da "il Centauro" Appunti di Comunicazione Ostensiva “Lo spazio di arresto: Fisica & Neuroscienze” di Franco Taggi* |
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Spazio di reazione: rendersi conto di una situazione critica
e prendere provvedimenti Rendersi conto di una situazione
critica… prendere provvedimenti...: sembra facile, ma il tutto sottende una
elevata complessità, che il nostro cervello deve gestire. Guidare in sicurezza,
infatti, presuppone lo svolgersi ciclico di quattro fasi in cascata: percepire,
riconoscere, decidere, agire. Chiariamo meglio il tutto su un esempio. Mario
Rossi è in autostrada e sta viaggiando a 100 km/h (il che equivale a dire che
si muove a 28 metri al secondo). Davanti a lui, sulla sua traiettoria, c’è un
TIR che, per uno sbandamento, ha
occupato di traverso la corsia. Sotto quali condizioni Mario Rossi eviterà la
collisione? In primo luogo, egli deve percepire la presenza del TIR: le sue
rétine debbono cioè essere prima colpite dai quanti di luce (fotoni)
provenienti da quest’ultimo (e da tutto il resto…) per poi trasmettere i
segnali al cervello. Quando questo accade, Mario Rossi non sa ancora che ha a
che fare con un TIR. Per giungere a questo, il suo cervello dovrà analizzare i
segnali pervenuti e riconoscere di cosa si tratta. Finito qua? No. Riconosciuto
e contestualizzato l’oggetto, dovrà decidere se il tutto costituisca o meno una
situazione critica (o che comunque richiede un suo intervento di
aggiustamento); e se sì, decidere sul da farsi. In coda a tutto questo, poi, se
ritiene che qualcosa debba essere fatto… deve anche farlo. E solo qualche
istante dopo che il suo cervello avrà dato l’ordine di “fare”, preme finalmente
il suo piede sul pedale del freno. Questa catena fondamentale di fasi ora
descritta l’abbiamo battezzata col nome di “Catena PERIDEA”© , (PErcezione-
RIconoscimento-DEcisione-Azione), in modo che la si possa
ben ricordare rammentando frasi comuni, del tipo “Neanche per idea!”. Dovrebbe
essere ben chiaro che più è lungo lo svolgimento temporale di questa catena (la
cui durata viene di solito indicata come “tempo di reazione”… talora “tempo
morto”), tanto più avanti comincerà la frenata vera e propria. Quanto più
avanti? Dipende… dipende dalla velocità a cui stiamo muovendoci. Andando a 100
km/h, se la PERIDEA dura un secondo, cominceremo a frenare dopo aver percorso
28 metri; se dura due secondi, dopo 56 metri. Questo spazio (lo spazio di
reazione) è il prodotto della velocità del veicolo per il tempo di reazione del
conducente. A questo punto, dovrebbe essere ben chiaro come sia indesiderabile qualunque
condizione porti ad allungare la durata della catena PERIDEA (o, che è lo
stesso, a dilatare il tempo di reazione). Ad esempio, se non stiamo guardando
la strada perché stiamo osservando una mappa, raccogliendo qualcosa caduto
nell’abitacolo, cambiando stazione radiofonica, inserendo nel lettore un CD,
accendendoci una sigaretta, parlando col passeggero guardandolo, osservando
un’immagine su un videofonino, mandando un SMS col cellulare (succede anche
questo!) ed altro ancora, la PERIDEA non si attiva perché l’informazione (i
fotoni) non arriva alle retine (e la luce si propaga in linea retta, effetti
relativistici a parte). Conseguenza importante di questa nostra distrazione è
che, finché non torniamo a guardare la strada non si attiva la fase di “percezione”,
e la PERIDEA resta bloccata. E il tempo passa. Ma supponiamo che questa fase si
attivi (ora stiamo percependo): dobbiamo ancora riconoscere di cosa si tratti.
Se siamo “lucidi” sarà un conto; se avremo bevuto alcolici, preso sostanze, se
saremo particolarmente stanchi, se la nostra attenzione sarà divisa tra strada
e qualcos’altro (ad esempio, una conversazione telefonica), ecc. ecc., il
nostro cervello avrà qualche difficoltà ad analizzare i segnali e ad effettuare
il “riconoscimento” necessario. E il tempo passa. Il tutto, poi, si potrà
riverberare anche sulla fase successiva, quella della “decisione” sul da farsi,
ritardandola; come pure, sull’avvio dell’azione, che non sarà delle più
brillanti. Morale della favola: quale sarà al momento il nostro tempo di
reazione non è che sia proprio ben determinato. Prestare costante attenzione
alla strada e mantenersi in buone condizioni psicofisiche, appaiono quindi sin
d’ora condizioni irrinunciabili
per la nostra sicurezza (e per quella degli altri). Molti (specie tra i
giovani) fanno grande conto sulla rapidità dei loro riflessi. E spesso, che i
loro tempi di risposta siano davvero brevi non è un’illusione: magari sono
delle “spade” con i videogiochi, o hanno stracciato macchinette che misurano i
tempi di reazione, con risultati degni di un campione di Formula Uno. Tutto
bene, per carità: ma… c’è un “ma”. Infatti, queste esperienze non ci assicurano
che risponderemo sempre prontamente a tutte le diverse (e inaspettate)
situazioni che il condurre un veicolo può proporci, bensì che risponderemo
prontamente sotto condizioni di elevata attenzione, dove ci aspettiamo di
percepire qualcosa e sappiamo già cosa fare in risposta. Riflettiamo bene sulla
cosa. Stiamo misurando con un apposito apparecchio elettronico la rapidità dei
nostri riflessi. Ebbene, siamo lì davanti aspettando che esca il segnale
(sonoro o luminoso) cui dobbiamo reagire; peraltro, a fronte del segnale
stesso, sappiamo già cosa fare (per esempio, premere un pulsante). Le
condizioni percettive sono ottimali, l’azione è ovvia; da riconoscere e
decidere non c’è nulla. Stiamo, in sostanza, misurando in vitro qualcosa
di puramente fisiologico, solo in parte connesso a quanto si potrà realizzare
nel mondo reale, dove un aspetto importante, come visto, è inquadrare
prontamente una situazione (una delle tantissime, talora mai prima
sperimentata) in cui possiamo venirci a trovare. Tanto per comprendere meglio
questo aspetto fondamentale, immaginiamo che il tempo di reazione di Mario
Rossi sia, in condizioni ottimali, addirittura pari a mezzo secondo. Sotto
questa ipotesi, a 100 km/h egli inizierà la frenata dopo aver percorso 14
metri. Facciamo ora un piccolo esperimento per capire che succede se Mario
Rossi si abbassa a raccogliere qualcosa che gli è caduto nell’abitacolo, ad
esempio una sigaretta. Se non avete un cronometro, ricordatevi che il secondo
non si “batte” con “Uno, due, tre…”: così è troppo veloce. Lo misurate meglio
con “Trecentouno, trecentodue, trecentotre…” (provare per credere). Adesso, occhio
alla lancetta dei secondi del vostro orologio o contate su base “Trecento…”.
Da seduti, fate cadere qualcosa sul pavimento (per esempio, una matita),
chinatevi a raccoglierla, rialzatevi e controllate il tempo trascorso. Io l’ho
fatto e, su 10 prove, ho impiegato mediamente 3.5 secondi (singoli tempi: da 3
secondi a 5 secondi). Ora, se questo accadrà anche a Mario Rossi, egli reagirà
sempre in mezzo secondo nel momento in cui guarda la strada, ma avrà perso i
3.5 secondi per la faccenda della sigaretta. Sicchè, sono 3.5 s + 0.5 s = 4 s.
Conseguenza di questo: Mario Rossi comincerà a frenare dopo… 112 metri! Si
osservi che questo risultato è ottimistico, perché l’esperimento fatto è sempre
una semplificazione: la matita sapete dov’è e la si prende bene (la sigaretta,
un po’ meno…); l’evento non è inaspettato; quello che dovete fare vi è noto
(raccoglierla). Ma le cose possono andare anche peggio: se Mario Rossi non è
sobrio, ci metterà ancor più tempo per raccogliere la sigaretta e reagirà meno
prontamente. Supponiamo che il suo tempo di reazione sia nelle nuove condizioni
pari a 1 secondo e che, visto che è un po’ brillo, raccolga la sigaretta in 4.5
secondi, egli comincerà a frenare dopo 154 metri. Avete letto bene: 154 metri.
Forse, questo esempio può fornire una parziale risposta a certe domande, tipo:
“Ma come è potuto succedere?”. Spazio
di frenata: scaricare tutta l’energia cinetica accumulata Il
tempo di reazione è una caratteristica individuale che, come visto, può
largamente variare in base allo stato del conducente e a situazioni contingenti
che ne impegnano l’attenzione. Ma ora, finalmente, il piede è sul freno. Anche
se le diverse persone possono avere diversa abilità nel frenare, lo svolgimento
di questa operazione è sostanzialmente dominato dalla fisica. Detto in parole
povere, per muoversi bisogna trasmettere al veicolo dell’energia (e questo lo
si fa tramite l’acceleratore); per fermarsi bisogna scaricarla completamente
(cosa che si fa coi freni, trasformando per attrito questa energia in calore).
Un veicolo che si muove ad una certa velocità possiede un’energia di movimento
(detta “energia cinetica”) che dipende dalla sua massa e dal quadrato della sua
velocità. Ed ecco una prima riflessione da fare, derivante dalla presenza del
termine quadratico: se andate ad una certa velocità e vi dovete fermare,
dovrete restituire per attrito tutta la vostra energia cinetica, che
indicheremo con E; se la velocità è doppia, non dovrete – come
sembrerebbe a prima vista – restituire 2E, bensì 4E! Se raddoppia
la velocità, l’energia da smaltire è quattro volte tanto. Tradotto in spazio ne
consegue che se ad una certa velocità lo spazio di frenata è 25 metri, ad una
velocità doppia i metri diventano 100 (e non 50, come potrebbe sembrare a prima
vista). Peraltro, più la macchina è “carica” (persone e cose) maggiore sarà
l’energia cinetica posseduta. La conclusione è, quindi, che quando cominciate a
smaltire l’energia cinetica del veicolo, voi c’entrate ormai ben poco (dovete
solo continuare a frenare…): il risultato dipende essenzialmente dall’Ambiente
(fondo stradale e condizioni meteorologiche) e dal Veicolo (tipo e stato
dell’impianto frenante e pneumatici). Ed eccoci, così, ad una seconda
importante riflessione: tutto quello che non facilita la conversione
dell’energia cinetica in calore produrrà guai (che è come dire: meno attrito
c’è, peggio vanno le cose). E allora, se questo è vero, sullo spazio di frenata
possono influire negativamente, tra i diversi fattori: - il tipo di manto
stradale e il suo stato di manutenzione (es. manto poco “rugoso”); - le
condizioni del tempo (es. manto stradale bagnato o ghiacciato); - condizioni
particolari del manto stradale (es. presenza di macchie d’olio o fanghiglia); -
pneumatici (es. pressione inadeguata, battistrada consumato); - impianto
frenante (es. non in perfetta efficienza). C’è poi una terza riflessione da
fare: se lo spazio di frenata dipende solo dalla fisica, allora data una certa
velocità, a parità delle altre condizioni, questo spazio sarà sempre (più o meno)
quello. La fisica è democratica: sia che voi siate un Rossi di nome Mario, sia
che voi siate un Rossi di nome Valentino, quell’energia avete chiesto ed
ottenuto dalla Banca della Natura, quell’energia dovrete restituire. E, se si
fanno i conti nel dettaglio, si può vedere che all’aumentare della velocità
(sin dai 50 km/h) lo spazio di frenata diviene, sorprendentemente, la gran
parte dello spazio di arresto (i riflessi contano sempre meno). Discussione
e Conclusioni Da
quanto è stato esposto, spero risulti chiaro che arrestare un veicolo presenta
un elevato grado di incertezza, dato dal fatto che lo spazio di frenata è un
qualcosa di molto variabile, come pure lo spazio di reazione. Che fare, dunque,
per viaggiare sul nostro mezzo mantenendo elevata la sicurezza?
Fondamentalmente, io credo, siano due le cose importanti: il cervello e lo
spazio.Un cervello attento e cosciente, infatti, è la base di tutto, la
premessa di ogni nostra sicurezza; e non soltanto nella guida (per esempio,
l’alcol può combinarci dei guai non solo sulla strada, ma anche sul lavoro e in
altro). Lo spazio, invece,… è quello che ci serve per arrestare il veicolo
senza andare contro qualcosa: meno ne occorre, meglio è. Ma spazio ne possiamo
guadagnare molto mantenendo una ragionevole distanza di sicurezza, andando a
velocità contenuta (minore sarà la velocità, molto prima ci fermeremo), tenendo
in buon ordine il nostro veicolo. Non sempre il buonsenso ci indica come stanno
veramente le cose: ad esempio, esso serve poco o nulla in Meccanica
Quantistica, come pure per certi aspetti della Teoria della Relatività o della
Logica. Ma questi campi sono una sorta di eccezione alla regola. Nella vita di
tutti i giorni il buonsenso serve, eccome. In fondo, l’Evoluzione ci ha
premiati anche perché abbiamo dimostrato (qualche volta…) di possederne. E
quando il buonsenso, poi, coincide con quello che la Scienza ci indica, come
avviene per la sicurezza stradale, allora ne dovremmo fare ancor più tesoro.
Per noi e, soprattutto, per gli altri. Dipartimento Ambiente e connessa Prevenzione Primaria Istituto Superiore di Sanità Nota 1: questo articolo è tratto dal libro “L’Onda Lunga del Trauma: Prima, Durante, Dopo, Poi… e Poi Ancora”, a cura di Franco Taggi e Pietro Marturano (di prossima pubblicazione). Nota 2: i principi e gli obiettivi della Comunicazione Ostensiva sono stati descritti nell’articolo: F.Taggi “Per una comunicazione “ostensiva” dei messaggi sulla sicurezza stradale (e non solo)”, in F.Taggi (a cura di) “Sicurezza Stradale: verso il 2010”, ed. ISS, 2005, pag. 239-250, scaricabile dal sito www.iss.it/stra). Nota 3: quello che è stato qui riportato rappresenta una semplificazione, e non è certo una trattazione esaustiva dell’argomento. Ad esempio, non è stato considerato un aspetto che sarà bene tenere sempre presente guidando: lo spazio di arresto… dell’altro veicolo. Nota 4: per trasformare i km/h in metri al secondo (m/s), basta moltiplicarli per il fattore 0.28 o, il che è più o meno è lo stesso, per 0.3. Quindi, se siamo a 50 km/h… 50*0.3=15… ci muoviamo a circa 15 m/s. Nota 5: che lo spazio di frenata diventi, all’aumentare della velocità, la gran parte dello spazio di arresto è spiegato in dettaglio nell’articolo: F.Taggi “Velocità e Sicurezza Stradale: alcune riflessioni”, Polizia Sicurezza Sanitaria 83, 52-61 (2005); reperibile anche in F.Taggi (a cura di) “Sicurezza Stradale: verso il 2010”, ed. ISS, 2005, pag. 216-228, scaricabile dal sito www.iss.it/stra; Nota 6: la Catena PERIDEA ©ISS è stata per la prima volta introdotta nell’articolo: F.Taggi, Pietro Marturano “La percezione del rischio e il rischio della percezione: il caso della sicurezza stradale”, in F.Taggi (a cura di) “Aspetti sanitari della sicurezza stradale”, ed. ISS, 2003, pag. 355-362, scaricabile dal sito www.iss.it/stra). Nota 7: altri nostri articoli su vari temi della sicurezza stradale possono essere scaricati anch’essi dal sito: www.iss.it/stra da "il Centauro n. 108" |
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