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Articoli 22/12/2006

Le società autostradali regaleranno 25mila gilet retroriflettenti agli automobilisti in panne: li consegneranno poliziotti e gendarmi

Le aspettative di vita per un pedone in autostrada? 20 minuti!


(ASAPS) PARIGI, 20 dicembre 2006 – Lo sapevate quanto dura un pedone in autostrada? 20 minuti! Lo dicono le autostrade francesi, che hanno deciso di aiutare chi resta a piedi sul nastro d’asfalto ed ha come unica speranza di salvezza di uscirne al più presto. Come? Innanzitutto indossando il gilet retroriflettente, quello che la legge italiana ci impone di indossare ogni qual volta ci si trovi a scendere dal veicolo. In Francia nessun articolo del code du route impone un obbligo del genere, anche se molti premono a Parigi per seguire l’esempio di Italia, Spagna, Austria e Portogallo.
In vista del Natale, l’associazione francese delle società concessionarie (ASFA), la nostra AISCAT, ha deciso di regalare gilet salvavita agli automobilisti, sperando di incoraggiare così conducenti e passeggeri ad “aiutarsi” innanzitutto da soli, in caso di incidente o di semplice panne.
Un opuscolo spiega quali siano le precauzioni minime di sicurezza, come ad esempio cercare riparo – se le condizioni lo permettono – oltre il guardrail. Le pattuglie di Polizia Nazionale e Gendarmeria che interverranno nei prossimi giorni in attività di soccorso in autostrada, avranno il compito di distribuirne 25mila, tutti in regola con la legge europea di omologazione, spiegando agli utenti come indossarlo e dove custodirlo in auto per garantirne un pronto utilizzo.
Secondo l’ASFA, che ha effettuato appositi studi in proposito, un pedone che indossi una casacca con strisce riflettenti, è visibile da almeno 300 metri in ore diurne (ciò in virtù del colore acceso arancione o giallo che contraddistingue il capo), ed a 160 metri in ore notturne.
Quando il pedone è invece sprovvisto del gilet, i conducenti dei veicoli riescono a vederlo solo ad una distanza di 100 metri (di giorno) o di 30 metri in ore notturne: un veicolo che viaggia a 130 km/h, percorre quello spazio in meno di un secondo, giusto il tempo medio di reazione.
È fin troppo ovvio che un veicolo lanciato in velocità non potrebbe mai riuscire ad evitare l’impatto contro il corpo del pedone ad una distanza così ridotta, considerando il tempo di reazione e quello di frenata, che insieme costituiscono lo spazio d’arresto.
Ma lo studio non si ferma qui, e si è addentrato sulla figura della persona che cammina a piedi, svelando scenari finora solo ipotizzati. Il pedone, sino all’esperienza investigativa dell’ASFA, è stato sempre studiato dalla parte dell’automobilista: si è lavorato insomma sulla sua figura in chiave di semplice protezione, cercando di immaginare per esempio come un automobilista avrebbe potuto vederlo prima, dove farlo attraversare o riservandogli spazi di deambulazione in armonia (ma quando mai) con l’habitat naturale dell’automobile, vera specie dominatrice del mondo moderno.
Quanti, finora, si sono invece calati nella testa di chi è in qualche modo costretto a percorrere a piedi questi spazi?
Le società concessionarie francesi, lo hanno fatto, mettendo un dato oggettivo su tutti gli altri: un pedone non comprende quasi mai di essere in una posizione di rischio.
Ovvio che l’autostrada è luogo assolutamente diverso rispetto alla città, ma considerata una lunga serie di fattori, gli esperti hanno calcolato che un pedone in autostrada – in determinate condizioni – difficilmente può superare i 20 minuti di sopravvivenza.
Attenzione: non si tratta affatto di sciocchezze, e lo dimostra l’altissimo numero di investimenti letali (anche in danno di poliziotti, cantonieri e addetti ai cantieri oltre che di utenti) che ogni anno si verificano in autostrada anche in Italia.
Dal punto di vista del pedone, infatti, mal si apprezza la velocità dei veicoli che gli vanno incontro ed è sistematicamente sottovaluta la distanza ed i tempi della frenata da parte dei mezzi in movimento.
È questa spesso la causa di tante, tantissime morti assurde. Per chi sta dietro al volante, che è ben cosciente della velocità tenuta, il comportamento del pedone che attraversa nonostante abbia perfettamente visto l’imminente arrivo della macchina, è incomprensibile, folle. Per lui, invece, alcuni attimi di terrore quando si accorge che la valutazione inconscia che aveva fatto è sbagliata: l’attraversamento è tardivo e la velocità del veicolo che sopraggiunge non gli consentirà né di proseguire, né di tornare indietro.
È finita.
L’essere visti prima, dunque, è una garanzia importantissima, perché consente al conducente del veicolo di avere una reazione anticipata, alla quale seguirà una frenata moderata. Eviterà, insomma il cosiddetto panic stop, la frenata istintiva che induce a spingere a fondo il pedale del freno, aumentando il rischio di incidenti stradali di altro tipo, come quelli caratterizzati da perdita di controllo o il tamponamento.
È vero che in Italia abbiamo una legge ad hoc, su questo preciso argomento, ma siamo sicuri di aver convinto l’utenza che farlo indossare è stata una decisione giusta?
Il 94% dei francesi – in pratica 9 su 10 – che hanno ammesso di conoscere il gilet retroriflettente (Oltralpe chiamato semplicemente gilet di sicurezza) stimano che si tratti di uno strumento che funziona.
Il dato che ha fatto riflettere ricercatori e società autostradali, però, è che solo il 47% tra gli intervistati nell’ambito di un sondaggio realizzato da TNS-Sofrès per conto dell’ASFA e della Prévention Routière, ha ammesso di possederne uno a portata di mano, ma che solo il 12% si ricorda poi di utilizzarlo.
L’indagine è stata eseguita intervistando 956 persone.
A questo punto, non è rimasto che tentare la carta della sensibilizzazione, visto che la sinistrosità stradale non concede mai troppo tempo: si pensi che in Francia, 1 incidente mortale su 8 coinvolge un pedone. Nel 2005 ne sono morti 20, investiti mentre camminavano sulla corsia di emergenza o su una delle corsie di marcia, a seguito di panne o incidente: il 70% di questi incidenti sono avvenuti di notte, e nessuno degli uccisi indossava il gilet. (Asaps)

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© asaps.it

Di Lorenzo Borselli

Francia
Venerdì, 22 Dicembre 2006
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