(ASAPS) BERLINO, 02 gennaio 2007 – Si chiama Wolfgang
Tiefensee, ed è ministro dei Trasporti in Germania. Il suo “no” è stato
categorico, e suona – per il tono con cui l’ha espresso – come un rifiuto
definitivo. La domanda che gli era stata posta, da parte dell’agenzia
governativa per l’ambiente, era quella di istituire un limite massimo di
velocità sulle autostrade della repubblica federale, allo scopo di porre un
freno alle emissioni inquinanti e di migliorare la sicurezza stradale. Sulle autobahn,
dunque, una parte del governo di Angela Merkel vorrebbe il limite dei 120, ma
il ministro Tiefensee nemmeno ne vuol sentire parlare. Scelta impopolare?
Probabile, ma è anche possibile che non si voglia demolire la leggenda secondo
la quale, in Germania, il limite è solo quello consigliato e che quindi
chiunque possa correre quanto gli pare. Una leggenda di cui andar fieri, secondo i molti che la
considerano quasi una caratteristica nazionale, una libertà troppo pericolosa per
ambiente e sicurezza stradale, secondo altri. La polemica è sul filo dell’ideologia, e non è facile –
dall’Italia – capirci qualcosa. In effetti anche la Germania è alle prese con
i problemi di tutta l’area mitteleuropea – la stessa lambita o comunque servita
dal futuro Corridoio 5 - improvvisamente allargatasi allo scoccare della
mezzanotte del 31 dicembre 2006, quando Bulgaria e Romania sono divenute stelle
in più da cucire, simbolicamente, sulla
bandiera dell’UE, che ora conta mezzo miliardo di cittadini (e molti milioni di
motori). Secondo i promotori della riforma, che farebbe cadere il
mito della velocità libera, stabilizzare il tachimetro delle vetture a 120 km/h, significherebbe
ridurre del 30% le emissioni inquinanti; un dato importante, come ha tenuto a
precisare il primo firmatario della proposta, Andreas Troge, che inciderebbe in
maniera determinante anche sul fronte della sinistrosità, in un paese dove i
risultati non sono affatto brillanti come in altri stati europei. Chi invece non vuole saperne, ministro Tiefensee in testa,
pur vantando pochi argomenti a sostegno delle proprie tesi, ha il popolo è
dalla sua: si pensi che secondo un sondaggio online del Financial Times
Deutschland (www.ftd.de), il 64% dei tedeschi
è assolutamente contrario all’istituzione del limite, mentre solo il 36%
accetterebbe di buon grado di togliere il piede dal gas. Da considerare poi che il paese di Schumacher vanta alcune
tra le case automobilistiche di maggior pregio del mondo, tutte improntate alla
realizzazione di modelli estremamente performanti e veloci. Per farsi un’idea
di questa realtà, basta consultare il listino di Quattroruote. In Germania, dove la mentalità è estremamente diversa
dalla nostra, l’istituzione del limite porrebbe il problema di una
riconversione industriale – almeno parziale – delle case costruttrici:
nell’ottica tedesca, insomma, a che serve produrre auto capaci di superare i
250 orari- con propulsori capaci di tanta cavalleria, telai ultraresistenti e
dispositivi di sicurezza adeguati – se poi non possono essere utilizzati? C’è da dire, però, che ad oggi la velocità media
registrata sulle autostrade tedesche è estremamente bassa: meno di 117 km/h. Colpa del volume
traffico in continuo aumento, ma merito anche della tolleranza zero posta in
essere sulle strade da parte della polizia, al punto che – si dice – un
conducente che trasgredisce alle regole, in termini di superamento della velocità dove il limite
esiste, viene pizzicato entro un quarto d’ora. E allora, dicono “quelli del no”, perché un limite legale se
già lo impone la realtà del traffico? È dunque questo il filo ideologico su cui si confrontano i
guelfi ed i ghibellini dell’acceleratore? No. C’è dell’altro. Secondo il Financial Times di Germania, si tratta di una
questione nazionale, arrivando a dire che l’assenza di velocità imposte sui
nastri d’asfalto è una caratteristica peculiare della Bundesrepublik,
esattamente come il pesto in Italia o la baguette in Francia. “A nessuno in Italia o in Francia – si legge sul
prestigioso quotidiano – verrebbe in mente di mettere fuori legge i successi
culturali dei rispettivi paesi, e se qualcuno ci provasse, sarebbe messo alla
porta alle prime elezioni”. A dire la verità, troviamo molto diverso difendere il Lardo
di Colonnata o il Camembert (ma gli esempi sono centinaia) dagli attacchi
dell’Unione, colosso centrale che troppo spesso non coglie le differenze
culturali tra luoghi distanti decine di migliaia di chilometri. Il paragone, secondo noi, non regge, altrimenti dovremmo
tollerare che in certi paesi si continui a praticare la pena di morte, la
tortura o l’infibulazione. Qualcuno ritiene che toccherà a Bruxelles imporre una
legge restrittiva alla Germania, nell’ambito magari di un piano comunitario
della mobilità, nel quale diritti e doveri degli utenti della strada siano il
più omogenei possibile e si eviti, nel futuro dei 27, confusione e disagio. In effetti, oggi, un po’ di confusione c’è, anche
nell’ordinatissima Germania, dove in effetti molti chilometri autostradali sono
liberi dal vincolo del valore massimo, ma altrettanti sono disciplinati da
limitazioni differenti: 80 all’ora, poi 110, 120 fino ai 100 orari nel passare
sotto ai viadotti. Sul rispetto di queste norme, c’è poco da dire e la polizia
le fa rigidamente rispettare: farsi pizzicare in stato di ebbrezza non conviene
affatto, e si consideri che per quanto riguarda lo stato di ebbrezza, se la
soglia massima tollerata è di 0.5 g/l, le assicurazioni si rifiutano di pagare
quando il conducente (loro assicurato) evidenzi valori al di sopra dello 0.3.
(ASAPS)
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