(Asaps)
ROMA, 28 dicembre 2006 – Definirlo “giro di vite”, appare persino
riduttivo. Certo, ora bisogna vedere in quale modo la sentenza della Cassazione
– ripresa ieri da La Repubblica e
finita subito dopo sulla home page di molti altri quotidiani – troverà
applicazione nell’orientamento giurisprudenziale comune, ma un punto fermo è stato messo. La Quinta Sezione penale
della Suprema Corte, infatti, ha chiuso con la sentenza numero 42276 la vicenda
processuale nei confronti di un 46enne di Udine, che al volante della propria
Porsche (in autostrada) aveva avuto a che dire con un altro automobilista, al
quale aveva prima chiesto strada abbagliandolo da tergo, e poi – una volta
completato il sorpasso si era vendicato – se così si può dire – del ritardo con
cui il suo antagonista aveva risposto ai suoi inviti di mettersi da parte.
Proprio inviti, però, non erano e su questo sono stati d’accordo tutti i
giudici, dal primo fino all’ultimo grado. E tanto meno erano solo rimostranze
le manovre poste in essere dopo il benedetto sorpasso, descritte dalla Persona
Offesa (perché di questo si tratta, a questo punto) come vere e proprie
minacce. Insomma, secondo la Cassazione si tratta di violenza privata, ed il
parere cassa il ricorso del condannato, uscito dalla Corte d’Appello del tribunale
di Trieste con una sentenza di condanna a 15 giorni di reclusione ed una multa
di 300 euro per ingiuria (colpa di un dito medio alzato all’indirizzo del
querelante dopo averlo terrorizzato con la sua condotta) ed al consueto pagamento
di 500 euro alla cassa delle ammende. Le manovre in velocità compiute dal suo
veicolo, il suo atteggiamento deliberatamente minaccioso e vendicativo, avevano
infatti impedito al sorpassato di
circolare liberamente, costringendolo a brusche frenate. Testualmente, si legge
nella sentenza che "…integra il reato di violenza privata la condotta del
conducente di autoveicolo il quale compia deliberatamente manovre insidiose al
fine di interferire la condotta di guida di un altro utente della strada,
realizzando così una privazione della libertà di determinazione e di azione
della persona offesa”. Non conosciamo
nel dettaglio la vicenda, ma immaginiamo che la Polizia Stradale sia stata
chiamata ad intervenire subito e che la Persona Offesa abbia dalla sua qualche
testimonianza. Ed ora attenzione: la Polizia Stradale interviene
quotidianamente per interventi di questo tipo, soprattutto in autostrada. Al
giudizio degli operatori – Ufficiali ed Agenti di Polizia Giudiziaria –
comprendere quanta verità stia dall’una e dall’altra parte, ma spesso
(spessissimo in verità) tocca poi ai tribunali decidere, qualora una delle
parti sporga querela o la stessa forza pubblica accerti la fattispecie di Violenza Privata (articolo 610 del
Codice Penale), per la quale la procedibilità è d’ufficio. Le autostrade, però,
sono ormai quasi interamente monitorate da sistemi di sorveglianza, e non è
escluso che la Polizia Stradale ricorra all’acquisizione delle immagini
registrate prima che vengano cancellate per le esigenze di privacy. Quindi, ai
prepotenti suggeriamo di calmare i propri istinti primordiali e rientrare nei
ranghi della civile convivenza. Porsche o no, la strada è di tutti. Ricordiamo
però, non solo per una questione di par
condicio che la corsia di sorpasso
non è una proprietà privata, ed il codice della strada prescrive l’obbligo di
mantenersi sempre al margine destro della propria corrente di marcia. Troppe
volte assistiamo alla presa di possesso di corsie centrali o di sorpasso senza
che quelle immediatamente a destra siano percorse da altri veicoli. Anche
questa è una violazione, perseguibile amministrativamente ai sensi dell’articolo
143 del CDS.(Asaps)
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