BRUXELLES. I carcerati scontino la
propria pena nel paese di origine o di residenza e non in quello
in cui sono stati condannati. E’ questo il principio chiave della decisione
presa all’unanimità’ dai 27 ministri della Giustizia dell’Ue. Secondo la nuova
normativa, chi sia stato condannato a pene detentive in uno stato membro che
non e’ il suo paese di origine o di residenza abituale, sara’ automaticamente
trasferito in quest’ultimo per scontarvi la pena, senza dover preventivamente
chiedere il consenso del detenuto e del paese di origine. L’obiettivo del Consiglio Giustizia Ue
è facilitare il recupero del condannato che, in patria,
dovrebbe trovare un ambiente più consono al reinserimento. L’unica condizione
che limita il trasferimento è che il detenuto abbia la residenza nel Paese
d’origine, una famiglia o legami sociali. Se è di nazionalità straniera, ma
vive legalmente nello Stato dove viene condannato, è qui che la sentenza
dev’essere eseguita. Per esempio, se l’imputato si trova nel Paese d’origine al
momento della condanna in contumacia, la detenzione avviene automaticamente in
loco. Saltano molti passaggi burocratici, anche perché per il trasferimento non
serve il consenso dell’amministrazione a cui il detenuto fa capo. La precedente
Convenzione del Consiglio d’Europa (1983), stabiliva che il carcerato potesse
essere rimpatriato solo se entrambe le parti erano d’accordo. Il provvedimento entrerà in vigore tra
tre anni e comporterà uno svuotamento, almeno parziali delle carceri
italiane. A fine 2006 gli stranieri detenuti nelle prigioni italiani erano
13.152 e fra questi 779 erano donne, su una popolazione complessiva di 39 mila.
I romeni erano il 12,5% dei non nazionali, su un 18% totale di cittadini
dell’Unione europea, schiera variopinta formata tra l’altro da 120 francesi, 84
tedeschi,i 24 inglesi, e un unico solitario irlandese. Alla Polonia, restia
all’approvazione per il timore di vedersi obbligata a riprendersi oltre 2000
carcerati polacchi sparsi in vari paesi Ue, è stata concessa una deroga
provvisoria di cinque anni. In cambio, i nostri connazionali rispediti nelle
patrie galere dovrebbero essere qualche centinaio. I ministri della Giustizia dell’Ue
hanno anche approvato il regolamento dell’Agenzia Ue per i
diritti fondamentali che inizierà a lavorare a Vienna dal primo marzo. La
decisione politica di istituirla era stata presa sotto presidenza finlandese
nel dicembre 2006. L’agenzia, il Consiglio d’Europa e la Corte europea si
integreranno a vicenda in modo da evitare qualsiasi duplicazione delle
funzioni. In particolare, l’agenzia si concentrerà sulla legislazione
comunitaria e la sua attenzione mentre il Consiglio d’Europa e la Corte si concentreranno
sulla verifica del rispetto della Convenzione europea dei diritti umani.
Inoltre l’Agenzia Ue, che si interesserà solo degli stati membri dell’Ue e dei
paesi candidati, non si occuperà di casi specifici, piuttosto offrira’ a
istituzioni, stati membri, società civile e il pubblico in generale assistenza
di carattere accademica e informazioni su questioni specifiche concernenti i
diritti umani. Sempre in tema di giustizia, ma su un
altro fronte, all’Italia è stato richiesto di ridurre
l’eccessiva durata dei processi giudiziari. L’invito arriva dal comitato dei
ministri del Consiglio d’Europa a Strasburgo. "Per oltre 20 anni - si
legge in una nota dell’organismo - questo problema strutturale del sistema
giudiziario italiano ha portato a migliaia di violazioni della Convenzione
Europea per i diritti umani". Inoltre, il comitato "sottolinea che il
malfunzionamento del sistema giudiziario, a causa della lentezza dei
procedimenti, rappresenta un pericolo per lo stato di diritto". Gia’ in passato
il Consiglio d’Europa aveva criticato la lentezza dei processi e gli eccessivi
tempi di attesa per le sentenze.
Da Help Consumatori
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