Emanate
le nuove norme in materia di diritto dei cittadini dell’Unione Europea e dei
loro familiari di circolare e di soggiornare liberamente nel territorio degli
Stati membri.
E’ quanto previsto dallo schema di decreto legislativo approvato in via
preliminare dal Consiglio dei Ministri del 10 novembre 2006 in attuazione della
direttiva 2004/38/CE.
Il provvedimento disciplina "le
modalità di esercizio del diritto di libera circolazione e soggiorno nel
territorio dello Stato Italiano da parte dei cittadini dell’Unione europea e
dei familiari che li accompagnano o li raggiungono, i presupposti del diritto
di soggiorno permanente, nonché le limitazioni ai predetti diritti per motivi
di ordine pubblico e di pubblica sicurezza".
In particolare, nel caso in cui un cittadino dell’Unione Europea abbia
soggiornato legalmente ed in via continuativa per cinque anni sul territorio
nazionale acquisisce automaticamente il diritto al soggiorno permanente.
Da Altalex
SCHEMA DI DECRETO LEGISLATIVO RECANTE ATTUAZIONE DELLA DIRETTIVA
2004/38/CE DEL PARLAMENTO EUROPEO E DEL CONSIGLIO DEL 29 APRILE 2004 RELATIVA
AL DIRITTO DEI CITTADINI DELL’UNIONE E DEI LORO FAMILIARI DI CIRCOLARE E DI
SOGGIORNARE LIBERAMENTE NEL TERRITORIO DEGLI STATI MEMBRI, CHE MODIFICA IL
REGOLAMENTO (CEE) N. 1612/68 ED ABROGA LE DIRETTIVE 64/221/CEE, 68/360/CEE,
72/194/CEE, 73/148/CEE, 75/34/CEE, 75/35/CEE, 90/364/CEE, 90/365/CEE E
93/96/CEE.
IL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA
Visti gli articoli 76 e
87 della Costituzione;
Vista la direttiva 2004/38/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 29
aprile 2004 relativa al diritto dei cittadini dell’unione e dei loro familiari
di circolare e di soggiornare liberamente nel territorio degli Stati membri;
Vista la legge 18 aprile 2005, n. 62, recante disposizioni per l’adempimento di
obblighi derivanti dall’appartenenza dell’Italia alle Comunità Europee – Legge
Comunitaria 2004, che ha delegato il Governo a recepire la citata direttiva
2004/38/CE, compresa nell’elenco di cui all’allegato B della legge stessa;
Visto il D.P.R. 18 gennaio 2002, n. 54, recante il Testo unico delle
disposizioni legislative e regolamentari in materia di circolazione e soggiorno
dei cittadini degli Stati membri dell’unione europea;
Vista la legge 23 agosto 1988, n. 400, recante disciplina dell’attività di
Governo e ordinamento della Presidenza del Consiglio dei Ministri;
Vista la preliminare deliberazione del Consiglio dei Ministri, adottata nella
riunione del …
Acquisiti i pareri delle competenti Commissioni della Camera dei Deputati e del
Senato della Repubblica;
Vista la deliberazione del Consiglio dei Ministri, adottata nella riunione del
…
Sulla proposta del Ministro per le politiche europee e del Ministro
dell’interno, di concerto con i Ministri degli affari esteri, dell’economia e
delle finanze e della giustizia
EMANA
il seguente decreto legislativo:
Articolo 1
(Finalità)
1. Il presente decreto
legislativo disciplina:
a) le modalità d’esercizio del diritto di libera circolazione, ingresso e
soggiorno nel territorio dello Stato da parte dei cittadini dell’Unione europea
e dei familiari di cui all’articolo 2 che accompagnano o raggiungono i medesimi
cittadini;
b) il diritto di soggiorno permanente nel territorio dello Stato dei cittadini
dell’Unione e dei familiari di cui all’articolo 2 che accompagnano o
raggiungono i medesimi cittadini;
c) le limitazioni ai diritti di cui alle lettere a) e b) per motivi di ordine
pubblico e di pubblica sicurezza.
Articolo 2
(Definizioni)
Ai
fini del presente decreto legislativo, si intende per:
1) «cittadino dell’Unione» : qualsiasi persona avente la cittadinanza di uno
Stato membro;
2) «familiare» :
a) il coniuge;
b) il partner che abbia contratto con il cittadino dell’Unione un’unione
registrata sulla base della legislazione di uno Stato membro, qualora la
legislazione dello Stato membro ospitante equipari l’unione registrata al
matrimonio e nel rispetto delle condizioni previste dalla pertinente
legislazione dello Stato membro ospitante;
c) i discendenti diretti di età inferiore a 21 anni o a carico e quelli del
coniuge o partner di cui alla lettera b);
d) gli ascendenti diretti a carico e quelli del coniuge o partner di cui alla lettera
b);
3) «Stato membro ospitante» : lo Stato membro nel quale il cittadino
dell’Unione si reca al fine di esercitare il diritto di libera circolazione o
di soggiorno.
Articolo 3
(Aventi diritto)
1.
Il presente decreto legislativo si applica a qualsiasi cittadino dell’Unione
che si rechi o soggiorni in uno Stato membro diverso da quello di cui ha la
cittadinanza, nonché ai suoi familiari ai sensi dell’articolo 2, punto 2, che
accompagnino o raggiungano il cittadino medesimo.
2. Senza pregiudizio del diritto personale di libera circolazione e di
soggiorno dell’interessato lo Stato membro ospitante, conformemente alla sua
legislazione nazionale, agevola l’ingresso e il soggiorno delle seguenti
persone:
a) ogni altro familiare, qualunque sia la sua cittadinanza, non definito
all’articolo 2, punto 2, se è a carico o convive, nel paese di provenienza, con
il cittadino dell’Unione titolare del diritto di soggiorno a titolo principale
o se gravi motivi di salute impongono che il cittadino dell’Unione lo assista
personalmente;
b) il partner con cui il cittadino dell’Unione abbia una relazione stabile
debitamente attestata. Lo Stato membro ospitante effettua un esame approfondito
della situazione personale e giustifica l’eventuale rifiuto del loro ingresso o
soggiorno.
Articolo 4
(Diritto di circolazione nell’ambito
dell’Unione europea)
1.
Ferme restando le disposizioni relative ai controlli dei documenti di viaggio
alla frontiera, il cittadino dell’Unione in possesso di un documento d’identità
valido per l’espatrio, secondo la legislazione dello Stato membro, in corso di
validità ed i suoi familiari, non aventi la cittadinanza di uno Stato membro,
in possesso di passaporto in corso di validità, hanno il diritto di lasciare il
territorio nazionale per recarsi in un altro Stato membro.
2. Per i soggetti di cui al comma 1, minori degli anni diciotto, ovvero
interdetti o inabilitati, il diritto di circolazione è esercitato secondo le
modalità stabilite dalla legislazione dello Stato di cui hanno la cittadinanza.
Articolo 5
(Diritto di ingresso)
1.
Ferme restando le disposizioni relative ai controlli dei documenti di viaggio
alla frontiera, il cittadino dell’Unione in possesso di un documento d’identità
valido per l’espatrio, secondo la legislazione dello Stato membro, in corso di
validità, ed i suoi familiari non aventi la cittadinanza di uno Stato membro,
muniti di valido passaporto, sono ammessi nel territorio nazionale.
2. I familiari non aventi la cittadinanza di uno Stato membro sono assoggettati
all’obbligo del visto d’ingresso, nei casi in cui è richiesto. Il possesso
della carta di soggiorno di cui all’articolo 10 in corso di validità, esonera
dall’obbligo di munirsi del visto.
3. I visti di cui al comma 2 sono rilasciati con priorità rispetto alle altre
richieste e sono gratuiti.
4. Nei casi in cui è esibita la carta di soggiorno di cui all’articolo 10, non
sono apposti timbri di ingresso o di uscita nel passaporto del familiare non avente
la cittadinanza di uno Stato membro dell’Unione europea.
5. Il respingimento nei confronti di un cittadino dell’Unione o di un suo
familiare, non avente la cittadinanza di uno Stato membro, sprovvisto dei
documenti di viaggio o, eventualmente, del visto di ingresso, non è disposto se
l’interessato, entro ventiquattro ore dalla richiesta, acquisisce o fa
pervenire i documenti necessari, ovvero dimostri o attesti con altri mezzi la
qualifica di titolare del diritto di libera circolazione.
Articolo 6
(Diritto di soggiorno sino a tre
mesi)
1.
I cittadini dell’Unione hanno il diritto di soggiornare nel territorio
nazionale per un periodo non superiore a tre mesi senza alcuna condizione o
formalità, salvo il possesso di un documento d’identità valido per l’espatrio
secondo la legislazione dello Stato di cui hanno la cittadinanza.
2. Le disposizioni del comma 1 si applicano anche ai familiari non aventi la
cittadinanza di uno Stato membro che accompagnano o raggiungono il cittadino
dell’Unione, in possesso di un passaporto in corso di validità, che hanno fatto
ingresso nel territorio nazionale ai sensi dell’articolo 5, comma 2.
3. Fatte salve le disposizioni di leggi speciali conformi ai Trattati
dell’Unione europea ed alla normativa comunitaria in vigore, i cittadini di cui
ai commi 1 e 2, nello svolgimento delle attività consentite, sono tenuti ai
medesimi adempimenti richiesti ai cittadini italiani.
Articolo 7
(Diritto di soggiorno per un periodo
superiore a tre mesi)
1.
Il cittadino dell’Unione ha diritto di soggiornare nel territorio nazionale per
un periodo superiore a tre mesi quando: a) è lavoratore subordinato o autonomo
nello Stato; b) dispone, per sé stesso e per i propri familiari di risorse
economiche sufficienti, per non diventare un onere a carico dell’assistenza
sociale dello Stato durante il periodo di soggiorno, e di un’assicurazione
sanitaria o di altro titolo idoneo comunque denominato che copra tutti i rischi
nel territorio nazionale;
c) è iscritto presso un istituto pubblico o privato riconosciuto per seguirvi a
titolo principale un corso di studi o di formazione professionale e dispone,
per sé stesso e per i propri familiari, di risorse economiche sufficienti, per
non diventare un onere a carico dell’assistenza sociale dello Stato durante il
suo periodo di soggiorno, da attestare attraverso una dichiarazione, o con
altra idonea documentazione, e di un’assicurazione sanitaria o di altro titolo
idoneo che copra tutti i rischi nel territorio nazionale;
d) è familiare, come definito dall’articolo 2, che accompagna o raggiunge un
cittadino dell’Unione che ha diritto di soggiornare ai sensi delle lettere a),
b) o c).
2. Il diritto di soggiorno di cui al comma 1 è esteso ai familiari non aventi
la cittadinanza di uno Stato membro quando accompagnano o raggiungono nel
territorio nazionale il cittadino dell’Unione, purché questi risponda alle
condizioni di cui al comma 1, lettere a), b) o c).
3. Il cittadino dell’Unione, già lavoratore subordinato o autonomo sul
territorio nazionale, conserva il diritto al soggiorno di cui al comma 1,
lettera a) quando: a) è temporaneamente inabile al lavoro a seguito di una
malattia o di un infortunio; b) è in stato di disoccupazione involontaria
debitamente comprovata dopo aver esercitato un’attività lavorativa per oltre un
anno nel territorio nazionale ed è iscritto presso il Centro per l’impiego,
ovvero ha reso la dichiarazione, di cui all’articolo 2, comma 1, del decreto
legislativo 21 aprile 2000, n. 181, così come sostituito dal decreto
legislativo 19 dicembre 2002, n. 297, che attesti l’immediata disponibilità
allo svolgimento di attività lavorativa;
c) è in stato di disoccupazione involontaria debitamente comprovata al termine
di un contratto di lavoro di durata determinata inferiore ad un anno, ovvero si
è trovato in tale stato durante i primi dodici mesi di soggiorno nel territorio
nazionale, è iscritto presso il Centro per l’impiego ovvero ha reso la
dichiarazione, di cui all’articolo 2, comma 1, del decreto legislativo 21
aprile 2000, n. 181, così come sostituito dal decreto legislativo 19 dicembre
2002, n. 297, che attesti l’immediata disponibilità allo svolgimento di
attività lavorativa. In tal caso, l’interessato conserva la qualità di
lavoratore subordinato per un periodo di un anno;
d) segue un corso di formazione professionale. Salvo il caso di disoccupazione
involontaria, la conservazione della qualità di lavoratore subordinato
presuppone che esista un collegamento tra l’attività professionale
precedentemente svolta e il corso di formazione seguito.
Articolo 8
(Ricorsi avverso il mancato
riconoscimento del diritto di soggiorno)
1.
Avverso il provvedimento di rifiuto e revoca del diritto di cui agli articoli 6
e 7, è ammesso ricorso al tribunale in composizione monocratica del luogo in
cui risiede lo straniero, il quale provvede sentito l’interessato nei modi di
cui agli articoli 737 del codice di procedura civile.
Articolo 9
(Formalità amministrative per i
cittadini dell’Unione ed i loro familiari)
1.
Al cittadino dell’Unione che intende soggiornare in Italia, ai sensi
dell’articolo 7 per un periodo superiore a tre mesi, si applica la legge 24
dicembre 1954 n. 1228, ed il regolamento anagrafico della popolazione residente
approvato con Decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 1989, n. 223.
2. Fermo restando quanto previsto dal comma 1, l’iscrizione è comunque
richiesta trascorsi tre mesi dall’ingresso ed è rilasciata immediatamente una
attestazione contenente l’indicazione del nome e della dimora del richiedente,
nonché la data della richiesta.
3. Oltre a quanto previsto per i cittadini italiani dalla normativa di cui al
comma 1, per l’iscrizione anagrafica di cui al comma 2, il cittadino
dell’Unione deve produrre la documentazione attestante:
a) l’attività lavorativa, subordinata o autonoma, esercitata se l’iscrizione è
richiesta ai sensi dell’articolo 7, comma 1, lettera a);
b) la disponibilità di risorse economiche sufficienti per sé e per i propri
familiari, secondo i criteri di cui all’articolo 29, comma 3, lettera b), del
decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, nonché la titolarità di una
assicurazione sanitaria ovvero di altro titolo comunque denominato idoneo a
coprire tutti i rischi nel territorio nazionale, se l’iscrizione è richiesta ai
sensi dell’articolo 7, comma 1, lettera b);
c) l’iscrizione presso un istituto pubblico o privato riconosciuto dalla
vigente normativa e la titolarità di un’assicurazione sanitaria ovvero di altro
titolo comunque denominato idoneo a coprire tutti i rischi, nonché la disponibilità
di risorse economiche sufficienti per sé e per i propri familiari, secondo i
criteri di cui all’articolo 29, comma 3, lettera b), del decreto legislativo 25
luglio 1998, n. 286, se l’iscrizione è richiesta ai sensi dell’articolo 7,
comma 1, lettera c).
4. Il cittadino dell’Unione può dimostrare di disporre, per sé e per i propri
familiari, di risorse economiche sufficienti a non gravare sul sistema di
assistenza pubblica, anche attraverso la dichiarazione di cui agli articoli 46
e 47 del Decreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre 2000 n. 445.
5. Ai fini dell’iscrizione anagrafica, oltre a quanto previsto per i cittadini
italiani dalla normativa di cui al comma 1, i familiari del cittadino
dell’Unione europea che non hanno un autonomo diritto di soggiorno devono
presentare, in conformità alle disposizioni del Decreto del Presidente della
Repubblica 28 dicembre 2000 n. 445:
a) un documento di identità o il passaporto in corso di validità, nonché il
visto di ingresso quando richiesto; b) un documento che attesti la qualità di
familiare e, qualora richiesto, di familiare a carico; c) l’attestato della
richiesta d’iscrizione anagrafica del familiare cittadino dell’Unione;
6. Salvo quanto previsto dal presente decreto, per l’iscrizione anagrafica ed
il rilascio della ricevuta di iscrizione e del relativo documento di identità
si applicano le medesime disposizioni previste per il cittadino italiano.
7. Le richieste di iscrizioni anagrafiche dei familiari del cittadino
dell’Unione che non abbiano la cittadinanza di uno Stato membro sono trasmesse,
ai sensi dell’articolo 6, comma 7, del Decreto legislativo 25 luglio 1998 n.
286, a cura delle amministrazioni comunali alla questura competente per
territorio.
Articolo 10
(Carta di soggiorno per i familiari
del cittadino comunitario non aventi la cittadinanza di uno Stato membro
dell’Unione europea)
1.
I familiari del cittadino dell’Unione non aventi la cittadinanza di uno Stato
membro, di cui all’articolo 2, trascorsi tre mesi dall’ingresso nel territorio
nazionale, richiedono alla questura competente per territorio di residenza la
“Carta di soggiorno di familiare di un cittadino dell’Unione”, redatta su
modello conforme a quello stabilito con Decreto del Ministro dell’interno da
emanarsi entro sei mesi dall’entrata in vigore del presente decreto
legislativo. Fino alla data di entrata in vigore del predetto decreto, è
rilasciato il titolo di soggiorno previsto dalla normativa vigente alla data di
entrata in vigore del presente decreto.
2. Al momento della richiesta di rilascio della carta di soggiorno, al
familiare del cittadino dell’Unione è rilasciata una ricevuta secondo il
modello definito con decreto del Ministro dell’interno di cui al comma 1.
3. Per il rilascio della carta di soggiorno, è richiesta la presentazione:
a) del passaporto, o documento equivalente, in corso di validità, nonché del
visto di ingresso, qualora richiesto;
b) di un documento che attesti la qualità di familiare e, qualora richiesto, di
familiare a carico;
c) dell’attestato della richiesta d’iscrizione anagrafica del familiare
cittadino dell’Unione;
d) della fotografia dell’interessato, in formato tessera, in quattro esemplari.
4. La carta di soggiorno di familiare di un cittadino dell’Unione ha una
validità di cinque anni dalla data del rilascio.
5. La carta di soggiorno mantiene la propria validità anche in caso di assenze
temporanee del titolare non superiori a sei mesi l’anno, nonché di assenze di
durata superiore per l’assolvimento di obblighi militari ovvero di assenze fino
a dodici mesi consecutivi per rilevanti motivi, quali la gravidanza e la
maternità, malattia grave, studi o formazione professionale o distacco per
motivi di lavoro in un altro Stato.
6. Il rilascio della Carta di soggiorno di cui al comma 1 è gratuito, salvo il
rimborso del costo degli stampati e del materiale usato per il documento.
Articolo 11
(Conservazione del diritto di
soggiorno dei familiari in caso di decesso o di partenza del cittadino
dell’Unione europea)
1. Il decesso del
cittadino dell’Unione o la sua partenza dal territorio nazionale non incidono
sul diritto di soggiorno dei suoi familiari aventi la cittadinanza di uno Stato
membro, a condizione che essi abbiano acquisito il diritto di soggiorno
permanente ai sensi dell’articolo 14 o siano in possesso dei requisiti previsti
dall’articolo 7, comma 1.
2. Il decesso del cittadino dell’Unione non comporta la perdita del diritto di
soggiorno dei familiari non aventi la cittadinanza di uno Stato membro, che
hanno soggiornato nel territorio nazionale per almeno un anno prima del decesso
del cittadino dell’Unione a condizione che essi abbiano acquisito il diritto di
soggiorno permanente di cui all’articolo 14 o dimostrino di esercitare
un’attività lavorativa subordinata od autonoma o di disporre per sé e per i
familiari di risorse sufficienti affinché non divengano un onere per il sistema
di assistenza sociale dello Stato durante il loro soggiorno, nonché di una
assicurazione sanitaria che copra tutti i rischi nello Stato, ovvero di fare
parte del nucleo familiare, già costituito nello Stato, di una persona che
soddisfa tali condizioni. Le risorse sufficienti sono quelle indicate
all’articolo 9, comma 3.
3. Nell’ipotesi di cui al comma 2, quando non sussiste il requisito del
soggiorno nel territorio nazionale per almeno un anno si applica l’articolo 30,
comma 5, del decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286.
4. La partenza del cittadino dell’Unione dal territorio nazionale o il suo
decesso non comportano la perdita del diritto di soggiorno dei figli o del
genitore che ne ha l’affidamento, indipendentemente dalla cittadinanza, se essi
risiedono nello Stato e sono iscritti in un istituto scolastico per seguirvi
gli studi, finché non terminano gli studi stessi.
Articolo 12
(Mantenimento del diritto di
soggiorno dei familiari in caso di divorzio e di annullamento del matrimonio)
1. Il divorzio e
l’’annullamento del matrimonio dei cittadini dell’Unione, non incidono sul
diritto di soggiorno dei loro familiari aventi la cittadinanza di uno Stato
membro, a condizione che essi abbiano acquisito il diritto di soggiorno
permanente di cui all’articolo 14 o soddisfino personalmente le condizioni
previste all’articolo 7, comma 1.
2. Il divorzio e l’annullamento del matrimonio con il cittadino dell’Unione non
comportano la perdita del diritto di soggiorno dei familiari del cittadino
dell’Unione non aventi la cittadinanza di uno Stato membro a condizione che
essi abbiano acquisito il diritto al soggiorno permanente di cui all’articolo
14 o che si verifichi una delle seguenti condizioni:
a) il matrimonio è durato almeno tre anni, di cui almeno un anno nel territorio
nazionale, prima dell’inizio del procedimento di divorzio o annullamento;
b) il coniuge non avente la cittadinanza di uno Stato membro ha ottenuto
l’affidamento dei figli del cittadino dell’Unione in base ad accordo tra i
coniugi, o a decisione giudiziaria;
c) l’interessato risulti parte offesa in procedimento penale, anche definito
con sentenza di condanna, per reati contro la persona commessi nell’ambito
familiare;
d) il coniuge non avente la cittadinanza di uno Stato membro beneficia, in base
ad un accordo tra i coniugi o a decisione giudiziaria, di un diritto di visita
al figlio minore, a condizione che l’organo giurisdizionale ha ritenuto che le
visite devono obbligatoriamente essere effettuate nel territorio nazionale, e
fino a quando sono considerate necessarie.
3. Nei casi di cui al comma 2, quando non si verifichi alcuna delle condizioni
di cui alle lettere a), b), c) e d), si applica l’articolo 30, comma 5, del
decreto legislativo 25 luglio 1998, n.286.
4. Nei casi di cui al comma 2, salvo che gli interessati abbiano acquisito il
diritto di soggiorno permanente di cui al successivo articolo 14, il loro
diritto di soggiorno è comunque subordinato al requisito che essi dimostrino di
esercitare un’attività lavorativa subordinata o autonoma, o di disporre per sé
e per i familiari di risorse sufficienti affinché non divengano un onere per il
sistema di assistenza sociale dello Stato durante il soggiorno, nonché di una
assicurazione sanitaria che copra tutti i rischi nello Stato, ovvero di fare
parte del nucleo familiare, già costituito nello Stato, di una persona che
soddisfa tali condizioni. Le risorse sufficienti sono quelle indicate all’articolo
9, comma 3.
Articolo 13
(Mantenimento del diritto di
soggiorno)
1. I cittadini
dell’Unione ed i loro familiari beneficiano del diritto di soggiorno di cui
all’articolo 6 finché hanno le risorse economiche di cui all’articolo 9, comma
3, che gli impediscono di diventare un onere eccessivo per il sistema di
assistenza sociale dello Stato membro ospitante, e finché non costituiscano un
pericolo per l’ordine e la sicurezza pubblica.
2. I cittadini dell’Unione e i loro familiari beneficiano del diritto di soggiorno
di cui agli articoli 7, 11 e 12 finché soddisfano le condizioni fissate negli
stessi articoli.
3. Ferme restando le disposizioni concernenti l’allontanamento per motivi di
ordine e sicurezza pubblica, un provvedimento di allontanamento non può essere
adottato nei confronti di cittadini dell’Unione o dei loro familiari qualora:
a) i cittadini dell’Unione siano lavoratori subordinati o autonomi
b) i cittadini dell’Unione siano entrati nel territorio dello Stato per cercare
un posto di lavoro. In tal caso i cittadini dell’Unione e i membri della loro
famiglia non possono essere allontanati fino a quando i cittadini dell’Unione
possono dimostrare di essere iscritti nel centro per l’impiego da non più di
sei mesi, ovvero di aver reso la dichiarazione di immediata disponibilità allo
svolgimento dell’attività lavorativa, di cui all’articolo 2, comma 1, del
decreto legislativo 21 aprile 2000, n. 181, così come sostituito dal decreto
legislativo 19 dicembre 2002, n. 297 e di non essere stati esclusi dallo stato
di disoccupazione ai sensi dell’articolo 4 del decreto legislativo 19 dicembre
2002, n. 297.
Articolo 14
(Diritto di soggiorno permanente)
1. Il cittadino
dell’Unione che ha soggiornato legalmente ed in via continuativa per cinque
anni nel territorio nazionale ha diritto al soggiorno permanente non
subordinato alle condizioni previste dagli articoli 7, 11, 12 e 13.
2. Salve le disposizioni degli articoli 11 e 12, il familiare non avente la
cittadinanza di uno Stato membro acquisisce il diritto di soggiorno permanente
se ha soggiornato legalmente in via continuativa per cinque anni nel territorio
nazionale unitamente al cittadino dell’Unione.
3. La continuità del soggiorno non è pregiudicato da assenze che non superino
complessivamente sei mesi l’anno, nonché di assenze di durata superiore per
l’assolvimento di obblighi militari ovvero di assenze fino a dodici mesi
consecutivi per motivi rilevanti, quali la gravidanza e la maternità, malattia
grave, studi o formazione professionale o distacco per motivi di lavoro in un
altro Stato membro o in un paese terzo.
4. Il diritto di soggiorno permanente si perde in ogni caso a seguito di
assenze dal territorio nazionale di durata superiore a due anni consecutivi.
Articolo 15
(Deroghe a favore dei lavoratori che
hanno cessato la loro attività nello Stato membro ospitante e dei loro
familiari)
1. In deroga all’articolo
14 ha diritto di soggiorno permanente nello Stato prima della maturazione di un
periodo continuativo di cinque anni di soggiorno:
a) il lavoratore subordinato o autonomo il quale, nel momento in cui cessa
l’attività, ha raggiunto l’età prevista ai fini dell’acquisizione del diritto
alla pensione di vecchiaia, o il lavoratore subordinato che cessa di svolgere
un’attività subordinata a seguito di pensionamento anticipato, a condizione che
abbia svolto nel territorio dello Stato la propria attività almeno negli ultimi
dodici mesi e vi abbia soggiornato in via continuativa per oltre tre anni. Ove
il lavoratore appartenga ad una categoria per la quale la legge non riconosce
il diritto alla pensione di vecchiaia, la condizione relativa all’età è
considerata soddisfatta quando l’interessato ha raggiunto l’età di 60 anni;
b) il lavoratore subordinato o autonomo che ha soggiornato in modo continuativo
nello Stato per oltre due anni e cessa di esercitare l’attività professionale a
causa di una sopravvenuta incapacità lavorativa permanente. Ove tale incapacità
sia stata causata da un infortunio sul lavoro o da una malattia professionale
che dà all’interessato diritto ad una prestazione interamente o parzialmente a
carico di un’istituzione dello Stato, non si applica alcuna condizione relativa
alla durata del soggiorno;
c) il lavoratore subordinato o autonomo che, dopo tre anni d’attività e di
soggiorno continuativi nello Stato, eserciti un’attività subordinata o autonoma
in un altro Stato membro, pur continuando a risiedere nel territorio dello
Stato, permanendo le condizioni previste per l’iscrizione anagrafica.
2. Ai fini dell’acquisizione dei diritti previsti nel comma 1, lettere a) e b),
i periodi di occupazione trascorsi dall’interessato nello Stato membro in cui
esercita un’attività sono considerati periodi trascorsi nel territorio
nazionale.
3. I periodi di iscrizione alle liste di mobilità o di disoccupazione
involontaria, così come definiti dal decreto legislativo 19 dicembre 2002, n.
297, o i periodi di sospensione dell’attività indipendenti dalla volontà
dell’interessato e l’assenza dal lavoro o la cessazione dell’attività per
motivi di malattia o infortunio sono considerati periodi di occupazione ai fini
dell’applicazione delle disposizioni di cui al comma 1.
4. La sussistenza delle condizioni relative alla durata del soggiorno e
dell’attività di cui al comma 1, lettera a) e lettera b) non sono necessarie se
il coniuge è cittadino italiano, ovvero ha perso la cittadinanza italiana a
seguito del matrimonio con il lavoratore dipendente o autonomo.
5. I familiari, qualunque sia la loro cittadinanza, del lavoratore subordinato
o autonomo, che soggiornano con quest’ultimo nel territorio dello Stato, godono
del diritto di soggiorno permanente se il lavoratore stesso ha acquisito il
diritto di soggiorno permanente in forza del comma 1.
6. Se il lavoratore subordinato o autonomo decede mentre era in attività senza
aver ancora acquisito il diritto di soggiorno permanente a norma del comma 1, i
familiari che hanno soggiornato con il lavoratore nel territorio acquisiscono
il diritto di soggiorno permanente, a condizione che:
a) Il lavoratore subordinato o autonomo, alla data del suo decesso, abbia
soggiornato in via continuativa nel territorio nazionale per due anni, o b) il
decesso sia avvenuto in seguito ad un infortunio sul lavoro o ad una malattia
professionale, o c) il coniuge superstite abbia perso la cittadinanza italiana
a seguito del matrimonio con il lavoratore dipendente o autonomo.
7. Se non rientrano nelle condizioni previste dai commi precedenti, i familiari
del cittadino dell’Unione di cui all’articolo 11, comma 2, e all’articolo 12,
comma 2 che soddisfano le condizioni ivi previste, acquisiscono il diritto di
soggiorno permanente dopo aver soggiornato legalmente e in via continuativa per
cinque anni nello Stato membro ospitante.
Articolo 16
(Attestazione di soggiorno permanente
per i cittadini dell’Unione europea)
1. A richiesta
dell’interessato, il Comune di residenza rilascia al cittadino di uno Stato
membro dell’Unione europea un attestato che certifichi la sua condizione di
titolare del diritto di soggiorno permanente. L’attestato è rilasciato entro
trenta giorni dalla richiesta corredata dalla documentazione atta a provare le
condizioni, rispettivamente previsti dall’articolo 14 e dall’articolo 15.
2. L’attestato di cui al comma 1 può essere sostituito da una istruzione
contenuta nel microchip della carta di identità elettronica di cui al decreto
legislativo del 4 marzo 2005, n.82, secondo le regole tecniche stabilite dal
Ministero dell’interno.
Articolo 17
(Carta di soggiorno permanente per i
familiari non aventi la cittadinanza di uno Stato membro)
1. Ai familiari del
cittadino comunitario non aventi la cittadinanza di uno Stato membro
dell’Unione europea, che abbiano maturato il diritto di soggiorno permanente,
la Questura rilascia una “Carta di soggiorno permanente per familiari di
cittadini europei”.
2. La richiesta di Carta di soggiorno permanente è presentata alla Questura
competente per territorio di residenza prima dello scadere del periodo di
validità della Carta di soggiorno di cui all’articolo 10 ed è rilasciata entro
90 giorni, su modello conforme a quello stabilito con Decreto del Ministro
dell’interno.
3. Il rilascio dell’attestazione è gratuito, salvo il rimborso del costo degli
stampati o del materiale utilizzato.
4. Le interruzioni di soggiorno che non superino, ogni volta, i due anni
consecutivi, non incidono sulla validità della carta di soggiorno permanente
Articolo 18
(Continuità del soggiorno)
1. La continuità del
soggiorno, ai fini del presente decreto legislativo, nonché i requisiti
prescritti dagli articoli 13, 14, 15 e 16 possono essere comprovati con le
modalità previste dalla legislazione vigente.
2. La continuità del soggiorno è interrotta dal provvedimento di allontanamento
adottato nei confronti della persona interessata.
Articolo 19
(Disposizioni comuni al diritto di
soggiorno e al diritto di soggiorno permanente)
1. I cittadini
dell’Unione e i loro familiari hanno diritto di esercitare qualsiasi attività
economica autonoma o subordinata, escluse le attività che la legge,
conformemente ai Trattati dell’Unione europea ed alla normativa comunitaria in
vigore, riserva ai cittadini italiani.
2. Fatte salve le disposizioni specifiche espressamente previste dal trattato
CE e dal diritto derivato, ogni cittadino dell’Unione che risiede, in base al
presente decreto, nel territorio nazionale, gode di pari trattamento rispetto
ai cittadini italiani nel campo di applicazione del trattato. Il beneficio di
tale diritto si estende ai familiari non aventi la cittadinanza di uno Stato
membro che siano titolari del diritto di soggiorno o del diritto di soggiorno
permanente.
3. In deroga al comma precedente e se non attribuito autonomamente in virtù
dell’attività esercitata o da altre disposizioni di legge, il cittadino
dell’Unione ed i suoi familiari non godono del diritto a prestazioni
d’assistenza sociale durante i primi tre mesi di soggiorno o, comunque, nei
casi previsti dall’art 13 comma 3, lettera b).
4. La qualità di titolare di diritto di soggiorno e di titolare di diritto di
soggiorno permanente può essere attestata con qualsiasi mezzo di prova previsto
dalla normativa vigente.
Articolo 20
(Limitazioni al diritto di ingresso e
di soggiorno per motivi di ordine pubblico)
1. Il diritto di ingresso
e di soggiorno dei cittadini dell’Unione e dei loro familiari, qualsiasi sia la
loro cittadinanza, può essere limitato solo per motivi di ordine pubblico o di
pubblica sicurezza.
2. I provvedimenti di cui al comma 1 sono adottati nel rispetto del principio
di proporzionalità, ed in relazione a comportamenti della persona, che rappresentino
una minaccia concreta e attuale tale da pregiudicare l’ordine pubblico e la
sicurezza pubblico. La esistenza di condanne penali non giustifica
automaticamente l’adozione di tali provvedimenti.
3. Nell’adottare un provvedimento di allontanamento dal territorio per motivi
di ordine pubblico o di pubblica sicurezza, si tiene conto della durata del
soggiorno in Italia dell’interessato, della sua età, del suo stato di salute,
della sua situazione familiare e economica, della sua integrazione sociale e
culturale nel territorio nazionale e dell’importanza dei suoi legami con il
paese d’origine.
4. I cittadini dell’Unione europea ed i loro familiari, qualunque sia la loro
cittadinanza, che abbiano acquisito il diritto di soggiorno permanente di cui
all’articolo 14 possono essere allontanati dal territorio dello Stato solo per
gravi motivi di ordine e di sicurezza pubblica.
5. I cittadini
dell’Unione europea che hanno soggiornato nel territorio nazionale nei
precedenti dieci anni o che siano minorenni possono essere allontanati solo per
motivi di pubblica sicurezza che mettano a repentaglio la sicurezza dello
Stato, salvo quando l’allontanamento sia necessario nell’interesse stesso del
minore, secondo quanto contemplato dalla Convenzione delle Nazioni Unite del
Fanciullo del 20 novembre 1989 ratificata con legge 27 maggio 1991, n. 176.
6. Le malattie o infermità che possono giustificare limitazioni alla libertà di
circolazione sul territorio nazionale sono solo quelle con potenziale epidemico
individuate dall’Organizzazione mondiale della sanità, nonché altre malattie
infettive o parassitarie contagiose, semprechè siano oggetto di disposizioni di
protezione che si applicano ai cittadini italiani. Le malattie che insorgono
successivamente all’ingresso nel territorio nazionale non possono giustificare
l’allontanamento del cittadino dell’Unione e dei suoi familiari.
7. Il provvedimento di allontanamento dal territorio nazionale di cui ai comma
1, 4 e 5 e’ adottato dal Ministro dell’Interno con atto motivato, salvo che vi
ostino motivi attinenti alla sicurezza dello Stato, e tradotto in una lingua
comprensibile al destinatario, ovvero in inglese. Il provvedimento di
allontanamento è notificato all’interessato e riporta le modalità di
impugnazione e della durata del divieto di reingresso sul territorio nazionale,
che non può essere superiore a 3 anni. Il provvedimento di allontanamento
indica il termine stabilito per lasciare il territorio nazionale, che non può
essere inferiore ad un mese dalla data della notifica, fatti salvi i casi di
comprovata urgenza.
8. Il destinatario del provvedimento di allontanamento che rientra nel
territorio nazionale in violazione del divieto di reingresso è punito con
l’arresto da tre mesi ad un anno e con l’ammenda di euro 5.000 ed è nuovamente
allontanato con accompagnamento immediato.
9. Qualora il cittadino dell’Unione o il suo familiare allontanato si trattiene
nel territorio dello Stato oltre il termine fissato nel provvedimento di cui al
comma 7, ovvero quando il provvedimento è fondato su motivi di pubblica
sicurezza che mettano a repentaglio la sicurezza dello Stato, il questore
dispone l’esecuzione immediata del provvedimento di allontanamento
dell’interessato dal territorio nazionale.
Articolo 21
(Allontanamento per cessazione delle
condizioni che determinano il diritto di soggiorno)
1. Il provvedimento di
allontanamento dei cittadini degli altri Stati membri dell’Unione europea e dei
loro familiari, qualunque sia la loro cittadinanza, può altresì essere adottato
quando vengono a mancare le condizioni che determinano il diritto di soggiorno
dell’interessato, salvo quanto previsto dall’articolo 11 e 12.
2. Il provvedimento di cui al comma 1 è adottato dal Prefetto, territorialmente
competente secondo la residenza o dimora del destinatario, con atto motivato e
notificato all’interessato. Il provvedimento è adottato tenendo conto della
durata del soggiorno dell’interessato, della sua età, della sua salute, della
sua integrazione sociale e culturale e dei suoi legami con il Paese di origine
ed è tradotto in una lingua comprensibile al destinatario, ovvero in inglese, e
riporta le modalità di impugnazione, nonché il termine per lasciare il
territorio nazionale, che non può essere inferiore ad un mese. Il provvedimento
di allontanamento di cui al comma 1 non può prevedere un divieto di reingresso
sul territorio nazionale.
Articolo 22
(Ricorsi contro i provvedimenti di
allontanamento)
1. Avverso il
provvedimento di cui all’articolo comma 20 è ammesso ricorso al TAR del Lazio,
sede di Roma.
2. Il ricorso può essere presentato anche per il tramite della rappresentanza
diplomatica o consolare italiana nel Paese di provenienza dall’interessato. In
tal caso la procura speciale al patrocinante legale è rilasciata avanti
all’autorità consolare. Presso le stesse autorità sono eseguite le
comunicazioni relative al procedimento.
3. Il ricorso di cui al comma 1 può essere accompagnato da una istanza di
sospensione dell’esecutorietà del provvedimento di allontanamento. Fino
all’esito dell’istanza di cui al presente comma, l’efficacia del provvedimento
impugnato resta sospesa, salvo che il provvedimento di allontanamento si basi
su una precedente decisione giudiziale ovvero sia fondato su motivi di pubblica
sicurezza che mettano a repentaglio la sicurezza dello Stato.
4. Avverso il provvedimento di allontanamento di cui all’articolo 21 può essere
presentato ricorso al tribunale in composizione monocratica del luogo in cui ha
sede l’autorità che lo ha disposto. Il ricorso è presentato, a pena
d’inammissibilità, entro venti giorni dalla notifica del provvedimento di
allontanamento e deciso entro i successivi trenta giorni.
5. Il ricorso può essere sottoscritto personalmente dall’interessato e può
essere presentato anche per il tramite della rappresentanza diplomatica o
consolare italiana nel Paese di provenienza dall’interessato. In tal caso la
sottoscrizione è autenticata dai funzionari presso le rappresentanze
diplomatiche che ne certificano l’autenticità e ne curano l’inoltro
all’autorità giudiziaria italiana. Presso le stesse autorità sono eseguite le
comunicazioni relative al procedimento.
La parte può stare in giudizio personalmente.
7. Contestualmente al ricorso può essere presentata istanza di sospensione
dell’esecutorietà del provvedimento di allontanamento. Fino all’esito
dell’istanza di sospensione, l’efficacia del provvedimento impugnato resta
sospesa, salvo che provvedimento di allontanamento si basi su una precedente
decisione giudiziale.
8. Al cittadino comunitario o al suo familiare, qualunque sia la sua
cittadinanza, cui è stata negata la sospensione del provvedimento di
allontanamento è consentito, a domanda, l’ingresso ed il soggiorno nel
territorio nazionale per partecipare alle fasi essenziali del procedimento di
ricorso, salvo che la sua presenza possa procurare gravi turbative o grave
pericolo all’ordine e alla sicurezza pubblica. L’autorizzazione è rilasciata
dal questore anche per il tramite di una rappresentanza diplomatica o consolare
su documentata richiesta dell’interessato.
9. Il tribunale decide a norma degli articoli 737 e seguenti del codice di
procedura civile. Qualora i tempi del procedimento dovessero superare il
termine entro il quale l’interessato deve lasciare il territorio nazionale ed è
stata presentata istanza di sospensione ai sensi del comma 7, il giudice decide
con priorità sulla stessa prima della scadenza fissata per l’allontanamento.
10. Nel caso in cui il ricorso è respinto, l’interessato presente sul
territorio dello Stato deve lasciare immediatamente il territorio nazionale.
Articolo 23
(Applicabilità ai soggetti non aventi
la cittadinanza italiana che siano familiari di cittadini italiani)
1. Le disposizioni del
presente decreto legislativo, se più favorevoli, si applicano ai familiari di
cittadini italiani non aventi la cittadinanza italiana.
Articolo 24
(Norma finanziaria)
1. (Dall’attuazione del
presente decreto legislativo non devono derivare nuovi o maggiori oneri per la
finanza pubblica, né minori entrate. Gli uffici interessati si avvalgono delle
risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili sulla base della
legislazione vigente).
Articolo 25
(Norme finali e abrogazioni)
1. Le amministrazioni
competenti provvederanno, senza oneri aggiuntivi, a diffondere tramite i propri
siti internet i contenuti del presente decreto.
2. Alla data di entrata in vigore del presente decreto sono o restano abrogati
il Decreto del Presidente della Repubblica 30 dicembre 1965 n. 1656, il Decreto
legislativo 18 gennaio 2002 n. 52, il Decreto del Presidente della Repubblica
18 gennaio 2002, n. 53, il Decreto del Presidente della Repubblica 18 gennaio
2002, n. 54.
3. All’articolo 30, comma 4, del decreto legislativo 25 luglio 1998 n. 286, e
successive modificazioni ed integrazioni, sono soppresse le parole “con il
cittadino italiano o di uno Stato membro dell’Unione europea, ovvero”.
Il presente Decreto, munito del sigillo
dello Stato, sarà inserito nella Raccolta ufficiale degli atti normativi della
Repubblica italiana. E’ fatto obbligo a chiunque spetti di osservarlo e farlo
osservare.
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