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Non pagate la
cartella esattoriale se l’amministrazione non esibisce il verbale
d’accertamento. Questa è la regola, stabilita dalla Cassazione (sent.
5789/2006), per i casi in cui l’utente, ricevuta la cartella del ruolo per mancato pagamento di una multa, chiede, non
ottenendo soddisfazione, la copia del verbale di accertamento dell’infrazione.
Con una decisione tutto sommato piuttosto scontata, la Corte è tornata a fare
il punto, sulla procedura di accertamento sul contenzioso stradale. Il caso,
sollevato davanti al giudice di pace di Ragusa, aveva visto uscire vittoriosa
l’amministrazione comunale sull’opponente che sosteneva di non essere obbligato
a pagare fino a quando l’amministrazione non ostentasse l’atto di accertamento
(sentenza 15 gennaio 2003). La sostanza della controversia ruota innanzitutto
intorno all’obbligo di verbalizzare l’accertamento. Nel sistema generale
disegnato dalla legge 24 novembre 1981, n. 689, per una serie di considerazioni
che non stiamo troppo ad approfondire, questo obbligo di verbalizzazione non
c’è (anche se a prima vista questo può sembrare paradossale). Per quanto
concerne il codice della strada, invece, il procedimento è più definito: prima
la redazione del verbale di accertamento secondo le forme e le modalità di cui
all’art. 383 del regolamento di esecuzione, poi la notificazione ai sensi degli
artt. 201 del codice e 385 del regolamento di esecuzione, norme per le quali il
verbale deve essere completato con l’inserzione dei motivi che hanno reso
impossibile la contestazione immediata. Detta in breve, accertamento dei fatti, redazione del verbale, notifica
all’interessato, sono fasi di un unico procedimento sanzionatorio che si chiude
o col pagamento o con l’eventuale archiviazione. Per il giudice di Ragusa,
invece, proprio per il tenore delle norme di cui alla legge 689/81, a far
scattare l’obbligo di pagare la cartella esattoriale, bastava la prova
dell’avvenuta notificazione, pur in difetto dell’atto notificato, cioè senza
l’esibizione del verbale d’accertamento. E’ vero che la relata di notifica, di
per se stessa rappresenta un atto pubblico, fidefacente fino a querela di falso.
Si tratta di un atto pubblico in quanto proviene da un pubblico ufficiale
nell’esercizio delle sue funzioni e l’attestazione della stessa relata,
inerente alle attività direttamente svolte dal notificatore ed al contenuto
estrinseco delle dichiarazioni da lui ricevute, rientrano sotto la tutela
dell’art. 2700 cod. civ. (Cass. 9 giugno 1987, n.5040). Per quanto riguarda
precipuamente la notificazione a mezzo del servizio postale, che è il mezzo di
notificazione più diffuso per le violazioni stradali, c’è da aggiungere che
l’attestazione apposta sull’avviso di ricevimento dell’agente postale, ove
questi dichiari di avere eseguito la notificazione, se sottoscritta, fa fede
fino a querela di falso (Cass. 1 marzo 2003, n. 3065). Ecco cosa ha pensato,
dunque, il giudice di Ragusa: un atto di accertamento per forza di cose c’è
stato, e ne costituisce la riprova la relata di notifica prodotta
dall’amministrazione resistente in giudizio. Qui, però siamo nel
campo del contenzioso stradale e quindi si applicano le formalità previste
dagli artt. 200 ss. cod. str. La necessità di verbalizzare, in questo ambito
non si desume dai principi generali citati e dalla normative di cui 2699 e 2700
cod. civ. sulla consistenza ed efficacia dell’atto pubblico (nella fattispecie
l’atto d’accertamento), ma dall’art. 383 reg. esec. cod. str. che sotto la
rubrica “contestazione – verbale di
accertamento” detta con precisione la forma ed il contenuto tipico
dell’atto. Quindi, la procedura stradale, in modo più specifico, codifica le
caratteristiche del verbale di accertamento, allegando addirittura il modello
grafico. D’altra parte, se nel procedimento sanzionatorio ordinario è
l’ordinanza ingiunzione ad essere dotata di esecutorietà, nella procedura
stradale è il verbale stesso ad essere dotato di questa forza. Riassumendo schematicamente, nella
procedura ordinaria abbiamo le seguenti fasi che si susseguono fino
all’esecuzione: a) l’accertamento di fatto; b) la contestazione/notificazione,
che deve essere provata e quindi consacrata in un atto pubblico (verbale di
accertamento); c) il rapporto sul mancato pagamento in misura ridotta; d)
l’ordinanza-ingiunzione; e) la cartella esattoriale; f) l’esecuzione forzata.
Più rapida è la procedura stradale dove abbiamo: a) l’accertamento di fatto; b)
il verbale redatto secondo la previsione dell’art. 383 reg., contestato o
notificato; c) la cartella esattoriale; d) l’esecuzione forzata. La sentenza
impugnata riguarda, appunto, l’ultima fase del descritto iter delle sanzioni
stradali, cioè quello della riscossione. Il procedimento è regolato dall’art.
27 della legge 689/1981, con l’osservanza delle modalità previste dal D.P.R.
602/1973, concernente la riscossione coattiva delle imposte dirette, come modificato dal d. leg.vo 26
febbraio 1999, n. 46. La procedura inizia con la formazione del ruolo per il
titolo esecutivo. L’amministrazione, a norma dell’art. 382 reg. norma che
richiama l’art. 1292 cod. civ., determina il soggetto, tra i coobbligati, che
verrà sottoposto a riscossione coattiva. Il ruolo così formato, viene
sottoposto al visto di regolarità del dirigente indicato dall’amministrazione.
Il tutto passa, quindi, all’esattore per la riscossione in unica soluzione. La
cartella indica, oltre la somma da pagare, l’ammontare degli interessi legali che
ha valore di sanzione aggiuntiva (Corte cost., ordinanza 14 luglio 1999, n.
308). Avverso la cartella esattoriale è ammessa opposizione, ma in sede di
giudizio possono farsi valere solo i vizi attinenti al documento impugnato,
essendo oramai scaduti i termini perentori per l’impugnazione del verbale di
accertamento (v. F. Piccioni, la procedura stradale, Laurus Robuffo, 2000,91).
Chi riceve la cartella, ha il diritto di verificare l’esistenza del verbale,
non bastando la prova dell’avvenuta notifica di atti giudiziari per mezzo della
posta. Ed in giudizio, si tratta di una prova che deve allegare l’ente
resistente a cui carico si pone la dimostrazione della regolarità del
procedimento. L’art. 23 della legge 689/81, d’altra parte, nel disciplinare il
rito, testualmente prevede che l’autorità che ha emesso il provvedimento deve,
per tempo, depositare in cancelleria “gli
atti di accertamento, nonché (quindi anche) quelli relativi alla contestazione o notificazione della violazione”.
Ora il giudice di Ragusa motiva, in ordine alla
sussistenza della avvenuta notificazione del verbale di accertamento della
infrazione, sulla base di due elementi: una mera annotazione di eseguita
notifica, con la data ma senza indicazioni del contenuto dell’atto notificato,
e l’avviso di contravvenzione. L’avviso al contravventore, però, è un atto che
palesa, come l’annotazione in un registro sia pure di una pubblica
amministrazione, l’eseguita notifica, senza indicazione dell’atto notificato,
quindi, integra un elemento privo anche di valore indiziario e comunque del
tutto inidoneo a fornire la prova che un determinato atto sia stato
effettivamente notificato al destinatario, prova nella specie necessaria al
fine di potere superare la contestazione sollevata dal ricorrente. Non si può
desumere l’esistenza di un fatto il cui accertamento appare decisivo ai fini
della soluzione della controversia da elementi irrilevanti ovvero privi della
univocità e precisione necessaria. Vedere verbale, pagare sanzione, parola
della Cassazione.
*Funzionario Polizia di Stato
da Il Centauro n.108
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