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Rassegna stampa Alcol e guida del 12 dicembre 2006

A cura di Alessandro Sbarbada e Roberto Argenta

GAZZETTA DI MANTOVA

Montanara. Cerimonia in municipio
Il Premio della bontà a Paolo Francesconi che segue gli alcolisti
(*)

MONTANARA

Il Premio della bontà 2005 “Grand’Ufficiale Costantino Canneti” è stato assegnato, dopo la riunione dell’apposito comitato consultivo tenutasi nei giorni scorsi e sarà ufficializzato e consegnato sabato 16 dicembre in mattinata presso la sala consiliare del municipio in piazza Corte Spagnola di Montanara. Beneficiario del premio, che comporta l’erogazione di 1700 euro messi a disposizione del Comune di Curtatone dalla Fondazione “Grand’Ufficiale Costantino Canneti” di Mantova, in virtù del lascito testamentario dell’illustre scrittore-poetessa Enrica Canneti figlia dell’emerito personaggio, sarà il signor Paolo Francesconi di San Silvestro, un cinquantenne bancario responsabile dell’Apcat, un’Associazione attualmente con sede in Levata, che si occupa delle problematiche dell’alcolismo e degli alcolisti. Un impegno gravoso, sotterraneo e di estrema delicatezza. La dedizione del Francesconi al problema, per quanto appurato dalla commissione, è totale ed a lui ci si può rivolgere con fiducia, certi del silenzio che accompagna la sua azione. (**)

 Questa sinteticamente la ragione dell’assegnazione del premio bontà 2005. Ma quest’anno la cerimonia avrà un’appendice. La commissione ha voluto ringraziare l’opera meritoria assolta dal compianto medico dottor Aldo Pezzoli sul territorio di Curtatone, e non solo, in favore della cittadinanza, con uno speciale riconoscimento alla memoria, che sarà consegnato nel corso della medesima cerimonia.

Gianfranco Bellini

 

(*) Nota: “segue gli alcolisti”, forse perché questi scappano (da lui)? Chissà!

(**) Nota: qui l’articolo è leggermente impreciso.

In realtà si può davvero essere certi della assoluta e rigorosa riservatezza di Paolo Francesconi: quanto al silenzio, invece, per dirla proprio tutta qualche volta non è il suo forte…

Riporto questo articolo ad inizio rassegna, con la dichiarata speranza che il Francesconi, data la sua ufficialmente riconosciuta bontà, mi possa girare una percentuale del premio che gli viene assegnato.

Vedete, le cronache riportate in questo quotidiano servizio di rassegna stampa su vino, birra e altri alcolici sono spesso molto drammatiche e cariche di sofferenza: io mi sono permesso di scherzare su questa notizia, che mi riempie di gioia, perché Paolo è un carissimo amico, storico “abbonato” di questa rassegna. Evviva.

Alessandro Sbarbada


 

LA STAMPA

Il bicchiere killer silenzioso
L’alcol provoca ogni anno oltre 20mila morti in Italia

IL CASO

Lo denuncia il Ministero della Sanità

Carlo Grande

I RISCHI

L’abuso provoca malattie, tumori e incidenti stradali

IL CONSIGLIO

Tre bicchieri al giorno è la soglia da non superare

C’è chi dice «in vino veritas», che «la verità sta in fondo alla bottiglia », ma in fondo alla bottiglia ci sono anche cifre spaventose: secondo il ministero della Salute l’alcol provoca ogni anno in Italia la morte di oltre 20 mila persone (tra le 17 e le 42 mila, dicono le stime, e secondo un’indagine di «Report» di Milena Gabanelll sono 30 mila), ed è la causa di quasi la metà dei morti sulla strada, nonché la prima causa di decesso degli uomini al di sotto dei 40 anni.

Un’indagine Istat effettuata tra febbraio-marzo 2005 su 20 mila famiglie (50 mila individui) spiega come si sta diffondendo, specialmente fra i giovani e le donne, il “binge drlnking”, l’Ubriacatura di fine settimana, secondo modelli anglosassoni e del Nord Europa che producono sempre più incidenti stradali, risse, disagio sociale.

Si comincia presto

Dal 1998 al 2005 aumenta il numero delle persone che consumano abitualmente aperitivi, amari, liquori, (dal 89,5%a l 43,1%), ma è sempre il vino a fare la parte del leone: se ne beve più al Nord che al Sud (specialmente nelle regioni Nord-orientali, Friuli, Trentino, Veneto), si beve per solitudine, per stress sul lavoro, per «edonismo»; l ’alcol, dicono, serve alla convivialità, ai riti sociali di gruppo, si beve per non sentirsi da meno «che ci resta, se dopo il lavoro rinunciamo all’happy hour), si comincia presto, magari sotto lo sguardo fiero del padre, dello zio. E’ una specie di rito di passaggio: «ecco, bevi un goccio», e si arriva alla prima «ciucca», quasi un lasciapassare per l’età adulta.

Intanto, l’abuso di alcol provoca cirrosi epatiche, malattie cardiovascolari e alcune forme di tumore, oltre ai già citati «danni indiretti» come gli incidenti stradali.

E dire che l’Italia non è nemmeno la maglia nera d’Europa: in Francia, ad esempio, l’alcol provoca 45 mila morti l’anno, incatena 5 milioni di persone; è l’emergenza sanitaria più grave. In più di un terzo del delitti è implicato l’alcol.

Eppure, là come da noi, se ne parla poco, chi ne è preda spesso tende a rimuovere, a non considerarsi malato. Dice: «Bevo come tutti.. il mio litro di vino al giorno lo mescolo con l’acqua», «Posso smettere o diminuire quando voglio». Insomma, gli alcolisti sono sempre gli altri, la faccenda ci riguarda soltanto di striscio.

La congiura del silenzio

La soglia di consumo a rischio, secondo l’ Oms, è di tre bicchieri al giorno per gli uomini, due per le donne (*). Più precisamente 10-20 grammi per le donne e 20-40 per gli uomini, ma la quantità si riduce per adolescenti, anziani e per chi ha problemi di salute. L’obiettivo, da noi, sarebbe abbassare il consumo d’alcol del 20% di qui al 2008, cosa che non farà piacere ai produttori ma è ormai una questione di salute pubblica, in qualche modo si dovrà uscire dalla logica dello scontro fra “lobby”: medici, assistenti sociali e gruppi di recupero da una parte, produzioni agricole e commercianti dall’altra.

I dati sono poco conosciuti e sottostimati, bisogna uscire dalla logica del rifiuto e del silenzio. Ci stanno provando molti sindaci e prefetti (da Milano a Roma, da Firenze a Bologna), in lotta contro l’alcol e le bottiglie di vetro la sera e la notte nei centri storici: le loro periodiche ordinanze, duramente contestate, vietano ai bar di vendere oltre una certa ora lattine e bottiglie di vetro «per asporto», proibiscono di tenere all’aperto quantità di bevande alcoliche che vanno oltre «l’uso personale».

Lotta titanica, in rotta di collisione con l’immaginario urbano: si beve a Milano alla Stazione Centrale, alle Colonne di San Lorenzo e in piazza Duomo, si beve nelle caotiche notti romane sotto la statua di Giordano Bruno a Trastevere e a Campo de’ Fiori.

Per qualcuno «certe notti» non sono più le stesse, senza l’alcol, senza la bottiglia, compagna solitaria o condivisa, fascinosa e metafisica per tanti artisti.

Uscire con in mano un bicchiere di plastica o la bottiglia in un sacchetto, come fanno i detective con il whisky nei film americani, non è la stessa cosa, dicono.

Un problema è anche, in fondo, far vivere le nostre piazze e i centri storici senza militarizzarli.

Vuoti a perdere

Comunque le cifre e i morti parlano chiaro: occorrerebbe una rivoluzione mentale, come per il tabacco.

Gesù, nel miracolo che ha dato inizio alla sua «carriera», ha trasformato l’acqua in vino: qui serve un

miracolo al contrario.

Forse bisognerebbe rivedere il concetto di piacere - illogico procurarselo sempre artificialmente -

usare l’alcol come si fa con le droghe, per riempire una mancanza (casa, lavoro, affetti), il senso di

inadeguatezza prodotto dalla società iper-tecnologica.

Assenze che trasformano l’individuo in un vuoto a perdere, che nessuna bottiglia, nessun bicchiere potranno mai colmare.

 

(*) Nota: è un dato vecchio, oggi l’OMS dice che non è possibile stabilire soglie “di sicurezza”, considerata la complessità della questione, e che per la salute meno si beve e meglio è (Less is better”).


 

IL MESSAGGERO

SARA è uno scricciolo, pesa quarantadue chili…

di ELENA PANARELLA

«SARA è uno scricciolo, pesa quarantadue chili, in testa ha ancora i pensieri puri, veri. A quella festa non voleva proprio rinunciare, c’erano tutti i suoi compagni di scuola. Quale mamma non si sarebbe fidata? E invece ho rischiato di perderla...», così Chiara Sepi (il nome è di fantasia) racconta quello che è successo cinque notti fa alla figlia quattordicenne, andata al suo primo “School Party” insieme alla sorella maggiore, entrambe studentesse del Giulio Cesare, storico liceo classico di Roma, nel quartiere Trieste. «Le abbiamo accompagnate, verso le 22.30, io e mio marito. Una volta arrivate lì si sono unite ai loro amici. Tutto sembrava andare per il verso giusto e loro erano felici», tira un sospiro, fatica a parlare, nella voce ancora la paura di quella notte, «dopo tre ore ho ricevuto la telefonata di mia figlia Marzia, che mi diceva: “Mamma, mamma, corri Sara sta male, male davvero”. Non capivo se quello che mi diceva era vero o se dietro c’era qualcosa di più grave, mi scoppiava il cuore in gola. Siamo arrivati al locale, vicino piazza Fiume, in un momento. Un momento che per me è stato interminabile». E’ a questo punto del racconto che il viso di Chiara diventa ancora più cupo, gli occhi lucidi e la voce inizia a tremare: «Abbiamo girato l’angolo, l’ho vista lì fuori, buttata a terra. Sembrava un manichino. Non rispondeva più. Era fredda, bianca. Ho tentato con le mie mani di aprirle gli occhi, ma lo sguardo era nel vuoto. Non si svegliava. Dei ragazzi ci hanno dato una mano a metterla in macchina e poi la corsa disperata verso l’ospedale. Siamo arrivati al pronto soccorso del Sandro Pertini, l’hanno messa sulla barella e l’hanno portata via. Avevo paura, tanta paura, nella testa mi passavano solo pensieri brutti, cercavo di allontanarli, ma loro erano sempre lì, sempre più brutti». E poi l’attesa. «Bisognava aspettare le analisi delle urine e quelle del sangue. Le hanno fatto delle flebo. Ma continuavano a dirmi che bisognava aspettare. Era in uno stato di precoma. Intanto mia figlia Marzia, quella che era con lei e che ha 16 anni, ha iniziato a raccontarmi quello che era successo. “Mamma, la colpa è dell’alcol. Sara non ha saputo dire no ai suoi amici. Tutti bevevano, non si è resa conto”, continuava a ripetere sotto shock. Ma come è possibile, mi sono chiesta. Sara non beve...». Poi il racconto diventa sempre più dettagliato. «Loro sono entrate e si sono unite ad altri amici che avevano preso il tavolo. Anche loro quattordicenni. Sopra quei maledetti tavoli c’erano bottiglie intere di vodka, rum, superalcolici e succhi di frutta di vario genere per farsi i cocktail fai-da-te. Mi chiedo come sia possibile dare ai ragazzini la possibilità di farsi queste miscele alcoliche così esplosive. Ripeto: hanno quattordici anni. E’ assurdo. E’ come mettere una pistola in mano a un bambino. Lui ci gioca senza sapere a cosa può andare incontro. Bisogna mettere un freno a questi pericoli. Vorrei dire ai ragazzi di divertirsi, ma solo con la musica. Perché la vita è una sola».

«Ho tre figlie e la più grande ha 23 anni, mi racconta sempre quello che accade la sera. Si inizia con l’happy hour e si va avanti sino a notte fonda nelle discoteche. Si preferisce bere cocktail e superalcolici e lo si fa sempre più spesso anche durante i giorni infrasettimanali. La cosa grave è che i ragazzini vanno fieri di un’alta resistenza all’alcol: per ubriacarsi, dicono, “non bastano tre o quattro bicchieri”. Ma in realtà non è così. Basta davvero poco. Questa esperienza, come famiglia, ci ha segnato ma anche insegnato. Ora Sara sta meglio si sta riprendendo, non ricorda quello che è successo da quando è stata male al risveglio, dopo sette ore, in ospedale. Ma di una cosa è certa: non capiterà più». Ma che cosa accade realmente in questo mondo della notte? Perché tanti ragazzi si rifugiano nella non-cultura dello sballo, della droga e dell’alcol? Che cosa li spinge a rischiare la vita con giochi pericolosi? «La mancanza di coscienza. E’ come se in questo modo tutto ciò che li opprime potesse svanire da un momento all’altro. E’ una sorta di rifugio continua mamma Chiara, libera professionista, 43 anni, provando a cercare di dare delle spiegazioni . Ma il risveglio è sempre più brutto. Bisogna tenere gli occhi sempre ben aperti, c’è sempre un segnale che i ragazzi ci danno, bisogna essere scaltri e attenti a captarlo. Insomma, alla fine non si smette mai di essere genitori, questa è la verità». E poi aggiunge: «Anche se mia figlia ora sta meglio, con mio marito, abbiamo fatto un esposto alla polizia denunciando quello che è accaduto, con la speranza che vengano fatti più controlli da parte delle forze dell’ordine e soprattutto con la speranza di salvare altri ragazzi».

Ma uno dei proprietari di alcune note discoteche romane non si tira indietro e dice: «Da quando nella vita notturna sono entrati questi Pr sempre più giovani si è perso il controllo. Non c’è più la giusta selezione all’ingresso del locale e questo porta ad avere una libertà maggiore. Prima non era così. Prima i ragazzi dai 14 ai 16 anni venivano in discoteca il pomeriggio. Oggi mi chiedo: quando un figlio di 15 anni esce di casa a mezzanotte, i genitori dove stanno? Le colpe sono di tutti. Bisogna trovare le giuste soluzioni tutti insieme. Perché le discoteche dovrebbero essere vietate ai minori di 18 anni. Ma oggi non ci sono più questi controlli. Sempre più spesso i ragazzi arrivano al locale già “alticci”. E ci vuole davvero poco a superare quella linea da cui è difficile tornare indietro. Ma le colpe di chi sono?».


 

IL RESTO DEL CARLINO (Reggio Emilia) del 11/12/2006

LA PROPOSTA

Portioli: “Dalla rock star mi aspetto un appello ai giovani contro l’alcol”
“Servite solo bevande analcoliche prima dei tre concerti di Ligabue”

di Antonio Lecci

L’aperitivo-time in attesa dei concerti di Ligabue al teatro Valli? “Vanno bene, purchè si dia un messaggio chiaro, soprattutto ai giovani, servendo esclusivamente bevande e drink analcolici, per l’occasione”.

Di fronte alla possibilità di eventi particolari, a corredo delle tre esibizioni della rock star correggese nel più prestigioso teatro reggiano, l’Associazione europea familiari vittime della strada lancia la proposta: “Tutti d’accordo che i tre concerti – dice la coordinatrice dell’associazione, la luzzarese Carla Mariani Portioli – possono rappresentare dei momenti di aggregazione per migliaia di persone, oltre che offerta di servizi da parte di esercenti e gestori di locali pubblici, ma a patto che non sia un pretesto per diffondere ulteriormente alcolici, tanto da creare i successivi rischi di creare incidenti sulle strade. Che si dia il buon esempio, in questa occasione, puntando alla distribuzione soprattutto di bevande analcoliche. E’ questa la proposta che lanciamo alle associazioni di categoria, affinché possano sensibilizzare i loro iscritti in tal senso”.

Ma non finisce qui. La stessa coordinatrice dell’associazione anti incidenti sta cercando di mettersi in contatto con il protagonista del concerto: “Considerato che Luciano Ligabue è osannato e visto come esempio da tanti ragazzi – il progetto di Carla Mariani Portioli – sarebbe davvero un sogno che, in ognuna delle tre esibizioni al Valli, il cantante potesse lanciare un breve messaggio proprio dedicato a prevenzione e sicurezza stradale. Una sua frase potrebbe valere migliaia e migliaia di volantini, che magari tanti ragazzi neppure leggerebbero. Come associazione ci auguriamo che questo messaggio possa essere lanciato dal palco. Credo che servirebbe a far riflettere tanti giovani. E, magari, potrebbe servire anche ad evitare qualche incidente ed a salvare qualche vita umana. Per il rsto, che si faccia baldoria e ci si diverta. Ma a patto che lo si faccia in modo corretto e educativo, senza rischi per nessuno”.


 

GAZZETTA DEL SUD

Roma Muore dopo una festa a base di ecstasy e alcool
Tragica notte rave per una ragazza

ROMA Ecstasy, cocaina, alcool. Un cocktail micidiale sarebbe la causa della morte di una ragazza di 21 anni di Potenza, Elisa Fasolo, deceduta a Roma nell’ospedale Figlie di San Camillo. La studentessa, era arrivata al pronto soccorso in condizioni disperate. Gli amici avevano cercato l’aiuto dei medici quando si erano resi conto che respirava a fatica e non rispondeva ai richiami. Era arrivata sabato a Roma da Potenza in auto in compagnia di tre amici, tutti della Basilicata, per la serata di musica tecno «Cocoon night event» che si è svolta in un padiglione della Fiera di Roma all’Eur. Il gruppo è uscito dalla festa intorno alle sei del mattino di domenica dopo aver assunto alcune pasticche e alcool. Successivamente a bordo di un’auto il gruppo ha girovagato per la città fino a Tor Pignattara. Qui i ragazzi hanno fermato la vettura e si sono messi a dormire. «Nessuno di noi - hanno poi raccontato agli investigatori - se la sentiva di riprendere la strada verso Potenza. Pensavamo di riposare un poco e poi di farci un giro per Roma prima di tornare a casa». Le cose, purtroppo, sono andate diversamente. A pomeriggio inoltrato il risveglio. Tutti storditi ma Elisa non rispondeva più e respirava a fatica. Quindi il trasferimento all’ospedale più vicino. Le terapie non hanno potuto nulla e dopo qualche ora è morta. Gli amici hanno ammesso che durante la festa scandita da musica techno, Elisa aveva assunto pasticche di ecstasy e cocaina, oltre ad aver bevuto molto alcool. E’ stata disposta l’autopsia.


 

IL MESSAGGERO

Era arrivata da Potenza per passare una serata da sballo con gli amici…

di VERONICA CURSI e PAOLA VUOLO

ROMA- Era arrivata da Potenza per passare una serata da sballo con gli amici al mega raduno ”Roma Europa Festival”. Elisa Fasolo, 21 anni, parrucchiera, ha trovato invece la morte. E chissà se l’ha vista in faccia. Forse Elisa è morta nel sonno, forse ha chiesto aiuto prima che l’amfetamina e l’alcol le stroncassero il cuore: ma gli amici in macchina dormivano, bombardati pure loro da liquori e droga, e non l’hanno sentita. Si sono accorti che Elisa non respirava più solo quando si sono svegliati: hanno cercato un ospedale e attraversato vie a loro sconosciute con quella Citroen nera, che ormai era una bara. Hanno chiesto indicazioni ai passanti, fino ad arrivare al pronto soccorso delle ”Figlie di San Camillo”. Elisa era già morta, «da parecchie ore», dicono i medici.

Cento euro in tutto, avevano speso i quattro amici per partecipare a una delle feste più attese dell’anno, la serata conclusiva del festival dove si esibiscono i dj più famosi. A Roma arrivano venerdì pomeriggio Elisa, l’amica del cuore e due ragazzi che conoscono da poco. In città hanno un appoggio, altre due amiche di Potenza, che frequentano l’università: Elisa e l’amica del cuore vanno a casa di una di loro. L’appuntamento con i ragazzi è per il sabato a mezzanotte, all’ingresso del padiglione 22 della Fiera di Roma. Elisa è felice, la musica la trascina, beve però «tanto», diranno poi i ragazzi, e prende l’Mdma. Anche questo lo raccontano gli amici che hanno cercato lo sballo con lo stesso miscuglio. Passa così l’ultima notte di Elisa, la giovane parrucchiera che è felice perché ha realizzato un sogno. Trascorre tra droga e liquori, risate e sudate. Elisa crede di avere il mondo tra le mani e di essere fortissima, perché è così che la fa sentire l’amfetamina. Lei vede il futuro , ma la morte è già ad un passo da lei. Sono le cinque di domenica mattina, quando gli amici lasciano il padiglione. Accompagnano a casa le due ragazze che vivono a Roma, ma non ripartono per Potenza. Si sentono stanchi e storditi, meglio riposarsi prima di affrontare il viaggio. Parcheggiano la Citroen su uno spiazzo della Casilina, alla periferia della città e sprofondano nel sonno. Si risvegliano alle 19 della stessa sera, Elisa non riapre gli occhi, i ragazzi si accorgono subito che non respira più. L’autopsia svelerà perché il cuore di Elisa si è fermato. Sulla storia indagano gli agenti del commissariato di Torpignattara, i poliziotti guidati dal dirigente Laura Vilardo, stanno cercando di scoprire dove i ragazzi hanno acquistato la droga. «La festa aveva tutte le autorizzazioni», dice Fabrizio Grifasi, direttore artistico, «all’ingresso c’erano le forze dell’ordine e gli operatori del 118. Mi dispiace per la morte della ragazza, ma non si sa cosa ha fatto dopo che è andata via di qui. Sono esterrefatto per l’accaduto, ma voglio anche evitare speculazioni».

La madre di Elisa, Carmela, parrucchiera pure lei, esce dall’obitorio dell’ospedale e si guarda intorno smarrita. Ha baciato Elisa per l’ultima volta, se l’è stretta al cuore e non voleva lasciarla più: «Perché», dice, «sembrava una bambina».


 

IL MESSAGGERO

«Un dolore troppo grande. Impossibile da sopportare»

di MARCO DE RISI

«Un dolore troppo grande. Impossibile da sopportare». Carmela è la mamma di Elisa, la ragazza di 21 anni, morta dopo il mega raduno sabato notte alla Fiera di Roma. Lascia il commissariato di Torpignattara stravolta, pallida in volto, quando ormai è già pomeriggio. Capelli sulle spalle, occhiali scuri viene accompagnata da due agenti fino alla macchina. Con lei c’è il marito, Arturo, insegnante in un liceo di Potenza, con le lacrime agli occhi.

«Quello che mi sento di dire - continua a raccontare con la voce rotta dal pianto - è che devono essere abolite queste riunioni giovanili. Com’è possibile che i nostri ragazzi possano ballare dalla sera fino all’alba con quella musica martellante? Davvero noi genitori ci illudiamo che in quelle discoteche non giri la droga?».

Carmela non riesce a realizzare, a credere che la sua Elisa non c’è più. Parla al presente di questa ragazzina, dolcissima e mite che lavorava insieme a lei. «Le piaceva tanto fare la parrucchiera - prosegue schiacciata dal dolore - Per questo lavorava nel mio negozio. Nel nostro negozio. Una ragazza sensibile, per bene e proprio per questo fragile, la mia bambina era leale». Ieri mattina, la signora Carmela ha dovuto sopportare la prova più difficile della sua vita. E’ stata portata nei saloni freddi di Medicina Legale dove ha dovuto riconoscere il corpo di Elisa. «Sembrava una bambina che dorme - racconta con la voce strozzata dal dolore - Elisa era bella e dolce. Mi è stato detto che ha preso un’amfetamina che si scioglie nell’acqua. Arresto cardiocircolatorio. Lei aveva due amiche, di Potenza, ma che studiano a Roma. Con loro s’era accordata per andare alla festa alla Fiera di Roma sulla Cristoforo Colombo. Mi aveva chiamata sabato da Roma dove era arrivata insieme alla sua amica del cuore e ad altri due ragazzi che non conosco. Mi aveva detto: “Pensa mamma, vado ad un party dove pochi mesi fa c’è stata la fiera per parrucchieri dove sei stata tu. Non ti preoccupare faccio la brava”. Mia figlia andava raramente a questo tipo di manifestazioni. La musica le piaceva tanto e anche il ballo. Ci sognava sopra. Adorava le canzoni di Vasco Rossi, Ligabue ma anche la musica martellante di qualche dee jay. Proprio questa passione l’ha portata sabato notte alla festa. E’ chiaro, secondo me, che in queste riunioni giri la droga. Come se tutto fosse predisposto per portare i nostri ragazzi allo sballo».

Fa fatica a parlare la mamma di Elisa confortata dal marito e da alcuni amici romani che la ospitano fino a quando non sarà eseguita l’autopsia. Ogni tanto le manca la forza per andare avanti. Poi si riprende, ricomincia a parlare. «I telegiornali stanno dicendo che mia figlia s’è presa la cocaina - dice preoccupata - Scriva che non è vero. Avrà bevuto qualche alcolico poi ha preso quella bustina con la polverina. Ma non la cocaina».

Il cellulare continua a squillare. Chiamano parenti e i tanti amici di Elisa. «Ho un’altra figlia - dice piangendo Carmela - Ha 12 anni. Lei ed Elisa si volevano un mondo di bene. Quanti ricordi!! A volte trovavo Elisa nel letto della sorellina. Si stimavano, si confidavano tutto. Erano legatissime». La mamma parla anche del loro cagnolino Chicco, un barboncino vispo e intelligente. Mia figlia gli voleva così bene. Ora Chicco non mangerà più».

Poi parla un po’ dell’inchiesta della polizia. «Da quello che so - racconta - non si sa chi ha dato la droga a mia figlia. Non si sa se l’abbiano acquistata i suoi amici». Poi la signora Carmela preferisce non andare avanti. Forse per non rovinare l’indagine. Racconta che comunque in questa tragedia è rimasta delusa dal comportamento di qualcuno vicino alla figlia. «Io sono legata alla sua amica, gli altri due non li avevo mai visti prima».

«Quando tra pochi giorni ritornerò a Potenza - ripete la signora Carmela - mi batterò con tutte le forze perché ci sia una campagna contro questo tipo di feste “senza limiti”. Spessissimo durante queste feste girano pillole di ecstasy e altre sostanza amfetaminiche. I ragazzi ballano per ore e ore a ritmi martellanti. Proprio per non sentire la fatica, e continuare a stare con gli amici, consumano pasticche e altra droga. Insomma sostanze che gli permettono di non sentire lo sforzo e continuare a ballare fino all’alba. Poi a volte accade l’irreparabile. Proprio come è accaduto alla mia Elisa».


 

IL MESSAGGERO

«Ragazzi, imparate a divertirvi in modo sano…

«Ragazzi, imparate a divertirvi in modo sano. Non vi sballate. La droga uccide. E chi ne fa uso non è certo un fico». A dirlo è Giancarlo Battafarano, in arte Giancarlino, uno dei più noti dj della Capitale, fondatore del Goa e da anni re della consolle. Per il dj, direttore artistico della serata di sabato sera, il Cocoon party, manifestazione conclusiva del Roma Europa Festival, la morte della ragazza di 21 anni avvenuta domenica «è una tragedia inspiegabile». «In tanti anni che faccio questo mestiere - afferma - non mi è mai accaduta una cosa del genere. Intendiamoci la droga è sempre girata. Ma oggi i ragazzi ne fanno uso fin da giovanissimi». «Cocaina e pasticche entrano nelle case dei ragazzini con troppa facilità. E spesso sono proprio loro a portarla nei locali. Mancano i controlli. Noi proprietari di fronte a certe situazioni non possiamo fare altro che segnalarle alle forze dell’ordine». C’è un problema generazionale che va affrontato: «E le famiglie devono avere un ruolo fondamentale in questo senso. I genitori non possono lamentarsi perchè i figli tornano a casa ubriachi quando poi sono loro a mandarli in discoteca già a 14 anni. Bisogna capire che si può passare una bella serata in tanti altri modi. Chi si droga non è un fico. Il fico è chi dopo una serata riesce a tornare casa sano e salvo e a guardare in facci i genitori senza vergogna».

Ve.Cur.


 

IL MESSAGGERO

Usi e abusi a Guidonia e dintorni…

di ELENA CERAVOLO

Usi e abusi a Guidonia e dintorni tra i giovani di età compresa tra i 14 e i 34 anni: a destare preoccupazione, come fenomeno in crescita, è il consumo di alcolici e superalcolici, problema che tocca picchi particolarmente gravi tra la popolazione immigrata. Il dato emerge dalla "mappatura" condotta sul territorio (l’area del secondo distretto della Asl) dall’unità di strada del progetto "Altrestrade", che dopo sei mesi di full immersion ha fatto una fotografia completa: «E’ emerso un diffuso consumo di hashish che, in generale, non è stato segnalato come particolarmente problematico ed in alcuni casi socialmente accettabile, giustamente inquadrato come sperimentazione dell’età adolescenziale». Ma è «diverso il caso in cui, invece, il consumo riguarda i giovanissimi (12-14 anni) e quando a questo sono legati fenomeni di microspaccio». In linea con quanto succede nel resto d’Italia, poi, si segnala «la prepotente diffusione di cocaina ormai trasversale a tutte le fasce d’età, il consumo di pasticche e soprattutto le assunzioni miste di queste sostanze tra cui anche l’eroina, alla quale alcuni giovani talvolta ricorrono fumandola».

Quanto al fenomeno della tossicodipendenza «emerge la tendenza dei contesti metropolitani: sempre più spesso al consumo di eroina è associato quello di più sostanze ed un uso massiccio di psicofarmaci». Altra annotazione: «E’ scomparso il fenomeno della piazza come luogo di spaccio e consumo che avviene generalmente in spazi privati». In tutte le zone viene segnalata «la presenza di un limitato numero di "tossicodipendenti storici", già in carico ai servizi, e l’esistenza di un probabile "sommerso" difficilmente individuabile e agganciabile».

Il progetto "Altrestrade" nasce dalla collaborazione tra la Asl e le cooperative sociali Folias, Il Cammino e Parsec. E’ mirato a tutelare la salute dei giovani, da una parte svolgendo direttamente in strada azioni di informazione e prevenzione, dall’altra promuovendo l’integrazione di tutte le istituzioni. «Le uscite dell’unità di strada - hanno scritto gli operatori dell’equipe nella relazione - sono stati come tanti viaggi alla scoperta delle diverse realtà. Abbiamo osservato, curiosato e letto luoghi e visi, abbiamo intervistato i testimoni privilegiati, cioè tutti coloro che a vario titolo lavorano sul territorio. Questo ci ha permesso di ricostruire la rete, la dislocazione dei servizi socio-sanitari e le collaborazioni esistenti tra i diversi attori».

I giovani tra i 14 e i 34 anni che vivono nel secondo distretto sanitario sono 29.386 (dati censimento 2004), cioè quasi il 30 per cento della popolazione totale. Scarsi i servizi socio-sanitari e gli spazi destinati all’aggregazione giovanile, come testimoni ancora la ricerca: il distretto non ha un Sert, c’è il centro diurno Nautilus per tossicodipendenti che si è trasferito da Guidonia a Tivoli Terme; i servizi sociali sono affidati a pochi assistenti (solo due nella Città dell’aria) con prestazione rivolte soprattutto ad anziani, minori, handicap attraverso attività di segretariato sociale e contributi economici. L’associazionismo c’è, ma non sempre riesce a rispondere alle esigenze dei giovani.


 

MARKETPRESS.INFO

QUINDICI SPOT PER NON BERSI LA VITA A VENT’ANNI

PREMIATI I VINCITORI DEL CONCORSO “ZEROGRADICLIP” 

 Trento, 12 dicembre 2006 – Non ci sono migliori “testimonial” in una campagna contro la diffusione dell’alcol tra i giovani che i giovani stessi. Questo insegna il concorso Zerogradiclip, promosso la scorsa primavera dalla Provincia autonoma di Trento in sinergia con una numerosa serie di soggetti pubblici e privati, giunto ieri sera all’atto conclusivo con la cerimonia di premiazione, al Teatro Cuminetti del Centro culturale Santa Chiara, dei video vincitori. Qualità, creatività, idee innovative, persino ironia e comicità nei quindici videoclip, di cinque minuti ciascuno, realizzati da ragazzi e ragazze fra i 13 e i 22 anni per dire no all’alcol, per non “bersi la vita” il sabato sera in discoteca o sulle strade di casa dentro una macchina lanciata a folle velocità. Messaggi diretti, senza tante mediazioni e “prediche”, come solo il linguaggio dei giovani sa fare. E forse per questo molto più efficaci di quanto non possano essere gli “spot” degli adulti. Il successo del concorso – promosso dall’Assessorato provinciale alle Politiche per la salute e dal Comune di Trento, Servizio attività sociali e Progetto politiche giovanili, in collaborazione con il gruppo di lavoro intersettoriale per contrastare il consumo giovanile di alcol, a cui partecipano anche l’Azienda provinciale per i servizi sanitari, gli Assessorati provinciali alle Politiche giovanili, alle Autonomie locali, il Commissariato del Governo, l’Iprase, il Consorzio dei Comuni del Trentino, l’Associazione dei pubblici esercizi del Trentino – Unione commercio turismo e attività di servizio e la Federazione italiana esercenti pubblici e turistici – Confesercenti del Trentino, con la segreteria organizzativa affidata al Centro di aggregazione giovanile “L’area” – è testimoniato dalla partecipazione, oltre le previsioni, dei ragazzi. Gli iscritti sono stati, infatti, 209 (152 ragazzi e 57 ragazze), 178 dei quali italiani e 31 di nazionalità straniera, poco più della metà residenti a Trento, gli altri in provincia, di età media intorno ai 18 anni (ma una quarantina con meno di 15 anni), riuniti in 55 gruppi. Grande è stata anche l’adesione ai corsi attuati per i partecipanti: 63 si sono iscritti al laboratorio utilizzo video camera e riprese, 65 al laboratorio di montaggio video, 13 gruppi hanno chiesto il supporto per la preparazione e la registrazione dei brani musicali e 6 il laboratorio per l’elaborazione dei testi delle canzoni. Sette gruppi hanno fruito della possibilità di utilizzare uno studio di registrazione. Fra le motivazioni che hanno spinto i ragazzi e le ragazze a iscriversi al concorso è emersa la soddisfazione per potersi esprimere con un linguaggio vicino ai loro interessi, il poter accedere ad un’attività formativa gratificante, i premi in palio. Inoltre il concorso è stato visto come l’occasione per parlare di un tema, il consumo di alcol, che riguarda, con varie modalità, una larga fascia di popolazione giovanile e per continuare percorsi iniziati a scuola, in alcuni gruppi giovanili, in oratorio. La prospettiva di poter accedere alla sala di registrazione professionale ha ulteriormente motivato i ragazzi che si sono fortemente impegnati producendo – e lo si è visto ieri sera al Teatro Cuminetti - materiali di buon livello. Come tutti i concorsi che si rispettino anche “Zerogradiclip” prevedeva una giuria, formata da Nicoletta Tomasi (C. A. G L’area), Rosanna Wegher (Comune di Trento – Assessorato politiche giovanili), Vittorio Curzel (Provincia Autonoma di Trento – Assessorato Politiche per la Salute), Roberto Pancheri (Apss), Mauro Tecchiolli (Centro Musica). Tre i premi previsti per il primo, secondo e terzo classificato, consistenti in tre buoni acquisto da 2. 000, 1000 e 500 euro spendibili in negozi di musica, video, libri, attrezzatura elettronica e computer. Alla serata finale di ieri sera sono intervenuti l’assessore alle politiche per la salute della Provincia autonoma di Trento Remo Andreolli, l’assessore comunale di Trento alle politiche giovanili e sport Renato Pegoretti, Roberto Pancheri dell’Azienda provinciale per i servizi sanitari e membro della giuria, la direttrice dell’Associazione provinciale per i problemi dei minori Bruna Zeni. In sala, fra i ragazzi e i loro genitori, anche l’assessore provinciale alla ricerca Gianluca Salvatori. “Un fenomeno, quello dell’uso di alcol da parte dei giovani – ha affermato Andreolli – che sta diventando preoccupante”. Secondo una indagine promossa dalla Provincia un paio di anni fa, almeno il 6 per cento dei giovani trentini fa uso di alcol, mentre 10. 000 sono le famiglie trentine che devono fare i conti con la “brutta bestia” dell’alcol. “Con questo concorso – ha proseguito Andreolli – abbiamo scommesso sui giovani, contando di poter instaurare con loro un dialogo costante e non episodico sui temi della salute, e se grazie a questi videoclip, realizzati con fantasia e creatività, riusciremo ad evitare qualche incidente stradale in meno dovuto all’alcol, avremo vinto almeno in parte questa scommessa”. Tema difficile, complesso e sfuggente: così lo stesso Andreolli aveva definito al lancio del concorso la diffusione dell’alcol tra le fasce giovanili. A guardare i video realizzati dai ragazzi, però, emerge che di alcol si può e si riesce a parlarne invece con semplicità e leggerezza, in modo molto diretto ed efficace. Segno che la comunicazione tra pari – come ha sottolineato Roberto Pancheri – può essere vincente. “I giovani non sono superficiali come spesso li si vorrebbe dipingere – ha aggiunto Bruna Zeni – e i video che hanno realizzato lo dimostrano”. Messaggi che per l’assessore comunale Pegoretti “valgono cento volte più di quelli che possiamo realizzare noi adulti”. Oltre ai tre gruppi vincitori – ai quali sono andati i premi in buoni acquisto – la Giuria ha individuato altri quattro video degni di “menzione”, anche il pubblico ha potuto votare il proprio videoclip preferito. Questi i video premiati. I Video Vincitori: 1° classificato: “Metaxa” realizzato da Francesco Capuzzo, Giacomo Salvatori e Davide Delaiti; 2° classificato: “Giorno e notte nelle bettole” realizzato da Alessandro Curcu, Gabriele Salvaterra, Massimo Cristofolini e Sergio Deflorian; 3° classificato: “Your Common Sense” realizzato da Daniele Sester, Andrea Sartori, Aurora Bertoluzza e Gabriele Mazzolai. Menzioni Speciali: Per i due gruppi di ragazzi delle Scuole Medie § “Un bicchiere di troppo” realizzato da: Tommaso Livigni, Matteo Fedrizzi, Jessica Frizzera; § “Vivi la vita” realizzato da: Stephanie Davarda, Mattia Marco, Patrizia Lorenz, Elisa Rasom e Alexandra Rossi. Per il lavoro del Club Noi (idea valida che gioca su un aspetto molto vicino alla realtà giovanile: bere per trovare la forza di “agganciare” una persona di sesso opposto, bere per essere in grado di…). § “Intenti giusti, ingredienti sbagliati” realizzato da un gruppo di 22 ragazzi (attore protagonista Erlin Malaj. Il Video “Sport” “Prendi le distanze” realizzato da Francesco Siddi, Matteo Facchini e Lorenzo Fasani. Premio Del Pubblico “Alcool passivo” di Marco e Davide Dianti, Cristian Scenico, Jacopo Giacomoni, Veronica Sebastiani, Serena Mosna, Marco Ferrari e Paolo Rallo.


 

ANSA

POCO VINO E BIRRA FA BENE

 ROMA - Arriva da uno studio italiano una conferma che fa piacere: un consumo moderato di bevande alcoliche - meglio se di vino ma mai più di due bicchieri al dì per lui, uno per lei - riduce il rischio di morte per qualunque causa.

E’ quanto spiegato da Giovanni de Gaetano, direttore dei Laboratori di Ricerca dell’Università Cattolica di Campobasso, che però avverte: no ai superalcolici come abitudine e no assoluto al ’binge drinking’, ovvero all"abbuffatà di alcol in una sola sera, pratica purtroppo sempre più diffusa tra i giovanissimi. Secondo quanto riferito sugli Archives of Internal Medicine, la ricerca, che si basa sulla revisione di ben 34 studi precedentemente pubblicati sull’argomento per un campione complessivo di oltre un milione di persone, stima che il rischio di morte per ogni causa si riduce mediamente del 18% nei consumatori moderati di bevande alcoliche.

Ma, avverte De Gaetano, non si devono superare i limiti: in particolare non più di due porzioni di vino per lui (pari a due bicchieri) e una per lei, o una porzione di birra, pari a un boccale da 200 millilitri. Se si superano queste quantità l’incantesimo svanisce e anzi cominciano i problemi, sottolinea De Gaetano: "abbiamo anche calcolato che la soglia per annullare gli effetti benefici della bevanda alcolica e far scattare quelli negativi è di 18 grammi di alcol al dì per lei, (pari, se parliamo di vino, a due bicchieri scarsi o 150 millilitri), 38 grammi (pari a 350 millilitri di vino) per lui".

Il dato che emerge dallo studio è chiaro: il consumo moderato è quasi come un"assicurazione sulla vita, dicono gli esperti. Infatti si registra una riduzione media della mortalità per ogni causa pari al 18%. Queste le regole per beneficiare di effetti positivi dell’alcol, ricorda de Gaetano: il vino è da preferire ad altri alcolici; tuttavia anche la birra è salutare, sebbene, mentre il vino riduce il rischio cardiovascolare fin del 25%, il potere della birra sia inferiore (15% di rischio cardiovascolare in meno); diverse le quantità consentite per gli uomini e per le donne, le quali metabolizzano l’alcol in modo differente. Inoltre, continua de Gaetano, non consumare mai tutto in una volta il quantitativo consentito nell’arco di una settimana, cioé non ci si può astenere per giorni e poi pensare di bere tutto il quantitativo settimanale di alcolici insieme in una sola serata; anche se la quantità complessiva è la stessa, avverte de Gaetano, gli effetti sono molto diversi. Infine meglio bere ai pasti ed evitare i superalcolici di cui ne bastano quantità minime (10-20 millilitri) per entrare nella Soglia di rischio e comunque nessuno studio sembra dimostrare che abbiano un effetto protettivo. Al di fuori di queste regole, conclude de Gaetano, l’alcol fa male con rischi a breve e a lungo termine sulla salute. (*)

 

(*) Nota: la notizia è di 4 anni fa http://www.filemazio.net/scienzaitalia.asp?cod=79 , ma ogni tanto viene riciclata, forse per fare contento qualcuno, chissà.

La cosa che mi ha colpito è quell’affermazione netta e categorica “riduce il rischio di morte per qualunque causa”.

PER QUALUNQUE CAUSA, è una notizia straordinaria: significa che dobbiamo dire agli alcolisti in trattamento di ricominciare a bere un poco di vino e birra per aumentare le loro speranze di vita? Che i malati di fegato si devono fare qualche bicchiere per diminuire il rischio di evolvere in cirrosi? Significa che i chirurghi si devono fare un paio di bicchieri prima di operare, per diminuire il rischio di morti in sala operatoria? Che i muratori devono bere un po’ di vino e birra prima di salire su un ponteggio, per diminuire il rischio di incidenti sul lavoro? Significa che dobbiamo dire a chi guida di bere un po’ di vino e birra, per diminuire il rischio di morire in un incidente stradale? Dobbiamo forse anche dire ai neonati di bere un po’ di vino e di birra, per diminuire il rischio di incappare nelle cosiddette “morti bianche”?

Oh, sia chiaro, non sono io che esagero, c’è scritto proprio “PER QUALUNQUE CAUSA”…

La realtà è che il rapporto tra le persone e l’alcol è una questione complessa, che risente di moltissimi fattori.

Per questo non ha molto senso parlare di una “soglia” di sicurezza, che possa andare bene per tutti, per questo l’Organizzazione Mondiale della Salute dice che per la salute meno si beve e meglio è (“Less is better”).

Non so se è questo il caso, ma si è visto che molte ricerche che avevano dimostrato una migliore salute in bevitori “moderati” rispetto a persone che non assumevano alcol, avevano preso come “campione” persone che non assumevano alcol essendo stati pressoché costretti a smettere di bere proprio in conseguenza a problemi di salute… (vedi Studio Fillmore, anche in rassegna del 3 luglio 2006 https://www.asaps.it/showpage.php?id=9545 )


 

L’ADIGE del 11/12/2006

Più soldi nel portafogli e imitazione degli adulti: il facile approccio con il «bicchiere». Gli studi dell’Auto Mutuo Aiuto 

L’alcol? A quindici anni è un’abitudine

di FRANCESCA RE

Mercoledì, 13 Dicembre 2006
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