Fisco e Unione europea. Bruxelles pronta ad accogliere la proposta di Roma sulla detrazione. Iva sulle auto: forfait al 50% Il Governo si appresta alla notificazione ufficiale del limite
L’Iva sulle auto sarà indetraibile al 50 per cento. Il che, per i contribuenti, significa un recupero del restante 50% dell’imposta versata per acquisti di auto utilizzate nell’esercizio dell’attività di impresa o professionale e per le spese connesse. EFFETTI ANCHE SUL PASSATO La scelta rappresenta il punto di partenza per determinare la misura dei rimborsi in seguito all’applicazione della sentenza della Corte Ue
| La proposta formulata dall’amministrazione italiana a Bruxelles nei giorni scorsi non starebbe trovando ostacoli da parte degli organi comunitari, i quali attendono ora, alla luce dell’approvazione definitiva del decreto legge n. 258 sul blocco delle compensazioni e sulla restituzione dell’imposta, la notificazione ufficiale del limite forfetario alla detraibilità del tributo. Lo Stato italiano, in effetti, cercando un accordo con la Commissione europea, ha ipotizzato anche una indetraibilità al 60%, riducendo al 40 la parte di Iva recuperabile. La Ue, comunque, sembra propendere per il 50%, una percentuale già ammessa in altri Paesi (come, a esempio, il Belgio o la Spagna) e inferiore rispetto ad altri Stati come la Germania, dove dal 1° gennaio 2004 non esistono restrizioni alla detrazione, se l’utilizzo professionale raggiunge almeno il 10 per cento. Esistono poi altri Stati (Ungheria, Polonia, Olanda e Svezia) che utilizzano un sistema analitico, accordando il diritto alla detrazione integrale con l’esclusione delle spese che non hanno carattere professionale. Per il futuro, quindi, i contri-buenti italiani potranno forfetariamente scontare la metà dell’Iva sugli autoveicoli. Questa misura, allo stesso tempo, rappresenterà anche il punto di partenza per determinare, settore per settore, i rimborsi spettanti in seguito all’applicazione della sentenza della Corte Ue con la quale l’Italia è stata condannata per i limiti alla detraibilità dell’imposta. Ma procediamo con ordine. Come si ricorderà, all’indomani della sentenza, il Governo corse ai ripari approvando, durante un Consiglio dei ministri straordinario, il decreto legge n. 258 per bloccare la corsa alle compensazioni e disciplinare le richieste sulla base di un’apposita domanda da spedire online alle Entrate. Nella versione iniziale del provvedimento d’urgenza la domanda doveva essere presentata entro il 15 dicembre, «a pena di decadenza». Ma su questo inciso Bruxelles ha puntato i piedi. Il limite temporale — voluto dalla Ragioneria per bloccare al 2006 gli effetti della sentenza sui conti pubblici e quantificati in complessivi 17,1 miliardi di euro (34 per il 2006 e 14,7 per il triennio 2003-2005) — contrastava con quanto affermato dalla Corte che ha eliminato qualsiasi limitazione del diritto alla detrazione Iva. Problema, almeno formalmente superato, dalla versione definitiva del decreto licenziato mercoledì scorso dalla Camera. Non solo è scomparso l’inciso «a pena di decadenza», ma i contribuenti avranno più tempo per le richieste: entro il 15 aprile 2007 (il 16 in quanto il giorno prima cade di domenica) se si accetta il forfait; senza alcuna scadenza per chi invece sceglierà la via analitica. Sono, infatti, due le vie per recuperare l’Iva: una forfetaria sul-la base di percentuali di detraibilità fissate dal Fisco in relazione ai settori di attività (dove evidentemente sì terrà conto anche della percentuale fissata per il futuro); una analitica, in contraddittorio con il Fisco, presentando tutti i dati e i documenti che attestino il diritto a una detraibilità maggiore rispetto alla misura forfetaria (si veda il servizio e gli esempi riportati qui a fianco). Ora la parola torna a Bruxelles che si dovrà pronunciare sulla proposta che verrà notificata a giorni dal Governo italiano. Una decisione che produrrà effetti a catena su tutta la vicenda: da un lato l’agenzia delle Entrate potrà emanare il modello di domanda da utilizzare in telematica e fissare le percentuali di detrazione per tipologia di settore; dall’altro, come promesso nel Dl 262 all’esame del Senato, una deducibilità parziale ai fini delle imposte dirette e dell’Irap e ridurre il giro di vite (5,2 miliardi di euro l’anno) applicato sulle auto aziendali per sostenere l’onere della sentenza e una detraibilità al 100 per cento. Senza dire che l’autorizzazione a una misura ridotta della detraibilità dell’Iva sulle auto, avviando la procedura di forfetizzazione delle restituzioni dell’Iva per gli anni pregressi, potrebbe consentire all’Erario di ridurre considerevolmente il debito con contribuenti. L’Economia, su questo fronte, spera in un esborso finale di 8-8,5 miliardi a fronte dei 17,1 stimati in precedenza.
La storia La causa Per una richiesta di rimborso di poco superiore a 30mila euro, richiesta respinta dall’ufficio fiscale, una società trentina ha portato in giudizio l’Italia per le limitazioni al diritto di detrazione dell’Iva sui veicoli. La sentenza Il 14 settembre scorso la Corte di giustizia europea ha condannato l’Italia a restituire l’Iva non detratta dai contribuenti, senza limitazioni temporali e procedurali. II decreto d’urgenza II 15 settembre, giorno successivo al deposito della sentenza dei giudici comunitari, durante un Consiglio dei ministri straordinario, il Governo ha approvato il decreto legge n. 258: l’obiettivo era quello di bloccare la corsa alle compensazioni in scadenza il giorno successivo. La prima procedura II provvedimento fissa, in prima battuta, al 15 dicembre, a pena di decadenza, il termine di presentazione di un’istanza di rimborso da inviare alle Entrate in via telematica. I limiti temporali imposti, in contrasto di fatto con quanto affermato dai giudici europei, obbligano l’Esecutivo ad modificare il decreto, a rivedere termini e procedure di recupero dell’Iva. Il decreto viene approvato con il voto di fiducia del Senato. La perdita per Io Stato Con la nota di aggiornamento al Dpef, il Governo quantifica in 17,1 miliardi l’effetto sui conti pubblici della sentenza. Di questi 14,7 miliardi sono imputabili al triennio 2003-05 e 3,4miliardi al 2006. La copertura Per far fronte alla perdita di gettito, a fine settembre con il varo della manovra Finanziaria 2007, l’esecutivo dispone con il decreto fiscale 262 (ora all’esame del Senato per l’approvazione definitiva) l’abolizione della deducibilità dei costi delle auto aziendali ai fini delle imposte dirette e dell’Irap. La norma penalizza anche i fringe benefit in caso di auto concesse in uso promiscuo ai dipendenti. In sospeso Con l’approvazione del decreto 258 e della nuova procedura di restituzione ora si attendono: da Bruxelles il via libera alla percentuale di indetraibilità dell’iva; dall’agenzia delle Entrate il modello per la domanda di rimborso da presenta re entro il prossimo 15 aprile, con l’indicazione di dati e documenti da dover indicare nell’istanza; dal Governo il provvedimento indicato nel Dl 262 con cui poter reintrodurre, sulla base delle decisioni finali prese dalla Ue, una percentuale di deducibilità dei costi per auto aziendali ai fini e delle imposte dirette e dell’Irap.
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Senza regole il contenzioso pendente
GLI ESCLUSI II provvedimento approvato dimentica i soggetti in lite con gli uffici e quanti hanno già chiesto il recupero dell’imposta | II decreto sull’Iva delle auto dimentica chi ha scagliato la prima pietra e chi già è entrato in lite con il Fisco. Infatti, il Dl 258/06, ora convertito in legge, non dispone nulla sulle istanze di rimborso già presentate e sui contenziosi già pendenti per ottenere il rimborso dell’Iva non detratta ai sensi dell’articolo 19-bis1, lettere c) e d), del Dpr 633/72. E ciò nonostante la nuova disciplina normativa sia stata emanata a seguito di una sentenza della Corte di giustizia Ue emessa proprio su richiesta di una Ctp, chiamata a decidere di un ricorso, che aveva sollevato la questione in via pregiudiziale. Numerosi contribuenti avevano, infatti, presentato istanza di rimborso già prima della citata sentenza a norma dell’articolo 21 del Dlgs n. 546/92 per evitare la prescrizione del relativo diritto e, avverso il relativo diniego, alcuni di essi avevano presentato ricorso. Sembra, invece, opportuno che l’agenzia delle Entrate, o in sede di predisposizione dei modelli per ottenere il rimborso secondo le modalità previste dal DI 258/06 o con una circolare affronti il punto per evitare inutili e defatiganti contenziosi futuri. Le soluzioni, allo stato, sembrano due:- estensione delle modalità previste dal Dl 258/06 anche ai periodi ante 2003;
- scelte processuali.
La norma in esame non stabilisce espressamente da quale anno sia possibile ottenere il rimborso con le speciali procedure da essa previste ma può sostenersi che riguardi gli acquisti effettuati dal 1°gennaio 2003 (si veda l’articolo in pagina). In aggiunta al questo periodo, il provvedimento del Direttore dell’agenzia delle Entrate o le istruzioni per la compilazione dell’istanza potrebbero prevedere la possibilità — o addirittura l’obbligo — di utilizzare le modalità previste dalDl258/o6 anche per ottenere il rimborso di periodi precedenti per i quali sia già stata presentata istanza di rimborso, a prescindere dal fatto se penda oppure no il contenzioso e se sia stata emessa una sentenza di rigetto del ricorso. A tal fine, per erogare il rimborso sarebbe sufficiente una verifica della correttezza e della tempestività dell’istanza presentata a suo tempo, che quindi verrebbe rinunciata (con conseguente cessazione dell’eventuale contenzioso ad essa relativo) e sostituita dalla nuova istanza e dalla relativa procedura. Per i contenziosi già pendenti, in alternativa alla procedura appena ipotizzata, l’Agenzia potrebbe, con circolare, impartire istruzioni agli Uffici locali affinché, nei giudizi relativi a periodi dal 1° gennaio 2003, prestino acquiescenza alle richieste di cessazione della materia del contendere formulate da quei contribuenti che preferiscano seguire le modalità di rimborso previste dal Dl 258/06 mentre, in quelli relativi (o per la parte relativa) a periodi precedenti la predetta data, possano procedere alla conciliazione giudiziale prevista dall’articolo 48 del Dlgs 546/92 applicando gli stessi criteri previsti per disporre i rimborsi secondo le modalità (forfetaria o analitica) previste dal Dl 258/06. Con le due opzioni indicate si otterrebbe il risultato di evitare il protrarsi o l’avvio dei contenziosi tributali, che potrebbero anche concludersi con la condanna dell’Amministrazione finanziaria a rimborsare somme superiori a quelle che si otterrebbero con le procedure previste dal DL 258/2006 giacché non vincolanti al di fuori dell’ambito delle procedure medesime, e di trattare in maniera uniforme, a tutto vantaggio dell’equità e della razionalità del sistema, sia le posizioni post 1° gennaio 2003 con e senza istanza già presentata alla data del 15 settembre 2006 (entrata in vigore del Dl 258/2006), sia le posizioni ante e post 1°gennaio 2003. Il decreto legge. Meno vincoli per ottenere quanto versato in eccesso Due strade per chiudere la partita La legge di conversione, modificando in parte l’articolo 1 del Dl 258/2006, sancisce definitivamente, per i soggetti passivi Iva (soggetti che esercitano un’impresa o un’arte o una professione), due importanti novità: al comma 1, ora sono previste due modalità alternative per chiedere il rimborso dell’Iva relativa all’acquisto e all’importazione, effettuati fino alla data del 13 settembre 2006, di autoveicoli, motocicli, ciclomotori, relativi servizi e carburanti e non recuperata per effetto dell’indetraibilità oggettiva stabilita dall’articolo 19-bis1, lettere c) e d), del Dpr 633/1972; al, comma 2 c’è il divieto di recuperare l’Iva in questione mediante la procedura di detrazione. La via ordinaria La modalità ordinaria per chiedere il rimborso consiste nella presentazione in via telematica, entro il 15 aprile 2007, di un’istanza di rimborso conforme al modello che sarà approvato con provvedimento del direttore dell’agenzia delle Entrate. Il ricorso a questa modalità comporta, sul piano formale, l’obbligo di indicare i dati e predisporre i documenti che verranno richiesti nel citato provvedimento e, sul piano sostanziale, quello di "accontentarsi" della percentuale di detrazione dell’imposta che potrà essere stabilita per i distinti settori di attività dal medesimo provvedimento. L’altra strada La modalità alternativa, prevista per chi non accetti la percentuale di detrazione che sarà stabilita e, comunque, per chi non presenti l’istanza entro il 16 aprile 2007 (primo giorno non festivo successivo al 15 aprile), consiste nella presentazione, senza prescrizione di un termine specifico, di un’istanza di rimborso ex articolo 21 del Dlgs 546/1992, contenente «i dati e gli elementi comprovanti la misura dell’effettivo utilizzo in base a criteri di reale inerenza», stabiliti sempre con il citato provvedimento. Entrambe le modalità potranno poi concludersi con il rigetto totale dell’istanza. Non è chiaro se la modalità principale consenta anche un rigetto parziale, che invece deve ritenersi ammesso per la modalità alternativa. Né se le due modalità presentino differenze in relazione ai periodi per i quali si può chiedere il rimborso. Entrambe le modalità sostituiscono obbligatoriamente il meccanismo della detrazione per gli acquisti effettuati fino al 13 settembre 2006. Poiché a quella data, secondo quanto previsto dall’articolo 19, comma 1, del Dpr 633/1972, poteva essere detratta l’Iva relativa agli acquisti effettuati dal 1° gennaio 2003, il periodo per il quale si può chiedere il rimborso è almeno quello compreso tra tale ultima data e quella del 13 settembre 2006. Tuttavia, il richiamo, per la sola modalità alternativa, dell’articolo 21 del Dlgs 546/1992, potrebbe comportare l’applicabilità del termine in esso previsto di due anni dal versamento indebito all’Erario (ad esempio, oggi non sarebbe possibile chiedere il rimborso dell’Iva indebitamente versata prima del 16 novembre 2004). Questa interpretazione potrebbe risultare avvalorata anche dalla mancanza di un termine per la presentazione dell’istanza di rimborso. Se così fosse, la conseguenza sarebbe che per ottenere il rimborso in una misura superiore a quella stabilita con il provvedimento direttoriale (modalità alternativa) occorrerebbe rinunciare all’Iva relativa agli acquisti effettuati nel 2003 ed in buona parte del 2OO4. È però evidente che ciò condurrebbe a una violazione sia dei principi comunitari, giacché il recupero dell’Iva indebitamente versata verrebbe assoggettato a restrizioni (Corte di Giustizia C 197/03 del 11 maggio 2006), sia probabilmente del principio costituzionale della riserva di legge, giacché la misura della detrazione — che nella specie avverrebbe solo mediante la modalità principale — sarebbe stabilita dalle Entrate invece che dal legislatore. Per ovviare a tali conseguenze occorre interpretare il richiamo dell’articolo 21 del Dlgs 546/1992 come un rinvio alla procedura ma non al termine biennale in esso previsti. |