(ASAPS) OTTAWA (CANADA). novembre 20006 – Le strade del
Canada, lo abbiamo ripetuto più volte, sono considerate quelle più sicure dell’intero
continente Americano: vero, ma non è tutto oro quello che luccica. Infatti, il
Canada conta ancora 3.000 morti all’anno, secondo una media che si è dimostrata
più o meno stabile dal 1994 al 2003. Tremila vittime, dicevamo: non poche, se
si considera che il Canada è il secondo paese più esteso al mondo (circa 10
milioni di metri quadri) ma che conta una popolazione davvero esigua, che
supera di pochissimo le 33 milioni di unità. Insomma, una specie di Australia sull’emisfero opposto,
meno isolata ma ugualmente sconfinata. Ora, una nuova strategia messa a punto dall’Istituto di Ricerca
sulla Salute del Canada (IRSC), potrebbe
costituire un’arma vincente nel contrasto alla sinistrosità stradale. Vediamola nel dettaglio. È ovvio che velocità ed alcol restano ai vertici della
incidentalità, ma in un paese dove i controlli sono severissimi – alcune stime
riferiscono che un canadese soffia nell’etilometro della polizia almeno due
volte ogni anno – gli esperti dell’organismo scientifico (una sorta del nostro Istituto
Superiore di Sanità) hanno deciso di analizzare minuziosamente le statistiche
infortunistiche della strada, individuando e studiando gli altri fattori di
rischio, coinvolgendo negli studi i maggiori atenei canadesi. La stanchezza: tra le cause diverse rispetto ad alcol e velocità, è
quella che sembra fare più danni. Un’equipe di esperti selezionati nei migliori
laboratori di ricerca del paese – che non dimentichiamo aderisce al
Commonwealth e dispone quindi di una potenzialità di dati immensa – è già agli
ordini del professor Jacques Bergeron, dell’Università di Montréal – e sta
redigendo le linee guida per prevenire e combattere con incisività il fenomeno. Invecchiamento della
popolazione: anche
in Italia si parla spesso del difficilissimo rapporto tra il volante e Riconoscimento di
conducenti anziani non abili: a tradurre, lo confessiamo, abbiamo fatto fatica. Quale
senso dare, infatti, alla definizione di “conducteurs âgés inaptes?” Il capo di
questa ricerca viene dall’università della capitale Ottawa, e si è posto una
domanda in fondo molto semplice, ponendola come pregiudiziale per ottenere
risultati apprezzabili: “cosa è necessario fare perché gli anziani e gli utenti
che si trovino nei paraggi di quest’ultimi possano circolare in sicurezza?”. Il
professor Sylvain Gagnon, che partecipa anche al progetto CanDrive (iniziativa
scientifica che si occupa di anziani e guida), lavora ad un piano per
armonizzare l’avanzamento della vecchiaia e mantenere il più a lungo possibile
i requisiti psicofisici necessari alla guida di veicoli. In ogni caso come
capire quando è il momento di appendere le chiavi al chiodo? Gagnon sta
mettendo a punto un sistema – che sarà sicuramente impopolare – che consentirà
di stabilire quando un conducente anziano dovrà essere costretto a non guidare
più, quando cioè rappresenterà un pericolo per gli altri. Assicurare la
sicurezza stradale ai minori andicappati: a dire la
verità la questione è stata posta con insistenza dai genitori di bambini
diversamente abili, costretti a condividere gli spazi sugli scuolabus idonei ai
ragazzini senza problemi fisici, ma vere e proprie trappole per i portatori di
handicap. La domanda è divenuta dunque: “come assicurare la sicurezza stradale di
questi ragazzi”? I dispositivi di ritenuta realizzati per gli studenti non sono
affatto compatibili alle esigenze personalissime degli andicappati e dunque la
loro sicurezza è continuamente messa a repentaglio. Il professor Stephen Ryan, del
Bloorview Research Institute, affiliato all’Università di Toronto, sta mettendo
a punto, con il suo staff, un nuovo sedile polivalente che potrà essere
allestito su ogni autobus.(ASAPS) |
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