Il trasporto internazionale è regolato, sin dal
lontano 1956, dalla cosiddetta CMR. Vediamone i punti sostanziali e la sua
evoluzione negli anni
La posizione di leadership tuttora detenuta in
Italia dal trasporto di merci su strada, è il risultato di una realtà che nel
tempo ha portato ad un aumento a dismisura dello sviluppo della rete stradale
rispetto alla rete ferroviaria, probabilmente anche perché se da una parte
quest’ultima ha costi meno elevati, è altresì vero che comporta per lo più una
dilatazione dei tempi di consegna che sovente incide sulla qualità del carico,
soprattutto se soggetto ad avarie. A quanto sopra, occorre aggiungere lo scarso
sviluppo dell’intermodalità del trasporto, sistema questo che invece
arrecherebbe molti benefici in termini di costi e tempi di consegna,
soprattutto per le lunghe tratte, laddove il trasporto su strada fosse
razionalmente integrato con quello ferroviario, aereo, marittimo. Un fattore
determinante, nello scarso e rallentato sviluppo di metodi di trasporto
alternativo, è da sempre rinvenibile nella precisa identificazione del soggetto
responsabile, qualora il carico vada perduto o risulti avariato. Molte
perplessità, ad onor del vero, sono state fugate dal progressivo recepimento a
livello interno di convenzioni internazionali regolanti la materia, alle quali
deve oggi riconoscersi il merito di aver quantomeno standardizzato la
disciplina dei trasporti a livello internazionale.
La Convenzione CMR – Campo di applicazione
In questa materia, per convenzione internazionale si
intende far riferimento in particolare alla “Convention relative au
contract de trasport international de marchandises par route”, adottata
a Ginevra il 19 Maggio 1956, meglio conosciuta come CMR, normativa recepita dal
nostro ordinamento con la legge d’esecuzione n. 1621/1960. Successivamente la
citata normativa è stata integrata dal Protocollo di Ginevra del 5 Luglio 1978
che ha meglio precisato i criteri di quantificazione dell’indennizzo. Come già
anticipato, la ratio ispiratrice della normativa è stata quella di stabilire
regole omogenee per tutti gli Stati contraenti, per superare le inevitabili
difformità tra le leggi nazionali, attraverso la previsione di regole univoche
in termini di documentazione relativa al trasporto, responsabilità vettoriale e
connesso risarcimento dei danni alle merci trasportate. L’art. 1 della CMR
definisce l’ambito di applicazione della normativa fornendo la nozione di
contratto di trasporto internazionale di merci su strada, considerato come il
trasporto a titolo oneroso tramite veicoli, quali autoveicoli, rimorchi,
semirimorchi e articolati, laddove il luogo di ricevimento della merce e quello
previsto per la consegna si trovino in due Paesi diversi, dei quali, almeno uno
sia parte della convenzione, senza rilievo alcuno né per la cittadinanza, né
per il domicilio delle parti. Nelle ipotesi di intermodalità, la normativa si
sdoppia, prevedendo sistemi differenti di identificazione della responsabilità,
sempreché non vi siano norme specifiche regolanti la responsabilità per le
tipologie di trasporto differenti da quello stradale. Qualora non ricorrano i
presupposti di applicabilità della CMR, subentra la Convenzione di Roma del 19
Giugno 1980 sulle obbligazioni contrattuali; se neppure questa risulta
applicabile, subentra la legge nazionale di uno dei due Paesi contraenti, di
quello dove il contratto si è perfezionato o di quello di riconsegna della
merce. Poiché, come detto, l’Italia è parte della Convenzione, requisito questo
sufficiente per l’applicazione della CMR, qualsiasi trasporto da o per
l’Italia, è inevitabilmente assoggettato a questa normativa, a prescindere
dalla posizione dell’altro Paese rispetto a questa.
Documenti
di trasporto La Convenzione prevede espressamente, all’art. 4, “Il contratto di
trasporto su strada è regolato dalla lettera di vettura (nella prassi per
abbreviazione CMR); la mancanza, l’irregolarità o la perdita della stessa non
pregiudicano l’esistenza, né la validità del contratto di trasporto, il quale
resta regolato dalle norme della convenzione”. La lettera di vettura, secondo
l’art. 5, deve essere compilata in tre esemplari originali, rispettivamente per
il mittente, il vettore ed il destinatario, devono essere sottoscritti dal
mittente e dal vettore, anche mediante timbri, ove la legislazione del Paese in
cui la lettere di vettura viene compilata lo consenta; questo al fine di
dirimere le divergenze che insorgevano laddove la mancanza di sottoscrizione
autografa diventava un impedimento al risarcimento del danno da perdita o da
avaria. L’utilità della lettera di vettura consiste in tutte le indicazioni
fornite dal mittente al vettore in merito all’esecuzione del trasporto e per
quest’ultimo vincolanti, anche se la prassi mostra spesso lettere di vettura
compilate direttamente dal vettore (ovviamente prassi erronea), poiché in
questi casi il vettore detta praticamente a se stesso le istruzioni relative al
trasporto, con la non trascurabile conseguenza che questi potrebbe sottrarsi a
responsabilità per perdita e/o avaria, invocando una delle cause di esonero
contemplate dall’art. 17. Occorre non confondere la lettera di vettura con il
contratto di trasporto, in quanto la prima rispetto a quest’ultimo rileva
essenzialmente come elemento probatorio, la cui mancanza, come già anticipato
non incide sulla possibilità di provare diversamente, con prove documentali o
testimoniali, l’esistenza o la validità del contratto stesso. La lettera di
vettura, laddove esistente e regolare, fa piena prova, dell’esistenza del
contratto e delle condizioni che lo regolano, della merce presa dal vettore e
del relativo stato. Eventuali anomalie devono essere segnalate nell’apposita
casella della lettera di vettura, affinché il vettore possa giustamente andare
esente da responsabilità, se ha formulato riserve sulla merce e/o sugli
imballaggi; chiaramente tale ipotesi non incide sull’onere del vettore,
comunque tenuto ad un preventivo esame circa la correttezza delle indicazioni
sul numero di colli, contrassegni e numeri, stato apparente della merce. Queste
operazioni assumono grande rilievo, poiché in caso di mancanza di riserve, vale
la presunzione che la merce e gli imballaggi siano conformi al momento della
presa in consegna da parte del vettore, presunzione che fa gravare sul vettore
la piena responsabilità delle merci trasportate. Responsabilità del vettore
Questa è probabilmente la materia che continua a creare le maggiori incognite Tuttavia,
punto di partenza indefettibile, è il principio per il quale dal momento in cui
il vettore prende in carico le merci senza riserve, assume il dovere di tenerle
indenni da perdite e/o avarie totali e/o parziali, nonché da ritardi, che
possano subentrare nell’arco temporale compreso tra la presa in consegna e la
riconsegna al destinatario. La norma prevede una presunzione di responsabilità
a carico del vettore, poiché quest’ultimo va esente da responsabilità e dal
conseguente obbligo risarcitorio, se riesce a dimostrare che il fatto dannoso è
stato causato da accadimenti non imputabili alla sua condotta. Ciò deriva
dall’interpretazione del combinato disposto degli artt. 17 e 18 da cui si
evince che il vettore viene esonerato da responsabilità, se dimostra che la perdita
e/o l’avaria siano derivate da una delle seguenti cause a lui non imputabili:
colpa dell’avente diritto, specifico ordine dell’avente diritto non legato a
colpa del vettore, vizio della merce, circostanze inevitabili che abbiano
causato conseguenze cui sia stato impossibile ovviare, c.d. forza maggiore Ad
aggravare ulteriormente l’onere probatorio incombente sul vettore, questi non
può addurre a titolo di “scriminante” imperfezioni e/o inidoneità dei mezzi di
trasporto utilizzati, né eccepire la condotta colposa della persona che abbia
fornito a nolo il veicolo o dei dipendenti di quest’ultima. Giova ricordare che
secondo quanto disposto dall’art. 19 il vettore risponde altresì per il ritardo
nella consegna, se la merce non viene riconsegnata nei tempi concordati o, in
mancanza di accordo, se la durata superi il tempo ragionevole per un vettore
diligente. Criteri per la determinazione dell’indennizzo Appurata, laddove
ricorra, la responsabilità del vettore, occorre stabilire i criteri per la
quantificazione dell’indennizzo, materia anch’essa controversa, se solo si
considera che spesso i committenti pretendono un risarcimento pari al valore
della merce perduta, anche in mancanza di assicurazione del carico. In mancanza
di polizza assicurativa sul carico stipulata direttamente dal committente o di
polizza stipulata da vettore, in capo al quale, giova ricordare, la CMR non
pone alcun obbligo di questo genere, il committente può ottenere il
risarcimento integrale del danno solo se si sia premurato di dichiarare sulla
lettera di vettura il valore effettivo della merce trasportata (art. 24) o
l’interesse specifico alla riconsegna (art. 26). Questa premura comporta però
dei costi aggiuntivi in capo al committente e quindi nella prassi ciò induce
spesso i committenti più sprovveduti ad optare per un consistente abbattimento
dei costi di trasporto pur di non dover sopportare un supplemento di nolo che
in realtà, al verificarsi dell’evento dannoso, si rivela indispensabile, perché
unico e solo in grado di assicurare l’integrale ristoro del danno subito. Così
nella ricorrente eventualità di totale mancanza di polizza assicurativa o delle
dichiarazioni del committente poc’anzi indicate, il calcolo di indennizzo per
avaria viene computato con i parametri decisamente più modesti indicati
dall’art. 23, il quale fissa criteri alternativi operanti a scalare, i quali
operano il calcolo sulla base del valore della merce nel tempo e nel luogo in
cui il vettore l’ha ricevuta, a nulla rilevando eventuali sovrapprezzi
dipendenti da rivalutazioni temporali. Nel dettaglio tale valore viene
determinato sulla base dei seguenti criteri alternativi a scalare: sulla base
del corso di borsa, in mancanza, sulla base del prezzo corrente di mercato,
infine, in mancanza di entrambi i primi due parametri, sulla base del valore
ordinario di merci della medesima natura e qualità L’importo dell’indennizzo
non può comunque superare il limite di € 12,00 circa per kg lordo perduto. A
questa somma, deve aggiungersi il risarcimento totale o parziale del prezzo di
trasporto, dei diritti doganali e delle spese documentate sostenute per il
trasporto, oltre interessi sull’indennità, con tasso annuo del 5% decorrenti
dalla data del reclamo al vettore o dalla domanda giudiziale (art. 27). Queste
limitazioni e ancor più le ipotesi di esenzione da responsabilità, non rilevano
se il danno sia imputabile a dolo o colpa grave del vettore, dei suoi
dipendenti o di coloro dei quali si avvale per l’esecuzione del trasporto; in
tal caso anche in mancanza degli accorgimenti previsti a carico del committente
di cui ai citati artt. 24 e 26, questi ha diritto al risarcimento integrale
secondo quanto previsto dall’art. 29. Anche il terzo soggetto, il destinatario,
entra nel meccanismo al momento in cui riceve la merce, dato che può chiedere
di accertarne lo stato dinanzi al vettore e qualora il danno sia immediatamente
rilevabile, il destinatario ha l’onere di comunicare le sue riserve al momento
della riconsegna della merce; qualora invece i vizi non siano apparenti e
vengano rilevati in un momento successivo alla riconsegna, il reclamo deve
essere formulato per iscritto entro il termine di 7 giorni lavorativi dalla
riconsegna, per evitare che subentri la presunzione di corretta ricezione della
merce, cioè di merce esente da vizi. Azionabilità del diritto al risarcimento
Infine, un cenno all’aspetto processuale, induce a ricordare che nelle
controversie volte ad ottenere il risarcimento dei danni causati dal trasporto
e nonostante permangano divergenze nella giurisprudenza internazionale,
legittimato attivo è il mittente o il destinatario della merce, mentre
legittimato passivo, ossia colui al quale viene richiesto il risarcimento del
danno patito, chiaramente il vettore. Per i trasporti cumulativi, quelli
effettuati da più vettori successivi sulla base di un unico contratto di
trasporto e unica lettera di vettura, l’avente diritto può agire contro uno
qualsiasi dei vettori, oppure contro tutti (c.d. solidarietà passiva tra i
vettori); il vettore che abbia pagato integralmente ha poi azione di regresso
nei confronti degli altri per una somma proporzionale alla responsabilità di
ciascuno nella causazione del danno; laddove non sia possibile tale
quantificazione, si fa riferimento al compenso spettante a ciascun vettore per
il trasporto. In conclusione, l’art. 32 stabilisce un termine di prescrizione
di un anno decorrente dal giorno della riconsegna della merce (in caso di
perdita parziale, avaria o ritardo), dal trentesimo giorno successivo al
termine concordato per la riconsegna, oppure in mancanza di pattuizione, dal
sessantesimo giorno dal ricevimento della merce da parte del vettore (in caso
di perdita totale) o decorsi tre mesi dalla conclusione del contratto di
trasporto (in tutti gli altri casi non espressamente previsti). L’eventuale
reclamo scritto, sospende la prescrizione, che ricomincia a decorrere dal
momento in cui il vettore lo respinga, restituendo nel contempo i documenti
allegati. Per non indurre in confusione il lettore, ricordiamo che quanto
trattato in questo articolo, non riguarda la nuova normativa in tema di
responsabilità, introdotta dalla nuova legge sul trasporto nazionale (la famosa
liberalizzazione), che si occupa dell’aspetto della sicurezza e comunque, anche
per quanto riguarda i risarcimento delle merci trasportate, si limita ad un
ambito puramente nazionale.
di: Fabio Oppido
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