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Articoli 15/07/2005

I segnali di pericolo: istruzioni per l’uso

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I segnali di pericolo:
istruzioni per l’uso

di Francesco Albanese*

Il compito di un segnale stradale è quello di preparare il guidatore ad un particolare comportamento di guida, richiesto dalla configurazione della strada che sta percorrendo, o delle sue immediate adiacenze. Senza tale avvertimento, il guidatore dovrebbe introdurre specifiche variazioni nella guida (ad esempio, ridurre la velocità, serrare a destra, e così via) nel momento stesso in cui percepisce il rischio che quel particolare tratto di strada comporta. L’assenza di segnali, dunque, incrementerebbe il rischio di incidenti, in quelle situazioni in cui il tempo che intercorre tra la percezione del rischio e l’adozione di particolari misure correttive di guida è maggiore del tempo necessario a raggiungere il punto della strada che rappresenta il rischio stesso. Da queste considerazioni, risulta naturale dedurre che “quanto prima un segnale viene visto, tanto si riduce il rischio di incidente”. Generalmente, la stragrande maggioranza delle ricerche condotte sui segnali stradali riflette questo assunto.
In taluni casi, ad esempio, (vedi Zwahlen, 1994; Zwahlen e Schnell, 1998) si è tentato di calcolare la distanza media di leggibilità richiesta (DMLR) per “leggere” un segnale stradale, in diverse condizioni di guida, oppure (vedi ad esempio Paniati e Mace, 1993) è stato indagato come il coefficiente di riflessione della luce e la dimensione del segnale influenzino la sua salienza rispetto all’ambiente in cui è inserito. Ma se queste caratteristiche incidono sulla percezione visiva del segnale stradale, vi è un altro aspetto di cui tener conto, un aspetto che ha a che fare con l’attenzione e la memoria e che ci obbliga a dover tener conto della necessità di una sorta di continuità temporale tra l’allarme, procurato dal segnale, e la verifica della presenza del pericolo precedentemente annunciato.
Per fare un esempio banale, se posizionassimo un segnale, che indica una curva pericolosa, ad un chilometro prima della curva stessa, con buone probabilità il tempo che trascorre tra la vista del segnale e l’arrivo alla curva basterà a far dimenticare al guidatore l’avvertimento, o sarà comunque sufficiente a far decrementare sensibilmente il suo stato di allarme.
Proprio per questo fatto dunque, perché il segnale è capace di innescare una risposta ad un prossimo rischio, è posto in prossimità di ciò che annuncia, così che lo stato di allerta non decada.
Un’altra questione di particolare rilevanza è quella del livello di consapevolezza a cui il segnale viene percepito. In altre parole, alcuni ricercatori si sono domandati se la percezione del segnale avvenga a livello consapevole (quindi se il guidatore veda il segnale e focalizzi l’attenzione su di questo, anche se solo per pochi istanti), o inconsapevole (il guidatore vede il segnale, ma l’attenzione non viene focalizzata su di questo; in tal caso, lo stimolo visivo produce comunque una trasmissione di informazioni a livello latente). A tale proposito, alcuni studi (ad esempio, Milosevic e Gajic, 1986) hanno mostrato come, chiedendo ad alcuni guidatori quali fossero i segnali stradali che avevano incontrato percorrendo un determinato tratto di strada, si ottenessero risposte piuttosto insoddisfacenti. A cosa possiamo attribuire questi risultati deludenti? Innanzitutto, può darsi che il segnale stradale non sia un mezzo idoneo alla trasmissione dell’informazione; secondariamente, è possibile che le risposte insoddisfacenti dipendano dalla memoria dei guidatori, e non dai segnali stradali; infine, possiamo pensare che i segnali stradali non vengano guardati dai guidatori. Alcune recenti ricerche (Sprenger, Schneider e Derkum, 1999) confermano infatti il sospetto secondo il quale, guidatori con anni di esperienza alla guida, guardino i segnali stradali con una frequenza decisamente minore rispetto ai guidatori neofiti. Riguardo invece alle prime due ipotesi, malgrado il concreto problema della memoria (per il quale risulta un’inevitabile perdita di informazioni in fase di recupero delle informazioni attraverso il ricordo), altri studi (Summala e Hietamaki, 1984) hanno osservato che i guidatori sono in grado di modificare il proprio comportamento di guida, conseguentemente alla vista di alcuni segnali stradali, senza essere poi in grado, una volta interrogati, di ricordare di aver variato qualcosa nella guida in base ai segnali stradali osservati.
Pertanto, sia che la trasmissione di informazione sia ricevuta dal guidatore a livello consapevole o inconsapevole, il segnale stradale risulta essere in grado di modificare le risposte di guida del conducente.
Quelli di cui abbiamo brevemente discusso sono solo alcuni dei principi psichici che sottostanno alla funzionalità dei segnali stradali.
Ognuno di questi funziona a livello inconsapevole, automatico, e ciò non ci comporta alcuna fatica. Prendiamoci dunque il lusso di dedicare sempre una po’ della nostra energia ad una guida di tipo civile.


* Dottore in Psicologia, operatore di Polizia Stradale.

i Ugo Terracciano

di Francesco Albanese

Da "Il Centauro n. 96"
Venerdì, 15 Luglio 2005
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