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Corte di Cassazione 09/12/2006

Giurisprudenza di legittimità - Depenalizzazione – Ordinanza – ingiunzione – Emissione – Termine – Ordinanza prefettizia – Perentorietà – Termine per la trasmissione degli atti al Prefetto da parte dell’organo accertatore – Perentorietà – Esclusione

(Cass. Civ., Ordinanza 13 aprile 2006, n. 8652)

Giurisprudenza di legittimità
Corte di Cassazione Civile
Ordinanza 13 aprile 2006,  n. 8652

Depenalizzazione – Ordinanza – ingiunzione – Emissione – Termine – Ordinanza prefettizia – Perentorietà – Termine per la trasmissione degli atti al Prefetto da parte dell’organo accertatore – Perentorietà – Esclusione. 


In tema di sanzioni amministrative pecuniarie per violazione di norme del codice della strada (cui sia applicabile, ratione temporis, la disciplina precedente alle modifiche introdotte dalla legge n. 214 del 2003), qualora avverso il verbale di accertamento dell’infrazione sia stato proposto ricorso al Prefetto, il termine, previsto dall’art. 204 primo comma, del codice della strada, entro il quale questi – salvo che non ritenga di pronunziare ordinanza di archiviazione degli atti – deve emettere ordinanza-ingiunzione, è perentorio e si riferisce alla emissione del provvedimento finale del procedimento sanzionatorio. Non è invece perentorio, in difetto di una espressa previsione e di ragioni di ordine sistematico, il termine previsto dall’art. 203, secondo comma, dello stesso codice, per la trasmissione degli atti dal Comando di polizia accertatore dell’illecito alla Prefettura. Il mancato rispetto di tale termine può quindi assumere rilevanza ai fini della tempestività dell’ordinanza sanzionatoria non autonomamente, ma solo indirettamente, per effetto del cumulo tra il termine in questione e quello di cui all’art. 204 primo comma, previsto per l’emissione dell’ordinanza prefettizia.         

 

Svolgimento del processo. – Con ricorso al Giudice di Pace di Pesaro del 9 ottobre 2001 L. P. propose opposizione ex art .22 L. 689/81 avverso l’ordinanza-ingiunzione della Prefettura di Pesaro e Urbino notificatagli il 15 settembre 2001, irrogante una sanzione pecuniaria amministrativa per violazione stradale (eccesso di velocità), deducendo, tra l’altro e per quanto in questa sede rileva, l’invalidità del provvedimento impugnato, in dipendenza della violazione del termine di cui all’art. 203 comma 2 c.s. (D.L.vo 285/ e succ. mod.)

All’esito del giudizio, documentale istruito, nel quale la Prefettura si era costituita contestando il fondamento dell’opposizione, questa venne accolta con sentenza del 19 febbraio – 7 marzo 2002, con compensazione delle spese.

Pur disattendendo nel merito l’opposizione, il giudice di Pace riteneva fondato il suesposto preliminare motivo, rilevando che l’ordinanza prefettizia, pur avendo rispettato il termine di giorni 90 dalla ricezione degli atti relativi al ricorso, presentato il 13 maggio, aveva tuttavia fatto seguito a tardiva trasmissione degli stessi, in relazione al termine, ritenuto perentorio, di giorni 30, entro il quale, ai sensi dell’art. 203 comma 2 c.s., il Comando di polizia accertatore avrebbe dovuto trasmetterli.

Avverso tale sentenza il Prefetto di Pesaro e Urbino ha proposto, a mezzo dell’avvocatura generale dello Stato, ricorso per cassazione, affidata a due motivi.

Il P. non ha svolto attività difensiva in questa sede.    

motivi della decisione. – Nel primo motivo di ricorso viene dedotta “violazione e falsa applicazione degli artt. 201, 203 e 204 del codice della strada (come modificato dalla L. 24 novembre 2000 n. 340 art. 18) (art. 360 n. 3 c.p.c.)”.

Si censura la ritenuta perentorietà di per sé del termine di cui all’art. 203 comma 2 c.s., sostenendosi, con richiamo a giurisprudenza di legittimità, che l’unico termine perentorio, come previsto dall’art. 204 cit. codice, sarebbe quello di complessivi giorni 120 decorrente dalla presentazione del ricorso e derivante dal cumulo dei trenta giorni concesso al Comando d8 Polizia accertatore con quello dei novanta, dalla ricezione di tali atti, assegnato al Prefetto per l’emissione dell’ordinanza.

Tale termine complessivo nella specie sarebbe stato osservato, essendo stata l’ordinanza emanata il 3 settembre 2001. Con il secondo e connesso motivo si deduce omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione, su punto decisivo della controversia, conseguente violazione e falsa applicazione degli artt. 203 e 204 c.s., sul rilievo che “l’opposizione era stata notificata all’Ufficio di cui all’art. 203 primo comma c.s. in data 13 maggio 2001” ed era poi pervenuta in Prefettura il 27 giugno 2001; sicché, non essendo stato accertato, né chiarito dalle parti, in quale data gli atti fossero stati trasmessi dal Comando accertatore, l’unico termine valutabile con certezza, ai fini della tempestività dell’ordinanza, sarebbe stato quello di centoventi giorni dalla presentazione del ricorso”.

Le censure, la cui evidenziata connessione comporta l’esame congiunto, sono fondate.

La tesi della perentorietà del termine di cui all’art. 203 comma 2 c.s., sia pure in relazione al successivo art. 204, nel testo vigente all’epoca in cui si è svolto il procedimento amministrativo in esame, è priva di alcun riscontro normativo, non essendo in quelle disposizioni prevista alcuna diretta comminatoria, nel senso ravvisato dal Giudice di merito, in relazione all’ipotesi di tardiva trasmissione degli atti del contesto, dal comando di polizia accertatore dell’illecito alla Prefettura.

La violazione di tale termine può, invece, assumere rilevanza dirimente, agli effetti della tempestività dell’ordinanza sanzionatoria, non di per sé, ma solo indirettamente, per effetto del cumulo tra il termine in questione e quello successivo, di cui all’art 204 comma 1, previsto per l’emissione dell’ordinanza prefettizia.

 In tal senso è ormai univocamente orientata la giurisprudenza di questa Corte, nel prevenire, pur in assenza (all’epoca dei fatti) di espresse disposizioni prevedenti la perentorietà del termine ex art. 204 comma 1 (perentorietà che è stata poi prevista dal comma 1 bis, all’articolo anzidetto, aggiunto dalla L. 214/03), ad affermarla sulla scorta di considerazioni di ordine sistematico e del principio generale, dettato dall’art. 2 della L. 241/90, secondo il quale ”nell’ipotesi in cui il procedimento amministrativo consegua direttamente ad una istanza, e per esso il legislatore determini il termine entro cui deve concludersi, la pubblica amministrazione ha il dovere di compierlo, mediante l’adozione di un provvedimento espresso, entro il termine previsto dalla legge; con la conseguenza che, emesso intempestivamente il relativo provvedimento, questo risulta non inefficace, ma affetto da violazione di legge e, pertanto, invalido…” (v. Cass., sez. I, n. 6499/04 e giurisprudenza ivi richiamata, e, in precedenza, sez. I n. 4204/99, n. 2064/98, nonché sez. III, n. 9477/00).

Da tali pronunzie chiaramente si evince che, fermo restante il principio generale di diritto amministrativo, secondo il quale la perentorietà di un termine, non espressamente prevista dalla legge che lo contempla, può derivare solo da ragioni di ordine sistematico o da regole codificate di applicazione generale, nei casi esaminati dalla citata giurisprudenza la perentorietà del termine complessivo, derivante dal cumulo di quelli ex art. 203 2 e 204 comma 1 c.s., nel testo temporalmente in vigore, è stata correlata alla precipua natura, di atto conclusivo del procedimento amministrativo, scaturito dal ricorso dell’interessato, che riveste l’ordinanza-ingiunzione prefettizia.

Tale correlazione non è, invece, possibile in riferimento al solo termine, di per sé considerato, di cui all’art. 203 comma 2, attenendolo stesso ad un adempimento interno al procedimento amministrativo, la trasmissione degli atti dall’autorità accertatrice a quella preposta all’esercizio del potere sanzionatorio, che pur essendo finalizzato al sollecito svolgimento dell’iter procedimentale, non è tuttavia imposto sotto espressa comminatoria di invalidità o di perenzione della pretesa sanzionatoria, né di per sé è idoneo a pregiudicare le situazioni soggettive degli interessati.

Sulla scorta di suesposti principi, considerato che la sentenza impugnata è pervenuta all’accoglimento dell’opposizione (dopo avere, peraltro, ultroneamente compiuto un parziale esame, con esito negativo, del merito della stessa), limitandosi a ritenere fondato uno dei motivi addotti, secondo il quale la sola violazione (non meglio specificata nei suoi concreti estremi cronologici) del termine di cui all’art. 203 comma 2 c.s avrebbe comportato l’invalidità dell’ordinanza-ingiunzione, la sentenza deve essere cassata, con rinvio ad altro giudice dell’ufficio di provenienza. Nel nuovo giudizio, dovrà preliminarmente accertarsi se l’ordinanza prefettizia impugnata sia stata emessa entro il complessivo termine di giorni 120, derivante dal cumulo di quelli agli artt. 203 comma 2 e 204 comma 1 c.s., nel testo all’epoca in vigore ed, in caso positivo, passare all’esame dei rimanenti motivi di opposizione.

Provvederà, inoltre, il giudice di rinvio al regolamento delle spese del giudizio di legittimità, nell’ambito di quello complessivo finale. (Omissis). [RIV-1006P931]


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Sabato, 09 Dicembre 2006
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