Una
pattuglia della Stradale con autovelox
|
Antonio Giannella ospite al 15° Asaps
|
ROMA — Siamo un popolo di
velocisti? Possibile che la gente vada davvero così forte in auto? «Corriamo sempre – spiega
Antonio Giannella, direttore servizio Polizia Stradale - sul lavoro, in
famiglia, nei cicli produttivi e, purtroppo, su strada».
Una corsa pericolosa, però,
almeno secondo le statistiche. «Assolutamente: la velocità
incide molto sul profilo dei sinistri (il 14% sono direttamente imputabili
proprio alla velocità) e comunque rappresenta sempre una concausa che aggravia
di molto le conseguenze. Per questo ormai siamo in lotta aperta contro chi va
forte in auto».
Una lotta che ha portato un
fiorire di Autovelox e Tutor… «Si, ma anche un radicale cambio
di strategia da parte nostra, che si sintetizza nello slogan prevenire, non
punire: diamo continue informazioni sulle tratte dove sono gli strumenti
elettronici di controllo della velocità. Il tutto per indurre la gente a
rispettare i limiti».
Ma la cosa sembra non
funzionare, almeno a giudicare dalle statistiche: meglio tornare al passato?
Con gli Autovelox nascosti nei cespugli e dietro le auto civetta?
«No assolutamente, sarebbe
sgradito un accertamento del genere. La gente va forte, è vero, ma aumenta la
consapevolezza del controllo: noi la chiamiamo in gergo ‘polizia di
prossimità’. Vogliamo indurre ad essere prudenti. Il problema è che
l’incidentalità sta raggiungendo valori troppo elevati, siamo a 5600 morti
l’anno. Per questo occorre intensificare i controlli, come in Francia, dove
hanno usato misuratori di velocità in modo piuttosto spinto e hanno ridotto
l’incidentalità. Faccio solo un esempio: su un tratto di autostrada,
Pescara-Cerignola est, ci sono dei Tutor. Bene su questa tratta abbiamo avuto
una diminuzione della velocità media di circa 26 Km/h fra giugno e novembre.
Questo vuol dire che lo strumento funziona. E che questo è lo strumento che
dobbiamo usare».
Torniamo al discorso di
prevenzione. «Dobbiamo convincere la gente
che arrivare un 15 minuti dopo non cambia nulla. E che morire su strada è
stupido. Vedere un figlio morire per un incidente stradale è una cosa
impossibile da descrivere. Siamo arrivati al punto che abbiamo dovuto istituire
dei corsi per istruire i nostri agenti su come portare notizie tragiche ai
familiari delle vittime».
Lei lo ha mai fatto?
«Si per nove anni, e le
garantisco che non c’è cosa più brutta. Anche perché noi sappiamo che sono
sempre incidenti che si potrebbero evitare tranquillamente. Se solo la gente
pensasse un attimo a cosa sta facendo. Quello della sicurezza non è ‘un’ tema,
ma è ‘il’ tema. Io ogni lunedì mattina firmo una nota con gli incidenti della
settimana precedente, una cosa tremenda perché per la maggior parte le vittime
sono giovani».
Che fare? La patente a punti
sembra non funzionare più. E quindi è da buttare?
«Proprio da buttare no.
All’inizio funzionava benissimo, poi c’è stata una forma di assuefazione. Ma si
possono fare molte riflessioni sulle modifiche da introdurre».
Per esempio c’è il progetto di
levare la patente a vita a chi commette infrazioni.
Lei che ne pensa?
«Dipende dalle infrazioni che si
compiono, ma se uno la commette grossa, sarebbe giusto. Se uno viaggia a 300 su
strade aperte al traffico…».
A proposito, e la polemica sulle
auto da oltre 400 cavalli?
«I limiti sono di 130, che
bisogno c’è di auto così potenti rimane un mistero. Le strade non sono campi di
gara: se qualcuno ha la passione delle auto veloci ci sono le piste».
Però voi avete due Lamborghini
Gallardo come auto di servizio.
«Sono un bel deterrente. Ma lo
sa che in alcuni casi abbiamo raggiunto e costretto ad accostare auto che
viaggiavano a 270 orari? Ecco, non voglio essere ‘bacchettone’, ma questo è uno
dei casi in cui levare la patente a vita».
Oggi però ci sono meno morti per
incidenti stradali rispetto a 10 anni fa. In qualche modo la gente va forte ma
è prudente?
«No questo è dovuto solo alla
sicurezza delle nuove auto, agli airbag, all’Esp, il sistema elettronico di
controllo della stabilità e ad altre diavolerie elettroniche: è l’auto di oggi
che salva la vita».Ma l’obiettivo Ue, di dimezzare
il numero dei morti entro il 2010 è raggiungibile?
«Per l’Italia è impossibile, non
ce la faremo mai. Siamo in piena emergenza, il lavoro da fare è tantissimo».
(v.bo.)
|