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Rassegna stampa Alcol e guida del 26 gennaio 2007

A cura di Alessandro Sbarbada e Roberto Argenta
AGI

ALCOL E LAVORO, TOSCANA REGIONE CAPOFILA DEL PROGETTO NAZIONALE

Firenze, 26 gen. - La sicurezza sui luoghi di lavoro parte anche da una corretta informazione e sensibilizzazione sui rischi derivanti dal consumo di alcol. Un fenomeno che, secondo recenti studi, coinvolgerebbe in Italia un elevato numero di persone. Al delicato tema è dedicato un convegno di due giorni, l’1 e 2 febbraio prossimi presso il Polo delle Scienze Sociali dell’Università di Firenze che offrirà l’occasione per discutere, confrontarsi ed esporre tutti i dati disponibili sul fenomeno. "E’ un problema di non poco conto - ha dichiarato l’assessore alle politiche sociali Gianni Salvadori - considerata la sua estensione e il grado di coinvolgimento di un numero crescente di giovani. In Toscana ci siamo attrezzati in modo capillare, soprattutto per cercare di prevenire il fenomeno, ma forse occorrerebbe una maggiore sensibilizzazione verso le fasce più deboli. Analizzando i dati relativi ai luoghi di lavoro emerge un panorama preoccupante".

"Si tratta di un fenomeno che solo di recente è stato studiato nel nostro paese- ha spiegato il responsabile del progetto, il professore Calogero Surrenti - Dai primi dati emersi l’impatto sembra significativo sia in termini di mortalità che di morbilità, che in termini di salute pubblica. Dalla ricerca, la prima condotta in Italia e basata sulle risposte di 6000 lavoratori di comparti diversi, emerge che l’informazione sugli effetti dell’alcol ha una relazione diretta con le abitudini e gli stili di vita. Il fenomeno va affrontato secondo due direttrici: una che coinvolge direttamente i luoghi di lavoro e che mira ad identificare i comportamenti a rischio, l’altra che deve sviluppare interventi efficaci rispetto ai problemi alcologici conclamati. La Toscana si sta attrezzando in questo senso. Sono stati realizzati - ha concluso Surrenti - tre eventi formativi, uno per ciascuna area vasta, promossi da equipe poliprofessionali costituite da operatori che afferiscono ai servizi per le dipendenze e la prevenzione che hanno formato circa 100 operatori e sono state sviluppate sinergie tra servizi territoriali". L’incontro, promosso dal Centro Alcologico Regionale, dalla Regione, dall’Azienda Ospedaliero-Universitaria di Careggi, dall’Azienda Sanitaria Fiorentina e dall’Università di Firenze, rappresenta l’atto conclusivo di un progetto (’Programma di sensibilizzazione, informazione e consulenza finalizzato alla prevenzione dell’uso inadeguato di alcol, diretto al personale dipendente di aziende’) finanziato dal Ministero della Salute e che vede la Toscana come capofila. Le Regioni che vi hanno preso parte sono Valle d’Aosta, Lombardia, Veneto, Friuli Venezia Giulia, Emilia Romagna, Umbria, Marche, Calabria, Sicilia, Puglia, Molise e Provincia Autonoma di Trento.


VARESENEWS

Varese - Un successo il convegno organizzato dall’Università dell’Insubria su "Alcol e lavoro". I relatori hanno spiegato le importanti novità introdotte dalla legge

Via l’alcol da scuole, ospedali e aziende pericolose

Quanto è diffuso l’alcol nei luoghi di lavoro? Si possono definire i rischi che si corrono se si "alza un po’ il gomito"?

Sono domande a cui, attualmente, in Italia non si riesce a rispondere con certezza: mancano dati epidemiologici e le statistiche fanno riferimento all’Europa.

Certo, da uno sguardo comunitario", si evince che in Italia il vizio del bicchierino non è molto diffuso: l’alcol è apprezzato più nei paesi dell’Europa dell’Est, in Francia, in Germania, in Spagna , in Danimarca. L’Italia è all’ottavo posto per consumo di bevande alcoliche: soprattutto vino.

Nel marzo scorso è stato pubblicato un regolamento che permette l’applicazione della legge125 del 2001. I capisaldi della normativa sono l’indicazione degli ambiti lavorativi dove è vietata l’assunzione di alcol e le responsabilità in capo ai medici aziendali.

Per capire come cambierà la situazione, nell’aula magna dell’Università dell’Insubria di via Dunant si è svolto un convegno dal titolo "Alcol e lavoro. Problematiche ed obblighi per i medico del lavoro".

Si tratta del primo incontro a livello nazionale per far luce sulle innovazioni introdotte da regolamento attuativo, su cui, per altro, permangono ancora gradi ombre.

« Noi possiamo affermare che circa il 10-15% della popolazione italiana evidenzia un abuso saltuario - spiega il prof. Marco Ferrario, direttore dell’U.O. di Medicina del lavoro dell’ospedale di Circolo di Varese - ma solo il 3% ha problemi cronici di alcolismo. Questi dati, però, rappresentano una fotografia parziale perchè sono lo studio dei dati relativi al ritiro delle patenti».

Con la normativa, è vietata l’assunzione di alcol nelle attività che prevedono l’impiego di gas tossici, agli addetti ai sistemi di sicurezza negli impianti a rischio incidenti per presenza di sostanze pericolose, agli operatori sanitari, alle vigilatrici di infanzia o agli infermieri pediatrici o puericultrici, nei casi di attività di insegnamento, di mansioni che prevedono l’obbligo della dotazione del porto d’armi, o inerenti attività di trasporto, agli addetti a produzione, trasporto e vendita di esplosivi, ai lavoratori dell’edilizia e a tutte le attività in alta quota, agli addetti ai forni di fusione, ai tecnici di manutenzione di impianti nucleari, agli operatori a settore idrocarburi, cave e miniere.

Ma cosa dovranno fare i medici in caso di dipendenti con problemi di alcol? «La grande innovazione è di tipo culturale - spiega il professor Ferrario - mentre prima il medico era responsabile della sicurezza del lavoratore, ora allarga la sua competenza ai terzi. Potrà aiutare il dipendente alcolista ad accedere alle strutture per disintossicarsi ( mantenendo fino a tre anni il diritto al posto di lavoro). Deve condurre controlli sui lavoratori ma non è tenuto a sapere se, nella vita privata, incorre in sanzioni disciplinari per guida in stato di ebbrezza».

Una materia molto delicata e ancora oggi contorta, come stava a dimostrare l’alto numero di partecipanti al convegno, soprattutto medici in cerca di risposte. 

Alessandra Toni


IL TRENTINO

Dati choc: in provincia 10 mila persone con problemi, consumatori ragazzini, sbornie dall’età di 11 anni

Andreolli: «E’ allarme alcol»

Lettera dell’assessore ai baristi del Trentino: giovani in pericolo «Aiutateci: convincete gli adolescenti a non ubriacarsi. Ascoltano di più voi che le campagne di informazione»

TRENTO. L’assessore provinciale alla salute Remo Andreolli scrive ai baristi: «Aiutateci a combattere l’alcolismo tra i giovani». Una lettera, inviata a tutti i titolari di pubblici esercizi (bar, pub, discoteche) che Andreolli motiva così: «Siete interlocutori esperti e riconosciuti, il vostro ruolo è decisivo». L’assessore, dunque, più che su campagne di informazione confida nella collaborazione pratica dei baristi per moderare un’abitudine che in Trentino crea problemi a circa 10 mila persone adulte. Una recente ricerca evidenzia che a fronte di una netta riduzione dei consumi di alcol tra gli adulti, si assiste a un’altrettanto forte controtendenza tra i giovani. I ragazzi iniziano ad ubriacarsi sin dalle scuole medie e si registrano sbornie già a 11 anni. Come mai questa lettera?: «I giovani - dice Andreolli - trovano più convincenti le parole di un barista che non quelle di uno dei tanti esperti periodicamente chiamati a lanciare allarmi».


IL TRENTINO

Lettera dell’assessore alla sanità Andreolli: «Convincete i ragazzini a non ubriacarsi»

«Cari baristi, troppo alcol ai giovani»

I dati shock di una recente ricerca parlano di sbornie già a partire dall’età di 11 anni Ascoltano di più voi che quello che si dice in asettiche campagne di informazione»

GIANPAOLO TESSARI

TRENTO. L’assessore alla salute Remo Andreolli scrive ai baristi: «Aiutateci a combattere l’alcolismo tra i giovani». Una lettera, inviata a tutti i titolari di pubblici esercizi (bar, pub, discoteche) che Andreolli motiva così: «Siete interlocutori esperti e riconosciuti, il vostro ruolo è decisivo». Insomma l’assessore più che su campagne astratte confida nella collaborazione pratica di chi l’alcol lo versa nel bicchiere per moderare un’abitudine, quella del bere troppo, che in Trentino crea problemi a circa 10 mila persone adulte. Non che manchino le strutture di appoggio a chi soffre di problemi alcolcorrelati (in provincia sono presenti ben 175 club di Alcolisti in trattamento e 9 gruppi di Alcolisti anonimi, per un totale di 4000 persone che li frequentano settimanalmente) ma preoccupa soprattutto la tendenza ad alzare il bicchiere da parte dei giovanissimi.

 In assessorato, basandosi su una recente ricerca, si sono resi conto che a fronte di una netta riduzione dei consumi di alcol nella popolazione, si assiste ad un’altrettanta netta controtendenza nella popolazione giovanile. I ragazzi iniziano ad ubriacarsi sin dalle scuole medie. Come mai questa lettera?: «I giovani - dice Andreolli - trovano più convincenti le parole di un barista che non quelle di uno dei tanti esperti periodicamente chiamati a lanciare allarmi, peraltro doverosi. Io credo che per il ruolo e l’esperienza che hanno, i titolari dei pubblici esercizi siano tra i più indicati nel far comprendere alle ragazze e ai ragazzi che un conto è bere un bicchiere, un altro conto è bersi la vita».

Duplice l’appello dell’assessore: da una parte nell’incoraggiare gli esercenti al loro ruolo di interlocutori esperti e riconosciuti con i giovani; dall’altra nell’esortarli ad un approccio “responsabile, attento e professionale” nella somministrazione di alcol. Ho scritto ai baristi che anche i dati dell’Istituto Superiore di Sanità indicano che in Italia e, in particolare, in Trentino, a fronte di una tendenza alla riduzione dei consumi di alcol della popolazione generale, si riscontra una controtendenza di aumento degli stessi nella popolazione giovanile. Preoccupante è il dato della diffusione del consumo di alcol tra i ragazzi di giovanissima età (11- 15 anni). Nell’immaginario collettivo dei giovani, infatti, l’alcol non viene percepito come un fattore di rischio, tutt’altro: il bere viene associato a momenti di gioia, benessere ed euforia. Il consumo di alcol tra i giovani è spesso mediato dalla vita di gruppo che spinge ad atteggiamenti emulativi. In tale contesto, credo che, al di là degli obblighi previsti dalla legge, un ruolo positivo possa essere esercitato dai gestori e collaboratori dei pubblici esercizi, percepiti dai giovani come veri e propri opinion leader per la competenza che dimostrano nel settore e per la familiarità che a volte si instaura alla luce di una certa continuità temporale».

Altre cifre, non tranquillizzanti, e dati che parlano di alcol bevuto dal 72% per cento della popolazione trentina. Tra i giovani ma più in generale tra gli uomini. Qui a tutte le età ma si noti che a farlo maggiormente sono persone con un alto livello di istruzione.


L’ADIGE

Allarme per i giovani, l’assessore chiede aiuto agli esercenti 

Alcol, Andreolli chiama i baristi

Di fronte al crescente numero di adolescenti che fanno uso di alcol, l’assessore alle politiche per la salute della Provincia, Remo Andreolli, ha inviato una lettera a tutti i titolari di pubblici esercizi (bar, pub, wine bar, discoteche) del Trentino, invitandoli ad essere «testimoni per un approccio consapevole e misurato al consumo di alcol». «I giovani - dice l’assessore Andreolli - trovano più convincenti le parole di un barista che non quelle di uno dei tanti esperti periodicamente chiamati a lanciare allarmi, peraltro doverosi. Io credo che per il ruolo e l’esperienza che hanno, i titolari dei pubblici esercizi sono tra i più indicati nel far comprendere alle ragazze e ai ragazzi che un conto è bere un bicchiere, un altro conto è bersi la vita». Duplice l’appello dell’assessore Andreolli: da una parte nell’incoraggiare gli esercenti al loro ruolo di interlocutori esperti e riconosciuti con i giovani; dall’altra nell’esortarli ad un approccio «responsabile, attento e professionale» nella somministrazione di alcol.


BOLOGNA2000

Bologna: campagna di sensibilizzazione Ascom su abuso alcol

Nei pubblici esercizi saranno affissi da oggi i manifesti della campagna di Ascom Bologna, Silb (Sindacato Locali da Ballo) e FIPE (Sindacato Pubblici Esercizi) per un consumo controllato e attento di bevande alcoliche.

Con questa iniziativa l’Associazione Commercianti ottempera alla previsione dell’ordinanza orari del Sindaco Cofferati, che prevede un ruolo dei gestori per attività di informazione e prevenzione sull’abuso di alcolici e specifiche azioni di sensibilizzazione, coinvolgendo tutte le attività di pubblico esercizio della città.

Sono in distribuzione due tipi di manifesto che contengono un messaggio chiaro rivolto in modo cortese, ed al contempo convincente, ai consumatori. Il primo comunica che il locale rispetta l’obbligo normativo di non somministrare alcolici a chi ha meno di 16 anni. Il secondo, invece, si rivolge ad un pubblico più ampio e contiene messaggi sulle azioni che i gestori sono in grado di tutelare la sicurezza, l’incolumità e la salute della clientela per un intrattenimento di qualità.

Ascom Bologna ed i gestori dei pubblici esercizi ritengono, anche in questo modo, di aver adempiuto al proprio dovere mettendo in campo oltre a questa campagna quelle iniziative richieste dall’Amministrazione al fine di ottenere il prolungamento dell’apertura fino alle ore 3 delle proprie attività. Come era largamente prevedibile da parte dei gestori c’è stata una risposta seria e professionale.

Adesso Ascom Bologna si attende che l’Amministrazione Comunale e la Polizia Municipale in collaborazione con le Forze dell’Ordine facciano la loro parte per ridurre significativamente il degrado presente in molte zone della città ed in particolare che vi sia un’applicazione sistematica e rigorosa dell’art. 12 (divieto di bivacco e accattonaggio) e dell’art. 14 (divieto di suoni e schiamazzi) del Regolamento di Polizia Urbana.


IL GAZZETTINO

Da un’indagine del Cnr emerge che in Veneto uno studente su tre ha fatto uso almeno una volta di droghe leggere, mentre crescono tra i giovani le patologie psichiatriche 

Alcolici e spinelli, boom tra le ragazze 

L’eroina è tornata di moda perché viene "sniffata" per evitare i rischi dell’Aids. L’assessore Valdegamberi: «Non abbassiamo la guardia»

Verona

Le ragazzine che fumano più spinelli dei maschi, con uno studente su tre che ha affermato di aver provato almeno una volta la cannabis. La cocaina che continua a crescere con 8 giovani su 100 di età compresa tra i 25 ed i 34 anni che ha ammesso di farne uso ed il 4 % degli studenti che ha affermato di averla provata. L’eroina che torna di moda perché viene anch’essa "sniffata" (l’8% inizia ad usarla a 16 anni) pensando che così evitata la siringa e il pericolo di Hiv il problema sia risolto. Il 41,3% degli studenti al di sotto dei 15 anni che si è già ubriacato almeno una volta.

È un quadro quanto meno allarmante, come ha sottolineato ieri a Verona lo stesso assessore regionale ai servizi sociali della Regione Veneto, Stefano Valdegamberi, quello che emerge dalla ricerca svolta da Cnr (Consiglio nazionale delle ricerche) di Pisa su "Prevalenza ed incidenza dell’uso ed abuso di alcol e di sostanze illecite nella Regione Veneto", e dal "Rapporto tossicodipendenze ed alcoldipendenze 2005" della Regione Veneto, presentato ieri nella sede dell’Azienda Ulss n.20 di Verona. Un’indagine approfondita, giunta al suo secondo passaggio, che per la prima volta è andata a sondare nei dettagli, Ulss per Ulss, la situazione del territorio veneto. Un volume di 235 pagine dalle quali emerge, per esempio, che nelle Ulss 7 di Pieve di Soligo e nella 12 Veneziana i soggetti che hanno dichiarato di aver consumato cannabis 10 o più volte nel 2004 sono pari rispettivamente addirittura al 132 ed al 114% della popolazione (per la presenza di soggetti non residenti sul territorio come studenti o lavoratori) contro una media regionale del 76,4%; la 4 di Thiene e la 21 di Legnago per l’assunzione di oppiacei (eroina-morfina) con il 6,3% ed il 5,9%; la 2 di Feltre e la 14 di Chioggia in testa per la cocaina con il 20,3% ed il 18%; la 9 di Treviso e la 18 di Rovigo ai vertici per quanto riguarda la percentuale di soggetti che hanno dichiarato di essersi ubriacati 10 o più volte nel 2004, con valori pari al 53,6% ed al 52,1% della popolazione.

"Quello che ancora una volta ci dice quest’indagine è che non dobbiamo abbassare la guardia - sottolinea l’assessore Valdegamberi -. Se è vero che nella ricerca emerge anche come i servizi sociali della Regione, ed in particolare i Sert, riescano a "catturare" abbastanza bene queste problematiche, dando per esempio oggi assistenza a circa 25 soggetti, con la metà legata a problemi di alcoldipendenza, emerge purtroppo come la curva del consumo di sostanze stupefacenti sia in crescita, con una previsione di qualcosa come 2500 nuove richieste, cioè nuovi tossicodipendenti all’anno che si rivolgeranno ai Sert, nel 2010. Questo lavoro fatto con il Cnr ci ha portato negli scorsi anni ad elaborare progetti e piani di intervento ed anche questi risultati ci aiuteranno nel lavoro di comprensione e di lotta al fenomeno della tossicodipendneza. Una prima indicazione che emerge, per esempio, è quanto siano significativi i giusti modelli e valori di vita per "difendere" un giovane dall’avvicinarsi al consumo di droga. L’indagine, infatti, dimostra come la maggior propensione all’utilizzo di sostanze illegali risolta direttamente collegata ad una scarsa performance scolastica, oppure che avere fratelli o amici che consumano droghe aumenti il rischio di esposizione al consumo di queste sostanze; o come un "monitoraggio", inteso come capacità di dialogo e di relazione da parte dei genitori, sia importante per tenere i figli lontani da questi pericoli. Bisogna quindi proporre modelli e valori giusti e per questo, martedì prossimo, qui a Verona, lanceremo un video, uno spot contro l’abuso di consumo di alcol, che nel Veneto rappresenta sempre uno dei maggiori fenomeni di tossicodipendenza".

A presentare la relazione erano presenti anche Fabio Mariani, responsabile del progetto, e Lorenzo Rampazzo, del Servizio tossicodipendenze della Regione Veneto. La ricerca, realizzata dalla Sezione di Epidemiologia e Ricerca sui Servizi Sanitari dell’Istituto di Fisiologia Clinica del Consiglio Nazionale delle Ricerche, fotografa la dimensione reale di questi fenomeni nell’area veneta ed evidenzia i veri bisogni territoriali, le situazioni di rischio e di allarme. L’indagine si è basata (secondo le indicazioni dell’Osservatorio Europeo delle Droghe e Tossicodipendenze) sulla popolazione generale (età compresa tra i 15 ed i 44 anni), sulla popolazione studentesca (15 ed i 19 anni) e su un database derivato dai dati delle Prefetture, dei 38 Servizi per le Tossicodipendenze e delle strutture del Privato Sociale.

Da questi dati emerge come la cannabis e i suoi derivati risultino le sostanze psicoattive illecite più consumate dalla popolazione veneta (circa l’8% ne farebbe uso contro un dato nazionale del 7%). dall’indagine emerge come siano in crescita le cunsumatrici di cannabis, oramai a livello dei maschi nell’età scolare, con le ragazze venete che per il 34,3% hanno affermato di far uso di cannabis contro un dato nazionale del 30%. Circa un terzo degli studenti veneti di 15-19 anni ha sperimentato la cannabis, con il 15% dei 15enni che l’hanno provata almeno una volta. Per quanto riguarda la cocaina il 2,1% degli studenti di 16 anni l’ha assunta almeno una volta mentre coloro, tra gli studenti, che hanno affermato di averla consumata con continuità nel 2004 è pari ad una quota del 3\%. Per quanto riguarda le ubriacature, tra i giovani veneti si rilevano valori superiori alla media nazionale, in particolare se si considerano le ragazze. La quota di studentesse venete di 15 anni che riferiscono di essersi ubriacate nell’ultimo anno è pari al 32,9\%, e supera quella dei maschi di pari età (26%). Ben il 41,3\% degli studenti di 15 anni, e quindi al di sotto dell’età legale per la somministrazione di bevande alcoliche, è già passato attraverso almeno una ubriacatura. Quota che passa al 75% se si considerano i 19enni.

Andando a considerare anche gli adulti, nel corso del 2004 l’indagine del Cnr rivela che su 1000 cittadini veneti di età compresa tra 15 e 44 anni, 77 hanno assunto cannabis 10 o più volte, 13,5 cocaina per 3 o più volte, 4,4 eroina per 3 o più volte, 3 altre droghe per 3 o più volte ed infine 45 si sono ubriacati 10 o più volte in un anno.

Tutto questo, ha portato nel corso del 2004 ben 81 mila persone nel Veneto a ricoverarsi in ospedale per problemi legati o correlati all’assunzione di droghe o alcol, e di questi, ben 6 mila finiti al pronto soccorso per diagnosi totalmente legate all’assunzione di sostanze tossiche. A cui aggiungere 16 decessi per overdose.

Massimo Rossignati


L’ARENA

Presentato uno studio sull’incidenza e l’abuso di sostanze illecite promosso dalla Regione e realizzato dal Consiglio nazionale delle ricerche

Alcol e droga: l’emergenza è donna

Le ragazze superano i maschi: forte diffusione di cannabinoidi, anfetamine e allucinogeni

Fino a qualche anno fa era uno dei campi in cui le donne rappresentavano la netta minoranza rispetto ai coetanei maschi. Ora, invece, le statistiche si stanno lentamente stabilizzando in una situazione di sostanziale parità, registrando addirittura qualche sorpasso. Non si tratta purtroppo di un nuovo traguardo nella lotta alla conquista delle pari opportunità, ma dell’ascesa delle donne nel mondo della droga e delle dipendenze alcolcorrelate.

Questa è solo una delle novità e delle tendenze evidenziate dallo studio sulla «prevalenza ed incidenza nell’uso ed abuso di alcol e sostanze illecite», introdotto ieri mattina all’Ulss 20 da Angelo De Cristan, direttore dei Servizi sociali. A livello nazionale, le statistiche indicano che la percentuale di donne che entra nel tunnel della droga è in costante ascesa. Ma in questo quadro, di per se già allarmante, i dati raccolti in oltre 2 anni di ricerche hanno stabilito che nel Veneto la percentuale femminile di quanti hanno sperimentato o fanno uso regolare di droga, è superiore a quella nazionale. Si tratta per lo più di giovani e giovanissime, con punte molto alte intorno ai 19 anni, che assumono in prevalenza cannabinoidi, alcol, amfetaminoderivati e allucinogeni.

Tra gli aspetti più importanti, rilevati dal progetto regionale, inoltre, la giovane età dei consumatori di entrambe i sessi di sostanze psicoattive illecite. Cannabis e alcol rappresentano lo zoccolo duro tra i consumi, che nel nostro territorio sono nettamente superiori alla media nazionale. Decisamente meno diffusa, anche se comunque in costante ascesa, è la cocaina. Dallo studio e dai dati raccolti e incrociati dai ricercatori del Cnr di Pisa, infatti, l’uso di questa droga eccitante riguarda il 4,5 per cento degli studenti, mentre il consumo nelle altre regioni si assesta intorno al 5,4.

Lo studio, promosso dalla regione Veneto, dall’assessorato regionale alle politiche sociali, Volontariato e Non Profit e realizzato dal Cnr, Consiglio regionale delle ricerche di Pisa, ha fatto emergere questo allarmante fenomeno, sviscerandolo in ogni suo dettaglio con un duplice obiettivo. In primo luogo, conoscere la realtà, spesso sommersa e non raggiunta dai servizi sanitari attivi sul territorio, per meglio pianificare gli interventi futuri. Inoltre aprire la strada ad un preciso metodo scientifico, condiviso a livello nazionale ed europeo, per monitorare il territorio regionale in materia di consumo di sostanze stupefacenti e dipendenze.

«Questi dati ci dicono che quasi il 50 percento delle persone che fanno uso di droga è al di fuori dei servizi, dal Sert e dagli altri centri di sostegno e cura. Inoltre cerchiamo di sensibilizzare le istituzioni sull’entità del fenomeno, che deve essere gestito con attenzione e professionalità e per il quale è necessario impiegare delle risorse», spiega il dottor Fabio Mariani, direttore del Cnr di Pisa, che insieme ad alcune ricercatrici del Centro ha illustrato alcuni dei risultati del progetto.

«Siamo tra le prime regioni in Italia e in Europa ad affrontare il problema in modo scientifico e a pianificare lo schieramento dei mezzi. Al momento noi curiamo la dipendenza quando è già fin troppo evidente, ma l’obiettivo è quello di prevenire il fenomeno», ha commentato l’assessore regionale alle politiche sociali Stefano Valdegamberi, che ha sottolineato il ruolo sociale e soprattutto dei modelli lontani dalla realtà, lanciati dai media, nella diffusione della droga soprattutto tra i più giovani. «Si cerca di emulare miti di bellezza difficilmente realizzabili nel quotidiano e questo provoca frustrazione. Ci sarebbe bisogno, invece di riscoprire i valori veri della vita, attraverso l’arte, lo sport o il mondo del volontariato, ad esempio, così fertile a Verona», ha concluso Valdegamberi.

Ilaria Noro


L’ARENA

- I numeri del disagio

L’alcol resta un’emergenza soprattutto tra i giovanissimi

- Le conseguenze

La famiglia può essere d’aiuto

Tra le dipendenze, nella nostra provincia, l’alcol si riconferma come uno dei problemi più gravi e diffusi. Dallo studio effettuato, infatti, risulta che la percentuale regionale delle persone che fanno un uso continuativo di sostanze alcoliche è superiore alla media nazionale, in particolare se si considerano i dati riguardanti i giovanissimi e, soprattutto, le giovanissime. Il 41.3 percento degli studenti di 15 anni, al di sotto quindi dell’età legale per la somministrazione di sostanze alcoliche ha già sperimentato almeno un’ubriacatura, percentuale che tocca il 75 nei diciannovenni.

Inoltre, la quota di studentesse quindicenni che dichiara di essersi ubriacata almeno una volta nell’ultimo anno, supera di quasi sette punti percentuale i coetanei maschi. Il vino, in testa, e la birra subito dopo, sono le bevande alcoliche più consumate a Verona e provincia. Territorio che però non è tra i più problematici nella classifica regionale. Il triste primato riguarda infatti Rovigo e la provincia di Vicenza.

Il dramma del consumo smodato di droga e alcol, sempre più presente nei giovanissimi, provoca effetti devastanti e talvolta irreversibili nella vita dei ragazzi. Lo studio svolto dal Cnr di Pisa segnala infatti, con modalità statistiche e scientifiche, gli effetti che la dipendenza da sostanze psicoattive ha su rendimento scolastico e rapporti interpersonali. Ma i dati dimostrano anche che un buon rapporto con genitori e famiglia, nel quale il ragazzo non si senta controllato e oppresso ma libero di parlare, riduce di 2,5 volte il rischio di cadere nel tunnel della dipendenza, che al contrario aumenta quando il giovane riferisce un ambiente familiare disinteressato alle proprie attività.

Nei giovani, la percezione del rischio e della pericolosità della droga, sottolineata attraverso le numerose campagne di sensibilizzazione e gli incontri che sempre più frequentemente vengono organizzati nelle scuole e nei luoghi d’incontro, sembra non incidere in modo rilevante nel consumo stesso dei ragazzi. Esiste inoltre una diretta correlazione tra il consumo di cannabis, cocaina o alcol e il rendimento scolastico. (i.n.)


 

IL GAZZETTINO (Treviso)

LA TAVERNA 

Alcol ai clienti ubriachi, gestore e cameriera pagheranno 1290 euro

Vittorio Veneto

(l. a.) Hanno scelto la strada dell’oblazione, estinguendo così il reato per il quale erano finiti a giudizio, il gestore e una cameriera del pub "La Taverna" di via Vittorio Emanuele II. Matteo Perin, 32 anni, e la sua dipendente Michela D’Este (29) erano finiti a giudizio con l’accusa di avere, in concorso tra loro, somministrato bevande alcoliche a un gruppetto di clienti che si sarebbero trovati all’interno del pub in stato di manifesta ubriachezza. I presunti fatti avvennero la sera del 13 febbraio 2005.

Ieri si è tenuta, davanti al giudice di pace di Vittorio Veneto Gianni Bottoli, l’udienza che avrebbe dovuto vedere sfilare davanti al magistrato onorario i due imputati e una mezza dozzina di testimoni, tra i quali uno dei Carabinieri che accertarono l’episodio. Prima dell’inizio del dibattimento, tuttavia, Perin e la D’Este hanno chiesto l’ammissione all’oblazione: i due pagheranno allo Stato un’ammenda di 1.291 euro a testa, oltre a 24 euro di spese processuali, e il reato sarà considerato estinto. Il giudice ha dato il proprio assenso e stabilito un’altra udienza per verificare l’avvenuto pagamento dell’ammenda da parte dei due imputati.


IL GAZZETTINO (Vicenza)

Sbatte sul guard-rail, auto sbriciolata: salvo

Cassola

(B.C.) F.M., 36 anni, di Campolongo sul Brenta, ha rischiato la vita - ma fortunatamente ha patito solo delle contusioni - in uno spettacolare incidente avvenuto all’1.30 di ieri, in territorio di Cassola.

L’uomo, dipendente di una casa di spedizioni di S. Zeno, aveva appena finito di lavorare. Era salito sulla sua Citroen C3 e aveva imboccato la variante ss. 47, ovvero la superstrada; dietro un collega con un’altra macchina. Stava dirigendosi verso casa, quando, nei pressi del punto ove la carreggiata inizia ad essere divisa in due dal guard-rail, si è trovato davanti un altro veicolo.

F.M. si è spostato a sinistra per superarlo, ma è sbandato e ha centrato in pieno la cuspide della barriera stradale.

Per effetto dell’impatto l’utilitaria francese si è intraversata e poi ribaltata più volte. Impazzita, è rotolata per alcune centinaia di metri, perdendo anche due ruote, rimanendo comunque nella sua corsia. La Citroen è andata distrutta e il 36enne è rimasto incastrato nell’abitacolo.

Il guidatore dell’auto che stava per essere sorpassata e il collega di lavoro si sono fermati e hanno dato l’allarme.

F.M. è stato liberato dai vigili del fuoco e portato in ospedale dai sanitari.

Qui fortunatamente gli sono state riscontrate "solo" delle botte: guarirà in due settimane. In ospedale, però, gli è stato eseguito anche il test alcolimetrico, risultato positivo.

Lo spedizioniere pertanto, dagli uomini della Polizia dell’Unione Cassola Mussolente, sarà denunciato per guida in stato di ebbrezza.


LA REPUBBLICA

Un esperimento dimostra che è una piccola regione cerebrale a regolare il desiderio di sigarette Se viene danneggiata, si "dimentica" il vizio e se ne fa a meno senza sacrifici

Voglia di fumare? Il segreto è nel cervello scoperta un’area che controlla la dipendenza

di ALESSIA MANFREDI

ROMA - Il segreto della dipendenza dal fumo è nascosto in un’area del cervello più piccola di una monetina. E’ questa regione, chiamata insula, a rendere costante la voglia di sigarette. Ma se viene danneggiata o subisce lesioni, quasi per incanto il desiderio di fumare scompare e, pare, senza sacrifici. A scoprirlo è stata un’équipe di ricercatori della University of Southern California e della University of Iowa, con un esperimento pubblicato sulla rivista Science.

Nasir Naqvi e i suoi colleghi hanno avuto l’idea di indagare su quest’area specifica ispirati dal caso di un paziente, che dopo aver subito un danno proprio a livello dell’insula per un ictus, ha smesso da un giorno all’altro di fumare le sue 40 sigarette quotidiane.

Certo, il danno cerebrale non è una soluzione per liberarsi dal vizio. Però i risultati dello studio aprono la strada a potenziali nuove terapie. Aver individuato il ruolo chiave dell’insula nel controllo della dipendenza dalla nicotina può aiutare a intraprendere nuove vie per arrivare a una cura efficace.

Finora l’insula era nota soprattutto per il suo ruolo principale: quello di tradurre le informazioni e i segnali che arrivano da altre parti del corpo in sensazioni concrete, ma non ci si era focalizzati su quest’area per la dipendenza dal fumo. "Nel nostro esperimento abbiamo visto che nella regione si vede un aumento di attività se il paziente sviluppa il desiderio di droghe e di sigarette" spiega a Repubblica.it Nasir Naqvi.

Dopo aver osservato il caso del paziente che ha "dimenticato" di aver voglia di fumare, Naqvi e i suoi colleghi hanno preso in esame altri 69 fumatori che avevano subito danni cerebrali, 19 dei quali a livello dell’insula. Risultato: 13 avevano smesso di fumare e per 12 era stato facile e indolore. "Mettendo a confronto l’esperienza di pazienti con danni all’insula con quella di altri colpiti in zone cerebrali diverse, abbiamo visto che i primi avevano molte più probabilità di smettere di fumare dopo le lesioni", dice ancora Naqvi.

La conclusione è quindi che questa sia un’area chiave, che gioca un ruolo importante nell’assuefazione alla nicotina. E che sia necessaria per mantenere attiva la dipendenza dalle sigarette.


WINENEWS

Milano - 26 Gennaio 2007

IL VINO NON E’ PIU’ IL “COMPAGNO” IDEALE DELLA GRANDE GASTRONOMIA. SPAGNA, FRANCIA ITALIA NON SONO LE UNICHE CUCINE DI RIFERIMENTO NEL MONDO. COSI’ PAOLO MARCHI IDEATORE DI “IDENTITA’ GOLOSE” (MILANO, 28/31 GENNAIO) AI MICROFONI DI WINENEWS.TV

Dalla cucina “concettuale” di Ferrian Adrià, ma anche dalle suggestioni di quella scandinava e orientale un segnale piuttosto chiaro: il vino non necessariamente resta il “compagno” ideale della grande gastronomia. Sempre più spesso, infatti, i grandi piatti, più ricchi di aromi, ingredienti e sfumature, esigono essere accompagnati da bevande meno “invasive” rispetto al vino. E’ la tendenza che coglie il giornalista e critico enogastronomico Paolo Marchi ai microfoni di www.winenews.tv nell’imminenza dell’apertura di “Identità Golose” (Milano, 28/31 gennaio). Spagna, Francia e, in parte l’Italia, nono possono continuare ad essere considerate le cucine di riferimento mondiale. “Premono” nuove forze: dall’Europa la cucina scandinava promette grandi cose, mentre anche dall’Oriente, Giappone in particolare, arrivano nuove e interessanti suggestioni. Ma è la qualità - sempre secondo Marchi - a crescere a livello globale, anche in Paesi non storicamente votati alla grande cucina. 


 

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Sabato, 27 Gennaio 2007
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