Domani niente scuola, stasera si beve Tanta birra e voglia di ridere Una serata fra i
giovanissimi di SILVIA CESARO «Il vero problema di Rovereto è che ci si annoia, e se uno non ha altro da fare comincia a bere, a fumare…». Non possono non tornare alla mente le parole di un giovane roveretano pronunciate come risposta a « come ci si diverte a Rovereto? », durante una nostra scorsa inchiesta. È la serata di giovedì 7 dicembre: uscita libera per i giovanissimi roveretani che il giorno successivo non devono andare a scuola. Meta prediletta da questi ragazzi il « bar Rialto », tanto frequentato come discusso. Sono le 22 quando arriviamo in via Rialto. Ci stiamo avvicinando al locale e da lontano si sente già che la gente è molta. Fuori dal bar si contano più di cinquanta persone. Non possiamo conoscere l’età media, ma a vista si potrebbe azzardare un 16 anni. Tanti, tantissimi a occupare tutta l’ampiezza della strada. La scusa è quella della sigaretta, ma la vita del «Rialto » sembra essere rigorosamente all’esterno del locale. Ogni tanto una macchina di qualche residente, un’occhiata di rimprovero perché costretto a fermarsi e ad aspettare che lo lascino transitare. E poi il regolare passaggio della polizia municipale. «Schiamazzi», intitoliamo così il quadro di una serata fuori dal «Rialto », ma come immaginarla silenziosa con più di cinquanta giovani stipati in una via del centro storico cittadino dopo le 22 e magari con qualche birra di troppo in corpo? Se oggi l’alcol non è un problema legato al mondo dei giovani, ma alla nostra cultura, al «Rialto» diventa inevitabile pensare che abbiamo insegnato loro a bere. «Ho finito i fusti di birra, mi resta solo quella in lattina», queste le parole della barista ad un’ora dalla chiusura. E così «birra» potrebbe diventare l’altra parola chiave della serata. Servita in bicchieri di plastica per soddisfare l’esigenza di chi, la maggior parte, decide di non rinunciare all’amica sigaretta e passare la serata fuori dal locale. Diventa una moda: quattro, cinque bicchieri, quanti se ne possono trasportare con due mani? L’amico li ordina e li porta agli altri, che aspettano fuori. Finita la bevanda il bicchiere vuoto si butta per terra. Si sente il suono della plastica che viene calpestata e si frantuma, a volte qualcuno decide perfino di giocarci: «Questo era il tuo bicchiere?» e poi un calcio divertito. Nessuna rissa, nessuno spiacevole ricordo di una grossa bevuta, in tanti si conoscono e sembrano andare d’accordo. Chiacchiere, baci, abbracci e qualche ragazzo un po’ alticcio che decanta «Il Purgatorio» di Dante tra le risa degli amici. Alle 23.30 non sono più così tanti coloro che si fermano fuori dal locale e all’interno i tavolini cominciano a restare vuoti. Chiusura puntualissima alle 24.30, anticipata dalla barista, che alle 24.10 comincia a chiedere di lasciare il locale. Cronaca di una serata di giovani roveretani un po’ annoiati. L’ADIGE «Sempre onti» a caccia di dritte sui bar «Ai minorenni tirano un casino di mene... xò basta approfittare degli amici ultra18». Con la tastiera del computer sono più sinceri che a tu per tu con un adulto, e se c’è da consigliare un bar dove poter bere alcolici anche se minorenni, i ragazzi di Rovereto non si nascondono dietro le perifrasi. Sul forum di www.studentirovereto.it l’argomento più cliccato è il settore del tempo libero, e la classifica dei locali preferiti è ancora aperta ai voti. Tramite una tastiera e un collegamento internet, i ragazzi si scambiano opinioni e consigli su come trascorrere una serata «alla grande» nella Città della Quercia e dintorni. E così sui bar del centro e delle borgate lagarine fioccano critiche e apprezzamenti, giudizi e stroncature. «Nel locale x fanno i cocktail più buoni del mondo», «Nel pub y vendono la birra a prezzo più conveniente»; «Al bar z fanno la serata con il Montenegro a un euro, andateci!». C’è chi si lamenta dell’assenza di alternative e dice: «A Rovereto non ci sono locali, ci sono solo i bar e non resta che ubriacarsi»; e le «recensioni» dei diversi punti di distribuzione bevande non spaziano molto, non discostandosi dall’elenco delle bibite e dal loro prezzo. « Sempre onti anca co la patente a ponti », è lo slogan di chi ha già firmato più di duecento messaggi sul forum. E al ventenne che chiede lumi sui «locali carini a Rovereto», un poco più che maggiorenne consiglia un determinato pub: «Lì trovi un’ottima Guinness!!!», scrive, aggiungendo il nome di un altro locale del centro, «indiscusso bar degli ubriaconi». Ma non è dato sapere se l’osservazione sia una critica o la preziosa indicazione di un posto dove i ragazzi possono trovare quello che stanno cercando. L’ADIGE «I concerti aiutano a combattere l’alcolismo» «L’offerta a prezzi popolari di alcune bevande non
comporta necessariamente una maggiore assunzione individuale di alcol, se
accompagnata da comportamenti corretti, in primo luogo evitare di servire
avventori già alticci». Si sente sotto attacco Giuseppe Germinario, gestore del
Caffé Rialto nella omonima via del centro storico. Qualcuno infatti si era
detto preoccupato dell’alta affluenza di giovani nel suo locale, un’affluenza
calamitata ad esempio il giovedì sera dalla vendita di birra ad un euro (*).
«Ma noi prestiamo molta attenzione ai nostri clienti, chiudiamo da tempo in
largo anticipo e cerchiamo di allargare l’offerta a pasti e consumazioni
tipiche e di miglior qualità, per spingere più alla degustazione che al consumo
indiscriminato», si difende il signor Germinario. Da sempre difficile, la
coesistenza fra locali pubblici e residenti si fa ancora più tesa quando nel
mirino è la distribuzione di alcol, ritenuta causa scatenante di episodi di
vandalismo e di violenza. «Il problema dell’abuso di alcol esiste, come pure
il disagio creato per il vicinato dall’assembramento di decine di persone -
ammette Germinario - ma noi abbiamo migliorato la situazione rispetto a
qualche tempo fa. Sul problema dell’alcolismo, noi baristi siamo solo una delle
parti in causa, siamo disposti al confronto ma non accettiamo processi sommari».
Germinario teme infatti che le generiche accuse ai baristi portino a vietare le
attività musicali e i concerti, «che potrebbero essere invece un contributo
importante allo stare insieme in allegria senza eccessi». Nell’augurarsi più
collaborazione con i colleghi, Germinario promette ai vicini ogni disponibilità
a controllare ove possibile gli eccessi dei clienti. (*) Nota: per abbassare i consumi di alcol l’OMS
suggerisce di alzare i prezzi delle bevande alcoliche. La birra a un euro certamente comporta un innalzamento dei consumi. GAZZETTA DEL SUD Cagliari Guardia
giurata, con la sua pistola Ammazza la moglie che voleva separarsi CAGLIARI Ha scaricato contro la moglie l’intero caricatore
di una pistola semiautomatica calibro 40, alcuni colpi hanno raggiunto la donna
alla schiena, in fuga nel disperato tentativo di mettersi in salvo: colpi
mortali che hanno trasformato in tragedia un violento litigio tra coniugi in
crisi. È accaduto ieri pomeriggio ad Assemini, nell’hinterland cagliaritano.
L’uxoricida, una guardia giurata di 52 anni, Roberto Mura, si è costituito
nella caserma dei carabinieri poco dopo il fatto. La vittima, Roberta Serra, di 49 anni, sembra che avesse
deciso di mettere fine al matrimonio e questo era motivo di continue
discussioni con il coniuge, che sfociavano anche in violenti scatti d’ira da
parte dell’uomo, in maltrattamenti forse legati all’abuso di alcol. La gelosia sarebbe il movente dell’omicidio: Roberto Mura
non avrebbe accettato la separazione e il fatto che la moglie si potesse legare
a un altro uomo. L’ultimo fatale litigio tra i due è scoppiato ieri sera
intorno alle 17 nella loro abitazione in via Trento, una zona centrale di
Assemini. Secondo la ricostruzione dei carabinieri, la guardia giurata, al
culmine della discussione, ha puntato la sua pistola, una semiautomatica
calibro 40 usata in servizio, contro la moglie. Roberta Serra ha capito che suo
marito faceva sul serio: le ha dato le spalle e ha tentato di scappare. Ma
l’uomo ha sparato: 13 i colpi contati dagli investigatori nell’appartamento,
l’intero caricatore, alcuni dei quali hanno raggiunto la donna alla schiena,
colpita a morte. Poi la corsa fuori casa e la decisione di Mura di costituirsi
ai carabinieri. Nessuno dei tre figli della coppia – una ragazza di 24 anni e
due gemelli di 17 – erano nell’abitazione al momento del fatto. Sul posto per i rilievi i carabinieri di Assemini e i militari del reparto operativo del comando provinciale di Cagliari. Il magistrato che coordina le indagini, il sostituto procuratore del tribunale del capoluogo sardo Luca Forteleoni, ha disposto l’autopsia sul cadavere della vittima affidando la perizia al medico legale Roberto Demontis. IL GAZZETTINO (Padova) LA LETTERA «Cerchiamo di educare contro le stragi del sabato e poi
troviamo legalizzato ciò che combattiamo» Riceviamo e
pubblichiamo sul problema degli orari dei bar del centro la seguente lettera. «Sono una mamma di tre figli, vivo a Este, sono un’insegnante
e mi ritrovo dunque a vivere per gran parte della giornata con i giovani, con
le loro idee, le loro aspirazioni, i loro desideri, le loro mode e i loro
credo. Questo mio sfogo è stato suscitato dalla notizia di mercoledì 6 dicembre
’06 apparsa sulla cronaca di Este che, con un titolone che grida vittoria e una
soddisfazione malcelata da parte del cronista, annuncia che l’amministrazione
comunale ha emesso un’ordinanza che consente ai bar di tenere aperto e di
servire alcolici fino alle 4 del mattino durante le festività natalizie. Due le cose che mi sono venute in mente mentre leggevo
l’articolo: la prima è che l’ordinanza non può che essere dettata dagli
interessi economici dei gestori dei bar; la seconda è che gli stessi membri
dell’amministrazione comunale siano parti in causa, cioè giovani fruitori di
questi servizi che desiderano mettere in pratica questo stile di vita anche
nella propria città. Mi è difficile pensare infatti che dei maturi padri di
famiglia si sarebbero preoccupati di legalizzare anche nella loro città certi
atteggiamenti, certe mode, certe consuetudini e stili di vita che
sottovalutano, pur conoscendole, le notizie che puntualmente i telegiornali ci
danno sulle stragi del sabato sera e sul sempre più diffuso problema dell’abuso
di alcolici. Come possiamo noi educatori, insegnanti e prima di tutto
genitori sperare di poter essere ascoltati e creduti dai nostri figli e dai
nostri studenti quando nella vita di ogni giorno trovano accettati e
addirittura legalizzati comportamenti che noi cerchiamo di combattere? Personalmente forse potrei anche fare a meno di
preoccuparmi in questo momento, visto che ho ancora figli piccoli, ma guardo al
loro futuro, vado oltre questa temporanea concessione data dal Comune. Sono
convinta che questo provvedimento preso nella nostra piccola città, anche se è
una goccia che si perde nel mare di un costume già diffuso, avvalora il
pensare che lo stare fuori fino a tardi e il concedersi un bicchiere in più sia
normale, accettato e condiviso. Posso forse essere tacciata da solita madre
bacchettona e critica nei confronti delle nuove tendenze e delle abitudini
giovanili, ma parliamo tanto di stragi del sabato sera e costantemente
assistiamo alla tv a servizi che ci mostrano discoteche piene, forze dell’ordine
che fermano ragazzi per far la prova del palloncino e magari commentiamo
dicendo che "le pattuglie sono troppo poche e che lo Stato dovrebbe fare
di più". Lo Stato! E’ sin troppo facile per noi genitori delegare allo
stato la tutela dei nostri figli. Mai come oggi si parla di prevenzione, di
monitoraggio, di attenzione ai bisogni, di ruolo fondamentale che la scuola e
la famiglia hanno nell’educazione ai valori, nella crescita e nella formazione
dei nostri figli. Mi sembra che molto spesso siamo solo bravi a parlare, e
vediamo il problema lontano da noi, ma nel nostro piccolo seguiamo il flusso,
legalizzando comportamenti che in teoria , ma solo in teoria, non condividiamo». C.B. IL GAZZETTINO (Padova) ESTE Il Codacons condanna l’ordinanza del Comune che
permette ai locali di abbassare le serrande alle 4, in controtendenza con
quanto deciso da Padova «Bar aperti di notte, più rischi per i giovani» Maria Chiara Crivellari: «I ragazzi si mettono in macchina
in un orario pericolosissimo. Non me lo aspettavo dal centro sinistra» Este La condanna più dura all’ordinanza, emanata a fine
novembre, che permette ai locali e ai bar di tenere aperte le serrande fino
alle quattro di notte, arriva dal Codacons. «È in controtendenza con quello che
succede in giro, come a Padova e in altre città taglia corto la responsabile
atestina del Codacons, Maria Chiara Crivellari soprattutto in un momento
storico in cui c’è un allarme diffuso in tutti i settori della società per
l’aggravarsi dell’alcolismo tra i giovani. Noi del Codacons da sempre siamo
molto sensibili sull’argomento, figuriamoci cosa possiamo pensare di
un’iniziativa del genere». La Crivellari, nel corso degli anni, si è sempre schierata
perché l’amministrazione anticipasse addirittura l’orario di chiusura dei
locali, spostandolo se possibile attorno alla mezzanotte, per favorire i
residenti del centro storico, ma in questo caso è la salute a stare più a
cuore all’associazione. «Spostando l’orario di chiusura alle quattro del
mattino il rischio per la salute dei giovani aumenta in modo vertiginoso spiega
e non solo per i problemi legati all’assunzione diretta di alcol, visto che la
gente poi non dorme al bar». «I ragazzi si mettono in macchina in un orario
pericolosissimo e non possiamo affidarci troppo alle forze dell’ordine continua
la responsabile perché il territorio di competenza è enorme ed il personale è
ridotto all’osso». «A questo punto facciamo in modo che i bar possano
mantenere un’apertura continua, ventiquattro ore al giorno è la provocazione
del Codacons - dato che c’è chi chiude alle quattro e chi apre un’ora dopo per
le colazioni, ma ai cittadini chi ci pensa?». Secondo la battagliera portavoce del coordinamento delle
associazioni per la difesa dei diritti dei consumatori deve contare sempre un
principio di equità nei confronti di chi vive nei dintorni dei locali,
costretto magari a svegliarsi alle sei della mattina per andare a lavorare. «E poi temo che questa di dicembre avverte sia solo una
prova generale per permettere un’apertura allargata fino a notte fonda durante
i mesi estivi, quando la convivenza con il chiasso diventerà davvero
impossibile». La Crivellari racconta infatti di aver raccolto parecchie
opinioni in centro storico, parlando con persone che avevano firmato, solo un
paio d’anni fa, una petizione contro i fracassoni. «Ho sentito un senso di
delusione fra la gente è l’ultima frecciata, diretta al Comune io stessa mi
ritengo di sinistra e per questo sono ancora più critica nei confronti di chi è
al governo cittadino: siamo andati in peggio rispetto alla precedente
amministrazione, di centro destra. Vorrei sapere se gli assessori sono i
baristi o chi è stato eletto». Ferdinando Garavello IL GAZZETTINO (Venezia) Mobilitazione a Torresella di Concordia Sagittaria per
salvare un diciannovenne di Fossalta di Portogruaro Incastrato nell’auto finita nel fossato Estratto dalle lamiere è stato ricoverato all’ospedale. Ne
avrà per una quarantina di giorni Portogruaro Diciannovenne incastrato nell’auto finita nel fossato.
Massima mobilitazione per salvarlo. È accaduto ieri, pochi minuti dopo le 5
del mattino in via Valdagno a Torresella di Concordia: D.V., 19 anni di
Fossalta di Portogruaro, stava rincasando a bordo di una Fiat 600 con al suo
fianco A.L. 18 anni,anche lui di Fossalta. Improvvisamente l’auto ha sbandato,
finendo nel fossato che costeggia l’opposta corsia di marcia. Nell’urto l’auto
si è cappottata e il conducente è stato sbalzato parzialmente fuori
dall’abitacolo. Quando, poco dopo, sono arrivati i Vigili del fuoco il dicianvovenne
era agonizzante. Difficili le operazioni di soccorso. Il giovane aveva le gambe
incastrate nell’abitacolo. La testa era immersa in circa 20 centimetri d’ acqua
e i pompieri hanno dovuto sollervarla per permettere al ragazzo di respirare.
Per estrarlo dalle lamiere hanno chiesto una gru dei colleghi di Mestre. Ma per
fare prima, sul posto sono arrivati gli addetti al soccorso stradale Rado con
una grossa gru e i sanitari del Pronto soccorso di Portogruaro. Almeno quindici
i partecipanti alle operazioni di soccorso, che hanno lavorato per quasi
mezzora per liberare il ragazzo. Una volta sollevata l’auto il ragazzo è stato
trasferito all’ospedale. Si trova ora ricoverato ma pare che le sue condizioni
stiano migliorando. Ne avrà comunque per almeno 40 giorni. Il diciannovenne
è risultato positivo all’alcol test. Ne avrà per 15 giorni l’altro di
prognosi per l’altro giovane che viaggiava con lui. Ieri notte sono stati almeno quindici gli incidenti
stradali sulle strade del Portogruarese in poche ore. Guida in stato di
ebbrezza, asfalto bagnato e alta velocità potrebbero essere le cause. Il
bilancio finale è di quasi venti persone ferite, quasi tutte di giovane età.
Poco dopo le 2 altri tre giovani, tutti residenti a Caorle, sono rimasti
feriti. Provenienti da via Noiari e giunti in via Montecassino a Summaga di
Portogruaro sono finiti con una Volkswagen Polo contro un platano che ha
comunque evitato che l’auto e i suoi occupanti finissero nel profondo fiume
Reghena. Il più grave è B.G., 19 anni, ricoverato a Portogruaro in prognosi
riservata. Per il conducente della vettura, S.T. di 22 anni, 30 giorni di
prognosi e per H.L., ragazza di origini cinesi, 15 giorni. Anche in questa
circostanza il conducente è risultato positivo al test alcolimetrico.
Un’altra uscita di strada, intorno alle 21 di venerdì, sulla strada regionale
53 "Postumia". Un uomo di Portovecchio di Portogruaro è finito con la
sua Fiat Punto sulla scarpata attigua dopo un volo di 8 metri. Per lui solo
graffi. Negli altri incidenti solo conseguenze lievi per le
persone coinvolte. Ovunque Carabinieri e Polizia per accertare dinamiche e
responsabilità, con rinforzi arrivati anche da Mestre. Marco Corazza IL GAZZETTINO (Padova) IN PIAZZA DUOMO Hanno riferito ai genitori di essere stati aggrediti e
picchiati da un balordo in piazza Duomo. Una cosa è certa: i protagonisti
dell’episodio, due ragazzini di 15 anni, sono stati accompagnati dalle madri
al pronto soccorso per essere medicati. Il fatto, accaduto giovedì alle
18,30, si sarebbe svolto sotto gli occhi di decine di passanti nessuno dei
quali è però intervenuto per difendere i minorenni. Gli aggrediti
presentano ferite al volto e in altre parti del corpo che i medici
dell’ospedale hanno giudicato guaribili in 6 giorni. I due adolescenti hanno
descritto l’aggressore come un uomo barcollante, alterato probabilmente dai
fumi dell’alcol, e con atteggiamenti da esibizionista. Secondo la
ricostruzione,i ragazzini sarebbero stati prima insultati, poi colpiti a
cazzottate. È però inquietante che all’episodio abbiano assistito parecchie
persone che però non hanno avuto il coraggio di intervenire per paura di essere
a loro volta coinvolte. La prognosi impone ora che da parte dei genitori vi sia una querela: atto indispensabile perchè possa essere aperta un’inchiesta penale. I genitori potrebbero presentarsi in Questura o al comando dei carabinieri nei prossimi giorni. CORRIERE ADRIATICO Ferito alla mano da un paziente ubriaco che si stava staccando
le flebo. Il responsabile Polonara chiede un presidio di polizia
anche di notte Aggredito un medico del pronto soccorso. “Non siamo
protetti” ANCONA - “Quel ragazzo era agitato e aggressivo, cercava
di uscire dalla stanza e non aveva oggetti contundenti. In quel momento ero da
solo, gli infermieri erano più distanti. Lui si è strappato di dosso la flebo e
veniva verso di me, io ho reagito”. Racconta come si è procurato una lesione
tendinea a un dito della mano G.L.., 56 anni, medico dell’ospedale regionale di
Torrette, nel corso di una notte turbolenta al pronto soccorso. Verso le due
del mattino di venerdì la polizia ha accompagnato al reparto emergenze del
nosocomio A.C, anconetano di 22 anni, che era stato soccorso da
un’ambulanza in piazza Pertini, in evidente stato di ubriachezza. E’
stato trasportato a fatica a Torrette dove non sono bastate le prime cure dei
sanitari per riportarlo alla calma. Si è alzato dal lettino staccandosi le
flebo e nel tentativo di fermarlo, ovviamente per il suo bene, il medico s’è
lesionato un tendine della mano. Poco dopo una volante della polizia,
richiamata all’ospedale, ha fermato il giovane mentre vagava nei pressi
dell’ospedale. “Quel ragazzo aveva un’alcolemia elevata, era emerso
dagli esami di laboratorio”, ricorda il medico ferito. “Non so se farò
denuncia, dovrò sentire il mio avvocato”. Ma non è tanto l’episodio, nè le
condizioni del dito - la prognosi è di trenta giorni - a preoccuparlo, ma il
senso di sicurezza con cui chi lavora al pronto soccorso di notte deve fare i
conti. “Non è la prima volta che succedono queste cose con pazienti agitati, o
addirittura tossici. Effettivamente c’è un problema sicurezza”. Dopo le 20 il posto di polizia resta sguarnito, gli agenti devono cercare di garantire l’ordine sulle strade e la coperta dell’organico resta corta. E l’ospedale dopo il tramonto si scopre più insicuro. “Rispetto a molti anni fa quando c’erano due strutture ciascuna con poco personale - sottolinea il medico responsabile del pronto soccorso Stefano Polonara - la sicurezza è aumentata perché di notte ci sono almeno sei persone, due medici e quattro infermieri. A volte anche di più”. Ma, aggiunge Polonara, “un posto di polizia non guasterebbe, tutti i grossi ospedali lo hanno”. Presenza che servirebbe da importante deterrente, in un luogo dove spesso capita di avere a che fare con personaggi scorbutici. “Per noi certi episodi sono tutto sommato abitudinari”, dice Polonara. “Purtroppo per il collega ha avuto un esito spiacevole”. Certo non ci si può affidare alla benevolenza del destino, e la questione deve essere in qualche modo risolta. Il grosso ostacolo, riprende il responsabile del pronto soccorso, “è che dicono che mancano gli uomini, anche la polizia ha problemi di organico”. A dimostrazione che il tema non è nuovo, Polonara ricorda che “due anni fa abbiamo avuto un incontro in prefettura per parlare della necessità di mettere il presidio per 24 ore ma poi per carenza di organico non è stato più possibile”. E l’ospedale di Torrette scopre il fianco a gesti sconsiderati. “E ’ una città di pazienti ricoverati, e al pronto soccorso di notte si va da un minimo di 30 a un massimo di 70 persone - rimarca Polonara -. Rispetto al passato la situazione è migliorata, siamo in un numero cospicuo e c’è un servizio di metronotte. Ma sarebbe meglio avere la polizia”. E infatti “di giorno la sola presenza della divisa nel 90% dei casi tranquillizza”. E “dopo le 20 non c’è più nessuno”. ANSA.IT Irrompe in guardia medica e danneggia locali, denunciata Pretendeva dei farmaci, ha preso a calci porta rompendola (ANSA) - ORISTANO, 10 DIC - Una donna di Ghilarza, 31enne, disoccupata, e’ stata denunciata per aver danneggiato l’ambulatorio della Guardia medica. La donna, in evidente stato di ebbrezza, si e’ presentata all’ambulatorio pretendendo la consegna di alcuni farmaci: allontanata dalla guardia giurata in servizio perche’ con le sue urla disturbava i pazienti, se n’e’ andata prendendo a calci la porta d’ingresso e rompendo il vetro. IL MESSAGGERO (Pesaro) Non si era mai rassegnato… Non si era mai rassegnato alla fine del loro amore e aveva
cercato di farglielo capire in tutti i modi, tornando alla carica in più di
un’occasione. Ma quello che ha fatto l’altra sera D.V., 42 anni di Orciano,
celibe e operaio, le ha superate tutte. Avrà modo di pensarci su, almeno così
sperano i carabinieri che l’hanno arrestato, in una cella del carcere di Villa
Fastiggi dove è stato rinchiuso con l’accusa di violazione di domicilio
aggravata. E’ successo l’altra sera alle 22 a Mondavio. La sua ex compagna lavora in un bar e vive con una figlia nata da un altro matrimonio. D.V. si è presentato a casa sua quando non c’era nessuno: lei era al lavoro, la figlia era fuori. Prima ha forzato un infisso, poi ha rotto il vetro di una portafinestra, è entrato dentro e ha cominciato ad aspettare. Alle 22 la donna è tornata a casa, ha aperto la porta e lui, che si era nascosto appunto dietro la porta, è saltato fuori: a torso nudo e ubriaco fradicio. Non ha avuto nemmeno il tempo per tentare qualsiasi approccio (né galante, né violento): la barista ha cominciato a gridare chiedendo aiuto ai vicini. L’ex convivente, vista la brutta piega che stava prendendo il suo improbabile tentativo di riconciliazione, è scappato via a piedi. Poco dopo è stato rintracciato da una pattuglia dei carabinieri, che lo hanno arrestato per violazione di domicilio. La decisione dell’arresto è stata presa, in particolare, sia per la gravità del fatto (l’uomo, una volta entrato, avrebbe potuto commettere qualche sciocchezza), sia per cercare di fargli capire la china pericolosa che stavano prendendo i suoi approcci. La donna tra l’altro, lavorando in un bar, non aveva modo di sottrarsi alle sue continue visite ed era ormai esasperata. CORRIERE ADRIATICO Lorenzo Bramucci era ubriaco Il processo slitta per un malore Tenta di sfondare a pugni e calci il portone dei
carabinieri di via Piave Assalta la caserma, giovane arrestato L’ambulante ha aggredito i poliziotti intervenuti per
fermarlo ANCONA - Prendeva la rincorsa e poi caricava come un
ariete, cercando di sfondare con calci e pugni il portoncino della caserma dei
carabinieri di via Piave. Aveva già spaccato due vetri e inanellato una serie
infinita di contumelie contro l’Arma, quando sono arrivati i poliziotti di due
pattuglie a neutralizzarlo, insieme ai carabinieri, dopo un impegnativo corpo a
corpo. Lorenzo Bramucci, anconetano di trent’anni, commerciante ambulante, è
stato arrestato ieri alle cinque del mattino per una filza di reati: danneggiamento
aggravato, resistenza a pubblico ufficiale, vilipendio delle forze armate,
rifiuto di fornire dati sull’ identità personale e ubriachezza molesta.
Il ragazzo, non nuovo a imbestialirsi alla vista di divise, aveva dato
l’assalto alla caserma di via Piave, a quell’ora della notte ancora chiusa.
Dentro c’era solo un piantone, che ha dato l’allarme al pronto intervento,
raccolto da una Volante della polizia, che nella distribuzione dei turni tra
forze dell’ordine l’altra notte garantiva il servizio di pubblica sicurezza in
centro. Alla vista dei poliziotti Bramucci non s’è affatto
placato, anzi. Ubriaco e furibondo, s’è scagliato contro gli agenti e ne ha
colpiti un paio,
senza fare danni, poi è stato arrestato. Ieri mattina si sarebbe dovuto tenere
il processo per direttissima, ma poche ore dopo l’arresto, dopo aver dato in
escandescenze anche nella camera di sicurezza della questura, Bramucci si è
sentito male ed è stato accompagnato in ospedale per una serie di controlli. Non si sa bene perché abbia tentato quell’assalto solitario alla la caserma dei carabinieri di Ancona Centro. In passato aveva giò avuto qualche disavventura giudiziaria, sempre per resistenza, ma l’ultimo precedente risaliva all’ottobre del 2004, troppo lontano per essere ricollegato alla gazzarra dell’altra notte. L’alcol, sicuramente, ha agito da detonante. Bramucci era ubriaco quando s’è scagliato contro l’ingresso di via Piave urlando offese di tutti i tipi contro l’Arma dei carabinieri. Pare che si fosse imbestialito per aver trovato la porta chiusa. I primi agenti intervenuti l’hanno visto che prendeva la rincorsa dall’altra parte della strada per riuscire a sfondare il portone, che però ha retto alla sua furia. Insieme alle due pattuglie di poliziotti, una in borghese, sono poi intervenuti anche i carabinieri per placare le ire dell’ambulante ubriaco, che domani dovrebbe essere processato per direttissima. Il 21 ottobre 2004 Bramucci venne arrestato per un episodio analogo: aveva aggredito gli agenti di una Volante che l’avevano avvicinato in via XXV aprile, accanto ai parcheggi della questura, perché il suo furgone aveva centrato un palo della luce. Patteggiò una pena di 2 mesi e 20 giorni e tornò subito libero. L’ADIGE Da Carisolo a Buckingham Palace La vita di Luigi Povinelli il maggiordomo della regina di RENZO M. GROSSELLI Il giorno del suo 60° compleanno è andato nel salotto
buono della regina Elisabetta, ha salutato con deferenza la sua datrice di
lavoro e si è pensionato. Con un paio di gaffes . Ora che di anni ne ha 80
vuole festeggiare dando alle stampe un libro con le sue memorie. Perché, come
dice chi lo ha aiutato recentemente a riabilitarsi da due scoppole «alla
salute» che avrebbero abbattuto un toro, «la malattia è una dimensione del
sapere che può essere intesa come competenza e le memorie di Luigi sono un
documento che serve a livello pedagogico». Il 19 dicembre, all’aula magna del
S. Camillo alle 15, Luigi Povinelli presenterà il suo libro di memorie, curato
da Daniela Rosi responsabile culturale dell’Associazione trentina sclerosi
multipla Centro Franca Martini. Un modo non solo per raccontare una vita ricca
di vicende a volte straordinarie ma anche per dire che il dolore, a volte, si
può superare. Luigi Povinelli sa bene cosa sia il dolore: figlio senza padre,
colpito dalla poliomelite ad un anno, recentemente operato per una grave
malattia e poco dopo colpito da ictus. Ora però è in piedi come prima, cammina,
sorride, è ancora lui. Lo deve anche alla fisiatra Rossella Siliotto che lo
aiutato a credere che poteva farcela. Per questo, dopo aver vinto anche questa
battaglia, Luigi ha voluto donare al mondo e al Centro Franca Martini le sue
memorie. Il libro si intitola «Il più bel bambino del mondo. Viaggio di Luigi
Povinelli da Carisolo a Buckingham Palace». Un regalo anche per te, per i tuoi
80 anni. «Io non festeggio i compleanni, solo i decenni. Ai 70 anni ho portato
tutti al ristorante». E ai 60? Qui c’è una storia da raccontare. «I 60 anni li
ho festeggiati a Londra. Fu il giorno in cui mi pensionai. Era il 13 giugno
1986, esattamente il giorno del mio compleanno. Sono andato al lavoro come
tutti i giorni. Ma non ho combinato nulla. Dovevo esserci però perché avrei
ricevuto i documenti della mia pensione». La cosa buffa è che quei documenti
glieli consegnò Elisabetta, regina d’Inghilterra. «Era stata emessa una
circolare interna a Buckingham Palace con l’ora esatta in cui io, Luigi
Povinelli da Carisolo, Italia, sarei stato ricevuto dalla sovrana. Mi
accompagnò il governatore di casa reale nel salotto di sua maestà. Sono
entrato. Prima toccava a me salutare: " Good morning your majesty ",
con un inchino. E lei: " Good morning Luigi ". Non Louis, Luigi
perché gli inglesi rispettano fino in fondo la personalità degli altri». La
regina a quel punto sorprese il nostro montanaro, pregando il governatore di
uscire. «Rimanemmo soli e lei mi mise subito a mio agio chiedendomi della mia
salute, dei miei programmi. Le dissi che tornavo a Carisolo a godermi la
pensione. Lei rispose che già due volte mi aveva fatto chiedere dal governatore
di rimandare il pensionamento e che adesso me lo chiedeva lei. "No
maestà, sono vecchio e stanco". Era la mia prima gaffe perché sapevo che
eravamo coscritti. "Non siamo affatto vecchi, Luigi" ribatté lei».
A quel punto lui cercò di metterci una pezza: «Laggiù ho la mia casetta e vado
a dare una mano a mia nipote che ha un albergo". "Quale delle tue
nipoti?" chiese la regina. "Mariagrazia" risposi meravigliato.
"Ah, quella che stava alla tua sinistra"». Solo allora il servitore
di sua maestà si ricordò che sei mesi prima aveva portato a palazzo, per il
ballo di Natale, le due sue nipoti. Elisabetta, memoria d’acciaio, ne ricordava
ancora i nomi (l’altra nipote era Silvana). La regina insistette, non avevano
ancora trovato un sostituto, uno che sapesse le lingue come Luigi. «Ma io,
maestà, l’italiano non lo parlo perfettamente, mastico un poco di inglese,
conosco un poco di francese. Bene, parlo solo il mio dialetto». E lei: «Non
importa come parli le lingue, importa l’intuizione. Tu capisci quello che si
vuole da te ed agisci». A quel punto la regina consegnò a Luigi Povinelli la
foto sua, assieme al principe consorte, con le due firme. «Non fu l’ultima mia
volta a Buckingham Palace, mi chiamarono a prestare servizio altre tre volte,
per le visite di tre capi di stato». Per Elisabetta Luigi Povinelli lavorò per
16 anni. Ti avrà riempito di sterline? «Stipendio sindacale, la regina non può
pagare più degli altri datori di lavoro. Guadagnavo come un normale capo
portiere d’albergo. Solo che mi chiamavano palace attendant . Un altro ricordo
del 60° compleanno. «La regina mi chiese anche dove ero stato a scuola. «
High school of Carisolo " dissi e fu la seconda gaffe . «Il tuo paese ha
meno di 1.000 abitanti, come fa ad avere una high school ?". "Maestà
- le feci capire - volevo dire che ho frequentato la scuola di Carisolo, la
costruzione più alta del paese"». Elisabetta rise di gusto. Poi mi
disse: "Tu parli anche lo spagnolo. Ricordo che conversasti a lungo con
Juan Carlos di Spagna"». Anche la foto con dedica della coppia reale
spagnola è appesa sulla parete del salotto nella casa di Luigi. «Risposi alla
regina di no. Che quella volta il re mi aveva aveva chiesto di poter parlare
con me in italiano e che sarebbe stato contento se gli avessi risposto nel mio
dialetto, che lui comunque capiva». Luigi Povinelli tira un lungo respiro. Sta
bene, ha recuperato dopo mesi e mesi di tribolazioni. «Concluso l’incontro con
la regina Elisabetta mi accommiatai. Alle 15, nel salone del palazzo era stato
organizzato un farewell party , la festa del mio pensionamento. C’era il
governatore che rappresentava la regina e altre 150 persone. Il primo a parlare
fu lui che poi mi passò la parola. Ma ero troppo emozionato. Dissi solo che non
riuscivo a dire nulla. Lui allora mi disse col riso sulla bocca: "Ripetici
almeno quello che hai detto a sua maestà sulla high school di Carisolo".
Rimase la barzelletta di palazzo. Si dicevano l’un l’altro: "Anche tu hai
fatto le scuole alte di Carisolo?"». Il giorno seguente, il mattino del 14
giugno, Luigi Povinelli ricevette una lettera con la documentazione della sua
pensione e l’assegno della liquidazione. Anche questo c’è nel libro di memorie
di Luigi Povinelli, il bimbo che non chiese mai più il nome di suo padre
alla sua mamma, dopo che la prima volta che lo aveva fatto la vide piangere.
«Perdonami mamma se ti ho offeso. Tacerò per sempre». Ma in quel libro c’è
anche il resto, la storia di una vita densa, difficile a volte ma piena di
accadimenti. Luigi aveva fatto molti lavori prima di capitare a Buckingham
Palace: pecoraio, ragazzo di cucina, gelataio, cameriere-autista della contessa
Cicogna di Milano, poi dei conti Macola di Lazise, del marchese Ripamonti di
Sanremo, il collaboratore di un fioraio, cameriere ai piani e portiere di
alcuni rinomati hotel di Montecarlo, quindi di Londra. Questa fu la vera
high school di Luigi Povinelli, la vita. Il dolore, certo. Il lavoro, tanto e
sempre. Ma anche la caparbietà, la curiosità, la plasticità dell’intelligenza.
E un pizzico di fortuna, accanto alla sfortuna. Buon compleanno Luigi
Povinelli, maggiordomo della regina Elisabetta II d’Inghilterra. (*) (*) Nota: se avete letto questo interessante articolo,
forse vi starete chiedendo che cosa ci sta a fare in questa rassegna stampa. Ho incontrato il signor Luigi Povinelli al “corso di
sensibilizzazione” di Caderzone, tre mesi fa. Luigi è un componente del Club degli Alcolisti in
Trattamento di Carisolo, in qualità di familiare sostitutivo. Mi ha colpito la testimonianza di un uomo umile,
sensibile, speciale, che ha passato una vita tra la sofferenza umana e la Corte
della Regina d’Inghilterra. Penso che questo libro possa essere davvero un bel regalo per il Natale. LA GAZZETTA DI PARMA Ubriaco, spaccò l’auto
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