, forse con qualche decina di euro e un po’ di attenzione in più a come parcheggiamo il nostro veicolo, salvano un capitale di qualche migliaio di euro, che dite ne vale la pena?

*Ispettore Capo Sezione Polizia Stradale Squadra di P.G. Rimini

   


© asaps.it

di Raffaele Chianca
da "il Centauro" n. 107
Furti auto
Martedì, 28 Novembre 2006
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