Con la sentenza in oggetto la Suprema Corte
analizza la fattispecie di reato dell’omissione di soccorso e si sofferma in
particolare sull’elemento soggettivo sotteso a tale reato. Nel caso specifico si trattava di un automobilista,
il quale non si era prestato al soccorso della vittima di un incidente stradale
e che nei due gradi di merito aveva ritenuto non configurabile in suo capo una
condotta dolosa, poiché la natura lieve delle lesioni colpose causate deponevano
per la mancata conoscenza delle condizioni di fatto che avrebbero giustificato
l’assolvimento dell’obbligo di assistenza. Al riguardo, va premesso che il nuovo Codice della
Strada, all’articolo 189 prevede varie condotte che devono essere tenute dal
conducente in caso di incidente. La Suprema Corte evidenzia come tali condotte siano
dosate in “crescendo” in relazione alla maggiore delicatezza delle situazioni
che si possono presentare. L’orientamento giurisprudenziale prevalente vuole
la punibilità per un tale tipo di reato solo per dolo; già in precedenza la
Suprema Corte aveva statuito, infatti, che “poichè l’art. 189 c. strad.
prevede quale delitto, e non più, come nel precedente c. strad., quale
contravvenzione, l’omissione dell’obbligo di fermarsi dopo un incidente
stradale con danno alle persone, detta condotta può essere punita solo se
commessa con dolo; il dolo deve investire non solo l’evento dell’incidente, ma
anche il danno alle persone, che non costituisce una condizione di punibilità,
sostanzialmente imputabile a titolo di responsabilità oggettiva, atteso che la
sostituzione di una fattispecie dolosa ad una colposa sarebbe poco razionale
laddove si ritenesse che la seconda è punita indipendentemente dalla
consapevolezza da parte dell’agente di tutti gli elementi della stessa, e
quindi anche delle conseguenze derivate dall’incidente stesso” (Cass. pen.
Sez. IV, 16 febbraio 2000, n. 5164). La sostituzione effettuata dal legislatore della
fattispecie contravvenzionale con quella delittuosa fa cadere la possibilità di
considerare l’evento dannoso come condizione di punibilità. La punibilità in questo caso si fonda, infatti,
sulla consapevolezza dell’agente di tutti gli elementi della fattispecie e,
pertanto, anche del danno alle persone. Sulla base di tale ragionamento si è condannato
l’imputato, che dopo aver tamponato un’altra autovettura si era dileguato per
sottrarsi ad un proprio dovere. Irrilevante dovrà considerarsi la circostanza della
gravità o meno delle lesioni riportate dai danneggiati, non potendosi escludere
per una valutazione ex post di lievità dei relativi danni, la condotta
dolosa dell’autore del delitto. Viene confermata pertanto la condanna sancita dalla
Corte di Appello di Napoli, riaffermando un principio che oltre che giuridico,
appare come un dovere di civiltà, il quale deve essere rispettato e non ammette
giustificazioni che si fondano sulla gravità o meno delle lesioni provocate dal
comportamento dell’agente.
(Altalex, 22 febbraio 2007. Nota di Vittorio Mirra)
SUPREMA CORTE DI CASSAZIONE SEZIONE IV PENALE Sentenza 8 novembre 2006, n. 41962
REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE QUARTA SEZIONE PENALE
Composta dagli Ill.mi Sigg.:
1.Dott. CAMPANATO ORAZIANA
2.Dott. BRUSCO CARLO GIUSEPPE
3.Dott. LICARI CARLO
4.Dott. FOTI GIACOMO
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
F. G.
avverso
SENTENZA del 15/11/2005 CORTE APPELLO di NAPOLI - visti gli atti, la sentenza ed il ricorso - udita in pubblica UDIENZA la relazione fatta dal
Consigliere LICARI CARLO Udito il procuratore generale nella persona del (omissis)
che ha concluso per l’annullamento con rinvio dell’impugnata sentenza
OSSERVA
La Corte di Appello di Napoli, investita
dell’impugnazione proposta dall’imputato F. G. contro la sentenza del Tribunale
di Avellino, con la quale era stato dichiarato colpevole del reato di omissione
di soccorso a seguito di tamponamento di autovettura che lo precedeva e
condannato alla pena ritenuta di giustizia, decideva di confermare quella resa
in primo grado.
Avverso tale sentenza l’imputato proponeva ricorso per cassazione, adducendo
violazione di legge e difetto di motivazione, sui rilievo che erroneamente
sarebbe stato ritenuto configurabile il dolo in un caso, come quello in esame,
in cui la natura lieve delle lesioni riportate dalle persone offese deponeva
per la mancata conoscenza delie condizioni di fatta che avrebbero giustificato
l’assolvimento dell’obbligo di prestare loro assistenza.
Il ricorso e’ infondato.
Va premesso che il nuovo codice della strada all’art. 189 descrive in maniera
dettagliata la condotta che l’utente della strada deve tenere in caso di
incidente comunque ricollegabile al suo comportamento, stabilendo un
"crescendo" di obblighi in relazione alla maggiore delicatezza delle
situazioni che si possono presentare.
Cosi’ e’ previsto, per quanto qui interessa, l’obbligo di fermarsi in ogni
caso, cui si aggiunge, allorché vi siano persone ferite, quello di prestare
loro assistenza.
L’inottemperanza all’obbligo di fermarsi e’ punita con la sanzione
amministrativa in caso di incidente con danno alle sole cose (comma quinto) e
con quella penale della reclusione fino a quattro mesi in caso di incidente con
danno alle persone (comma sesto). In tale seconda ipotesi se il conducente si
e’ dato alla fuga la norma contempla la possibilità dell’arresto in flagranza
nonché la sanzione accessoria della sospensione della patente; la sanzione
penale e’ più grave (reclusione fino ad un anno e multa) per chi non ottempera
all’obbligo di prestare assistenza.
Ne deriva che, come peraltro questa Corte ha già avuto occasione di stabilire
che l’infrazione può essere punita solo se commessa con dolo (vedansi: sentenze
di questa stessa sezione del 6712/94 n. 3836 imp. B. del 16/2/2000 n. 5164,
imp. B).
Non può essere condiviso l’orientamento espresso da Cass. sez. IV 13.1.98 (ud.
31.10.97) n. 327, M. rv. 209677, secondo la quale il dolo deve investire il
solo evento dell’incidente comunque ricollegabile al comportamento del
conducente e non anche il danno alle persone, un avvenimento esterno, distinto
sia dalla condotta criminosa sia dall’evento tipico, che costituisce la
condizione obiettiva di punibilità.
Infatti, proprio la scelta operata dal legislatore con il nuovo codice della
strada di sostituire la precedente contravvenzione, per sua natura colposa, con
una fattispecie delittuosa, caratterizzata dalla punibilità solo a titolo di
dolo (salva espressa diversa previsione nella specie insussistente), fa
ritenere non condivisibile la tesi secondo la quale la natura dell’evento
dannoso cagionato potrebbe costruirsi come condizione di punibilità, e cioè
potrebbe sostanzialmente essere imputato a titolo di responsabilità oggettiva.
La sostituzione dì una fattispecie dolosa ad una colposa sarebbe poco razionale
laddove si ritenesse che la prima e’ punita indipendentemente dalla
consapevolezza da parte dell’agente di tutti gli elementi della stessa e,
quindi, anche delle conseguenze derivate dall’incidente stesso.
Orbene, nel caso in esame, i giudici di merito hanno accertato che l’imputato,
sceso dalla propria autovettura e limitatosi a constatare i darmi provocati
alla sua autovettura dal tamponamento dì quella che lo precedeva,
immediatamente dopo si dileguò senza averne giusticazione dal luogo del
sinistro, in tal modo dando la prova che la fuga sia state voluta per sottrarsi
al dovere, ritenuto fastidioso, di prestare l’assistenza occorrente alle
vittime dell’incidente, essendo irrilevante ai fini della responsabilità che le
lesioni patite da queste ultime fossero gravi ovvero lievi, come ex post si è
accertato.
Al rigetto del ricorso consegue per legge la condanna del ricorrente al
pagamento delle spese del procedimento.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente
al pagamento delle spese processuali.
Così deciso, in Roma, il giorno 8 novembre 2006.
Il Presidente
Depositato in Cancelleria, oggi 21 dicembre 2006.
|