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Articoli 16/01/2007

Non c’è multa senza verbale

In giudizio, spetta all’autorità procedente provare la regolarità dell’atto di accertamento

 


Foto Blaco

Non pagate la cartella esattoriale se l’amministrazione non esibisce il verbale d’accertamento. Questa è la regola, stabilita dalla Cassazione (sent. 5789/2006), per i casi in cui l’utente, ricevuta la cartella del ruolo per mancato pagamento di una multa, chiede, non ottenendo soddisfazione, la copia del verbale di accertamento dell’infrazione. Con una decisione tutto sommato piuttosto scontata, la Corte è tornata a fare il punto, sulla procedura di accertamento sul contenzioso stradale. Il caso, sollevato davanti al giudice di pace di Ragusa, aveva visto uscire vittoriosa l’amministrazione comunale sull’opponente che sosteneva di non essere obbligato a pagare fino a quando l’amministrazione non ostentasse l’atto di accertamento (sentenza 15 gennaio 2003). La sostanza della controversia ruota innanzitutto intorno all’obbligo di verbalizzare l’accertamento. Nel sistema generale disegnato dalla legge 24 novembre 1981, n. 689, per una serie di considerazioni che non stiamo troppo ad approfondire, questo obbligo di verbalizzazione non c’è (anche se a prima vista questo può sembrare paradossale). Per quanto concerne il codice della strada, invece, il procedimento è più definito: prima la redazione del verbale di accertamento secondo le forme e le modalità di cui all’art. 383 del regolamento di esecuzione, poi la notificazione ai sensi degli artt. 201 del codice e 385 del regolamento di esecuzione, norme per le quali il verbale deve essere completato con l’inserzione dei motivi che hanno reso impossibile la contestazione immediata. Detta in breve, accertamento dei fatti, redazione del verbale, notifica all’interessato, sono fasi di un unico procedimento sanzionatorio che si chiude o col pagamento o con l’eventuale archiviazione. Per il giudice di Ragusa, invece, proprio per il tenore delle norme di cui alla legge 689/81, a far scattare l’obbligo di pagare la cartella esattoriale, bastava la prova dell’avvenuta notificazione, pur in difetto dell’atto notificato, cioè senza l’esibizione del verbale d’accertamento. E’ vero che la relata di notifica, di per se stessa rappresenta un atto pubblico, fidefacente fino a querela di falso. Si tratta di un atto pubblico in quanto proviene da un pubblico ufficiale nell’esercizio delle sue funzioni e l’attestazione della stessa relata, inerente alle attività direttamente svolte dal notificatore ed al contenuto estrinseco delle dichiarazioni da lui ricevute, rientrano sotto la tutela dell’art. 2700 cod. civ. (Cass. 9 giugno 1987, n.5040). Per quanto riguarda precipuamente la notificazione a mezzo del servizio postale, che è il mezzo di notificazione più diffuso per le violazioni stradali, c’è da aggiungere che l’attestazione apposta sull’avviso di ricevimento dell’agente postale, ove questi dichiari di avere eseguito la notificazione, se sottoscritta, fa fede fino a querela di falso (Cass. 1 marzo 2003, n. 3065). Ecco cosa ha pensato, dunque, il giudice di Ragusa: un atto di accertamento per forza di cose c’è stato, e ne costituisce la riprova la relata di notifica prodotta dall’amministrazione resistente in giudizio. 
Qui, però siamo nel campo del contenzioso stradale e quindi si applicano le formalità previste dagli artt. 200 ss. cod. str. La necessità di verbalizzare, in questo ambito non si desume dai principi generali citati e dalla normative di cui 2699 e 2700 cod. civ. sulla consistenza ed efficacia dell’atto pubblico (nella fattispecie l’atto d’accertamento), ma dall’art. 383 reg. esec. cod. str. che sotto la rubrica “contestazione – verbale di accertamento” detta con precisione la forma ed il contenuto tipico dell’atto. Quindi, la procedura stradale, in modo più specifico, codifica le caratteristiche del verbale di accertamento, allegando addirittura il modello grafico. D’altra parte, se nel procedimento sanzionatorio ordinario è l’ordinanza ingiunzione ad essere dotata di esecutorietà, nella procedura stradale è il verbale stesso ad essere dotato di questa forza. Riassumendo schematicamente, nella procedura ordinaria abbiamo le seguenti fasi che si susseguono fino all’esecuzione: a) l’accertamento di fatto; b) la contestazione/notificazione, che deve essere provata e quindi consacrata in un atto pubblico (verbale di accertamento); c) il rapporto sul mancato pagamento in misura ridotta; d) l’ordinanza-ingiunzione; e) la cartella esattoriale; f) l’esecuzione forzata. Più rapida è la procedura stradale dove abbiamo: a) l’accertamento di fatto; b) il verbale redatto secondo la previsione dell’art. 383 reg., contestato o notificato; c) la cartella esattoriale; d) l’esecuzione forzata. La sentenza impugnata riguarda, appunto, l’ultima fase del descritto iter delle sanzioni stradali, cioè quello della riscossione. Il procedimento è regolato dall’art. 27 della legge 689/1981, con l’osservanza delle modalità previste dal D.P.R. 602/1973, concernente la riscossione coattiva delle imposte dirette, come modificato dal d. leg.vo 26 febbraio 1999, n. 46. La procedura inizia con la formazione del ruolo per il titolo esecutivo. L’amministrazione, a norma dell’art. 382 reg. norma che richiama l’art. 1292 cod. civ., determina il soggetto, tra i coobbligati, che verrà sottoposto a riscossione coattiva. Il ruolo così formato, viene sottoposto al visto di regolarità del dirigente indicato dall’amministrazione. Il tutto passa, quindi, all’esattore per la riscossione in unica soluzione. La cartella indica, oltre la somma da pagare, l’ammontare degli interessi legali che ha valore di sanzione aggiuntiva (Corte cost., ordinanza 14 luglio 1999, n. 308). Avverso la cartella esattoriale è ammessa opposizione, ma in sede di giudizio possono farsi valere solo i vizi attinenti al documento impugnato, essendo oramai scaduti i termini perentori per l’impugnazione del verbale di accertamento (v. F. Piccioni, la procedura stradale, Laurus Robuffo, 2000,91). Chi riceve la cartella, ha il diritto di verificare l’esistenza del verbale, non bastando la prova dell’avvenuta notifica di atti giudiziari per mezzo della posta. Ed in giudizio, si tratta di una prova che deve allegare l’ente resistente a cui carico si pone la dimostrazione della regolarità del procedimento. L’art. 23 della legge 689/81, d’altra parte, nel disciplinare il rito, testualmente prevede che l’autorità che ha emesso il provvedimento deve, per tempo, depositare in cancelleria “gli atti di accertamento, nonché (quindi anche) quelli relativi alla contestazione o notificazione della violazione”.
Ora il giudice di Ragusa motiva, in ordine alla sussistenza della avvenuta notificazione del verbale di accertamento della infrazione, sulla base di due elementi: una mera annotazione di eseguita notifica, con la data ma senza indicazioni del contenuto dell’atto notificato, e l’avviso di contravvenzione. L’avviso al contravventore, però, è un atto che palesa, come l’annotazione in un registro sia pure di una pubblica amministrazione, l’eseguita notifica, senza indicazione dell’atto notificato, quindi, integra un elemento privo anche di valore indiziario e comunque del tutto inidoneo a fornire la prova che un determinato atto sia stato effettivamente notificato al destinatario, prova nella specie necessaria al fine di potere superare la contestazione sollevata dal ricorrente. Non si può desumere l’esistenza di un fatto il cui accertamento appare decisivo ai fini della soluzione della controversia da elementi irrilevanti ovvero privi della univocità e precisione necessaria. Vedere verbale, pagare sanzione, parola della Cassazione. 

*Funzionario Polizia di Stato

da Il Centauro n.108

© asaps.it

di Ugo Terracciano*

da "il Centauro"
Martedì, 16 Gennaio 2007
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