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Rassegna stampa Alcol e guida del 13 dicembre 2006

A cura di Alessandro Sbarbada e Roberto Argenta

LA STAMPA

IPPOCRATE VA AL GOVERNO

Lo Stato bio-etico

Date le ristrettezze dei sistemi sanitari, la salute diviene un bene pubblico di cui ciascuno deve avere cura. Malati, sofferenti, morenti sono colpevoli delle loro disgrazie

di Barbara Spinelli

In principio, come spesso accade quando ci si propone di correggere radicalmente il legno storto dell’umanità, l’intenzione era buona, oltre che pratica: abituato a essere accudito dallo Stato, il cittadino era invitato non solo a far valere un diritto alla salute ma anche a compiere i propri doveri, perché lo Stato non spendesse più del dovuto e del necessario per curarlo. I sistemi sanitari sono talmente impoveriti che una riforma s’impone, a meno di non demolirli: una riforma non solo contabile ma mentale. Dalle ristrettezze è possibile uscire solo con una rivoluzione delle responsabilità individuali, con un Welfare Responsabile. La salute diviene un bene pubblico di cui ciascuno deve aver cura, così come ciascuno dovrebbe aver cura - in tempi di scarsità e disastro climatico - dell’acqua o dell’elettricità.

Ma il corpo surrettiziamente cambia, in questa rivoluzione: diventa un bene da tutelare con nuovi modi di vivere, di ammalarsi, non appartenendo né a noi né a Dio ma allo Stato. Per tutte queste occorrenze vengono oggi raccomandati nuovi stili di vita, detti anche corretti come già avviene nel linguaggio politico. Vivere correttamente vuol dire non pesare sulle finanze pubbliche con malattie scongiurabili. Vuol dire evitare che la comunità paghi i costi di debolezze che stanno assumendo il carattere di colpe, di peccati. Fumare, bere eccessivamente, ingrassare, non fare ginnastica: tutti questi sono gesti scorretti, che la collettività condanna sempre più severamente e che i governanti son sempre più inclini a punire. Interrogata su La Stampa, il 26 novembre, il ministro della Sanità Livia Turco non esita a dire che sì, esiste il dovere di non ammalarsi, e di conseguenza anche il diritto dello Stato a sanzionare l’infermo colpevole con multe o ticket. Il giorno dopo sullo stesso giornale smentisce l’idea punitiva, allarmata forse da quel che ha detto o le è stato attribuito. Ma il malinteso non cancella il disagio suscitato da un salutismo che si fa etica dello Stato, e minaccia di trasformare il corpo da privato in pubblico, e il cittadino da adulto informato in minorenne.

Dalle buone intenzioni è facile infatti passare a qualcosa di molto diverso: a una capillare, intrusiva politica del corpo. Contabilità e moralismo puritano s’intrecciano, dando vita a un ibrido inedito nelle democrazie liberali: l’ibrido dello Stato bio-etico, che prescrive ai cittadini i modi privati di vivere, di soffrire, d’ammalarsi, d’invecchiare, di morire. La bio-politica non è mai stata così estesa, e non c’è governo che non sia ossessionato dalla questione del corpo infermo o potenzialmente infermo: giacché non sono solo i malati a esser esecrati, da chi mescola conti dello Stato, etica neo-puritana, brama d’immortalità, uso sempre più ramificato della paura. Sono sospettati in anticipo anche i sani, qualora il loro comportamento non sia, come in un computer, re-inizializzato. Chi non si conforma è una bomba umana, che a ogni momento può devastare le finanze come la morale cittadina.

Il malato, il sofferente, il morente diventano i colpevoli delle disgrazie loro capitate, e chi dice colpa dice prima o poi pena, e comunque esclusione, designazione d’un possibile capro espiatorio. Gli spazi riservati al fumatore, in alcuni aeroporti, sono loculi separati dall’umanità corretta, i sedili più duri e piccoli di quelli esterni, la luce sparata dall’alto, l’aria infetta. Il Panopticon descritto da Michel Foucault come primo atto carcerario della bio-politica è in piena funzione. Sei guatato da ogni parte, e non c’è più bisogno del sorvegliante perché basta, per sentirsi imprigionati, il senso di esser osservati. Più che reinserire l’individuo si tratta di raddrizzarlo (Michel Foucault, Sorvegliare e punire, Einaudi). Le parole stesse mutano: il tabagista e l’alcolizzato non sono dipendenti, ma bambini con brutte abitudini facilmente estirpabili.

L’espansione abnorme della biopolitica è cominciata in America e nell’Inghilterra di Tony Blair, ed estendendosi all’Italia include ormai, tra i peccati, l’obesità o la magrezza, che con alcolismo e tabagismo hanno poco a che vedere. Nell’attuale governo questa spinta è forte, perché la sinistra ha una propensione antica a rettificare le umane storture. Le filosofie progressiste l’hanno plasmata, e Kant con il suo pessimismo sul progresso entra a fatica nel suo ragionamento. Per Kant il male si mescola inestricabilmente al bene, e «da un legno così storto come quello di cui è fatto l’uomo non si può trarre nulla di completamente diritto», dal momento che l’uomo è libero. Il salutismo non crede a questa saggezza: tante utopie sono andate smarrite, e smaniosa è la fretta di cercarne di nuove. La società terapeutica è l’ultima utopia dello Stato etico e castigatore.

Il risultato di quest’anelito addomesticatore non è solo un’invasione, mai vista, nella vita privata del cittadino. Un’infinità di comportamenti viene influenzata, e in special modo cambia il mestiere di medico. Ippocrate deve dimenticare il proprio giuramento, ed entrare in un’altra logica: la logica dell’assistenza pubblica impoverita, che cura solo il cittadino con stili di vita corretti. Abbandonato il patto stretto originariamente col malato («mi asterrò dal recar danno e offesa») il medico deve ora ricordare che lo Stato ha una politica salutista di cui lui è l’esecutore, il funzionario. Nel Welfare Responsabile di Blair il servizio sanitario può negare un intervento chirurgico all’anca a chi si rifiuta previamente di dimagrire. Già oggi, l’autorità sanitaria del Norfolk esige che i fumatori bisognosi di un’operazione di routine si sottopongano prima a un programma per smettere, con un preciso limite di tempo (Maria Chiara Bonazzi, La Stampa, 25 novembre). Il programma non riguarda chi ha bisogno di chirurgia urgente, ma la china è scivolosa e presto si potrebbe giungere anche a questo. Il medico può nuocere, se nel sofferente intuisce una colpa. Messo da parte il giuramento, Ippocrate va al governo.

Ogni rivoluzione coltiva il sogno del raddrizzatore, del correttore. Raddrizzatori popolano il romanzo fantapolitico Erewhon (anagramma di Nowhere, nessun-luogo), scritto nel 1872 da Samuel Butler. A Erewhon tutti i valori sono capovolti: i malati vengono chiamatiradically vicious, radicalmente peccaminosi, e son trattati come criminali, processati, imprigionati. Un raffreddore è disgrazia da nascondere: chiunque può denunciarci. Un’affezione polmonare può esser punita con la morte. Ben altro trattamento riceve il vero crimine, curato come indisposizione. Ladri e assassini sono medicati in ospedali dove regnano comprensione e buone maniere (Erewhon, Adelphi 1975). Il legno raddrizzato si fa ancora più storto, e la nostra aspirazione non è più la salute, ma quel bene non del tutto terreno che è la salvezza.


 

IL GIORNALE

I gestori dei locali da ballo: «Basta rave autorizzati»

- di Redazione - 

Polemiche sui megaraduni after-hour autorizzati dal Comune dopo la morte, domenica sera, di Elisa Fasolo, la ventunenne originaria di Potenza stroncata da un fatale mix di alcol e droghe. Il Silb, il sindacato dei gestori dei locali da ballo, infatti, ha ribadito la propria «contrarietà a eventi in grado di richiamare migliaia di giovani, ma senza controllo alcuno su quanto avviene durante l’intrattenimento». Il sindacato ha risposto alle accuse rivolte alla categoria a seguito della drammatica vicenda del decesso della ragazza dopo una serata di musica techno dell’Europa Festival ospitato dalla Fiera di Roma. «È discutibile - dichiara Antonio Flamini, vicepresidente del Silb - l’autorizzazione rilasciata per un’iniziativa ad alto rischio per la salute dei giovani. I gestori di discoteche portano avanti lotte durissime contro queste forme di concorrenza sleale e senza vigilanza alcuna sulla vendita di alcol e su movimenti sospetti. Non ci stiamo - prosegue Flamini - a essere messi sul banco degli imputati per fatti che avvengono fuori dalle discoteche; la nostra professionalità e l’attenzione rivolta ai clienti più giovani non devono essere messe in discussione. Infatti il Silb - conclude - si è dotato da tempo di un codice etico nell’impegno sempre più assiduo di promuovere un divertimento sicuro e ha avviato una serie di campagne contro abusi da alcol».


 

L’ARENA

Iniziativa della prefettura. L’obiettivo è di ridurre i comportamenti pericolosi sulle strade, soprattutto per abuso di alcol e droghe

Video choc per fermare le stragi

Saranno trasmessi durante le partite allo stadio e nei centri commerciali

È ancora oggi, probabilmente, il miglior deterrente a comportamenti pericolosi sulle strade: mostrare le immagini choc delle conseguenze di incidenti stradali, soprattutto quelli dovuti all’eccesso di velocità o all’abuso di sostanze alcooliche o stupefacenti. E su iniziativa e stimolo della Prefettura, che ha predisposto degli spot sui drammatici effetti di incidenti stradali, in particolare quelli in cui restano coinvolti giovani motociclisti, in questi giorni l’Unione del commercio, del turismo e dei servizi della Confcommercio e le due società di calcio cittadine, ossia il Chievo e l’Hellas, hanno aderito a questa forma di campagna di informazione per la sicurezza stradale. E se i primi diffonderanno i brevi filmati in alcuni dei più frequentati centri commerciali della provincia, i secondi li presenteranno sul maxischermo all’interno dello stadio Bentegodi, in maniera che i messaggi possano raggiungere il maggior numero possibile di persone.

Coinvolte nell’iniziativa della Prefettura, il cui obiettivo è la prevenzione degli incidenti stradali sensibilizzando i conducenti più giovani affinché mantengano comportamenti di maggiore prudenza quando si trovano alla guida, sono anche le emittenti televisive locali. Ad esse, infatti, sono stati forniti dei Dvd che mostrano le immagini drammatiche degli effetti devastanti che una cattiva condotta automobilistica può provocare. (*)

La campagna parte in questi giorni proprio a scopo preventivo. Infatti tra qualche giorno inizierà un periodo di festività, tradizionalmente caratterizzato da un incremento nefasto di incidenti, dalle conseguenze fatali.

E i dati relativi al 2006 sono sconvolgenti, una vera e propria strage sulle strade veronesi. Sono infatti 118 i deceduti in incidenti stradali dall’inizio dell’anni e ben 42 di essi viaggiavano a bordo di motociclette, scooter o ciclomotori. Un numero impressionante in assoluto e in percentuale. E proprio questa tipologia di incidenti è stata al centro della recente conferenza europea sulla sicurezza stradale che si è tenuta a Verona nella Gran Guardia. (g.b.)

 

(*) Nota: alla maggior parte dei miei colleghi psicologi l’uso di immagini shock, per aumentare la consapevolezza sui comportamenti a rischio, non piace. I motivi sono la facile assuefazione e la non percezione di sentirsi a rischio che limita l’immedesimazione. È in ogni caso meglio questo che niente. In assenza di interventi “emotivi” gli incidenti che si vogliono evitare rischiano di rimanere una semplice astrazione e la morte un’immagine senza emotività; come le decine di cadaveri, veri e finti, che quotidianamente si vedono in TV.


 

TICINO ONLINE

SVIZZERA

È l’alcol la causa di violenza tra gli adolescenti

I ragazzi si ubriacano almeno due volte al mese e bevono alcol quasi tutti i mesi. È quanto emerge da uno studio pubblicato oggi dall’Istituto svizzero di prevenzione dell’alcolismo e altre tossicomanie (ISPA)

BERNA - Circa il 20 per cento degli adolescenti consuma alcol in modo problematico. In altre parole, i ragazzi si ubriacano almeno due volte al mese e bevono alcol quasi tutti i mesi. Questo fenomeno coinvolge più i ragazzi (nella misura del 25%) che le ragazze (15%). Inoltre, a causa dell’alcol, i giovani assumono spesso comportamenti violenti. È quanto risulta da uno studio dell’Istituto svizzero di prevenzione dell’alcolismo e altre tossicomanie (ISPA) pubblicato oggi.

Secondo la ricerca (che ha preso in considerazione 6845 giovani, 70% nella Svizzera tedesca, 22% in quella di lingua francese e l’8% in Ticino) il 25% dei maschi che ha un rapporto problematico con l’alcol è responsabile del 50-60 per cento di tutti gli atti violenti commessi dai ragazzi (inclusi i danni materiali). Per le ragazze questa percentuale scende al 40-50%. Lo studio non dice tuttavia se la violenza viene esercitata sotto l’influsso dell’alcol.

L’ISPA stima che, tra i ragazzi, in media un atto violento al mese e per classe sia causato dall’alcol. Tra le ragazze questa proporzione è di uno ogni tre mesi. In cifre assolute i ragazzi commettono quindi più atti violenti dovuti all’alcol rispetto alle ragazze. Proporzionalmente, però, l’alcol svolge un ruolo maggiore tra le ragazze che tra i ragazzi: se tra i maschi circa un terzo degli atti di violenza fisica è causato dall’alcol, tra le ragazze siamo sui due terzi.

Dalla ricerca emerge anche che gli adolescenti che hanno un consumo ’problematico’ di alcol dichiarano più spesso di essere insoddisfatti del rapporto con i genitori, di marinare la scuola, di avere rapporti sessuali a rischio e di fumare spinelli o sigarette.

Secondo l’ISPA, i risultati di questo studio mostrano chiaramente che esiste un nesso tra consumo di alcol e violenza. È quindi importante impedire per tempo che i giovani consumino alcol in modo problematico. Dal suo punto di vista è pure necessario potenziare i programmi di prevenzione della violenza. La ricerca è stata condotta su un campione di circa 7’000 scolari tra i 13 e i 17 anni.


 

LA STAMPA

Giro di vite

Sergio Miravalle

Bere con moderazione non lo dice solo George

È tornato George. Il bel Clooney giunge sornione durante una festa, “sequestra” tutte le bottiglie di spumante e se ne va con lo slogan che è già nella storia della pubblicità “No Martini? No party!”. Lo spot tv si conclude però con una novità: una scritta alla base del teleschermo che invita a gustare i prodotti Martini con moderazione. Il gruppo Bacardi, che controlla il marchio italiano, è stato il primo ad inserire nella sua pubblicità questo avviso. Altri lo faranno, lo dovranno fare. Ed è sintomatico che un grande marchio lo sottolinei anche in vista delle feste di fine anno quando “alzare il gomito” sembra più lecito.

Per il mondo del vino questo è un argomento ancora scomodo. Si tende a dimenticarlo a farlo risolvere ad altri, salvo poi essere pronti a gridare all’ondata proibizionista. Si rischia così di giocare in difesa e farsi sorprendere impreparati dalle tante iniziative salutiste che, senza andare troppo per il sottile, elencano il consumo di vino tra i comportamenti nocivi.

Perché allora non pensarci prima, anche senza essere George Clooney? Un gruppo di studenti del terzo anno di Viticoltura ed Enologia, ai quali era stato chiesto di preparare un “dispieghevole” di una cantina che illustrasse storia e prodotti con un “avvertimento” contro gli eccessi alcolici ha inventato frasi e rielaborato proverbi. Alcuni esempi: “abusare del consumo di vino è come frenare su una strada ghiacciata, si perde stupidamente il controllo”; “Il vino è la bevanda degli dei, abusandone rimaniamo mortali”; “Quando il vino bevo, guidar non devo, se il vino assaggio sono proprio saggio”; “Il vino è salute se gustato in compagnia e con saggezza”. È infine: “Se bevi per dimenticare, ricordati che devi vivere”.

 

(*) Nota: mettere delle scritte di avvertimento sulle etichette sarebbe un piccolo passo avanti. Forse più utile alla consapevolezza dei produttori che quella dei bevitori. L’importante è che non abbiano il monopolio degli slogan così come ora hanno il monopolio dell’informazione alcolica. Esistono molti slogan che un produttore non può mettere in etichetta. Uno per tutti quello dell’OMS “Less is better”. Meno si beve meglio è.


 

L’ADIGE

I presidi: «Necessari incontri per fare conoscere i rischi della tecnologia».

Turri: «Manca il rispetto della persona»

Scuola e videofonini: i divieti non servono Zappini: «Esempi negativi. Labile il confine fra lecito e illecito»

«Era solo un gioco fra amici. Chi perdeva si doveva spogliare». Il gioco però veniva ripreso con le minitelecamere dei telefonini di ultima generazione e così le immagini senza veli di una ragazza di quindici anni sono finite sui telefoni dei coetanei. Una «catena di S.Antonio»: pare che il video a luci rosse, fatto da diverse angolature, sia stato inoltrato a più di cento giovani e giovanissimi, fra i 12 e i 17 anni, che frequentano le scuole medie e superiori in Valle di Non. Il «gioco» è un reato: divulgazione di materiale pornografico. Nei guai sono finiti sei ragazzi: cinque hanno partecipato alla realizzazione dei video e delle foto, uno si è «limitato» ad inoltrare le immagini. Il filmino è stato girato qualche mese fa, all’inizio dell’anno scolastico. Una serata come tante, durante la quale si è bevuto alcol ed è stato perso il senso della misura. Pochi giorni fa i carabinieri di Cles, dopo una serie di indagini, hanno riconosciuto la giovane e si sono fatti raccontare la storia nei dettagli. Su decreto firmato dal sostituto procuratore presso il Tribunale dei minori Mansueto Crepaz, è stato fatto il sequestro dei telefoni. Le indagini sono ancora alle prime battute. I carabinieri hanno sequestrato anche i computer dei ragazzi, alla ricerca di tracce di quel filmato e di altri. In questi giorni, in Valle di Non, c’è grande preoccupazione. Le famiglie si sono confrontate anche con gli insegnanti perché ormai sono moltissimi i ragazzini dotati di un telefono. Quelli più moderni, di cui gli adolescenti, a differenza degli adulti, conoscono ogni segreto, hanno telecamera e fotocamera. Come detto, l’inchiesta è a tutto campo. Gli inquirenti stanno affrontando il caso con la massima delicatezza, tutelando la ragazzina che in questa storia è la vittima. Le reazioni, in questi casi, sono spesso imprevedibili. Qualche settimana fa, in Emilia Romagna, una giovane ha tentato il suicidio dopo che delle foto rubate erano state diffuse da alcuni coetanei. Proseguono, dicevamo, i controlli dei carabinieri. Si cerca di capire se in passato sono state fatte circolare altre immagini a sfondo sessuale e se altre persone sono coinvolte. C’è poi da capire se i ragazzi si sono spinti più in là, se il video è stato messo in internet, su qualche sito web fra i più frequentati dai navigatori. Nei prossimi giorni i ragazzi verranno interrogati dal sostituto procuratore Crepaz. «La speranza - dice - è che questi giovani si siano resi conto del male che hanno fatto alla loro amica». Il codice penale prevede l’arresto fino a sei mesi o l’ammenda fino a 516 euro. Ma i sei potrebbero cavarsela con l’affidamento al servizio sociale minorile. Solo nei prossimi giorni si conosceranno i contorni della vicenda. La ragazza potrà affidarsi ad un avvocato e solo allora si potrà conoscere la posizione ufficiale. Pare che, quando è stato girato il filmino, sia lei che i sei maschi con cui ha trascorso la serata abbiano bevuto parecchio. Per il momento è esclusa l’ipotesi di violenza sessuale. Come detto, il tutto era stato percepito come un gioco: chi perdeva doveva spogliarsi. I ragazzi si erano tolti qualche capo di abbigliamento. Solo lei è rimasta praticamente nuda. E tutto è stato documentato. Secondo gli esperti l’utilizzo del telefono cellulare e di internet è ormai diventato un’abitudine per gli studenti iscritti alle scuole superiori, per quelli iscritti alle medie o, addirittura, alle elementari. Il rischio, nel caso dell’uso dei videofonini, è però di arrivare a commettere dei reati. Le potenzialità della tecnologia sono enormi. I ragazzi lo sanno. Ciò che non sanno è che un utilizzo scorretto porta a violazioni di legge. Secondo recenti studi sui telefonini e i computer, i reati commessi a danno dei minori sono in aumento e gli autori sono essi stessi minorenni. In valle gli studenti del liceo e delle medie che sono stati interpellati dicono che tutti sapevano. Gli unici all’oscuro di tutto erano quindi genitori e insegnanti.


 

IL GAZZETTINO (Treviso)

BREDA Padre di famiglia di 66 anni 

Maltrattamenti in casa A processo il 6 febbraio 

Picchiato anche il figlio tetraplegico

Breda

Affronterà il processo il 6 febbraio: il gip Valeria Castagna ha infatti rifiutato ieri di concedere il patteggiamento a Jommaria Mulas, 66 anni, di Breda di Piave, imputato di maltrattamenti in famiglia.

Sarebbe solo uno dei - purtroppo - molti casi che avvengono nella Marca se non ci fosse un risvolto ancora più tragico: il figlio della coppia è rimasto vittima di un incidente ed è in carrozzella, in casa con i genitori, paralizzato gambe e braccia. Eppure, una delle troppe volte in cui il padre, spesso anche preda dell’alcool, ha picchiato e offeso la madre, il figlio è intervenuto ed è finito anche lui malamente picchiato e umiliato.

Drammi: Mulas è già stato due volte diffidato dal rientrare a casa (nell’agosto e nel settembre scorso) dal pubblico ministero Iuri De Biasi. L’uomo ha maltrattato la moglie umiliandola psicologicamente, accusandola falsamente, prendendola a pugni e schiaffi anche in testa, minacciandola di morte e prendendola per il collo finchè la poveretta ha chiesto aiuto all’autorità pubblica. Nella denuncia della donna è indicato anche che l’uomo ha tentato di soffocare il figlio durante uno degli episodi di violenza.


 

CORRIERE ADRIATICO

Pestarono medici e infermieri: condannati ieri in tribunale i fratelli Ferrari

Pronto soccorso, vertice col sindaco

JESI - Dieci mesi di carcere, tutti da scontare, a Cristian Ferrari; quattro mesi, con pena sospesa, per il fratello Luca. E’ stata questa la sentenza emessa ieri mattina dal giudice Antonella Passalacqua del Tribunale di Jesi. Ma se la vicenda giudiziaria termina qui per via del rito abbreviato per Cristian e del patteggiamento per Luca, resta intero il problema della sicurezza al pronto soccorso dell’ospedale al Viale. Tanto che il sindaco Fabiano Belcecchi s’incntrerà quanto prima con il direttore della Zona 5 dell’Asur Ciro Mingione e con il commissariato di polizia per tutelare la sicurezza degli operatori e dei pazienti del pronto soccorso.

Il legame tra la vicenda giudiziaria e quella politica, è dato dal fatto che i fratelli Ferrari, nomadi residenti nel campo attrezzato jesino, la scorsa settimana, sotto l’influsso dell’alcol, avevano aggredito e picchiato due medici, cinque infermieri e anche un malcapitato paziente del pronto soccorso. I motivi: l’alcol eccessivo quello fondante, una bambina che piangeva mentre veniva medicata il fatto scatenante. Arrestati dai carabinieri, sono stati processati ieri. Sono stati difesi dall’avvocato Alessandro Sorana del Foro di Jesi che, per Cristian Ferrari ha chiesto e ottenuto - dopo il consenso del pubblico ministero Federica Guarrella - il rito abbreviato, mentre ha patteggiato la pena di 4 mesi per Luca. Cristian, come detto, i 10 mesi di carcere li dovrà scontare perché non può più usufruire dei benefici di legge, mentre suo fratello è stato rimesso in libertà.

La vicenda è stata solo l’ultima di una lunga serie, anche se la più violenta con il coinvolgimento di tutto l’apparato medico e infermieristico del pronto soccorso che è riuscito, dopo una vera e propria battaglia, a mettere ko i due fratelli nomadi-residenti. Ma è stata anche la goccia che ha fatto traboccare il vaso. I sindacati hanno chiesto il ripristino del posto di polizia interno al pronto soccorso, soppresso anni fa. Il sindaco Fabiano Belcecchi, dopo aver dichiarato di concordare totalmente con i sindacati la necessità di sicurezza per gli operatori e per la gente che si reca al pronto soccorso sostiene che “non è più tollerabile che si verifichino fatti come quelli accaduti che destano particolare preoccupazione sia a chi è impegnato a prestare cure immediate, sia a chi di quelle cure ha bisogno. Avrò modo - conclude Belcecchi - di confrontarmi sia con la direzione della Zona 5 sia con la polizia affinché si possano studiare soluzioni tempestive ed efficaci a tutela della sicurezza pubblica”. Insomma, deve tornare il presidio di polizia.


 

IL GAZZETTINO (Vicenza)

Accoltellò il connazionale Condannato 

Vicenza

È stato condannato a sei anni e otto mesi di reclusione, ma soprattutto è stato riconosciuto colpevole della fattispecie dell’omicidio preterintenzionale, il magrebino Mohamed Bouhaj, 25 anni, che il 10 marzo scorso a Villaverla, al termine di una notte di alcol e hashish, aveva litigato con il connazionale Said Mahjoure, accoltellandolo ad una gamba. Poi aveva cercato di aiutarlo, con un impacco di caffé e una fasciatura. Ma al mattino successivo il ferito era stato trovato morto sul divano della casa, stroncato da un’emorragia.


 

ROMAGNA OGGI

Bevono fiumi di alcol ed infastidiscono clienti, arrestati per violenza a pubblico ufficiale 

FORLI’ - Avevano bevuto tanto di quel alcol da infastidire i clienti di un bar posto nelle vicinanze di Porta Schiavonia a tal punto che il gestore ha richiesto l’intervento di una gazzella dei Carabinieri. E’ successo ieri sera a Forlì a pochi passi dal centro.

Giunti tempestivamente sul posto, i militari hanno fatto non poca fatica a calmare gli animi dei due alterati i quali li hanno accolti a suon di calci e pugni. Gli agenti, però, sono riusciti a bloccarli e ad arrestarli con l’accusa di resistenza a pubblico ufficiale, violenza e danneggiamento.

In manette sono finiti il 30enne S.G. originario di Palermo ed il 48enne forlivese B.M. Quest’ultimo è stato processato per direttissima e condannato a due mesi di reclusione. Il palermitano, invece, è finito all’ospedale in quanto in coma etilico.


 

BRESCIA OGGI

MANERBIO. Accusa di vilipendio

Sputi sul monumento del carabiniere Nei guai due ventenni

Rischiano sino a quattro anni di carcere

Nei guai per una bravata. Per una «ragazzata» ,che probabilmente ha fatto seguito ad altre, due giovani di Manerbio rischiano una pesante condanna: sino a quattro anni di carcere per vilipendio.

I carabinieri della stazione di Manerbio hanno denunciato a piede libero due 21enni residenti in paese, accusati di vilipendio delle Forze armate e atti contrari alla pubblica decenza.

I due manerbiesi, con qualche precedente alle spalle come riferiscono i carabinieri, qualche giorno fa - probabilmente in stato di ebbrezza - si sono avvicinati al monumento intitolato alla memoria del Carabiniere in piazza Falcone-Borsellino a Manerbio e hanno urinato e sputato contro il monumento, arrampicandosi sul piedistallo della imponente statua in bronzo. Più persone li hanno notati e alla fine la voce è giunta in caserma.

Le indagini dei carabinieri di Manerbio hanno portato ad identificare - in tempi rapidi - gli autori del gesto. In caserma i due ragazzi hanno confessato. I militari stanno ora valutando se i due sono gli autori di un atto vandalico accaduto qualche giorno prima, sempre ai danni dello stesso monumento. Per quell’episodio era scatatta una denuncia verso ignoti. Per l’ultimo episodio i due rischiano fino a quattro anni di reclusione.

f.mo.


 

LA PROVINCIA DI CREMONA

Tunisino morto Fermati 3 poliziotti

Parigi — Il corpo di un uomo che potrebbe essere quello di Taoufik Amri, scomparso a Nantes la notte del 22 novembre dopo un controllo di polizia, è stato trovato in un canale della città. Tre poliziotti che avevano proceduto al controllo dell’uomo, che era in stato di ebbrezza, sono stati sottoposti al fermo di polizia. La ricostruzione dei poliziotti sarebbe stata smentita da testimoni.


 

LA PROVINCIA DI CREMONA

In aula il vandalo con l’ascia

Il 28enne a processo anche per un’aggressione in piazza

di Marco Bazzani

CASALMAGGIORE — Oggi si apre, davanti al giudice monocratico del Tribunale di Cremona, un processo piuttosto atteso a Casalmaggiore. Alla sbarra — imputato per lesioni aggravate, lesioni ‘semplici’, danneggiamenti, minacce e porto illegale di arma impropria — Andrea Prefumo, nato il 25 aprile 1978 a Cagliari. Un giovane, assistito dall’avvocato Fabrizio Vappina, che a Casalmaggiore e dintorni si è reso protagonista in passato di diversi episodi discutibili. Il pm Cinzia Piccioni contesta, infatti, anche la ‘recidiva aggravata’. Nel procedimento che parte oggi si contano undici parti offese: dieci cittadini e una banca. All’esame della magistratura due fatti di cui a suo tempo si parlò parecchio in città: innanzitutto l’aggressione avvenuta in piazza Garibaldi la sera del 10 maggio 2003 ai danni di un (allora) 61enne, e poi la mezz’ora di vandalismi che la sera di sabato 6 marzo 2004 lo portò, in compagnia di due amici, che però guardarono e basta, a danneggiare auto, garage e vetrine brandendo un’ascia. Fu soprattutto quest’episodio a scatenare discussioni, addirittura in Consiglio comunale. Poco prima delle 22.30 , armato di ascia, Prefumo gettò il centro città nel caos. Vandalismi, incentivati dall’alcol, interrotti dai carabinieri che ricevettero decine di segnalazioni tra via Trento, via Bixio, via Porzio, via Pozzi e vicolo Centauro: in quel tragitto sei auto furono prese a colpi di scure, come la basculante di un garage, la vetrata del Banco di Brescia, quella di un bar. Il proprietario di un’auto e un suo amico furono minacciati con l’ascia. Prefumo fu arrestato l’11 novembre 2004 per una rapina compiuta nel 2002 ai danni di una ragazza di Martignana. Scontò oltre un anno in carcere.


 

BRESCIA OGGI

L’INIZIATIVA BENEFICA. L’operazione è stata illustrata nell’azienda di Timoline, in preventivo un incasso di circa 15mila euro

Malattie del cuore, il vino finanzia la ricerca

La Barone Pizzini mette in vendita migliaia di bottiglie: il ricavato all’Università di Brescia

Un nuovo contributo alla cura delle malattie cardiovascolari passerà dalla cantina, attingendo alla maestria dei vinificatori della Franciacorta per esportare un messaggio di speranza e sostenere la ricerca. Il progetto è promosso dall’associazione Amici per il Cuore di Chiari, una vera rarità nell’ambito del volontariato sanitario, che ha inteso così sostenere l’attività del Dipartimento di ricerca dell’Università di Brescia mirata alla cura e alla prevenzione delle malattie del cuore e dell’apparato circolatorio.

Al Dipartimento, diretto dal professor Sergio Marchesini, andranno circa 15 mila euro, grazie a una raccolta fondi che passerà per la bottiglia di vino rosso, un vero toccasana, dicono le ricerche, per il cuore e la salute delle arterie.

Migliaia saranno infatti le bottiglie che verranno cedute in cambio di un contributo alla causa dell’associazione, che ha ottenuto la collaborazione dell’azienda vinicola Barone Pizzini (Timoline di Cortefranca).

Qui, ieri mattina, è stata presentata l’iniziativa con l’intervento di Giacomo Fogliata, presidente degli Amici per il cuore, alcuni membri del direttivo e Nanni Pagnoni, presidente Barone Pizzini Spa.

Sulle migliaia di bottiglie offerte da Barone Pizzini per contribuire alla raccolta benefica comparirà lo slogan: «Il cuore ha trovato la bottiglia per il suo messaggio d’amore».

«Le ricerche condotte dall’Università di Brescia specificamente su questi vini di Franciacorta – ha spiegato Fogliata – hanno evidenziato un alto contenuto di polifenoli, sostanze particolarmente benefiche per l’apparato cardiocircolatorio. Abbiamo dunque voluto legare questa ennesima conferma, legata soprattutto al vino rosso, a una campagna che attraverso il vino vuole arrivare a sostenere l’attività di talentuosi ricercatori impegnati nel Dipartimento di Ricerca alla Facoltà bresciana di Medicina. Alle già numerose donazioni nei confronti dell’azienda ospedaliera Mellini di Chiari, abbiamo preferito un contributo più generale, di cui potrà beneficiare la sanità bresciana in generale, oltre che nazionale».

Pagnoni si è detto quindi disponibile a trasformare in tradizione questa iniziativa, accettando la proposta dell’associazione di ripetere anche il prossimo anno tale vendita che, in questo caso, proseguirà fino ad aprile, in occasione dei festeggiamenti per il ventesimo di fondazione degli Amici del Cuore, realtà fondata su iniziativa di alcuni pazienti che si erano incontrati durante il ricovero all’ospedale di Chiari.

«Voglio ricordare – ha concluso Fogliata – che questa campagna è stata condotta a costo zero, grazie al sostegno di grafici (Clerici & Associati), stampatori (Tipolitografia Clarense), della Fondazione Bettolini di Chiari, della Barone Pizzini e grazie al patrocinio della Provincia di Brescia». Chi volesse sostenere la ricerca con l’acquisto di bottiglie dell’associazione può telefonare o inviare un fax contattando lo 030.7001992, oppure inviando una e-mail a amicicuorechiari@libero.it.

Massimiliano Magli


 

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Giovedì, 14 Dicembre 2006
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