AFFARI
ITALIANI ONLINE
Alcol/
Sempre più donne iniziano a bere
Giovedí
15.02.2007 L’aumento del consumo di bevande
alcoliche nell’universo femminile rappresenta un fenomeno relativamente
recente. A livello nazionale, si segnala un aumento di problemi legati
all’alcol nelle donne: dati che risultano confermati, a livello provinciale, da
una ricerca condotta sul territorio e promossa dall’assessorato alle Pari
opportunità della Provincia di Torino, insieme all’associazione Aliseo,
presentata oggi in un convegno dal titolo “Le donne e l’alcool”, tenutosi a
Torino presso la sede della Provincia. Gli studi fatti fino ad oggi non hanno
approfondito bene il problema dell’alcolismo femminile, fenomeno scarsamente
rilevabile perché spesso confinato fra le mura domestiche. Eppure i dati dicono che nella
fascia d’età compresa fra i 30 e i 34 anni la mortalità per patologie correlate
all’abuso di alcol è, fra le donne, tre volte superiore a quella rilevata fra
gli uomini. Oggi si calcola che il numero di donne che hanno sviluppato una
dipendenza dall’alcol sono pari a 1/3 di quello degli uomini con analoghi
problemi, e la percentuale dei ricoveri di donne alcoliste è triplicata negli
ultimi anni. Da queste premesse parte la ricerca di Aliseo – Associazione contro
l’alcolismo, che opera sul territorio torinese dal 1987 nell’ambito delle
iniziative del Gruppo Abele. A queste si associano i trend e le rilevazioni
fatte dall’associazione stessa durante il proprio operato: l’aumento del numero
di donne che si rivolgono ad Aliseo; richieste di aiuto sempre più complesse e
di diverse tipologie ( informazione e sostegno sia psicologico che economico);
la crescente complessità del problema-alcol, spesso correlato ad altre
dipendenze e a disturbi alimentari. La ricerca ha coinvolto 38 realtà
del territorio torinese, associazioni che si occupano di assistenza
prevalentemente a donne, alle quali è stato somministrato un questionario. Il
76% ritiene che il fenomeno dell’alcolismo femminile è in aumento, sottolineando il bisogno di
informazione mirata sul tema. Sono dunque stati realizzati depliant informativi
che verranno distribuiti negli ambulatori medici, nei consultori, nei centri
d’ascolto e nelle scuole. Il depliant verrà presto tradotto in quattro lingue.
Sull’argomento abbiamo sentito Pino Maranzano, responsabile dell’associazione
Aliseo. “La ricerca – afferma - nasce dal riscontro nelle nostre strutture di
un aumento delle richieste di aiuto. Abbiamo ritenuto utile fare una ricerca
sul territorio provinciale per capire se e come questa nostra sensazione
potesse essere riscontrata nelle altre realtà”. Quanto ai risultati, per
Maranzano “è bene chiarire che questo studio non è e non vuole essere uno
studio di tipo statistico/numerico, ma qualitativo. Ci interessava capire come
fosse percepito il problema dell’alcolismo femminile in associazioni che di
donne si occupano. Il risultato è che le nostre sensazioni sono state
confermate: il 72% dei soggetti intervistati hanno dichiarato di percepire il
fenomeno come in aumento”. Ma
quali sono le specificità della dipendenza da alcol nell’universo femminile?
“Su questo punto – afferma Maranzano - posso parlare solo in virtù
dell’esperienza di Aliseo. Fra i giovanissimi non esiste differenziazione di
genere: il consumo è analogo, sia come percentuali che come modalità. La fascia
anagrafica che presenta le maggiori criticità è quella fra i 35 e i 45 anni.
Spesso l’abuso di alcol si incrocia con percorsi di vita difficili e dolorosi.
L’alcol viene quindi utilizzato come auto-medicamento. E la reiterazione di questi
comportamenti porta alla dipendenza” Ma l’abuso di alcol è affiancato da quello
di altre sostanze? “Il poliabuso – conclude - è in crescita, come tutto il
fenomeno alcolismo femminile in generale. E questo fenomeno è presente
soprattutto fra le donne più giovani. Nella fascia che ho indicato come
maggiormente critica (35-45 anni) le sostanze che più spesso sono associate
alle bevande alcoliche sono gli psicofarmaci”.
IL
GAZZETTINO (Rovigo)
Il
Dipartimento per le dipendenze dell’Ulss 19 ha reso noto il rapporto annuale
dell’attività e degli interventi finalizzati
Alcol
e droga, è allarme per i giovani Registrato
un incremento del consumo sin dai 20 anni. Cocaina in aumento. I rischi non
sono percepiti
Adria
(g.f.) È
allarme alcol e droga. Il Dipartimento per le dipendenze dell’Ulss19 di Adria
ha reso noto ieri il rapporto annuale delle attività e degli interventi
finalizzati al trattamento delle persone con problemi alcol-droga correlati. Dal
quadro o emerge una situazione in continua evoluzione. Le persone che hanno
ricevuto uno o più trattamenti durante il 2006 sono state 591, poco più delle
587 registrate nel 2005. Quello che è cambiato, invece, è la proporzione fra
persone con problemi di droga e di alcol. Sono aumentati infatti quelle con
problemi alcol correlati mentre sono in leggero calo quelle con problemi di
droga. Per
quanto riguarda invece l’assunzione di droga stanno cambiando anche le
sostanze. Diminuiscono le persone che usano eroina e rimane costante è l’uso dei
cannabinoidi mentre è in aumento l’assunzione di cocaina, sia come droga
primaria sia come droga secondaria, cioè quella che affianca altre droghe: o, i
cannabinoidi, gli alcolici e le droghe sintetiche. L’uso elevato di alcolici, che si
affianca poi al consumo di tutte le droghe illegali, è poi in forte aumento tra
i giovani rappresentando, così, una via di ulteriore rischio. Per quanto
riguarda la cocaina, i dati riportati dall’osservatorio "Fumo alcool e
droga" dell’Istituto superiore della sanità evidenziano che il consumo
massiccio a livello nazionale riguarda soprattutto persone tra 25 e 35 anni. Nella
realtà locale invero la fascia di età prevalente nelle persone in carico al
Sert, per uso e dipendenza di tutte le droghe, è quella compresa fra i 25 e 39
anni, con un altro intervallo significativo tra i 20 e 25 anni. Secondo diverse
ricerche si è abbassata quindi l’età media di avvicinamento all’uso di alcol e
di droga ma, come riferisce il dottor Andrea Finessi, direttore del
Dipartimento per le dipendenze Ulss 19, non vi è consapevolezza di conseguenze
gravi da parte degli assuntori. L’uso saltuario e, in seguito, combinato o
integrato con più e diverse sostanze, droghe ed alcol, sembra permettere ai
più, per il primo periodo di assunzione, uno stile di vita relativamente
normale. Questa modalità d’uso, assieme alla bassa percezione del rischio,
porta le persone ad avvicinarsi ai servizi sanitari in età relativamente
adulta. Il rischio, inoltre, è percepito inizialmente solo come problema
sanitario, al pari di una malattia, e non si considera che l’uso di droga e
alcol comporta altri rischi. Si va dall’’aumento delle possibilità di incidenti
stradali, oltre il 50% è determinato dall’uso di alcol, o sul lavoro, di
aggressioni compiute o subite, a relazioni familiari sempre più compromesse. Il
fenomeno dell’uso di droghe e alcol è in continuo cambiamento e richiede ai
servizi e alle strutture specifiche che affrontano questi problemi di
aggiornarsi continuamente, non solo per personalizzare ed articolare sempre più
la tipologia dei trattamenti, ma anche per attivare interventi di promozione
alla salute che si pongano in rete con gli altri ambiti istituzionali e
sociali. Il problema droga e alcol rappresenta oggi, e sempre più, l’emergere
di una situazione di vita personale, famigliare, lavorativa e collettiva che va
ripensata tutti assieme e non semplicemente liquidata come un problema
solamente giovanile.
CORRIERE
ADRIATICO
Mattatore
della serata sarà Dolly Bomba versatile showman che presenterà le opere Oggi
negli spazi del ricreatorio San Carlo la premiazione della rassegna
Benessere
e alcol, parlano i giovani
FERMO - Chi
sono i giovani di oggi? Come vivono le relazioni con i coetanei e con gli
adulti? Quali spazi hanno per esprimersi? E di che cosa hanno bisogno?
Questi
ed altri interrogativi hanno stimolato l’Ambito Sociale XIX e l’Ambito Sociale
Territoriale XX, che in collaborazione con il SER.D. dell’ASUR Zona
Territoriale 11 hanno promosso un percorso di riflessione che ha visto
coinvolti, per tutto l’anno 2006, i giovani e le figure professionali che con
loro lavorano quotidianamente. Uno dei
temi centrali di questo percorso è stato la promozione della salute e del
benessere: tale questione è stata affrontata dagli operatori del Team
Territoriale di Prevenzione sia con gli operatori dei Centri di Aggregazione
Giovanile all’interno di cinque incontri formativi, sia con gli adolescenti
incontrati nei luoghi di divertimento, nelle scuole e nei Centri di
Aggregazione Giovanile dei due Ambiti Territoriali. Nello specifico, all’interno dei
Centri di Aggregazione Giovanile, si sono realizzati incontri a carattere
prevalentemente informativo allo scopo di aumentare la consapevolezza tra i
giovani dei rischi connessi al consumo e all’abuso di alcol e di sostanze
psicoattive e di stimolare la riflessione ed il confronto all’interno di un
clima relazionale positivo. A
conclusione di questo percorso è stata indetta la prima Edizione del Concorso
Apple Boy Contest, una iniziativa che ha lo scopo di offrire ai giovani dei
Centri di Aggregazione la possibilità di discutere le tematiche relative al
benessere e/o all’uso di sostanze. Il
Concorso Apple Boy Contest invita infatti i ragazzi dei Centri di Aggregazione
Giovanile a realizzare una campagna di prevenzione dell’uso di sostanze
psicoattive o, in alternativa, un gioco che abbia come soggetto la promozione
della salute. Attraverso
questa proposta si intende, oltre che sensibilizzare i giovani sui rischi
connessi ai consumi di sostanze attraverso i gruppi di pari, realizzare
messaggi di promozione della salute realizzati da giovani e da diffondere tra i
giovani. Le opere
in concorso, valutate da una giuria composta da esperti, verranno presentate e
premiate in occasione dell’incontro previsto per oggi dalle 17 nella Sala
Cipriani del Ricreatorio San Carlo di Fermo - V. Cipriani, 2/4. La
partecipazione all’incontro è gratuita e aperta a tutti i giovani del
territorio. Mattatore della serata sarà Dolly Bomba, versatile showman, che con
la sua ironia presenterà le opere in concorso al pubblico presente.
ROMAGNA
OGGI
Cinque
incontri per capire gli effetti dell’alcol
IMOLA - Cinque
appuntamenti, a cadenza settimanale, per parlare di alcol e dei suoi effetti
sono in programma tra il mese di febbraio e marzo ad Imola nella Parrocchia
Nostra Signora di Fatima in viale Vivaldi (a partire dalle ore 20). Le
riunioni, aperte a tutta la cittadinanza e alle famiglie con problemi
alcolcorrelati che frequentino o non i club alcolisti in trattamento, sono
organizzati dal servizio di alcologia dell’AUSL di Imola e dall’Acat di Bologna
Nord. L’obiettivo
è di informare e sensibilizzare sui problemi alcolcorrelati e complessi della
dipendenza che tanto costano in termine di sofferenze umane e sociali. Si
inizia mercoledì 21 febbraio con: “L’alcol e suoi effetti”, poi mercoledì 28: “Il bere e i problemi
alcolcorrelati”; mercoledì 7 marzo: “Il funzionamento dei Club Alcolisti
in Trattamento. Il ruolo delle famiglie e del servitore-insegnante”; mercoledì
14: “La ricaduta”; mercoledì 21: “La spiritualità antropologica”.
Per ulteriori informazioni ci si
può rivolgere chiamando l’Ausl di Imola al numero 0542 604036 e contattando
Antonella Longo (psicologa presso il settore alcologia del Sert di Imola e
servitrice insegnante del Club 127) o Carla Petroncini (assistente sociale
presso il settore di algologia del Sert di Imola e servitrice insegnante del
club 117).
IL
TRENTINO
di Chiara
Zomer
«Baraonda»
offesa: dimesso tutto il direttivo Continua la polemica. Il presidente: «SconfinaMenti? Non
abbiamo fatto nulla» Lettera
del sindaco: «Li abbiamo aiutati, soli non erano in grado» I giovani: «Tirati
in ballo per altri scopi, ora ci ritiriamo»
AVIO.
Ormai la manifestazione “SconfinaMenti” sta lasciando sulla strada più danni
che onori. Prima sulla festa musicale è saltata mezza giunta. E ora, a saltare,
è il direttivo dell’associazione Baraonda che, martedì sera, ha dato le
dimissioni in blocco, presidente compreso. Più d’uno i motivi che hanno spinti
i ragazzi allo strappo. Ma la goccia che ha fatto traboccare il vaso, è una
lettera che il sindaco Mauro Amadori ha mandato alle associazioni del paese. Ovvio lo
scopo della missiva: cercare di raffreddare gli animi dopo la querelle su
SconfinaMenti. Per la manifestazione - queste almeno le chiacchiere girate in
paese - figurava come organizzatrice l’associazione Baraonda. E per questo
avrebbe ricevuto - stando sempre alla convinzione generale - 18 mila euro di contributi.
Una cifra enorme, rispetto ai soldi che normalmente girano per le casse dei
gruppi di volontariato. Da qui le prime proteste, aggravate dal fatto che, si è
capito poi, di fatto la manifestazione era organizzata dal Comune. Su questa ridda di voci e polemiche ha voluto
mettere la parola fine il sindaco. Spiegando per iscritto che sì, il grosso del
lavoro l’aveva fatto l’amministrazione. Ma solo perchè i giovani di Baraonda,
inesperti, non erano in grado, sia dal punto di vista organizzativo che contabile,
di far da soli. E’ stato questo a far saltare sulle sedie i ragazzi
dell’associazione. «Dopo le ultime vicissitudini, l’accusa di aver ricevuto 18
mila euro di contributi e l’ultima lettera del sindaco, abbiamo deciso di
dimetterci - spiega il presidente Antonio Benvenuti - E’ stata una decisione
sofferta, ma l’onorabilità e l’immagine del nostro gruppo sono state usate per
altri scopi e irrimediabilmente lese dagli ultimi eventi. Non è più il caso di
andare avanti». Fin qui la posizione dell’associazione. Ma
Benvenuti, a titolo personale, qualche riflessione nel merito della vicenda la
fa volentieri. Partendo da quei 18 mila euro di contributi: «Non li abbiamo mai
ricevuti. Ed è ovvio: non abbiamo organizzato SconfinaMenti. Non ne abbiamo mai
avuto la volontà. Noi siamo stati chiamati solo a fine dicembre dall’assessore
competente - spiega Benvenuti - e ci ha illustrato un progetto già concluso: ci
ha esposto date, luoghi, gruppi che avrebbero suonato, costo dei biglietti.
L’unica cosa che ci ha chiesto, e che noi, a titolo volontario abbiamo
accettato di fare, era un minimo di ruolo logistico, che prevedeva la
distribuzione dei volantini, l’affissione dei manifesti, la vendita dei
biglietti. Punto. Poi, invece, ci siamo trovati in mezzo ad un gioco più grande
di noi. Io non so chi, in questa storia, ha ragione. So però che Baraonda non
c’entra nulla. Era nata per altri scopi, in questo anno e mezzo di vita ha
lavorato bene. Ora spero che qualche iscritto decida di andare avanti, che
l’associazione abbia un seguito». Forte di 43 iscritti, il gruppo è nato un anno
e mezzo fa su spinta dell’amministrazione allo scopo di coinvolgere i giovani
aviensi. Ma da allora i ragazzi hanno imparato a camminare da soli. Due gli
eventi di particolare richiamo organizzati finora. La serata rock “Made in
Avio”, in cui è stato dato spazio alle band locali e il memorial Francesco
Leonardi, un torneo di calcetto per ricordare il giovane aviense scomparso nel
2004. Entrambe le iniziative, tra l’altro, che hanno saputo coniugare
divertimento e attenzione per il sociale. Si trattava di serate alcool free,
con la partecipazione dell’associazione “Zero gradi”. «Speriamo davvero che l’esperienza possa
continuare - conclude Benvenuti - noi del direttivo, per parte nostra, risponderemo
al sindaco. E chiederemo un incontro».
L’ADIGE
Patenti
baby vietato l’alcol BERLINO -
Il governo tedesco ha deciso ieri il divieto assoluto di consumo di alcol
per i guidatori principianti, divieto varrà per un periodo di due anni dopo
l’ottenimento della patente.
L’ARENA
Dopo
le polemiche intervengono gli organizzatori
Festa della Renga, il Valpolicella non mancherà
Il comitato: «L’ordinanza vieta la vendita solo dopo le
20». Bandite tutte le bevande in vetro
La tradizione è salva e il vino
Valpolicella non mancherà allo stand della festa de la Renga mercoledì delle
Ceneri.
L’ordinanza firmata dal sindaco
Paolo Zanotto vieta infatti la mescita di alcolici di qualunque gradazione a
partire dalle 20 del 21 febbraio e fino alle 2 del 22. Quindi a festa
praticamente finita. «Ci tengo a precisare questo», spiega il presidente del
Comitato benefico Festa de la Renga Mauro Bertani, «perché andava scapito della
tradizione presentare il nostro piatto tipico, polenta e renga, senza vino». Ma le
ordinanze comunali emanate per il carnevale, che riguardano il divieto di
utilizzo delle bombolette di schiuma colpevoli, l’anno scorso, di aver mandato
in ospedale un centinaio di persone, e la limitazione oraria dell’uso di
alcolici, sono mirate a salvaguardare la sicurezza dei cittadini. «Anche l’anno
scorso abbiamo chiuso i banchi alle 20 perché avevamo finito la polenta», fa
sapere Bertani. Quindi
fino a sera la renga potrà essere giustamente innaffiata dal vino, la cui
mescita avverrà però rigorosamente in bicchieri di plastica. L’ordinanza
bandisce anche il vetro nella somministrazione di tutte le bevande, alcoliche e
non» continua Bertani, «come noi già facciamo da qualche anno ai chioschi
gestiti dal Comitato Benefico. La pericolosità delle bottiglie di vetro
abbandonate in tutte le strade del paese o in mano a ubriachi era evidente. Gli
ambulanti e gli esercenti hanno accettato di buon grado questa nuova
regolamentazione che mira alla migliore riuscita della festa. In questo modo
sarà facilitato il compito delle stesse forze dell’ordine». Le
bevande non potranno essere somministrate in contenitori di vetro, dalle 13 di
mercoledì 21 alle 14 di giovedì. I chioschi di degustazione funzioneranno dalle
10 di mercoledì; dalle 14,30 inizieranno ad arrivare le maschere che sfileranno
dalle 15 alle 16. Elisabetta
Parisi
LA
SICILIA
Valle del Belice
Sambuca di Sicilia isola felice
(f.c.) -
Nei Comuni agrigentini della Valle del Belice sembra Sambuca di Sicilia il
centro dove si concentrano di più i giovani alla ricerca di svago nei fine
settimana. A Santa Margherita Belice e Montevago la gran parte salgono in
auto e vanno a Sciacca oppure a Partanna e Castelvetrano. A Sambuca accade
altrettanto, ma la presenza di locali bene attrezzati permette a tanti di non
allontanarsi ed evitare le insidie della strada. In tutti c’è la voglia di
fare qualcosa di diverso rispetto all’ascolto di musica e all’assaggio di un
drink, ma ci si rende conto che le alternative sono praticamente nulle. A
Sambuca c’è un’associazione teatrale che coinvolge alcuni giovani del luogo, a
Santa Margherita c’è un gruppo folkloristico e un certo movimento culturale in
crescita, ma il desiderio del mondo giovanile il sabato e la domenica è solo
quello di evadere e di affrontare una serata cosiddetta da «sballo», con
musica, incontri e qualche volta anche con il sempre presente spinello. I
giovani belicini ammettono che la droga circola, ma mostrano un bicchiere di
vino o un drink per dimostrare che loro le sostanze non le prendono,
dimenticando gli effetti altrettanto devastanti dell’alcol. Girando per i
locali pubblici di Sambuca di Sicilia da mezzanotte in poi si può notare che
non c’è giovane che non abbia in mano una bevanda, per la gioia dei gestori,
che però si lamentano della concorrenza dei grossi centri, dove ai giovani
vengono offerte non alternative al pub. Ci si diverte con poco, ma non tutti si
accontentano. Le istituzioni sono preoccupate. Quasi ogni fine settimana a
Sambuca si verificano atti vandalici.
IL GAZZETTINO (Vicenza)
LA STORIA
Occhi che
non dimenticano, nemmeno a distanza di oltre sessant’anni da quella lunga scia
di sangue perpetrata da un manipolo di tedeschi in ritirata, che prese avvio
nel padovano e si concluse con l’eccidio di Castello di Godego (Treviso) il 29
aprile 1945. Sono gli occhi di Palmira, detta Palma, Valesin, la moglie di
Bruno Chiarioni. La donna, che oggi ha quasi 88 anni e vive a Mestre con una
delle due figlie, è l’unica testimone oculare, ancora in vita, di quell’esecuzione.
Il marito le fu fucilato ad una manciata di metri di distanza, nel cortile
dello stabilimento Fiat di Abbazia Pisani, frazione di Villa del Conte, che
stava proprio davanti alla casa dei Chiarioni. La signora Palma, che teneva
strette le figliolette, Luciana di quattro anni e Leda di due, prima fu spinta
verso quello schieramento di uomini che i tedeschi avevano deciso di uccidere,
poi venne allontanata da un loro comandante, in sella ad un cavallo bianco, che
disse: "Non uccidete donne e bambini".A distanza di quasi sessantadue
anni Palma Chiarioni, vedova di guerra con una pensione di poco più di 350
euro, ricorda con perfetta lucidità quei momenti. «Era domenica. Non potrò mai
dimenticare. Erano circa le undici e mezzo. La giornata era piovosa. Bruno era
andato nei campi con il fratello Arduino. Il venerdì sera erano venuti in casa
alcuni uomini da Lovari, frazione di San Martino di Lupari. Erano partigiani
dell’ultima ora. Gli dissero: "Bruno, sei un patriota o no? Vieni con noi
a tagliare gli alberi. Dobbiamo sbarrare la strada ai tedeschi". Mio
marito trovò una scusa e non ci andò. L’aria di quelle ore era tesa. Ci
dicevano che la guerra era finita, ma si capiva che sarebbe accaduto qualcosa
di terribile. Avevo venticinque anni e tanta paura, soprattutto per le bambine.
L’avevo confidata a Bruno. E così, quella mattina, mentre se ne stava nei
campi, tornò a casa. Disse al fratello che non se la sentiva di lasciarci sole.
I tedeschi stavano arrivando. Si vedevano da lontano. Bruno si nascose nel sottoscala.
In casa avevamo anche degli sfollati. Quando i tedeschi fecero irruzione,
urlando e sbattendo le porte, uno di loro, Gaetano Passuddetti, ebbe
l’intuizione di nascondersi sotto al divano. Fu la sua salvezza. I tedeschi
trovarono mio marito. Ricorderò sempre il volto dell’uomo che venne a
prenderlo. Era lo stesso che dava gli ordini, lo stesso che poi li uccise ad
uno ad uno. Era basso, grassottello, puzzava di vino, forse era ubriaco.
Io, dalla finestra di casa, ho visto tutto. Fuori ci stavano già i tre fratelli
Agostini. Tutti furono malmenati e picchiati, ma sui tre fratelli i tedeschi
scatenarono una ferocia inaudita. Li colpirono con calci e pugni, dappertutto,
in mezzo alle gambe, poi con le pistole. Forse pensavano fossero dei
partigiani. Portarono giù anche Anna, una sfollata da Padova. Alloggiava nella
stanza sopra di noi. In città faceva la direttrice di qualche ufficio. Partiva
ogni mattina in bicicletta».
Il
racconto di Palma si interrompe per qualche attimo, poi riprende fiato per
ripercorrere la pagina più dura della sua vita. «Uccisero prima i tre fratelli,
Duilio, Vittorino ed Ivo. Poi Giannino, era un gran bravo ragazzo. Le bambine
mi corsero in braccio, le tenevo strette. Vedevo Bruno e lui mi guardava -
racconta la donna con le lacrime agli occhi - Borbottava qualcosa rivolto a me,
ma non capivo, non potevo aprire la finestra. Toccò a lui. Gli puntarono la
pistola alla tempia sinistra. Il colpo gli uscì dalla parte opposta, verso
l’alto. Si afflosciò a terra. Anna, che veniva dopo di lui, stramazzò sopra il
suo corpo. Forse era svenuta. La credettero morta. Uccisero Vittorio Ferronato,
aveva 53 anni. Infine, dettero il colpo di grazia fucilandoli alle gambe e ai
piedi. Poi entrarono. Mi chiesero una coperta per coprire i corpi. "I bambini
non devono vedere", mi dissero. Sì, ho visto tutto e non potrò mai
dimenticare». Così come la piccola Luciana, che nonostante i suoi quattro anni,
ricorda ogni attimo. « A volte penso che era meglio non vedere». Il corpo
di Bruno Chiarioni rimase a terra, sotto quella pioggerellina di aprile, ancora
per un po’, fintantochè i tedeschi non se ne andarono, rastrellando altri
uomini. Tra questi anche Mario Menzato, il sarto del paese. Il figlio Cirilllo
ha fondato il Comitato parenti delle vittime dell’eccidio di Abbazia Pisani e
promuove nelle scuole il ricordo di una strage dimenticata per decenni. «Mio
suocero e mio cognato portarono il corpo di mio marito sul divano, quel divano
che salvò il signor Gaetano. Mio marito ha dato la vita per noi. Non voglio
medaglie, non voglio onori. Perdonare? È difficile quando ti strappano via
quello che di più caro hai al mondo. Ho lavorato giorno e notte per crescere le
mie figlie. Di giorno caricavo carri di fieno, di notte lavavo e cucivo. Ci
conoscevano come "le fate Chiarioni" perchè non stavamo ferme nemmeno
quando era ora di riposare». La
signora Palma ricorda un ultimo particolare. «Cinque minuti dopo la strage
arrivò Andreas, un tedesco che era diventato amico di molte delle nostre
famiglie. Riuscì a salvare Cirillo Miozzo, ma non Bruno. Ricordo che mi disse
"Mi dispiace Palma. Se fossi arrivato prima tuo marito sarebbe ancora
qui"...».
LA
REPUBBLICA
CRONACA All’alba
l’ennesima lite poi l’omicidio sotto lo sguardo della moglie e dell’anziano
padre Rocco Perini aveva 31 anni. E’ stato colpito da una scarica di cinque
colpi Pescara,
padre uccide il figlio a fucilate "Era alcolizzato, non lo sopportavo
più"
La Polizia ha arrestato Alfonso Perini per l’omicidio di
suo figlio Rocco di 31 anni
PESCARA -
L’ha ucciso perché non riusciva a smettere con l’alcol. Cinque colpi di fucile
ha sparato Alfonso Perini su suo figlio di 31 anni. E’ successo a Pescara.
Questa mattina alle 4.30, esasperato una volta ancora dal comportamento del
figlio, Alfonso, 54 anni, impiegato in una ditta che si occupata i ascensori,
ha imbracciato il fucile e ha fatto fuoco sotto gli occhi della moglie e
dell’anziano padre. Rocco Perini, era nato ad Atri, in provincia di Teramo. In
passato aveva lavorato come elettricista ma adesso era disoccupato e chiedeva
in continuazione soldi ai genitori. Le liti al secondo piano di via Masci, a
Pescara, erano frequenti e sempre per lo stesso motivo. Ieri sera
Rocco era rientrato intorno a mezzanotte e si era messo a bere. Suo padre prima
ha urlato poi ha preso il fucile e ha fatto fuoco almeno tre volte contro il
figlio ma non l’ha ucciso. In preda ad una rabbia folle, è corso ad imbracciare
una seconda carabina e ha sparato quattro o cinque colpi. Questa volta Rocco è
crollato a terra morto mentre stava telefonando alla polizia per chiedere
aiuto. Quando gli agenti sono arrivati a casa Perini, il cadavere dell’uomo era
disteso sul pavimento della cucina in una pozza di sangue. Suo padre,
impietrito, era seduto in sala. E’ stato arrestato per omicidio volontario.
IL
GAZZETTINO (Rovigo)
TRIBUNALE
Morde la madre per l’auto Condannato un 25enne
Condannato
ad una pena complessiva di 12 mesi per resistenza a pubblico ufficiale e per
lesioni procurate alla madre. È avvenuto ieri al tribunale di Rovigo, ad essere
condannato è stato Stefano Poppi, 25enne residente a Occhiobello ma ferrarese
di origine. Il fatto era avvenuto lo scorso ottobre, quando durante un
sabato sera Poppi voleva uscire di casa e mettersi al volante in stato di
ebbrezza. La madre allora ha cercato di impedirglielo, si è perfino seduta
sul sedile accanto al posto guida per evitare che il figlio mettesse in moto la
vettura. Il 25enne però ha reagito mordendo ad un braccio la madre di 50 anni.
Sul posto si sono precipitati i carabinieri di Occhiobello che hanno dovuto
sudare non poco per immobilizzare il giovane. Ieri la condanna a 8 mesi per
resistenza a pubblico ufficiale e 4 mesi per lesioni e violenza privata nei
confronti della madre. Secondo l’avvocato difensore, Giovanni Montalto di Ferrara,
però la resistenza è stata frutto di un malinteso perché il ragazzo voleva
semplicemente evitare di essere ammanettato in quanto dolorante ai polsi.
IL
GAZZETTINO (Padova)
Giovedì,
15 Febbraio 2007
Il
primo processo è arrivato ieri mattina davanti al giudice monocratico Sonia
Bello. I procedimenti aperti dalla Procura sono sei. Saranno riuniti
Trenta imputati per i mercoledì sera degli spritz Sono
tutti giovani del "Pedro". Si sono opposti ai decreti penali che li
condannavano ad un’ammenda di 578 euro
Stanno
arrivando al pettine i nodi dei mercoledì sera esagerati dello spritz in
piazza. I mercoledì di fine primavera - inizio estate 2006. Un gruppo di una
trentina di giovani dovrà rendere conto alla giustizia di quelle baldorie
serali, oltre il limite della decenza, fatte passare come feste universitarie.
Sei serate, sei inchieste della Procura, sei processi. Ieri mattina il giudice
monocratico Sonia Bello ha riunito i primi quattro. Gli altri due sono ancora
in fase di conclusione. Gli imputati sono tutti giovani vicini al centro
sociale "Pedro". E il primo della lista Max Gallob, considerato uno
degli organizzatori delle "notti universitarie". Tutti si sono
opposti al decreto penale che li condannava ognuno al pagamento di un’ammenda
di 578 euro. Assistiti dall’avvocato Aurora D’Agostino affronteranno il
processo. Non ci stanno a portarsi sulle spalle tutto il peso dell’accusa. C’è un
capo d’imputazione diverso ogni sera. Ma le contestazioni sono sempre le
stesse. Agli imputati viene contestato il fatto di aver organizzato delle
riunioni senza aver avvertito il questore, di aver sistemato in piazza delle
Erbe i tavoli con gli amplificatori per la musica, di aver somministrato
bevande, di aver diffuso la musica a tutto volume e di aver disturbato il
riposo delle persone. Poi, per ogni serata, ci sono particolari diversi. Ad
esempio per mercoledì 17 maggio si afferma che alla mezzanotte (per sfidare
l’ordinanza del sindaco Zanonato) era stato organizzato un conto alla rovescia
e all’ora in cui doveva scattare il "coprifuoco" sono stati esplosi
dei petardi. Nemmeno i
tassisti volevano entrare in piazza delle Erbe e in Ghetto durante i raduni
"universitari" del mercoledì sera. La notte era loro. Di chi voleva
disobbedire, di chi voleva sballare con l’alcol e gli spinelli (e poi vai a
vedere se non c’era anche roba forte in giro), di chi aveva confuso la buona
educazione con il lassismo più sfrenato. Quanti taxi sono stati danneggiati
(calci e pugni) perchè gli autisti pretendevano di accompagnare i clienti in
Ghetto? E le macchine degli abitanti? E quelle dei clienti incolpevoli degli
alberghi? E che dire dell’abitante, al quale una sera era venuto in mente di
documentare fotograficamente il degrado del Ghetto ed era stato aggredito,
picchiato in testa, tanto da finire al pronto soccorso? Certo, il popolo del
mercoledì notte non voleva intrusi. Non voleva che nessuno assistesse alle
scene tristi di ragazzine che stramazzavano al suolo sul proprio vomito. Oppure
di giovani barcollanti, che si attaccavano alle colonne di via Squarcione e di
via dei Fabbri per fare i propri bisogni. O che si liberavano dell’alcol contro
le vetrine o gli ingressi dei palazzi. Attraversare il centro di mercoledì sera
era vietato al cittadino qualsiasi. Per non parlare della desolazione finale.
Dopo i bagordi il selciato della piazza e quello delle vie del Ghetto erano
pavimentati di bicchieri di plastica, vetri, lattine di birra, cartacce, vomito
e urina.Le inchieste sono state avviate sulla base delle denunce della polizia.
Le forze dell’ordine hanno esagerano? Ecco cosa dichiarava Enrico Zulian,
portavoce del Centro sociale occupato "Pedro", per annunciare il
programma di mercoledì 24 maggio, che prevedeva pure il "Giro di canna",
con forte richiamo al Giro d’Italia: «Il Giro di canna è una manifestazione
contro la legge sulla droga targata Fini-Giovanardi e contro il proibizionismo
voluto dalla giunta Zanonato. Il via è previsto per le 17 in piazza delle Erbe,
quindi raggiungeremo il Prato della Valle, Pontecorvo e il parco Iris. In
serata saremo nuovamente in piazza delle Erbe dove organizzeremo della musica.
Questa volta, però, a differenza degli altri mercoledì sera non spareremo i
fuochi d’artificio, ma abbiamo pensato a diverse sorprese».
Lino Lava
IL
TRENTINO
Ha
fatto inversione al casello di Ala. Fermato dalla polizia stradale all’altezza
di Nomi
Camion contromano: paura in A22. L’autista
austriaco, ubriaco, ha guidato per oltre 20 chilometri senza accorgersi di
nulla
ROVERETO.
E’ riuscito ad imboccare l’autostrada nella corsia sbagliata, e ha guidato
contromano - a quanto pare senza neppure accorgersene - per oltre venticinque
chilometri, finchè la polizia stradale è riuscita a fermarlo e costringerlo a
scendere dal mezzo. Ad incrociarlo, tra gli altri automobilisti atterriti,
anche l’autonomista aviense Giorgio Gelmetti: «L’ho schivato per un soffio -
racconta ancora scosso dall’accaduto - Non ho mai avuto tanta paura». Era all’incirca l’una e trenta, quando è accaduto.
Il camionista, un austriaco diretto a nord, era già in autostrada, sulla corsia
giusta. Ma al casello di Ala Avio è uscito. Arrivato nel piazzale - quindi
ancora dentro l’autostrada - dev’essersi reso conto di aver sbagliato. Per
questo ha fatto inversione per riimmettersi sulla carreggiata. E’ stato allora
che ha sbagliato corsia, finendo tra le auto che procedevano verso sud. La
manovra è stata notata dal casellante di Avio, che ha allertato il 113. Ma
ormai il tir era in autostrada. Fortunatamente era passata l’una di notte, il
traffico non era intenso. Anche per questo, forse, la folle manovra non si è
conclusa in modo drammatico. L’austriaco, comunque, stando almeno alle
testimonianze degli automobilisti, non ha mostrato di accorgersi di nulla. Serenamente
si è immesso sulla corsia di sorpasso - che per lui era la corsia di destra - e
ha continuato il viaggio. Unico particolare che può far pensare che si sia reso
conto della situazione, il fatto che procedeva con gli abbaglianti accesi. E
accesi erano anche i far sopra il cassone, quelli che usano i camionisti per
avere una buona visuale in caso debbano scaricare merce la notte. Certo è,
comunque, che al casello di Rovereto non ha neppure provato ad uscire. Altra
manovra potenzialmente pericolosissima. Ma che almeno proverebbe una sua
consapevolezza della situazione. Invece nulla, ha tirato dritto. Rischiando,
almeno una volta, l’incidente serio. Quando, all’altezza di Marco, si è quasi
scontrato con l’auto di Giorgio Gelmetti, il noto autonomista aviense, che si è
trovato davanti il tir durante una manovra di sorpasso. E che l’ha schivato per
un soffio. Anche lui ha allertato la polstrada che,
comunque, stava già organizzando l’intervento. Prima sono stati fatti
rallentare, all’altezza di Trento, i mezzi in transito sull’autostrada, in modo
da garantire che non avrebbero incontrato, nella loro corsa, il camion
contromano. Poi due pattuglie hanno cercato di fermarlo: una, procedendo in
corsia nord, l’altra affiancandolo in corsia sud. Dopo 20 minuti l’hanno
fermato. L’austriaco si è sottoposto immediatamente
all’alcoltest, che ha evidenziato un valore di alcol nel sangue ampiamente
superiore ai limiti di legge. Ovvie le conseguenze per lui: ritiro patente e
divieto temporaneo di circolare sulle autostrade italiane. Qualche
problema c’è stato, infine, per la rimozione del mezzo, della quale si sono
occupati i pompieri di Trento con l’uso di un’autogru.
L’ARENA
IN BORGO ROMA
Ubriaco
in contromano «centra» un autobus (*)
Incidente
tra Santa Teresa e viale Piave l’altra notte. Una vettura, guidata da un uomo
risultato ubriaco, mentre viaggiava in contromano si è schiantata contro un
pullman. Paura per quaranta anziani. Decisiva la prontezza di riflessi
dell’autista del pullman. Ieri un
camion si è fermato solo all’ultimo metro Nel tentativo di invertire il senso
di marcia il conducente ha quasi causato un tamponamento Un’altra
tragedia sfiorata. L’ennesima, in uno dei tratti di strada più pericolosi del
Comune che già in passato è stato teatro di incidenti mortali. Si tratta del
sottopasso a senso unico che porta dalla città a Borgo Roma, teatro di uno
scontro tra un’auto e un pullman con una quarantina di anziani. Il fatto è
accaduto l’altra notte, intorno all’una e per fortuna non ha avuto gravi conseguenze
per le persone. L’episodio, tuttavia, riporta prepotentemente l’attenzione su
quel tratto di strada che va da Santa Teresa a viale Piave. Secondo
la ricostruzione fatta dai vigili urbani, l’incidente è accaduto intorno
all’una quando una Citroen C3, condotta da un trentatreenne, residente nel
vicentino, ha imboccato contromano il tunnel proveniente da via Santa Teresa.
Proprio in quel momento, in direzione opposta, è arrivato un pullman dell’Atv
con una quarantina di anziani, che stavano facendo rientra a casa dopo aver
trascorso la serata al teatro Filarmonico. Decisiva
la reazione dell’autista dell’autobus che ha visto l’auto arrivare in
contromano e ha utilizzato il clacson e gli abbaglianti per avvertire il
conducente della manovra errata; a pochi metri dall’auto, il bus ha sterzato
sulla destra per evitare la collisione, ma la vettura ha comunque centrato la
parte posteriore del veicolo, senza gravi danni. Per
fortuna non vi sono stati feriti; le pattuglie del turno notturno della polizia
municipale sono intervenute in pochissimi minuti per i rilievi di legge.
L’automobilista vicentino è stato sottoposto al test alcolemico che è risultato
positivo quasi tre volte oltre il limite. Oltre alla denuncia penale per guida
sotto l’effetto di sostanze alcooliche, gli è stata contestata la guida
contromano e senza la patente al seguito. La somma delle infrazioni al codice
della strada comporterà la decurtazione di 20 punti. (…)
(*) Nota: la guida contromano è un
problema alcol correlato. È causata non solo dallo stato confusionale, ad esso
si somma infatti l’effetto disinibente, tipico dell’alcol e degli eccitanti,
che induce alla trasgressione delle regole.
L’ARENA - I
precedenti
Rumeno
ubriaco travolse e uccise coppia di giovani Quattro anni fa in un frontale un morto e cinque feriti
È
accaduto di nuovo e la mente ha fatto un conto alla rovescia indietro di dieci
mesi, quando perdettero la vita Andrea Gecchele e la sua fidanzata Giulia
Biondani, centrati da un’automobilista ubriaco che era salito dal sottopasso di
Santa Teresa e proseguendo la sua corsa in viale Piave s’era scontrato con la
moto che arrivava dal senso di marcia opposto. Era aprile e la coppia viaggiava
serena ad acquistare un regalo di compleanno per il papà di uno dei due. La Opela
Kadett condotta da un romeno li centrò in pieno. Nell’abitacolo bottiglie di
birra vuote a testimoniare quello che non era difficile da capire anche senza
etilometro. (*) Prima di arrivare in viale Piave l’autista aveva centrato anche
dei paletti, ma era talmente ubriaco da non essersene reso conto.
Nell’agosto 2001 un’automobile contromano centrò un fuoristrada: un morto e
cinque feriti. Anche in quel caso si trattò di un’auto con quattro romeni. La
loro Golf provenendo da via Santa Teresa anzichè seguire le frecce che
indicavano la direzione obbligatoria tirò dritto andando a sbattere contro un
fuoristrada. (a.v.)
IL SECOLO
XIX
Uccise donna incinta, nuova condanna
LA CORTE
DI CASSAZIONE aveva annullato per motivi tecnici la condanna a due anni per
Massimo Soraci, l’automobilista accusato di aver travolto e ucciso una giovane
incinta di cinque mesi, Arianna Ciccolella ventottenne.
Il
tragico episodio era accaduto il 19 settembre 2003. Ieri nuovo processo e nuova
condanna: due anni e sei mesi di pena per l’imputato. Il procedimento, che si è
svolto con rito abbreviato davanti al giudice Franca Borzone, non ha cambiato
di molto le cose. Soprattutto in considerazione che Soraci può contare
sull’indulto grazie al quale la pena detentiva sarà interamente cancellata. A
rivolgersi alla Cassazione era stato il pm titolare dell’inchiesta Federico
Panichi il quale aveva sostenuto che nel primo processo il calcolo del giudice
sulla continuazione dei reati, in parte colposi e in parte dolosi, non era
corretta e la Cassazione gli ha dato ragione. L’ uomo,
un imprenditore di 36 anni, dopo l’investimento era scappato senza prestare
soccorso. Era imputato quindi di omissione di soccorso, di omicidio e aborto
colposo, e guida sotto l’effetto di stupefacenti. L’ imputato, difeso dagli
avvocati Camillo Ciurlo ed Emanuele Lamberti, era inoltre accusato di aver
provocato ferite anche a Francesco Canu, investito di striscio subito dopo aver
travolto Arianna Ciccolella. La
tragedia aveva destato grandissima emozione in città: si è trattato di uno dei
più gravi incidenti della strada avvenuti negli ultimi anni a Genova. La
giovane donna, moglie di un tecnico dell’Ansaldo, tornava dal lavoro dopo un
turno serale in sella al suo scooter. Soraci, al volante della sua Subaru
Impreza, l’aveva travolta, sbalzata e uccisa in via Gramsci. Poi era
fuggito urtando un altro motociclista, diventato poi testimone per
l’identificazione dell’investitore che alla fine di un inseguimento era stato
bloccato dai carabinieri. Le analisi avevano evidenziato che nel sangue di
Soraci c’erano residui di alcol e anfetamine: quest’ultime assunte
dall’imprenditore per una cura dimagrante. Soraci sin dalle prime fasi
dell’inchiesta ha sempre confermato il suo racconto: «Avevo bevuto soltanto una
birra. E nessuno mi aveva mai avvertito della pericolosità di mescolare la cura
di anfetamine alla quale mi stavo sottoponendo, perfettamente lecita, con
quantità anche piccole di alcol. Fatto sta che io non ricordo assolutamente nulla
di quanto è accaduto: mi trovavo in uno stato di completa incoscienza. Questa
tragedia mi ha distrutto». Nel corso
del primo procedimento erano state risarcite dalla società assicuratrice dell’
investitore i genitori, il marito e il fratello della vittima che si erano
costituiti parte civile. Elisabetta
Vassallo
IL
GAZZETTINO
IN
BREVE
SUSEGANA
Guida
in stato d’ebbrezza, condannato
Sarebbe
stato reduce da una bella sbronza il 41enne macedone Muhedin Usoski, che alle 3
della notte di Natale 2003 fu fermato dalle forze dell’ordine mentre percorreva
con la sua Opel Corsa la statale 13. Sottoposto ad alcoltest, Usoski fece
registrare al primo esame un valore di 1,77 mg/l (oltre tre volte il limite di
legge), mentre il secondo test non riuscì perché l’extracomunitario, secondo
l’accusa, non sarebbe nemmeno riuscito a soffiare nell’etilometro. Ieri il
Tribunale di Conegliano ha condannato Usoski a 10 giorni di arresto e 500 euro
di ammenda (condonati).
Rifiuta
l’alcoltest, multato
Fermato
in via Lourdes all’una e mezza di notte del 14 gennaio 2005 da una pattuglia,
si sarebbe rifiutato di sottoporsi all’alcoltest pur dimostrando tutti i
sintomi della guida in stato di ebbrezza. Per tali motivi il 39enne macedone
Asan Alioski è stato condannato ieri dal giudice Deli Luca a 30 giorni di
arresto e 800 euro di ammenda (pena condonata).
CASTELMASSA
Guida
ubriaco, patente ritirata
Aveva un
tasso alcolico nel sangue che era triplo rispetto al limite consentito. Per
questo motivo un 43enne residente a Ceneselli è stato fermato dai carabinieri
del Norm di Castelmassa. L’uomo è risultato positivo all’alcoltest e per questo
motivo la sua patente di guida è stata sequestrata.
SUPEREVA
NOTIZIE
Vittime
del metanolo, primo passo verso un indennizzo (*)
Incontro
tra l’Associazione dei familiari e la Segreteria della Presidenza del
Consiglio. Città del Vino aveva rappresentato il caso presso le alte cariche
dello Stato
A fine
gennaio a Palazzo Chigi la segreteria generale presso la Presidenza del
Consiglio dei Ministri ha ricevuto l’Associazione delle Vittime del Metanolo,
come ha comunicato il presidente Roberto Ferlicca all’Associazione Nazionale
Città del Vino. A ventun’anni di distanza dal caso metanolo il governo
italiano sta valutando l’ipotesi di riconoscere un “indennizzo” alle vittime e
ai familiari delle vittime di uno scandalo che, scoppiato nel 1986, colpì
profondamente il mondo del vino italiano. “Le istituzioni – ha dichiarato
Ferlicca a Città del Vino – stanno valutando l’ipotesi di un indennizzo da
calcolare economicamente e da discutere in Parlamento. Il nostro ottimismo è a
metà strada, l’incontro che c’è stato è un fatto significativo, ma non abbiamo
ancora la certezza che questa storia ormai ventennale giunga a termine.
Sicuramente dopo l’interessamento delle Città del Vino presso le alte cariche
dello Stato è tornata l’attenzione su un brutto capitolo che rischiava di
essere dimenticato”. “Non
possiamo che esprimere soddisfazione per questo segnale di interessamento che
arriva dalle Istituzioni verso un caso così delicato – ha commentato il
presidente di Città del Vino, Valentino Valentini -. Dopo l’iniziativa dello
scorso anno insieme alla Coldiretti e alla Fondazione Symbola le Città del Vino
si erano impegnate a rappresentar
Venerdì, 16 Febbraio 2007
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